TAR PIEMONTE, SEZ. II – Sentenza 17 novembre 2000 n. 1162 – Pres. Montini, Est. Corciulo - Picchioni Rolando (Avv.ti Paolo Scaparone e Cinzia Picco) c. Regione Piemonte (Avv. Maria La Cognata), Consiglio Regionale del Piemonte (n.c.) e Tomatis (Avv.ti Claudio Dal Piaz ed Alessandro Sciolla).
Elezioni – Ricorso elettorale – Nozione di elezione – Ai fini dell’individuazione delle procedure soggette al particolare rito previsto per i ricorsi elettorali – Individuazione.
Elezioni – Ricorso elettorale – Atto impugnabile o no – Proposta della Giunta delle elezioni – Nell’ambito del procedimento di surroga di un consigliere regionale – Non è impugnabile – Impugnabilità solo dell’atto consiliare con il quale si dispone la sostituzione.
Elezioni – Elezioni regionali – Consigliere regionale nominato ex art. 5 L. cost. n. n. 1/99 (candidato alla Presidenza giunto secondo) – Surroga – Criteri da seguire – Applicazione analogica dell’art. 16 della legge n. 108/68 – Impossibilità – Riferimento al candidato che ha conseguito il miglior risultato elettorale – Necessità.
Per operazioni elettorali - per le cui controversie il legislatore ha previsto un rito speciale - devono intendersi "tutte le attività destinate alla formazione di un organo elettivo sulla base di consultazioni elettorali": queste non si limitano alle fasi che interessano unicamente il procedimento elettorale dal suo inizio fino alla proclamazione degli eletti ma anche tutte le attività con le quali in ogni caso ed in ogni tempo si deve procedere alla formazione ed alla ricomposizione dell’organo, anche con riferimento ad uno solo dei suoi componenti. Infatti, la sostituzione di un componente dell’organo elettivo costituisce in ogni caso un’attività che riguarda la sua formazione, ancorché tale specifica esigenza si possa presentare in un’epoca successiva al suo insediamento.
La proposta della Giunta per le Elezioni, nell’ambito del procedimento di sostituzione di un consigliere regionale, si configura come mero atto di natura endoprocedimentale con funzione propositiva (restando poi da verificare la sua natura concretamente deliberativa). Ne consegue che l’unico provvedimento lesivo e per ciò stesso impugnabile è costituito da quello adottato in sede consiliare con il quale si dispone la sostituzione e che, prima dell’adozione di quest’ultimo, nessuna lesione è configurabile.
L’art. 5 della legge costituzionale n. 1/99 mentre ha previsto il criterio per la individuazione del seggio da assegnare al candidato alla Presidenza giunto secondo, non ha previsto invece i criteri di sostituzione di tale figura di consigliere regionale.
Per tale ipotesi non è possibile invocare, in via analogica, l’applicazione del terzo comma dell’art. 16 della legge n. 108/68 e succ. modd. (il quale prevede che "nel caso in cui si renda necessaria per qualsiasi causa la sostituzione di un consigliere proclamato eletto nella lista regionale, il seggio è attribuito al primo dei candidati non eletti inclusi nella lista regionale e, qualora questa abbia esaurito i propri candidati, al gruppo di liste contrassegnate dallo stesso contrassegno secondo la graduatoria di cui al quindicesimo comma dell'articolo 15"), in quanto si tratta di fattispecie del tutto diversa e pertanto insuscettibile di applicazione per analogia legis.
I criteri per la sostituzione del consigliere regionale nominato ai sensi 5 della legge costituzionale n. 1/99 vanno ricercati nei criteri di individuazione del seggio da assegnare al candidato eletto sulla base dell’art. 5 della legge costituzionale n. 1/99: tale norma ha, infatti, stabilito che "l'Ufficio Centrale Regionale riserva, a tal fine, l'ultimo dei seggi eventualmente spettanti alle liste circoscrizionali collegate con il capolista della lista regionale proclamato alla carica di consigliere". La legge, in altri termini, individua il seggio da destinare ex art. 5 sottraendolo all’ultimo dei candidati che sarebbe stato eletto nell’ambito della stessa coalizione del Presidente sconfitto. Tale candidato, quindi, è certamente da individuarsi in quello più meritevole alla assegnazione del seggio in contestazione e semplicemente perché rappresenta colui che nella competizione ha conseguito il miglior risultato elettorale; in tale situazione egli, infatti, in assenza del particolare meccanismo di cui all’art. 5, si sarebbe addirittura visto assegnare il seggio alla luce del risultato elettorale riportato.
FATTO
Con ricorso notificato alla Regione Piemonte ed al sig. Vincenzo Tomatis, il ricorrente, dott. Rolando Picchioni ha chiesto l’annullamento della deliberazione del Consiglio regionale della Regione Piemonte del 19.6.2000 n. 6-14320 avente ad oggetto la presa d’atto delle dimissioni della Consigliera Livia Turco dalla carica di Consigliere regionale e la relativa surrogazione avvenuta a favore del sig. Vincenzo Tomatis, oltre alla proposta della Giunta per le Elezioni afferente il detto procedimento di surrogazione.
In particolare, in occasione delle recenti consultazioni elettorali per l’elezione del Presidente della Giunta Regionale e del rinnovo del Consiglio del medesimo ente, l’on. Livia Turco, candidata alla carica di Presidente in qualità di capolista di lista regionale, otteneva un numero di voti validi immediatamente inferiore a quelli riportati dal candidato capolista di altra lista regionale risultato vincitore della competizione. All’Onorevole Turco, ai sensi dell’art. 5 della l. Cost. 22.11.99 n. 1, era quindi assegnato un seggio quale consigliere regionale. In seguito, l’on. Turco presentava le proprie dimissioni per ricoprire l’incarico di Ministro della Repubblica e si dava, pertanto, corso ad un procedimento di surrogazione per l’assegnazione del seggio rimasto vacante. In particolare, la Giunta per le Elezioni avanzava proposta al Consiglio indicando due nominativi quali legittimati al subentro, quello dell’attuale ricorrente e di Vincenzo Tomatis; in sede consiliare, si procedeva ad una competizione tra i due candidati che culminava in una votazione da parte dei consiglieri all’esito della quale risultava vincitore il sig. Tomatis che pertanto veniva proclamato eletto.
Avverso tale deliberazione e la proposta della Giunta per le Elezioni il dott. Picchioni ha proposto ricorso a questo Tribunale Amministrativo Regionale chiedendone l’annullamento, oltre alla propria sostituzione nel seggio assegnato al Tomatis.
Il ricorrente, in primo luogo, ha censurato l’operato sia della Giunta per le Elezioni che quello successivo del Consiglio Regionale culminato nella deliberazione impugnata. Sotto il primo profilo, il ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 16, decimo comma del Regolamento interno del Consiglio in materia di surrogazione: infatti, tale disposizione prevede che i compiti della Giunta si debbano limitare ad una verifica di eleggibilità "del subentrante" e quindi di una sola persona e non anche nella indicazione di una rosa di nominativi come possibili sostituti. Inoltre, la deliberazione di surrogazione da parte del Consiglio Regionale, ritenuta di indiscussa natura amministrativa e non anche politica, sarebbe viziata per difetto di motivazione in quanto mancherebbero le ragioni della scelta compiuta. Infine, il ricorrente ha contestato le modalità con cui si è proceduto alla selezione tra i due candidati, poiché non sarebbe concepibile, in sede di surroga, una sorta di elezione di secondo grado da parte del Consiglio in sostituzione del corpo elettorale.
Il dott. Picchioni, inoltre, ha illustrato aspetti normativi del procedimento di surroga del consigliere regionale eletto in quanto capolista di lista regionale con un numero di voti validi immediatamente inferiore a quelli riportati dal capolista di lista regionale risultato vincitore della competizione e pertanto eletto Presidente della Giunta Regionale. In particolare, ha contestato le modalità procedimentali adottate in quanto l’art. 16 della l. n. 108/68, come mod. dall’art. 3 della l. n. 43/95, indica specificamente i criteri per la sostituzione di un consigliere regionale eletto in una lista regionale. Il ricorrente ha quindi illustrato come siffatta norma si debba ritenere applicabile anche all’ipotesi in cui il consigliere regionale da surrogare sia quello eletto con le modalità previste dell’art. 5 della l. cost. 1/99, ossia il capolista di lista regionale che abbia riportato un numero di voti validi immediatamente inferiore al candidato eletto Presidente.
Si è costituito in giudizio il sig. Vincenzo Tomatis il quale ha chiesto il rigetto del ricorso. Questi è il candidato che, ai sensi dell’art. 5 della legge cost. n. 1/99, si è visto sottrarre il seggio a causa della riserva prevista dalla legge a favore del candidato della lista regionale alla quale la sua lista era collegata e che ha riportato un numero di voti validi immediatamente inferiore al candidato risultato vincitore della competizione elettorale e nominato Presidente della Giunta.
In primo luogo, il Tomatis ha eccepito l’inammissibilità del primo motivo di ricorso, ossia quello afferente il procedimento adottato dalla Giunta per le Elezioni e dal Consiglio Regionale, per carenza d’interesse in quanto la proposta, in sé e per sé considerata, non si poteva considerare come atto per lui lesivo, atteso che nella rosa dei nominativi (rectius delle soluzioni interpretative offerte) proposti al Consiglio vi era anche il suo. Inoltre, si contestava anche la fondatezza del motivo di gravame in quanto non è assolutamente previsto che per procedere alla sostituzione di un consigliere la Giunta debba necessariamente proporre un solo nominativo: così ragionando, infatti, si sottrarrebbe al Consiglio un potere che gli è riservato dalla legge per affidarlo invece alla Giunta per le Elezioni sotto forma di proposta vincolante. Parimenti si è contestata la ritenuta carenza di motivazione degli atti impugnati, essendo gli stessi corredati da ampi pareri tecnici e da una votazione finale.
Inoltre, il Tomatis ha censurato anche il secondo motivo di ricorso, ossia quello volto a contestare l’opzione interpretativa preferita dal Consiglio Regionale che gli ha consentito di essere proclamato eletto quale sostituto del consigliere regionale dimissionario. In particolare, è stata oggetto di critica l’interpretazione offerta da parte ricorrente circa l’individuazione del criterio normativo stabilito per la surrogazione del candidato alla carica di Presidente della Giunta presentatosi in lista regionale e che abbia riportato un numero di voti validi immediatamente inferiore a quello risultato vincitore: nell’ipotesi di sua sostituzione, infatti, il seggio dovrebbe essere restituito a quel candidato (che sarebbe stato eletto) al quale è stato sottratto ai sensi e con le modalità di cui alla legge costituzionale citata (nel caso di specie al Tomatis). Infatti, l’art. 16 della legge n. 108/68, come modificato dall’art. 3 della legge n. 43/95 (che ha introdotto il sistema misto nelle elezioni dei Consigli regionali) ha previsto un duplice criterio per la sostituzione di un consigliere regionale: vi è, in primo luogo, un principio generale, basato sul rispetto del principio proporzionale, per cui il seggio vacante va assegnato al candidato che, nella stessa lista e circoscrizione, segue immediatamente l’ultimo eletto; inoltre, nell’ipotesi di sostituzione di un consigliere eletto nella lista regionale, la legge ha dettato un ulteriore criterio (da definirsi come speciale), individuando il sostituto nel primo dei candidati non eletti inclusi nella lista regionale e, qualora questa abbia esaurito i propri candidati, nel gruppo di liste contrassegnate dallo stesso contrassegno secondo la graduatoria di cui al quindicesimo comma dell'articolo 15. L’applicazione di tale ultimo criterio nell’ipotesi di sostituzione del candidato eletto alla carica di consigliere regionale in quanto giunto secondo nella competizione su base regionale alla carica di Presidente della Giunta, così come proposta dal ricorrente, non è stata ritenuta accoglibile. Infatti, l’individuazione di tale figura di consigliere è stata operata, come detto, dalla legge costituzionale n. 1/99 rispetto alla quale la legge n. 43/95, essendo di epoca posteriore, non avrebbe potuto espressamente prevedere uno specifico criterio nell’ipotesi di sostituzione.
Si è rilevato che nel sistema elettorale misto previsto per le elezioni dei Consigli regionali, la rilevanza delle liste regionali si limita esclusivamente (e fino alla legge costituzionale n. 1/99) all’ipotesi in cui, all’esito delle consultazioni, divenga operativo il meccanismo del cd. "premio di maggioranza", ossia quello volto ad assicurare alla coalizione collegata al candidato eletto Presidente della Giunta, un quinto dei posti in Consiglio laddove questa consegua, su base proporzionale, un numero di seggi inferiore al 50%. Al di fuori di tale ipotesi, ed oltre a quella afferente la nomina del Presidente della Giunta, nessuna rilevanza rivestono le liste regionali i cui candidati risultano pertanto come non eletti. Pertanto, poiché il sistema elettorale è fondato su criteri generali di natura proporzionale, essendo invece il meccanismo maggioritario solo eventuale e comunque di natura speciale, anche i criteri di sostituzione devono seguire il principio proporzionale e segnatamente quello individuato nell’art. 16 primo comma della legge 108/68 e succ. modd.. Il terzo comma di tale articolo, infatti, si deve ritenere strettamente limitato alle sole ipotesi di candidati eletti nella lista regionale come conseguenza dell’operatività del meccanismo del premio di maggioranza e non anche nell’ipotesi speciale prevista dalla successiva legge costituzionale n. 1/99. Diversamente opinando, si creerebbe, per le liste perdenti, una evidente disarmonia tra sistema elettorale per l’assegnazione dei seggi all’esito delle consultazioni (concepito su base proporzionale) e criterio di surroga (fondato a questo punto su un sistema maggioritario). In conclusione, la difesa del Tomatis ha ritenuto che, non potendo applicarsi il terzo comma dell’art. 16 della legge 108/68, il seggio avrebbe dovuto essere restituito a quel candidato che lo aveva conseguito sulla base dei risultati elettorali conseguiti ed al quale era stato sottratto in virtù della riserva operata dalla legge costituzionale n. 1/99. Solo in tal modo, si rispetterebbe il principio proporzionale sotteso al sistema elettorale previsto per l’elezione di quattro quinti del Consiglio regionale in base al quale il Tomatis aveva conseguito un proprio seggio.
Si è costituita in giudizio la Regione Piemonte, la quale ha preliminarmente eccepito l'inammissibilità del ricorso per irritualità delle forme di proposizione del medesimo: non trattandosi, infatti, di questioni afferenti operazioni elettorali, non avrebbero dovuto utilizzarsi le forme previste dal rito speciale elettorale bensì quelle dell'ordinario processo di impugnazione.
Inoltre, la Regione ha eccepito l'inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, rilevando che nessuna utilità avrebbe ricevuto il ricorrente dall'annullamento dell'atto della Giunta per le Elezioni la quale aveva proposto due soluzioni normative alternative per la sostituzione della Consigliera dimissionaria. La Regione ha contestato ancora la tesi del ricorrente secondo la quale la proposta di sostituzione deve necessariamente contenere un solo nominativo; infatti, a voler seguire tale impostazione si determinerebbe un inammissibile vincolo per il Consiglio il quale dovrebbe limitarsi ad una mera ratifica o presa d’atto di una proposta operata in sede ristretta di Giunta ma con i caratteri di una vera e propria attività deliberante. Parimenti, si è contestato il difetto di motivazione dedotto dal ricorrente, con riferimento alla delibera del Consiglio Regionale trattandosi piuttosto di atti emanati all'esito di una votazione finale in cui il profilo motivazionale è implicito ed essendo, comunque, lo stesso presente sia nella discussione tenutasi in aula che nei pareri tecnici allegati e richiamati per relationem.
Quanto al merito, la Regione ha contestato la tesi del Picchioni che ha invocato l'applicazione dell'art. 16, co. 3°, della legge 43/95, rilevando, invece, come, nell'ipotesi di surrogazione del Consigliere Regionale eletto ai sensi dell'art. 5, legge costituzionale n. 1/99, il principio da seguirsi sia piuttosto quello della "restituzione" del seggio al candidato quale era stato sottratto in virtù del meccanismo previsto dalla medesima legge: nessuna rilevanza può residuare in capo alle liste regionali non risultate vincitrici, essendo tutto il sistema improntato, invece, sul principio proporzionale.
All’udienza del 25.10.2000 la causa è stata trattenuta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Occorre preliminarmente esaminare le eccezioni sollevate dalle parti costituite.
Con la prima eccezione, la Regione Piemonte ha eccepito l'inammissibilità del ricorso per irritualità delle forme di proposizione del medesimo: non trattandosi, infatti, di questioni afferenti operazioni elettorali, non avrebbero dovuto utilizzarsi le forme previste dal rito speciale elettorale bensì quelle dell'ordinario processo di impugnazione.
L’eccezione è infondata.
Preliminarmente, appare necessario esaminare la nozione di operazione elettorale per le cui controversie il legislatore ha previsto un rito speciale che è quello mediante il quale è stato introdotto il ricorso in esame. Ad avviso del collegio, per operazioni elettorali devono intendersi "tutte le attività destinate alla formazione di un organo elettivo sulla base di consultazioni elettorali": queste non si limitano alle fasi che interessano unicamente il procedimento elettorale dal suo inizio fino alla proclamazione degli eletti ma anche tutte le attività con le quali in ogni caso ed in ogni tempo si deve procedere alla formazione ed alla ricomposizione dell’organo, anche con riferimento ad uno solo dei suoi componenti. Infatti, la sostituzione di un componente dell’organo elettivo costituisce in ogni caso un’attività che riguarda la sua formazione, ancorché tale specifica esigenza si possa presentare in un’epoca successiva al suo insediamento.
In ogni modo, appare priva di pregio l’osservazione della Regione secondo la quale gli atti impugnati, costituendo esercizio di una normale attività amministrativa, sarebbero soggetti all’ordinario regime di impugnazione giurisdizionale: in primo luogo, infatti, trattandosi la sequenza procedimentale elettorale in ogni caso di un’attività di natura amministrativa (risiedendo il momento di carattere più propriamente politico nella vera e propria consultazione popolare), si evidenzia come il legislatore non abbia optato per la specialità del rito in considerazione della natura dell’attività esercitata bensì in virtù di specifiche esigenze di celerità, così come analogamente è avvenuto anche in altre ipotesi di riti speciali celebrati innanzi al giudice ordinario, come ad esempio per il rito del lavoro rispetto all’ordinario processo civile di cognizione (anche in tal caso, infatti, la proposizione del ricorso avviene previo suo deposito e successiva notificazione, unitamente al pedissequo decreto giudiziale di fissazione dell’udienza) e per il giudizio abbreviato nell’ambito del processo penale. Inoltre, anche a voler attribuire specifico rilievo alla natura dell’attività di sostituzione, si evidenzia come la stessa non presenti specifici connotati amministrativi, mantenendosi in essa pur sempre un costante collegamento con una manifestazione di volontà politica espressa del corpo elettorale: infatti, i compiti degli organi deputati all’attività di sostituzione sono vincolati ad una mera verifica in termini di eleggibilità del sostituto, in quanto è la legge a stabilire gli specifici criteri di sostituzione; inoltre, tali criteri, dovendo in ogni caso tenere conto nell’individuazione del sostituto dei risultati elettorali dallo stesso conseguiti all’esito della consultazione, confermano in tal modo l’esistenza di uno stabile legame con la volontà politica espressa dal corpo elettorale e quindi la natura di operazione elettorale dell’attività di sostituzione.
Infine, quanto agli effetti processuali eventualmente conseguenti all’introduzione del processo con rito speciale in luogo di quello ordinario, si deve osservare che, in ogni caso, nessun pregiudizio in termini di diritto di difesa ne deriverebbe per le parti resistenti in giudizio; infatti, mentre esattamente la giurisprudenza ha ritenuto inammissibile un ricorso introdotto con rito ordinario in luogo di quello elettorale, in quanto in tal modo si vanificherebbero quelle esigenze di celerità sottese alla previsione del rito speciale (cfr. TAR LAZIO - SEZIONE LATINA n. 416 del 27 dicembre 1985 - Pres. MICHELOTTI Q., Est. TOSTI - Coluzzi c. Comune di Roccamassima ed altri), una similare esigenza non si rinviene nell’ipotesi inversa, laddove si siano comunque rispettati i previsti termini (ordinari) di impugnazione e le facoltà processuali riconosciute dalla legge: né rilievo può assumere la circostanza per cui nel rito speciale il deposito del ricorso precede la sua notificazione in quanto, in ogni caso, da tale inversione della sequenza procedimentale rispetto al rito ordinario nessun pregiudizio deriva ai diritti ed alle facoltà delle parti.
Inoltre, sia la difesa del Tomatis che la Regione hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso per carenza d’interesse; sotto un primo profilo, si è rilevato che nessuna utilità deriverebbe al ricorrente dall'annullamento dell'atto della Giunta per le Elezioni che aveva proposto due soluzioni normative alternative per la sostituzione della Consigliera dimissionaria; inoltre, la proposta in quanto tale non avrebbe potuto considerarsi come atto lesivo, atteso che nella rosa dei nominativi (rectius delle soluzioni interpretative offerte) proposti al Consiglio vi era anche quello del ricorrente.
Entrambe le eccezioni sono infondate.
Rileva il collegio che oggetto di impugnazione sono stati tutti gli atti del procedimento di sostituzione rispetto al quale la proposta della Giunta per le Elezioni si configura come mero atto di natura endoprocedimentale con funzione propositiva (restando poi da verificare la sua natura concretamente deliberativa). Ne consegue non solo che l’unico provvedimento lesivo e per ciò stesso impugnabile è costituito da quello adottato in sede consiliare ma anche che, prima della sua adozione, nessuna lesione è configurabile, trattandosi di atti interni privi di autonoma lesività.
Occorre, a tal punto esaminare, il secondo motivo di ricorso.
Il ricorrente ha contestato la soluzione normativa, preferita invece dal Consiglio Regionale, che ha comportato l’assegnazione del seggio già spettante all’on. Livia Turco al controinteressato Vincenzo Tomatis, ritenendo che andasse piuttosto seguito un criterio diverso, in applicazione del quale il seggio predetto sarebbe stato invece assegnato a lui.
La questione sottoposta all’esame del collegio investe il problema della individuazione del principio normativo applicabile nell’ipotesi di sostituzione del consigliere regionale proclamato eletto in quanto giunto secondo nella competizione elettorale per la nomina del Presidente della Regione.
L’art. 5 della legge costituzionale n. 1/99 ha, infatti, previsto che, nelle competizioni elettorali per la formazione dei consigli regionali, mentre il candidato capolista di lista regionale che abbia, in ambito regionale, conseguito il maggior numero di voti validi sia proclamato Presidente della Giunta, quello candidato alla carica di Presidente della Giunta regionale che abbia conseguito invece un numero di voti validi immediatamente inferiore a quello del candidato proclamato Presidente, sia eletto alla carica di consigliere regionale.
La legge ha individuato anche il criterio per la individuazione del seggio da assegnare al candidato alla Presidenza giunto secondo, stabilendo, tra l’altro, che l'Ufficio Centrale Regionale riserva, a tal fine, l'ultimo dei seggi eventualmente spettanti alle liste circoscrizionali collegate con il capolista della lista regionale proclamato alla carica di consigliere.
Quanto ai criteri di sostituzione di tale figura di consigliere regionale, la legge costituzionale nulla dispone.
In assenza di una specifica previsione normativa, occorre pertanto procedere alla individuazione di un principio dirimente la questione seguendo un procedimento per analogia.
La soluzione proposta dal ricorrente è stata articolata nel senso di optare per un procedimento per analogia legis; viene, infatti, invocata l’applicazione analogica del terzo comma dell’art. 16 della legge n. 108/68 come modificata dall’art. 3 della legge n. 43/95 che prevede che "nel caso in cui si renda necessaria per qualsiasi causa la sostituzione di un consigliere proclamato eletto nella lista regionale, il seggio è attribuito al primo dei candidati non eletti inclusi nella lista regionale e, qualora questa abbia esaurito i propri candidati, al gruppo di liste contrassegnate dallo stesso contrassegno secondo la graduatoria di cui al quindicesimo comma dell'articolo 15." Oltre al dato letterale, che parla espressamente di sostituzione di consiglieri eletti nelle liste regionali così come sembra debba qualificarsi il consigliere eletto con le modalità previste dall’art. 5 della legge costituzionale n. 1/99, l’interpretazione proposta dal ricorrente si fonda anche su una ulteriore considerazione di carattere logico, dal momento che, in tal modo, si consente di continuare a mantenere su differenti piani i candidati eletti nelle liste regionali rispetto a quelli eletti in liste provinciali, assicurando tale diversa provenienza anche nell’ipotesi di sostituzione.
Tale interpretazione non può essere condivisa.
Ad avviso Collegio non è possibile invocare l’applicazione del terzo comma dell’art. 16 della legge n. 108/68 e succ. modd. in quanto si tratta di fattispecie del tutto diversa rispetto a quella oggetto del presente processo e pertanto insuscettibile di applicazione per analogia legis.
La legge costituzionale n. 1/99, che ha previsto l’elezione a consigliere del candidato capolista alla carica di Presidente della Regione giunto secondo, è di epoca posteriore rispetto alla legge n. 43/95 che all’art. 3 ha modificato l’art. 16 della legge n. 108/68 in materia di surrogazione. Oltre all’evidente rilievo di ordine temporale, tale circostanza pone in risalto l’assoluta eccezionalità di siffatta previsione normativa (confermata, del resto, dalla sua stessa natura transitoria) nell’ambito del complessivo sistema elettorale regionale. Mentre, infatti, la legge n. 43/95 ha introdotto fondamentali principi innovativi in materia di procedimento per l’elezione del Consiglio Regionale ridisegnandone l’intera concezione di fondo con l’introduzione della possibilità di elezione di un quinto dei consiglieri sulla base del sistema maggioritario attraverso la presentazione di una apposita lista regionale e con il verificarsi di particolari condizioni dipendenti dai risultati elettorali (il cd. "premio di maggioranza"), avendo cura di disciplinare in tale rinnovato sistema anche l’ipotesi di sostituzione, l’art. 5 della legge costituzionale n. 1/99 si è limitata, invece, unicamente a prevedere la nomina a consigliere del candidato giunto secondo nella competizione alla carica di Presidente della Regione. Anche se la posteriorità della legge costituzionale rispetto alla legge n. 43/95 di riforma del sistema elettorale per le Regioni non è astrattamente impeditiva della applicazione dell’art 16 della legge n. 108/68 in via di analogia legis, tale circostanza, tuttavia, impone di soffermarsi sulla diversa natura della ratio sottesa alla nomina a consigliere del candidato alla Presidenza giunto secondo rispetto a quella afferente la nomina di consiglieri regionali eletti sulla base del cd. "listino". Infatti, mentre la nomina del candidato alla Presidenza risultato il miglior non vincitore tende a garantire la presenza di un consigliere che possa rappresentare unitariamente le forze di opposizione, essendo lo stesso stato capolista di una lista regionale raggruppante più liste provinciali e segnatamente quelle che costituiscono l’espressione delle forze politiche immediatamente inferiori a quelle di maggioranza, la nomina di consiglieri regionali nell’ambito della lista regionale tende invece a tutt’altro e quasi opposto obiettivo, ossia a garantire un sufficiente livello di stabilità della maggioranza nell’ipotesi in cui i risultati elettorali non garantiscano una adeguata componente maggioritaria in consiglio. Riassumendo, una prima sostanziale differenza risiede nel fatto che mentre la riserva prevista dall’art. 5 della legge costituzionale n. 1/99 riguarda un seggio appartenente alle forze di opposizione, i seggi attribuibili sulla base del cd. "premio di maggioranza" tendono invece a rafforzare la maggioranza; in secondo luogo, mentre il suindicato meccanismo maggioritario non risulta sempre applicabile, dipendendo dai risultati elettorali conseguiti dalle forze di maggioranza, la nomina a consigliere del candidato alla Presidenza collocatosi al secondo posto costituisce un elemento costante; in terzo luogo, mentre la legge n. 43/95 attribuisce rilievo alla lista regionale in quanto tale ed ai risultati conseguiti dalla maggioranza per finalità di stabilità dei governi regionali, la norma che prevede la nomina a consigliere del candidato a Presidente giunto secondo appare piuttosto volta a garantire la presenza in consiglio di una specifica persona, in guisa del suo ruolo di ex concorrente alla carica presidenziale; in altri termini, la legge costituzionale intende mantenere, anche nella fase di funzionamento del consiglio, una dialettica costante tra maggioranza ed opposizione, consentendo al più meritevole degli avversari sconfitti nella competizione alla carica di Presidente di continuare a conservare il suo ruolo di antagonista all’interno del consiglio medesimo. In tal modo, la norma intende premiare la rilevanza dei risultati elettorali ottenuti dal candidato alla Presidenza giunto secondo sia come persona che come rappresentante dell’opposizione.
E’ evidente come sulla base di tali sostanziali differenze tra le due figure di consigliere, al fine di individuare la disciplina applicabile per la sostituzione di quello eletto ex art. 5 della legge costituzionale n. 1/99, non sia invocabile né l’applicazione diretta né quella analogica dell’art. 16 della legge 43/95, trattandosi di fattispecie non solo inassimilabili ma addirittura connotate da una opposta natura e diverse finalità istituzionali.
Del resto, nemmeno il dato testuale soccorre l’ipotesi sostenuta dal ricorrente; infatti, ancorché il terzo comma dell’art. 16 parli espressamente di sostituzione di un consigliere eletto nella lista regionale, si fa riferimento, al fine della identificazione del sostituto, al primo dei candidati non eletti nella lista regionale e ad una ipotesi ulteriore di esaurimento della lista regionale medesima; in altri termini, la legge presuppone la rilevanza e la avvenuta utilizzazione della lista regionale, evenienza ricorribile unicamente nell’eventualità in cui sia chiamato ad operare il meccanismo del premio di maggioranza che agisce, come visto, solamente a favore delle liste collegate al Presidente eletto e non certamente a quelle di opposizione.
Ne discende la non ipotizzabilità di una applicazione, né diretta né analogica, del terzo comma dell’art. 16 della legge n. 43/95 con riferimento al caso in esame.
E’ necessario, anche al fine di verificare la legittimità sostanziale degli atti impugnati, verificare quale sia il criterio applicabile per la sostituzione del consigliere eletto in quanto candidato alla carica di Presidente e giunto secondo ai sensi dell’art. 5 della legge costituzionale n. 1/99.
La soluzione proposta da parte della Giunta per le Elezioni ed applicata successivamente dal Consiglio Regionale nel caso di specie appare quella più corretta, sia sotto il profilo sistematico che logico.
Si è visto come la fattispecie in esame non sia stata oggetto di espressa previsione normativa; inoltre, si è confutata la soluzione proposta dal ricorrente che ha invocato l’applicazione dell’art. 16, terzo comma della legge n. 43/95 in via di analogia legis.
Ritiene il collegio che il principio dell’analogia legis non sia applicabile nemmeno con riferimento al primo comma dell’art. 16, norma che si riferisce alla sostituzione di un consigliere eletto su base circoscrizionale in virtù del principio proporzionale; in tal caso, infatti, l’applicazione in via analogica della norma in questione al caso in esame deve essere radicalmente esclusa in quanto concerne la sostituzione di un consigliere eletto sulla base di un criterio non solo differente ma addirittura antitetico rispetto a quello sotteso alla elezione del candidato giunto secondo nella competizione per la Presidenza della Regione: infatti, mentre tale figura di consigliere è individuata sulla base di meccanismi proporzionali, nell’ambito di liste circoscrizionali e comunque direttamente in virtù di un risultato elettorale conseguito, la elezione a consigliere del candidato alla Presidenza sconfitto, anche se pur sempre collegata ad un risultato elettorale conseguito, risulta principalmente riconducibile ad una precisa voluntas legis nei termini più sopra specificati.
Appare necessario, a questo punto, procedere attraverso l’individuazione di un principio generale dell’ordinamento al fine di individuare il criterio normativo applicabile alla fattispecie in esame: occorre, in altri termini, procedere con il procedimento per analogia iuris.
Ritiene il collegio che nel sistema, e più precisamente dalla formulazione e dalla ratio dell’art. 16, si evince un principio generale che l’ordinamento fissa a priori come criterio per la individuazione della persona del sostituto: in caso di sostituzione il seggio va assegnato a colui che è risultato "il più meritevole", nel senso che ha conseguito il miglior risultato elettorale. Sia il primo che il terzo comma dell’art. 16 della legge n. 43/95, infatti, prevedono come criterio di sostituzione quello di assegnare il seggio al candidato che abbia conseguito il miglior risultato elettorale, o perché segue l’ultimo eletto (primo comma) o perché risulta il primo dei non eletti (terzo comma). Da siffatta disciplina emerge che il legislatore ha voluto individuare come sostituto, ritenendolo il più meritevole, quel candidato che nella competizione elettorale ha conseguito il risultato migliore anche se non sufficiente per essere proclamato eletto.
Se tale è la ratio complessiva del sistema, occorre applicarla anche nel caso di specie per individuare quale sia il candidato più meritevole di sostituire il consigliere proclamato eletto in quanto giunto secondo nella elezione per la carica di Presidente.
La soluzione è ancora una volta riscontrabile nel dettato normativo e va ricercata proprio nei criteri di individuazione del seggio da assegnare al candidato eletto sulla base dell’art. 5 della legge costituzionale n. 1/99: tale norma ha, infatti, stabilito che "l'Ufficio Centrale Regionale riserva, a tal fine, l'ultimo dei seggi eventualmente spettanti alle liste circoscrizionali collegate con il capolista della lista regionale proclamato alla carica di consigliere". La legge, in altri termini, individua il seggio da destinare ex art. 5 sottraendolo all’ultimo dei candidati che sarebbe stato eletto nell’ambito della stessa coalizione del Presidente sconfitto. Orbene, tale candidato è certamente da individuarsi in quello più meritevole alla assegnazione del seggio in contestazione e semplicemente perché rappresenta colui che nella competizione ha conseguito il miglior risultato elettorale; in tale situazione egli, infatti, in assenza del particolare meccanismo di cui all’art. 5, si sarebbe addirittura visto assegnare il seggio alla luce del risultato elettorale riportato.
A tale soluzione normativa, rispondono anche esigenza di equità e di coerenza del sistema: sotto il primo profilo, si assegna il seggio a colui al quale era stato sottratto per l’operatività di un meccanismo preferenziale la cui esigenza applicativa risulta ormai esaurita; inoltre, in tal modo si evita una grave discrasia del sistema rappresentata dal fatto che, in ordine alla coalizione di opposizione, in sede di assegnazione dei seggi si applicherebbe unicamente il principio proporzionale per poi introdurre inopinatamente il principio maggioritario (o almeno la rilevanza finora mai riscontrata della lista regionale) nell’attività di sostituzione.
Occorre ora passare ad esaminare il primo motivo di ricorso con cui è stato contestato il procedimento adottato dalla Giunta per le Elezioni e dallo stesso Consiglio Regionale in violazione dell’art. 16 del regolamento interno del Consiglio che in materia di surrogazione ha previsto che i compiti della Giunta si debbano limitare esclusivamente ad una verifica dell’eleggibilità del sostituto; non sarebbe possibile, infatti, proporre, così come è avvenuto nel caso di specie, una rosa di diversi nominativi né su di essa si sarebbe potuto votare in Consiglio, atteso che in tal modo ci si troverebbe al cospetto di un inammissibile procedimento elettorale di secondo grado con sottrazione del potere di scelta dei propri rappresentanti ai danni del corpo elettorale. Infine, in ogni caso, gli atti impugnati sarebbero, in quanto atti amministrativi, privi della obbligatoria motivazione in ordine alle ragioni della scelta operata sia in sede di Giunta per le Elezioni che di Consiglio regionale.
Il motivo è inammissibile.
Indipendentemente dalla fondatezza delle censure mosse all’attività deliberativa della Giunta per le Elezioni e del Consiglio, si deve evidenziare che un ipotetico accoglimento da parte di questo Tribunale non comporterebbe alcun vantaggio per il ricorrente: infatti, poiché il dott. Picchioni non è da identificarsi quale candidato subentrante all’on. Turco sulla base delle considerazioni sin qui svolte e dal momento che l’attività sia della Giunta per le Elezioni che del Consiglio è limitata ad una mera verifica dell’eleggibilità del sostituto Tomatis, del resto già accertata, un’eventuale rinnovazione del procedimento (unica conseguenza che potrebbe scaturire dall’annullamento degli atti impugnati) non gli arrecherebbe nessuna concreta utilità.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese processuali.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte - 2^ Sezione -
dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso e respinge gli ulteriori motivi.
Spese compensate.
Ordina che la seguente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Torino, nella Camera di Consiglio del 25.10.2000, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Montini Presidente
Donatella Scala Referendario
Paolo Corciulo Referendario, estensore
Il Presidente L’Estensore
f.to Luigi Montini f.to Paolo Corciulo
Depositata in Segreteria a sensi di Legge il 17 novembre 2000