TAR LOMBARDIA, SEZ DI BRESCIA - Sentenza 4 aprile 2001 n. 222 - Pres. Mariuzzo, Est. Caputo - Colombo Spurghi S.n.c.(Avv. Boifava) c. i Comuni di Azzone, Colere, Schilpario, Vilminor di Scalve e Comunità Montana di Scalve (Avv. Bonomi) e SE.T.CO S.p.A (n.c.).
Contratti della P.A. - Enti locali - Servizio pubblico - Acquisizione di una minima quota del capitale sociale di una società - Affidamento diretto - Illegittimità - Gara pubblica - Necessità.
Contratti della P.A. - Enti locali - Servizio pubblico - Società con partecipazione pubblica minoritaria - Affidamento diretto - Obbligo di puntuale e concreta motivazione - Sussiste.
L'acquisizione di una minima quota del capitale sociale di una società (nella specie, nella misura del 1 %), e in assenza di messi idonei al controllo della stessa, non può autorizzare l'ente locale (nella specie, una Comunità Montana) ad affidare direttamente alla suddetta società partecipata il servizio pubblico (nella specie, raccolta, smaltimento e trasporto di rifiuti solidi urbani), ma - alla luce dell'ordinamento comunitario nonché del T.U. 18 agosto 2000, n. 267 in materia di società con partecipazione minoritaria di enti pubblici - è necessario dar corso all’espletamento della gara pubblica preordinata al confronto concorrenziale.
L'affidamento diretto di un servizio pubblico ad una società a partecipazione minoritaria pubblica, richiede, ai sensi dell'art. 3 L. 241/90, una puntuale e concreta motivazione in ordine alla ritenuta maggiore convenienza di siffatta scelta rispetto all’indizione di una pubblica gara.
FATTO
La società ricorrente, che svolge attività d’impresa nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, ha impugnato le deliberazioni dei Comuni indicati in epigrafe, aventi ad oggetto la partecipazione nella misura dell’1% nel capitale sociale della Società Servizi Tecnologici Comuni Se.T.CO., di delega alla Comunità Montana di rappresentanza in seno all’assemblea della società e di affidamento, senza gara od altra procedura concorsuale di evidenza pubblica, del servizio di igiene e smaltimento dei rifiuti in favore della SE.T.CO S.p.A per un periodo di cinque anni con decorrenza 16.7.2000.
L’impugnazione della delibera si fonda sul fatto i Comuni, previa acquisizione di una minima partecipazione azionaria pari all’1% del capitale sociale, hanno affidato direttamente il servizio di igiene e smaltimento rifiuti senza indire alcuna gara e violando conseguentemente l’art.22 della L. 8.6.1990, n. 142, l’art. 7 del D.lgs. 17.3.1995, n. 157, le disposizioni comunitarie in tema di accesso al libero mercato, incorrendo, inoltre, nel vizio d’eccesso di potere per illogicità manifesta e contraddittorietà.
Le suddette Amministrazioni si sono costituite, instando nel merito per l’ infondatezza del ricorso.
Con memoria notificata il 7.2.2001 l’istante ha, altresì, dedotto in via aggiunta violazione dell’art. 3 della L. 7.8.1990, n. 241 e dei principi generali sul giusto procedimento ed eccesso di potere per difetto di motivazione, travisamento dei presupposti di fatto, illogicità ed ingiustizia manifesta, non avendo la Comunità Montana enunciato sotto alcun profilo le ragioni di reputata opportunità della scelta effettuata per sè e per i Comuni dalla stessa rappresentati in ordine al servizio di igiene ambientale.
Alla pubblica udienza del 9.3.2001 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato.
L’affidamento diretto del servizio alla società con capitale pubblico maggioritario di cui all’art. 22, comma 3, lett. e) della L. 8 giugno 1990, n. 142, come modificata dalla L. 15 maggio 1997, n.127, prescrive che l’ente locale detenga una partecipazione nel capitale sociale rilevante nella misura atta ad assicurare il vincolo di strumentalità della società così costituita.
Il modello societario di cui all’art. 22, comma 3, lett. e) della L. 142/90, sebbene dal punto sia formalmente riconducibile a quello previsto dal codice civile, se ne differenzia, tuttavia, sul piano dell’esercizio del servizio pubblico, poichè prefigura un assetto organizzativo assimilabile alla gestione diretta "dal momento che l’ente locale attraverso il pacchetto azionario giuoca un ruolo determinante con riferimento all’attività della società" (cfr. Cons. Stato Sez. V, 19 febbraio 1998, n.192).
La peculiarità della società mista a capitale pubblico locale maggioritario si riflette dunque nella fase della gestione, essenzialmente preordinata al perseguimento dell’interesse pubblico, che trova garanzia all’interno della compagine sociale nella titolarità del pacchetto azionario di maggioranza in mano pubblica (cfr. in termini Cons. Stato Ad. gen. 16 maggio1996, n.90).
Il corollario che immediatamente discende da siffatto particolare modello è che il perseguimento del fine pubblico insito nello svolgimento del servizio comporta necessariamente che vi sia un effettivo controllo sulla sua gestione da parte dell’ente locale, il che giustifica conseguentemente l’affidamento diretto.
Né in contrario è invocabile l’art.12 della L. 23.12.1992, n. 498, che disciplina la società a partecipazione pubblica locale minoritaria, posto che l’art. 5 del D.P.R. n. 535/96 subordina la costituzione della società alla stipulazione della convenzione che salvaguarda le esigenze di verifica di gestione del servizio da parte dell’ente concedente.
In questa prospettiva va dunque letta la novella legislativa recata all’art. 22, comma 3, lett e) dalla legge 15.5.1997, n. 127, laddove è consentito l’utilizzo del modello societario anche in gestione associata del servizio da parte di più comuni: anche in tal caso l’affidamento del servizio non può che presupporre, infatti, che l’ente pubblico, sebbene non possa essere singolarmente titolare del pacchetto di maggioranza, in ragione della ripartizione paritaria del capitale sociale con gli altri enti pubblici, possa comunque esercitare insieme agli altri un’effettiva forma di controllo sulla società affidataria, posto che sarebbe diversamente obliterata l’essenziale esigenza di una verifica sulla gestione, che non sia meramente nominale e corrisponda direttamente all’interesse pubblico perseguito mediante la ridetta partecipazione azionaria.
In relazione alle argomentazioni ora svolte l’acquisizione di una minima quota del capitale sociale della società (acquisto di azioni nella misura dell’1%) e per di più in assenza di mezzi idonei al controllo della società, non può autorizzare l’ente locale ad affidare direttamente alla suddetta società partecipata il servizio pubblico in questione, ma necessariamente impone di dar corso all’espletamento della gara pubblica preordinata al confronto concorrenziale, nel che è costante la garanzia dell’acquisizione sul mercato dell’offerta qualitativamente migliore al prezzo più vantaggioso.
Diversamente argomentando la norma all’esame si porrebbe in evidente contrasto con l’ordinamento comunitario e, in particolare, con gli artt. 52 e 59 (ora rispettivamente artt.43 e 49) del Trattato C.E.E., nonché con le norme egualmente vincolanti discendenti dalle direttive sugli appalti pubblici di servizi: sarebbe, infatti, sufficiente una minima partecipazione al la capitale sociale della società cui affidare direttamente l’appalto per eludere il confronto concorrenziale fra imprenditori nell’area della Comunità.
Del resto sul piano sistematico emerge, ai sensi dell’art. 116 del T.U. 18 agosto 2000, n.267, che la società con partecipazione minoritaria di enti pubblici per l’individuazione dei soci privati e la collocazione dei titoli azionari sul mercato si avvale delle procedure di evidenza pubblica.
Anche la dedotta violazione dell’art. 3 della L. 7.8.1990, n. 241 è fondata.
L’affidamento diretto del servizio pubblico in questione è, infatti, avvenuto senza che fosse sotto alcun puntuale e concreto profilo espressa la motivazione in ordine alla ritenuta maggiore convenienza di siffatta scelta rispetto all’indizione di una pubblica gara.
In conclusione il ricorso deve essere accolto limitatamente all’impugnato affidamento alla Società controinteressata del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani, rifiuti assimilabili agli urbani e rifiuti urbani pericolosi per un quinquennio a decorrere dal 16.7.2000, con conseguente accertamento dell’obbligo delle Amministrazioni resistenti di indire pubblica gara per lo svolgimento dello stesso servizio.
Le spese di causa seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia- Sezione staccata di Brescia - definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla il provvedimento in epigrafe indicato.
Condanna le Amministrazioni resistenti alla rifusione nella misura di un quinto ciascuna delle spese di lite che si liquidano in complessive £. 5.000.000 (cinquemilioni).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso, in Brescia, il 9 marzo 2001, dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, in camera di consiglio, con l'intervento dei Signori:
Francesco Mariuzzo - Presidente;
Sergio Conti, - Consigliere;
Oreste Mario Caputo, - Consigliere est.
Depositata il 4 aprile 2001.