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TAR PIEMONTE, SEZ. II - Sentenza 2 marzo 2000 n. 231 - Montini Presidente - Caso Estensore - Mariani Servizi S.r.l. (avv.ti Ribolzi, Cocco, Bifulco, Dalla Gatta) - A.T.M. (avv.ti Benusiglio, Piacenza) - Ceresa Fratelli S.p.A. ( Barosio, Sarzotti).

Contratti della P.A. - Appalto pubblico di forniture - Raggruppamento temporaneo di imprese - Dichiarazione ex art. 10, comma 2, del D. lgs. 24 luglio 1992, n. 358 - Finalità.

Contratti della P.A. - Appalto pubblico di forniture - Raggruppamento temporaneo di imprese - Offerta - Requisiti ex art. 10, comma 2, del D. lgs. 24 luglio 1992, n. 358 - Carenza - Esclusione - Legittimità - Fattispecie.

Contratti della P.A. - Appalto pubblico di forniture - Gara - Documentazione - Integrazione e chiarimenti - Possibilità - Limiti.

Nell'ambito della disciplina degli appalti pubblici di forniture, con la prescritta dichiarazione richiesta ex art. 10, comma 2, del D. lgs. 24 luglio 1992, n. 358 ("L’offerta congiunta … deve specificare le parti della fornitura che saranno eseguite dalle singole imprese …") il legislatore ha preteso, verosimilmente per garantire certezza ai rapporti tra ente appaltante e soggetti affidatari della fornitura, che le imprese associate assumano un esplicito e immediato impegno negoziale in ordine alla concreta partecipazione alla fase esecutiva del contratto, vincolandosi nei confronti dell’ente appaltante attraverso l’indicazione della frazione di propria pertinenza, e quindi elevando ad oggetto di un accordo con il committente quel patto interno che solitamente regola i rapporti tra le imprese che aderiscono ad un raggruppamento temporaneo, ovvero rendendo obbligatoria una dichiarazione che altrimenti sarebbe puramente facoltativa.

In materia di appalti pubblici di forniture, la dichiarazione negoziale prevista dall' art. 10, comma 2, del D. lgs. 24 luglio 1992, n. 358 come requisito per la partecipazione alla gara di un raggruppamento temporaneo di imprese e contenente l'espressa indicazione delle prestazioni parziali che ciascuna impresa si impegna ad eseguire, concorrendo a determinare il contenuto del contratto d’appalto, è elemento essenziale dell’offerta. (E’ corretta quindi la decisione dell’ente appaltante, che nella fattispecie ha disposto l’estromissione della ricorrente, astenutasi dall’effettuare la richiesta indicazione, anche in assenza di una norma di gara che comminasse la sanzione automatica della esclusione per le concorrenti incorse in una simile irregolarità).

In sede di gara d'appalto per l'aggiudicazione di pubbliche forniture occorre tener distinte la documentazione e la certificazione dalle dichiarazioni negoziali delle imprese concorrenti, essendo possibile rispetto alle prime un potere di integrazione e chiarimento – in quanto atti finalizzati alla dimostrazione del possesso di qualità, attività di impresa o status –, e non essendo invece questo possibile rispetto alle manifestazioni di volontà.

 

 

Omissis.-

D I R I T T O

Esclusa da una gara d’appalto per non essere stato specificato nell’offerta a quali parti della fornitura avrebbe provveduto ciascuna delle due imprese dell’istituendo raggruppamento temporaneo, la società ricorrente ha impugnato gli atti della procedura concorsuale, e ne ha invocato l’annullamento, oltre a richiedere la condanna dell’ente appaltante al risarcimento del danno ex art. 35 del d.lgs. n. 80 del 1998. In assenza di esplicite indicazioni circa la suddivisione della fornitura all’interno del raggruppamento, si sarebbe dovuta intendere l’offerta come espressione della volontà di dar luogo ad un assetto paritetico, e cioè con un riparto degli obblighi contrattuali secondo quote uguali per le due imprese associate; in ogni caso, le norme di gara non prescrivevano una tale dichiarazione a pena di esclusione, e alcun interesse sostanziale poteva vantare l’ente appaltante a venire immediatamente a conoscenza di elementi che attengono più propriamente al momento dell’esecuzione dell’appalto, tenuto anche conto che si sarebbe potuto quanto meno ammettere l’offerente a completare la documentazione prodotta, così come previsto dall’art. 15 del d.lgs. n. 358 del 1992.

Il Collegio ritiene di poter prescindere dall’eccezione di inammissibilità sollevata dall’A.T.M., in quanto il ricorso è infondato.

La controversia scaturisce dall’esclusione dell’offerta di una istituenda associazione temporanea, disposta in ragione dell’asserita inosservanza dell’art. 10, comma 2, del d.lgs. 24 luglio 1992, n. 358 (recante il "testo unico delle disposizioni in materia di appalti pubblici di forniture …"), e – in particolare – per l’omessa indicazione delle frazioni del contratto di pertinenza di ogni singola impresa ("L’offerta congiunta deve essere sottoscritta da tutte le imprese raggruppate e deve specificare le parti della fornitura che saranno eseguite dalle singole imprese e contenere l’impegno che, in caso di aggiudicazione della gara, le stesse imprese si conformeranno alla disciplina prevista nel presente articolo"). Si tratta quindi di accertare quale valenza abbia tale prescrizione legale nella fase di scelta del contraente, e se sia legittimo farne discendere l’estromissione delle imprese che si siano astenute dal rendere la dichiarazione richiesta.

In tema di appalti di lavori pubblici, è stato affermato in giurisprudenza che è nullo ex art. 1344 cod.civ., in quanto negozio in frode alla legge, l’accordo tra imprese diretto ad ottenere l’aggiudicazione di un appalto in regime di riunione temporanea, se detto accordo si accompagna ad un patto interno finalizzato ad estromettere una o più imprese dalla fase esecutiva del contratto per riservarla ad imprese che da sole non avrebbero potuto partecipare alla gara (v. Corte dei conti, Sez. contr. Stato, 5 giugno 1991 n. 66). Più in generale, si è rilevato che lo strumento dell’associazione temporanea di imprese non può essere impiegato per conseguire finalità diverse dalla riunione delle capacità tecniche e finanziarie di più soggetti nell’esecuzione di un appalto di rilevante entità, essendo perciò la partecipazione fittizia di talune delle ditte riunite situazione estranea al modello legale tipico dell’istituto; dal che la tesi per cui l’assunzione dell’obbligo di effettiva partecipazione al rapporto negoziale deve considerarsi un elemento integrante della causa dei contratti di mandato e di appalto, e che l’ipotesi di un patto interno di affidamento dell’esecuzione ad alcune sole delle imprese associate porterebbe alla nullità del mandato e dell’appalto, in relazione all’art. 1344 cod.civ. o all’art. 1418 cod.civ., anche perché l’interesse pubblico al corretto adempimento del contratto non può ritenersi sufficientemente garantito dalla sola responsabilità solidale delle imprese associate (v. Cass, Sez. I, 2 marzo 1996 n. 1650).

In relazione a tali esigenze, acquisisce un peculiare significato la disposizione – già in precedenza introdotta con l’art. 9 della legge n. 113 del 1981 – che, nell’ambito della disciplina degli appalti pubblici di forniture, richiede espressamente che all’atto dell’offerta le imprese associate esplicitino, con l’indicazione concreta dei rispettivi compiti, la loro diretta partecipazione alla fase esecutiva del contratto. La norma – si è detto – impone ad ogni impresa un ruolo operativo, e cioè vuole un coinvolgimento diretto e sostanziale di tutte le imprese nel rapporto contrattuale, anche allo scopo di evitare che esse si avvalgano del raggruppamento non per unire le proprie disponibilità tecniche e finanziarie, quanto piuttosto per consentire l’ammissione alla gara di imprese sprovviste dei necessari requisiti (v. Cons. Stato, Sez. V, 19 gennaio 1998 n. 84). Si è quindi insistito su di una lettura rigorosa dell’art. 10 del d.lgs. n. 358 del 1992, nel senso che si rende sempre necessario che le offerte presentate da imprese associate contengano l’espressa indicazione delle parti di fornitura assunte da ciascuna di esse – esplicitando cioè una ripartizione di compiti di carattere operativo –, in quanto la mancata collaborazione dell’offerente comporterebbe un difetto funzionale sia del contratto di mandato che del contratto di appalto, e quindi li renderebbe nulli (v. Corte dei conti, Sez. contr. Stato, 13 maggio 1999 n. 28).

Se tale è la ratio della norma, appare evidente che con la prescritta dichiarazione ("L’offerta congiunta … deve specificare le parti della fornitura che saranno eseguite dalle singole imprese …") il legislatore ha preteso, verosimilmente per garantire certezza ai rapporti tra ente appaltante e soggetti affidatari della fornitura, che le imprese associate assumano un esplicito e immediato impegno negoziale in ordine alla concreta partecipazione alla fase esecutiva del contratto, vincolandosi nei confronti dell’ente appaltante attraverso l’indicazione della frazione di propria pertinenza, e quindi elevando ad oggetto di un accordo con il committente quel patto interno che solitamente regola i rapporti tra le imprese che aderiscono ad un raggruppamento temporaneo, ovvero rendendo obbligatoria una dichiarazione che altrimenti sarebbe puramente facoltativa. Il che, a differenza di quanto avviene per gli appalti di opere pubbliche (privi di un’analoga disposizione), esclude la possibilità che l’Amministrazione desuma dal silenzio dell’offerente una partecipazione al raggruppamento per quote uguali (così invece Cass., Sez. I, n. 1650/96 in relazione agli appalti disciplinati dalla legge n. 584 del 1977), in quanto per espressa disposizione di legge un simile impegno è evincibile solo da un’apposita dichiarazione effettuata in sede di offerta. Inoltre va considerato che, secondo un certo orientamento giurisprudenziale, stante la possibilità di dividere concettualmente e fisicamente la fornitura in più parti, riconducibili a soggetti diversi (v. TAR Veneto, Sez. I, 18 agosto 1999 n. 1395), la specifica indicazione delle prestazioni parziali che ciascuna impresa si impegna ad eseguire è al contempo funzionale ad una particolare responsabilità contrattuale in capo alle singole imprese associate, che non concerne solo l’ipotesi della mancata esecuzione della fornitura ma altresì quella dell’adempimento non corretto dell’obbligazione contrattuale, ovvero di singole parti della medesima, anche nel corso della sua attuazione (v. TAR Emilia - Romagna, Bologna, Sez. I, 2 marzo 1992 n. 60); con conseguente necessità di completa e analitica indicazione dei compiti assunti da ciascuna delle imprese riunite.

Detta dichiarazione negoziale, concorrendo a determinare il contenuto del contratto d’appalto, è elemento essenziale dell’offerta. E’ corretta quindi la decisione dell’ente appaltante, che nella fattispecie ha disposto l’estromissione della ricorrente, astenutasi dall’effettuare la richiesta indicazione, anche in assenza di una norma di gara che comminasse la sanzione automatica della esclusione per le concorrenti incorse in una simile irregolarità.

Né la ricorrente ha ragione di lamentare l’omessa applicazione dell’art. 15 del d.lgs. n. 358 del 1992 ("Nei limiti previsti dagli articoli 11, 12, 13 e 14, le Amministrazioni possono invitare le imprese concorrenti a completare od a fornire i chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati"). In effetti, tenendo anche conto dei vincoli applicativi espressamente stabiliti dal legislatore ("Nei limiti …"), appare condivisibile la tesi per cui la facoltà di richiedere alle concorrenti un’integrazione documentale risulta circoscritta a certificati e documenti comprovanti i requisiti soggettivi dei concorrenti e l’assenza di cause di esclusione, mentre si deve ritenere del tutto preclusa tale eventualità con riferimento agli atti aventi carattere negoziale, come l’offerta economica nelle sue diverse articolazioni (v. TAR Puglia, Lecce, Sez. II, 19 febbraio 1998 n. 121). Occorre insomma tener distinte la documentazione e la certificazione dalle dichiarazioni negoziali, essendo possibile rispetto alle prime un potere di integrazione e chiarimento – in quanto atti finalizzati alla dimostrazione del possesso di qualità, attività di impresa o status –, e non essendo invece questo possibile rispetto alle manifestazioni di volontà (v. TAR Sicilia, Catania, Sez. I, 15 maggio 1998 n. 903).

Il ricorso, in definitiva, va respinto.

Le spese di giudizio possono essere compensate, sussistendone giusti motivi.

- Omissis.

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