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Giurisprudenza
n. 4-1999 - © copyright.

T.A.R. PIEMONTE, SEZ. II - Sentenza 22 aprile 1999, n. 209 - Pres. Montini, Est. Caso - Vercellino (Avv. Fontanazza, Mingrino) c. INAIL (Avv. Nutini, Ioppoli,Varone).

Stipendi, assegni e indennità - Indennità per disagiata residenza - Natura non retributiva - Interessi e rivalutazione - Rivalutazione ex art. 429 ult. comma c.p.c. - Non spettanza - Interessi - In caso di ritardato pagamento - Spettano - Assenza di colpa dell’amministrazione - Irrilevanza.

Attesa la natura non retributiva dell’indennità di disagiata residenza, non può farsi applicazione del principio contenuto nell’art. 429, ultimo comma, c.p.c., concernente l’automatica condanna del datore di lavoro al pagamento della rivalutazione monetaria e degli interessi.

Il mero ritardo nell’adempimento costituisce un’obbligazione liquida ed esigibile avente ad oggetto una somma di denaro, titolo sufficiente, anche a prescindere dalla colpa del debitore, per maturare il diritto agli interessi fino alla data del pagamento della sorte capitale.

 

 

DIRITTO: Con il ricorso in esame si domanda a questo Tribunale amministrativo di pronunciarsi intorno alla spettanza e alla correlativa condanna dell’Amministrazione resistente di somme asseritamente dovute a titolo di rivalutazione monetaria e interessi sulla sorte capitale già corrisposta quale indennità di "disagiata residenza", in ottemperanza alla pronuncia del TAR del Lazio n. 1643/88 di cui in narrativa.

Il ricorso è solo parzialmente fondato e può, quindi, essere accolto solo nella limitata misura di cui alle motivazioni che seguono.

Costituisce principio da tempo consolidato quello per il quale sono soggette a rivalutazione tutte le corresponsioni monetarie che trovano la loro diretta e necessaria origine nel rapporto di lavoro dipendente e siano sensibili ai fenomeni del deprezzamento della moneta.

In particolare, secondo l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, è soggetta a rivalutazione automatica da parte del giudice amministrativo ogni attribuzione monetaria, compresi il trattamento pensionistico integrativo o l’indennità di buonuscita, che trovi la sua diretta e necessaria genesi nel rapporto di lavoro e sia sensibile alla svalutazione monetaria, in quanto ordinariamente destinata al soddisfacimento dei bisogni di vita del lavoratore e della sua famiglia (Cons. Stato, Ad. plen. 15.3.1989, n.7).

Le affermazioni di principio di cui sopra devono però essere interpretate alla luce dei criteri elaborati, in via generale, dalla giurisprudenza lavoristica a proposito della natura assegnabile a ciascuna attribuzione patrimoniale in concreto considerata.

Secondo i giudici della Suprema corte, infatti, non tutte le somme che trovano in qualche modo origine dal rapporto di lavoro possono essere reputate di natura retributiva o previdenziale ed essere perciò assoggettate al regime di favore che il sistema prevede per tale categoria di emolumenti in tema di rivalutazione monetaria e interessi, secondo il meccanismo delineato dagli art. 429 c.p.c. e 150 disp. att. c.p.c..

A tale qualificazione si sottraggono tutte quelle somme come l’indennità di prima sistemazione, il rimborso spese (Cass. Lav., 6.3.1986, n. 1498), l’indennità di trasferta (Cass. Lav. 17.1.1991, n. 408), l’indennità sostitutiva delle ferie e dei riposi settimanali non goduti (Cass. Lav. n. 1675/1983) le quali non hanno natura di corrispettivo della prestazione di lavoro, bensì natura risarcitoria e trovano nel rapporto di lavoro l’occasione, ma non la causa del loro sorgere.

Si tratta, in altri termini, di somme che non hanno natura di corrispettivo, sia pure differito, della prestazione lavorativa, ma la diversa funzione di tenere indenne il dipendente dei maggiori oneri conseguenti alla esecuzione della prestazione principale del contratto di lavoro in situazioni diverse da quelle ordinarie, come nel caso del trasferimento d’ufficio dall’una all’altra sede di servizio (si veda in tal senso Cons. Stato, sez. VI, 13.4.1992, n. 255; id. sez. IV, 8.9.1995, n. 683).

Conseguentemente, attesa la natura non retributiva del credito oggetto del gravame, non può farsi applicazione dell’invocato principio contenuto nell’art. 429, ultimo comma, c.p.c., concernente l’automatica condanna del datore di lavoro al pagamento della rivalutazione monetaria e degli interessi.

Tuttavia, considerato che, in ogni caso, il credito in contestazione dal quale trae origine la domanda accessoria oggetto del presente giudizio, costituisce un’obbligazione pecuniaria tardivamente adempiuta dall’Ente debitore, in virtù dei principi generali contenuti nell’art. 1282 c.c. e in parziale accoglimento della domanda attorea si ritiene possa essere riconosciuto il diritto agli interessi.

Il mero ritardo nell’adempimento costituisce, infatti, in un’obbligazione liquida ed esigibile avente ad oggetto una somma di denaro, titolo sufficiente, anche a prescindere dalla colpa del debitore, per maturare il diritto agli interessi fino alla data del pagamento della sorte capitale.

Peraltro gli interessi non vanno ad accrescere il capitale e non sono a loro volta produttivi di ulteriori interessi per il divieto di anatocismo di cui all’art. 1283 c.c. (Cons. Stato, Ad. plen. 20.7.1998, n. 6).

Conseguentemente l’Amministrazione resistente dovrà corrispondere al ricorrente, sulla somma a suo tempo già erogata, gli interessi, nella misura del tasso legale, a far tempo dal sorgere del diritto stesso .

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione integrale tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte - 2^ Sezione - accoglie parzialmente il ricorso in epigrafe indicato, nei limiti di cui in motivazione.

Condanna l’INAIL al pagamento degli interessi legali nella misura indicata in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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