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n. 3-1999 - © copyright.

T.A.R. PIEMONTE, SEZ. II - Sentenza 31 marzo 1999, n. 194 - Pres. Montini, Est. Caputo - COMUNI di DUSINO SAN MICHELE E VALFERNERA (Avv. Barosio, Cosentino) c. REGIONE PIEMONTE (Avv.Ciavarra).

Ricorso giurisdizionale - Legittimazione attiva - Inquinamento - Smaltimento rifiuti - Discarica - Localizzazione - Situazioni legittimanti - Individuazione.

Inquinamento - Discarica rifiuti - Localizzazione - Conferenza servizio ex art. 3 bis L. n. 441 del 1987 - Impugnazione - Ente territoriale componente - E’ legittimato.

Inquinamento - Discarica rifiuti - Localizzazione - Individuazione - Attività delegabile.

Il perseguimento di un generico scopo di tutela dell’ambiente e del territorio è in sé giuridicamente neutro, ai fini dell’ individuazione della legitimatio ad causam, se non riferito ad un pregiudizio concreto, immediato ed attuale sofferto in conseguenza del provvedimento impugnato (1).

L’interesse alla tutela del territorio e dell’ambiente, anche assunto nell’accezione astratta, circoscrive l’interesse fatto valere in giudizio all’integrità dell’assetto territoriale ed ambientale, di per sé non compromesso dall’approvazione del progetto della discarica, trovando più specifico campo di elezione nella localizzazione dell’impianto.

A fronte della mancata precisazione di specifici pregiudizi (anche potenziali) ad altri interessi, oggettivamente riscontrabili anche ricorrendo ad indagini presuntive o statistiche riassumibili nella formula dell’id quod plerumque accidit, quali ad esempio danni alla salute o alla vivibilità dei luoghi, l’allegazione del titolo dominicale è condizione processuale "appena sufficiente" per consentire l’esame nel merito del ricorso.

La natura istruttoria della conferenza di servizi, nonché la titolarità in capo ai Comuni dell’interesse all’assetto del territorio e dell’ambiente ove sono insediate le popolazioni residenti, consente di individuare l’interesse concreto al ricorso avverso il provvedimento di localizzazione e approvazione del progetto dell’impianto di smaltimento dei rifiuti e gli atti conseguenti. Né la partecipazione alla fase istruttoria elide il diritto all’impugnazione del provvedimento lesivo adottato dall’autorità decidente, tanto più qualora esso si discosti in senso antitetico dalle risultanze in sede di confronto nella conferenza di servizi.

Appare evidente che l’individuazione della localizzazione della discarica, oggetto di specifica attribuzione da parte della Regione, presenta margini di discrezionalità tecnica assai ridotti, tanto che dovendo rispettare le previsioni contenute nella zonizzazione, appare essere attività esecutiva suscettibile di delega.

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(1) cfr. Cons. Stato, sez. IV, 11 aprile 1991, n. 257; Tar Piemonte, sez. II, 23 giugno 1997, n. 355 da ultimo Cons. Stato, IV, 13 luglio 1998, n. 1088; Tar Piemonte, sez. II, 21.1.99 n. 1.

 

 

DIRITTO : I ricorsi oggettivamente e soggettivamente connessi devono essere riuniti.

Va dichiarato il difetto di legittimazione attiva a ricorrere dell’Associazione Tutela del Territorio di Pralormo, del Circolo Culturale Maria Minnelli, del Comitato difesa del Territorio della Piana, della Società Semplice Isolabella Agricola, del Consorzio Irriguo Isolabellese, dell’Associazione per la difesa del Territorio Valfernese, dell’Associazione Arca del Re Cit, nonché della Legambiente Piemonte.

Nessuno degli enti, personificati o meno, ha dedotto uno specifico e concreto interesse all’impugnazione del provvedimento di approvazione del progetto relativo alla realizzazione della discarica nel territorio del Comune di Villanova d’Asti.

Il perseguimento di un generico scopo di tutela dell’ ambiente e del territorio, di cui essi affermano essere portatori, è in sé giuridicamente neutro, ai fini dell’ individuazione della legitimatio ad causam, se non riferito ad un pregiudizio concreto, immediato ed attuale sofferto in conseguenza del provvedimento impugnato (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 11 aprile 1991, n. 257; Tar Piemonte, sez. II, 23 giugno 1997, n. 355 da ultimo Cons. Stato, IV, 13 luglio 1998, n. 1088; Tar Piemonte, sez. II, 21.1.99 n. 1).

Del resto, sotto altro profilo, l’interesse alla tutela del territorio e dell’ambiente, anche assunto nell’accezione astratta, circoscrive l’interesse fatto valere in giudizio all’integrità dell’assetto territoriale ed ambientale, di per sé non compromesso dall’approvazione del progetto della discarica, trovando più specifico campo di elezione nella localizzazione dell’impianto.

Nel caso oggetto di cognizione il procedimento di realizzazione della discarica si è articolato dapprima nell’ individuazione dell’area mediante uno specifico provvedimento della Giunta regionale dd. 30.11.1995 (oggetto di autonoma impugnazione da parte di altri ricorrenti), e quindi (successivamente) nell’ approvazione del progetto.

Per le medesime ragioni va esclusa la legittimazione ad agire nel ricorso n. 1648/96 degli altri ricorrenti, ad eccezione di Giuseppe Gambetta e Pietro Berrino, proprietari dei terreni su cui insiste l’insediamento di smaltimento dei rifiuti.

La titolarità dominicale integra un requisito (ogget-tivo) che vale a differenziare la loro posizione giuridica soggettiva incisa dal provvedimento impugnato, rispetto a quella degli altri ricorrenti. Non si tratta di privilegiare il diritto di proprietà, e con esso degli interessi ad esso sottesi, quanto piuttosto di comparare l’ interesse a garantire l’accesso alla tutela giurisdizionale con il rispetto dei parametri normativi fissati dall’ art. 26 del T.U. 26 giugno 1924, n. 1054 per l’ individuazione dell’interesse al ricorso.

A fronte della mancata precisazione di specifici pregiudizi (anche potenziali) ad altri interessi, oggettivamente riscontrabili anche ricorrendo ad indagini presuntive o statistiche riassumibili nella formula dell’id quod plerumque accidit, quali ad esempio danni alla salute o alla vivibilità dei luoghi, l’allegazione del titolo dominicale è condizione processuale "appena sufficiente" per consentire l’esame nel merito del ricorso.

Di contro deve essere respinta l’eccezione preliminare formulata dalla Regione sul difetto di legittimazione dei Comuni di Dusino San Michele e Valfenera, sotto il profilo che la partecipazione alla conferenza di servizi indetta ai sensi dell’art. 3 bis legge n. 441 del 1987 è condizione ostativa alla tutela giurisdizionale avverso il provvedimento, imputabile all’amministrazione decidente, di cui la conferenza è fase propedeutica necessaria.

La natura istruttoria della conferenza di servizi, nonché la titolarità in capo ai Comuni dell’interesse all’assetto del territorio e dell’ambiente ove sono insediate le popolazioni residenti, consente di individuare l’interesse concreto al ricorso avverso il provvedimento di localizzazione e approvazione del progetto dell’impianto di smaltimento dei rifiuti e gli atti conseguenti. Né la partecipazione alla fase istruttoria elide il diritto all’impugnazione del provvedimento lesivo adottato dall’autorità decidente, tanto più qualora esso si discosti in senso antitetico dalle risultanze, come rassegnate dai Comuni ricorrenti, in sede di confronto nella conferenza di servizi.

Tutti i ricorrenti hanno dedotto, ponendola in preminente rilievo, la violazione dell’art. 3 della legge 29 ottobre 1987, n. 441 e dell’art. 27, comma 1, della L.R. 13 aprile 1995, n. 59.

Il riscontro analitico delle fasi istruttorie in cui si è articolato il procedimento di approvazione del progetto evidenzia che le risultanze della conferenza in data 29 febbraio 1996, sono state integrate dal Commissario regionale con nota 29 marzo 1996 e quindi trasmesse, unitamente alle conclusioni della conferenza, all’ autorità regionale competente che ha approvato, con deliberazione del 3 aprile 1996, il progetto presentato dal Commissario per la realizzazione di una discarica di I^ categoria da ubicarsi nel territorio del Comune di Villanova d’Asti.

La censura lamentata dai ricorrenti muove dalla considerazione che l’istruttoria sul progetto della discarica è stata solo parzialmente attuata in sede di conferenza; le integrazioni al progetto unilateralmente predisposte dal Commissario regionale non sono state oggetto di alcuna valutazione da parte della conferenza; sulla base di tali integrazioni - come è espressamente detto nella delibera di approvazione - è stata predisposta la proposta di approvazione del progetto.

Il vizio denunziato è fondato.

In punto di fatto va preliminarmente evidenziato che le integrazioni di cui alla proposta del Commissario regionale hanno comportato una vera e propria rielaborazione "effettuata a livello progettuale", come esemplificativamente si legge nello studio acquisito dal Commissario e trasmesso con nota alla Regione per l’ approvazione.

In esso sono analiticamente contenute soluzioni che offrono maggiori garanzie di tutela dall’inquinamento per la raccolta del percolato (punti 3 e 4); sono state riviste la relazione tecnica e la relazione geologica eliminando "le incongruenze e le inesattezze ivi contenute" (punto 5); il problema delle esalazioni degli odori è stato complessivamente affrontato con riguardo all’ individuazione dei prodotti chimici reperibili sul mercato ed agli agenti batterici idonei a "ridimensionare notevolmente il problema dell’odore" (punto 9).

Le modifiche progettuali per entità quantitative e qualitative sono delle vere e proprie integrazioni, non ascrivibili a mere prescrizioni tecniche o normative, atte pertanto a mutare l’originario impianto progettuale, come discusso in sede di conferenza di servizi.

In punto di diritto, merita chiarire che sebbene una delle finalità perseguite con la previsione normativa della conferenza di servizi, come disciplinata dall’art. 3 della L. n. 441 del 1987 sia quella di concretare la fase istruttoria, garantendosi al contempo un suo più sollecito svolgimento del procedimento, va comunque salvaguardato il rispetto del criterio sostanziale che conforma l’istituto: confronto paritetico su tutti i profili, siano essi tecnici, amministrativi, legali, ambientali urbanistici, coinvolti dalla progettazione della discarica.

Senza alterare l’ordine della competenza decisoria, la conferenza vincola le amministrazioni coinvolte al confronto, alla discussione che per essere tecnicamente idonea presuppone la comunicazione di tutti i dati, fatti, apporti documentali e cartografici, elementi e standard tecnici, con riferimento all’opera da realizzarsi sul territorio.

L’accelerazione del procedimento, con la concentrazione dell’istruttoria, che incide sull’autonomia organizzativa degli enti locali e, per quelli sul cui territorio è localizzata l’opera sulla competenza in materia urbanistica dal momento che l’approvazione del progetto equivale a variante dello strumento urbanistico, è controbilanciata dalla rigidità sostanziale del metodo di confronto della conferenza di servizi. (Sul carattere sostanziale del vincolo di consultazione delle amministrazioni coinvolte nella conferenza di servizi di cui all’art. 3 L. n. 441/1987, Corte Cost. 19 marzo 1996, n. 79).

Del resto l’approvazione del progetto è, secondo l’ enunciato di diritto positivo, adottata "sulla base delle risultanze della conferenza": senza accedere all’ argomentazione recessiva che vincola l’autorità regionale decidente ad adeguarsi all’esito dell’istruttoria, ritenendosi sussistente un autonomo spazio decisionale che consente di deliberare in difformità, va in ogni caso garantita l’integrità del confronto che si traduce in definitiva nella completezza dell’indagine istruttoria.

Pertanto l’approvazione del progetto, sulla base dell’ integrazione progettuale, predisposta unilateralmente dal Commissario regionale, successiva alla conferenza di servizi, è illegittima.

D’altra parte le garanzie procedimentali sono sempre più affrancate da criteri formali, rapportandosi ad esigenze oggettive di tutela degli interessi di cui sono portatrici le amministrazioni.

Non si tratta pertanto di affermare in astratto un principio di contraddittorio o confronto dialogico, quanto piuttosto di verificare in concreto se vi è stata l’ effettiva rappresentazione delle esigenze di cui le amministrazioni sono portatrici.

Nel caso che ne occupa il Commissario regionale, seppure facendo fronte all’inerzia delle amministrazioni locali, non solo ha autonomamente individuato il luogo di insediamento della discarica (cfr. delibera della Giunta regionale 30.11.1995), ma, in aggiunta, ha modificato il progetto da sottoporre all’approvazione della Regione, senza il previo congiunto esame istruttorio normativamente imposto.

La carenza istruttoria è inoltre comprovata dalle relazioni redatte dagli organi verificatori che hanno posto in discussione la conformità tecnica delle soluzioni scelte in relazione alla situazione idrogeologica del sito.

A diversa conclusione si deve giungere per quanto riguarda il motivo d’impugnazione incentrato sulla violazione dell’art. 6 della L.R. 2 maggio 1986, n. 18, (ric. n. 779/96) relativo alla localizzazione dell’ impianto di cui trattasi. Va richiamato il D.G.R. n. 154-42845 del 30.01.1992 con il quale la Regione ha affidato al Commissario tutte le attività necessarie alla realizzazione della discarica. Pertanto il dedotto profilo d’incompetenza del Commissario, che sostituisce gli enti locali, che avrebbe adottato il provvedimento di localizzazione, ricompreso nelle attribuzioni della Regione, è destituito di fondamento.

In ogni caso la localizzazione è stata effettuata sulla scorta della zonizzazione contenuta nel Piano di organizzazione dei servizi di smaltimento di cui alla deliberazione del Consiglio regionale del 24 maggio 1988; il sito individuato dal Commissario è ricompreso nella zona del Bacino n. 9.

Appare evidente che l’individuazione del sito, oggetto di specifica attribuzione da parte della Regione, presenta margini di discrezionalità tecnica assai ridotti, tanto che dovendo rispettare le previsioni contenute nella zonizzazione, appare essere attività esecutiva suscettibile di delega.

I residui motivi d’impugnazione sono assorbiti dall’ accoglimento del motivo di censura principale.

Sussistono giustificati motivi per compensare le spese di lite.

P. Q. M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte - 2^ Sezione - accoglie i ricorsi e, per l’effetto annulla la deliberazione del 3.4.1996 della Giunta Regionale del Piemonte in epigrafe indicata.

Compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall' Autorità amministrativa.

 

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