TAR PIEMONTE, SEZ. I – Sentenza 5 ottobre 2002 n. 1582
- Pres. Calvo, Est. Carlotti - Derossi (Avv. F. Cipolla) c. Città di Torino (Avv.ti M. Piovano ed A. Arnone) - (dichiara in parte inammissibile e, per altra parte, respinge).1. Contratti della P.A.- Gara - Cause di esclusione - Possono essere desunte in via ermeneutica attraverso l’esame complessivo della lex specialis della gara.
2. Contratti della P.A. - Gara - Esclusione - Nel caso di mancata sottoscrizione dell’istanza di partecipazione alla gara da parte di tutti i componenti di un raggruppamento temporaneo costituendo - Va disposta - Ragioni.
1. Il principio della tassatività delle cause di esclusione dalle gare di appalto, coerente rispetto a quello della massima partecipazione dei concorrenti, deve essere rettamente inteso in coordinamento con la possibilità giuridica che l’esclusione dalla gara discenda, virtualmente ed implicitamente, dalla lex specialis; in particolare, non è fenomeno di rara verificazione che un’omissione apparentemente non penalizzata con l’esclusione dalla gara risulti così sanzionata per via di interpretazione sistematica del bando o del disciplinare, essendo strettamente connessa - in via logica o funzionale - ad altra previsione esclusiva (così che il mancato rispetto della prima non sia compatibile con l’osservanza della seconda) (1).
2. Anche nel caso in cui la lex specialis della procedura di gara non preveda espressamente la sanzione dell’esclusione per il caso di mancata sottoscrizione dell’istanza di partecipazione alla gara da parte di tutti i componenti di un raggruppamento temporaneo costituendo, tale tipo di sanzione va in ogni caso applicata nel caso in cui la lex specialis stessa esprima in più punti l’esigenza della perfetta identità tra le persone (fisiche e giuridiche) appartenenti al raggruppamento costituendo e gli autori delle dichiarazioni richieste a pena di esclusione (2).
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(1) V. di recente sul punto, con riferimento agli appalti di lavori pubblici, C.G.A., 16 maggio 2002, n. 16, secondo cui in una procedura di evidenza pubblica, pur in assenza di un’espressa comminatoria contenuta nel bando, l’esclusione di un concorrente può essere ugualmente disposta allorquando risulti da questi violata una specifica e puntuale disposizione normativa, almeno laddove siffatta inosservanza riguardi una prescrizione che assolva ad una specifica ed infungibile finalità sostanziale.
(2) Ha osservato in proposito il T.A.R. Piemonte che il disciplinare nella specie esprimeva in più punti l’esigenza della perfetta identità tra le persone (fisiche e giuridiche) appartenenti al raggruppamento costituendo e gli autori delle dichiarazioni richieste a pena di esclusione; tale precisa corrispondenza non ammetteva pertanto alcuna asimmetria soggettiva, né in eccesso né in difetto.
Pertanto, la Commissione di gara avrebbe potuto escludere, non soltanto il concorrente che avesse presentato una regolare istanza di partecipazione e non anche conformemente sottoscritto una delle dichiarazioni espressamente previste a pena di esclusione, ma altresì il concorrente (come avvenuto nel caso in esame) che avesse sottoscritto le dichiarazioni in parola e non anche l’istanza di partecipazione (contenente l’impegno alla successiva ed eventuale costituzione del RTI).
Inoltre, l’impegno a conferire un mandato collettivo, da parte di più persone per il conseguimento di uno scopo comune, presuppone l’essenzialità della partecipazione negoziale di ciascun mandante di guisa che alla Commissione di gara, esclusivamente tenuta ad un controllo della regolarità della documentazione prodotta, non può esser riconosciuto alcun potere di interpretazione e di qualificazione autonoma di una privata dichiarazione di volontà (atteso che, in materia di appalti pubblici, anche il principio ermeneutico di conservazione degli atti giuridici è subordinato al rispetto del valore primario della pari concorrenza tra i partecipanti).
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia,
1) del verbale della commissione di gara «asta pubblica n. 128/2002 per l’affidamento di incarico professionale per la progettazione relativa al restauro e al recupero funzionale della O.G.R.» in data 17 luglio 2002 con il quale è stato escluso dalla gara stessa l’«ATP Prof. Arch. DEROSSI Pietro – mandatario in quanto la dichiarazione contenente l’impegno a formalizzare il Raggruppamento nei modi previsti dall’art. 11 d.lgs. n. 157/95 e s.m., richieste a pena di esclusione dal bando e dal punto 8.4 del disciplinare di gara, è priva della sottoscrizione dell’arch. Davide DEROSSI, professionista facente parte del costituendo Raggruppamento»;
2) di ogni altro atto a questo preordinato, presupposto o, comunque, conseguente e, segnatamente, - se del caso – del punto 8.4, capoverso 4, del disciplinare di gara;
(omissis)
RITENUTO IN FATTO
I ricorrenti partecipavano all’asta pubblica n. 127/2002, bandita dal Comune di Torino, per l’aggiudicazione della progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva degli interventi di destinazione ad uso espositivo dell’Urban Center e del complesso edilizio delle Officine Grandi Riparazioni delle Strade Ferrate in via Borsellino.
Nella seduta pubblica del 17 luglio 2002, dopo l’apertura dei plichi contenenti i documenti e le dichiarazioni, la Commissione di Gara escludeva l’ATP sopra indicata in quanto la dichiarazione contenente l’impegno a formalizzare il Raggruppamento nei modi previsti dall’art. 11 d.lgs. n. 157/1995 era risultata priva della sottoscrizione dell’Arch. Davide DEROSSI, quale facente parte del costituendo Raggruppamento.
Avverso siffatta esclusione insorgevano i ricorrenti spiegando le conclusioni sopra riferite e rubricando i seguenti motivi di censura:
violazione di legge ed erronea applicazione del punto 8.4 del disciplinare di gara; illogicità; carenza di motivazione e violazione dell’art. 3, comma 1, seconda parte, l. 7 agosto 1990, n. 241;
eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza di presupposti e travisamento dei fatti; difetto di motivazione e violazione dell’art. 3, comma 1, seconda parte, l. 7 agosto 1990, n. 241, sotto ulteriore profilo; illogicità;
violazione ed erronea interpretazione del punto 8.4, quarto capoverso, del disciplinare di gara;
violazione di legge – da parte del punto 8.4, quarto capoverso – in relazione ai principi generali in materia di procedure di evidenza pubblica e del principio di buon andamento della P.A. recato dall’art. 97 della Costituzione; illogicità (e conseguente illegittimità dell’esclusione in via derivata).
Si costituiva il Comune di Torino instando per il non accoglimento del ricorso.
Alla Camera di Consiglio del 3 ottobre 2002 il ricorso era ritenuto per la decisione immediata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Collegio – non ravvisando la necessità di disporre alcuna ulteriore attività istruttoria – ritiene di potersi pronunciare ai sensi dell’art. 3 della legge 21 luglio 2000, n. 205; non vi è luogo, dunque, ad alcuna pronuncia sull’invocata tutela cautelare.
Col primo motivo si deduce che l’art. 8.4 del disciplinare di gara non prevede espressamente la sanzione dell’esclusione per il caso di mancata sottoscrizione dell’istanza di partecipazione alla gara da parte di tutti i componenti di un raggruppamento temporaneo costituendo; da ciò conseguirebbe l’illegittimità dell’atto impugnato per erronea applicazione del ridetto disciplinare di gara, essendo stato interpretato il succitato punto 8.4 in modo tale da operare un ingiustificato restringimento delle possibilità di partecipazione, con parallela lesione del principio della par condicio. Inoltre la motivazione dell’atto impugnato risulterebbe carente sotto il profilo della mancata valorizzazione di alcune importanti risultanze documentali: in particolare, la Commissione non avrebbe preso in adeguata considerazione la circostanza che l’arch. Derossi avesse firmato tutti gli altri documenti, ivi compresa la dichiarazione – ulteriore rispetto alle prescrizioni del disciplinare - di indicazione dell’arch. Pietro Derossi quale responsabile dell’integrazione tra le varie prestazioni specialistiche richieste, dichiarazione questa che, a detta dei ricorrenti, si sarebbe potuta considerare equivalente all’impegno, a forma libera, previsto dal punto 8.4..
Col secondo motivo si afferma che i tre Derossi avrebbero chiesto di partecipare alla gara in qualità di professionisti associati dello Studio omonimo (avendo indicato il recapito, la partita Iva e l’atto costitutivo di tale associazione professionale). Si ritiene, pertanto, che non vi sarebbe stata alcuna necessità che anche Davide Derossi firmasse i documenti in questione dal momento che lo statuto dell’associazione (art. 11) consentirebbe l’amministrazione e l’esercizio della rappresentanza in capo a ciascuno dei soci disgiuntamente, per tutti gli atti di ordinaria amministrazione, ed a due soli soci congiuntamente (nel caso di specie, gli architetti Pietro e Paolo Derossi) per gli atti di straordinaria amministrazione. La Commissione di Gara sarebbe, pertanto, incorsa nella violazioni denunciate per aver ignorato tali circostanze, sebbene subito dedotte dall’arch. Pietro Derossi nel corso della stessa seduta del 17.07.2002.
Col terzo motivo, ferme restando le doglianze sopra indicate, i ricorrenti osservano che, in ogni caso, la Commissione di Gara avrebbe potuto escludere idealmente l’arch. Davide Derossi semplicemente considerandolo come non facente parte del Raggruppamento ma conservando così effetto alla partecipazione di tutti gli altri ricorrenti.
Infine, in ulteriore subordine, con l’ultima doglianza si censura l’illegittimità del punto 8.4 del disciplinare (in caso di corretta interpretazione di esso da parte della Commissione di Gara) dacché la sua applicazione comporterebbe un arbitrario ed illogico restringimento della platea dei concorrenti e poiché il suo contenuto precettivo non sarebbe giustificato da alcuna esigenza di tutela della par condicio.
Il ricorso è infondato e non merita accoglimento. In effetti, sebbene il punto 8.4 del disciplinare di gara non preveda espressamente l’esclusione nel caso di mancata sottoscrizione dell’istanza di partecipazione e del contestuale impegno a formalizzare il raggruppamento prima dell’eventuale affidamento dell’incarico (né in tal senso depone la generica indicazione contenuta nel relativo avviso: «Dichiarazioni e documenti sono richiesti a pena di esclusione»), nondimeno l’omissione in parola non avrebbe potuto ricevere differente sanzione. In effetti, il principio della tassatività delle cause di esclusione, coerente rispetto a quello della massima partecipazione dei concorrenti alle procedure di evidenza pubblica, deve essere rettamente inteso in coordinamento con la possibilità giuridica che l’esclusione discenda, virtualmente ed implicitamente, dalla lex specialis; in particolare, non è fenomeno di rara verificazione che un’omissione apparentemente non penalizzata con l’esclusione dalla gara risulti così sanzionata per via di interpretazione sistematica del bando o del disciplinare dacché strettamente connessa, in via logica o funzionale, ad altra previsione esclusiva (così che il mancato rispetto della prima non sia compatibile con l’osservanza della seconda).
Tanto corrisponde a quanto effettivamente verificatosi nel caso in esame dal momento che il disciplinare in questione esprimeva in più punti (8.1., 8.2, 8.4) l’esigenza della perfetta identità tra le persone (fisiche e giuridiche) appartenenti al raggruppamento costituendo e gli autori delle dichiarazioni richieste a pena di esclusione. Tale precisa corrispondenza non ammetteva pertanto alcuna asimmetria soggettiva, né in eccesso né in difetto; detto altrimenti, la Commissione di Gara avrebbe potuto escludere, non soltanto il concorrente che avesse presentato una regolare istanza di partecipazione e non anche conformemente sottoscritto una delle dichiarazioni espressamente previste a pena di esclusione, ma altresì il concorrente – come avvenuto nel caso in esame – che avesse sottoscritto le dichiarazioni in parola e non anche l’istanza di partecipazione (contenente l’impegno alla successiva ed eventuale costituzione del RTI).
Vi è di più.
E’, invero, ben noto l’orientamento della giurisprudenza amministrativa (recentemente ribadito anche da C.G.A.R.S., 16 maggio 2002, n. 16, con riferimento agli appalti di lavori pubblici) secondo cui, in una procedura di evidenza pubblica, pur in assenza di un’espressa comminatoria contenuta nel bando, l’esclusione di un concorrente può essere ugualmente disposta allorquando risulti da questi violata una specifica e puntuale disposizione normativa, almeno laddove siffatta inosservanza riguardi una prescrizione che assolva ad una specifica ed infungibile finalità sostanziale. Calato il principio nella vicenda in esame, salta subito agli occhi la circostanza che l’omessa sottoscrizione dell’istanza di partecipazione (e del contestuale impegno) abbia comportato la violazione dell’art. 38 d.p.r. n. 445/2000 che, notoriamente, esige, per attribuire il valore di certezza legale alle dichiarazioni sostitutive dei privati, l’adempimento congiunto di un duplice onere formale consistente sia nella sottoscrizione della dichiarazione sia nell’allegazione ad essa di copia del documento di identità del dichiarante (di talché tale seconda allegazione, in difetto della sottoscrizione, non può produrre l’effetto tipico, sancito dal ridetto art. 38, della certa riconducibilità del contenuto della dichiarazione alla persona del fimatario di essa).
A proposito poi dell’argomento del tamquam non esset sviluppato nel terzo motivo, giova osservare come trattasi di una difesa di indubbia suggestione ma agevolmente falsificabile semplicemente osservando che, ove pure l’Amministrazione avesse adottato (errando) un criterio siffatto, sarebbe inevitabilmente incorsa in sicuri profili di illegittimità poiché sarebbe risultato impossibile distinguere - tra i requisiti minimi di capacità finanziaria e tecnica di cui all’art. 6, lett. g), del disciplinare - quelli propri degli effettivi partecipanti rispetto a quelli del concorrente idealmente "inesistente"; la P.A., del resto, sarebbe andata incontro ad un’analoga illegittimità ove avesse consentito la partecipazione alla gara anche di un raggruppamento avente tra i suoi "partecipanti" – si veda, a tal proposito, la dichiarazione di indicazione dell’arch. Pietro Derossi quale responsabile dell’integrazione tra le varie prestazioni specialistiche – anche un soggetto formalmente estraneo alla gara.
In aggiunta mette conto rilevare che l’impegno a conferire un mandato collettivo, da parte di più persone per il conseguimento di uno scopo comune, presuppone l’essenzialità della partecipazione negoziale di ciascun mandante di guisa che alla Commissione di Gara, esclusivamente tenuta ad un controllo della regolarità della documentazione prodotta, non può esser riconosciuto alcun potere di interpretazione e di qualificazione autonoma di una privata dichiarazione di volontà (atteso che, in materia di appalti pubblici, anche il principio ermeneutico di conservazione degli atti giuridici è subordinato al rispetto del valore primario della pari concorrenza tra i partecipanti).
Con riguardo poi alla dichiarazione di indicazione dell’arch. Pietro Derossi, va disattesa la deduzione della perfetta sostituibilità di essa rispetto a quella contemplata dal punto 8.4 del disciplinare. Ed invero, anche laddove fosse possibile (non lo è) aderire alla tesi della libertà della forma dichiarativa, non potrebbe comunque obliterarsi che il contenuto di quella dichiarazione non equivale affatto, sotto un profilo contenutistico, all’impegno a conformarsi all’art. 11 d.lgs. n. 157/95 ed a conferire, a tal fine, uno speciale mandato irrevocabile.
Da quanto testé considerato emergono in modo palese le insuperabili aporie cui avrebbe condotto la mancata esclusione del raggruppamento in questione seguendo una qualsiasi delle soluzioni proposte dai ricorrenti: invero, ove si fosse considerato l’arch. Davide Derossi siccome estraneo al raggruppamento, non si sarebbe potuta consequenzialmente ammettere la validità di tutte le altre dichiarazioni diverse dall’istanza di partecipazione (perché sottoscritte anche da un soggetto estraneo all’oggetto del mandato, violando così il principio di identità di cui sopra); e, di contro, laddove si fosse considerato il prefato Derossi al pari di un effettivo partecipante, l’Amministrazione non avrebbe potuto soprassedere riguardo alla mancata sottoscrizione, da parte di questi, dell’istanza di partecipazione.
L’unica conclusione, pertanto, è che la firma dell’istanza di partecipazione da parte di tutti i soggetti indicati nel punto 8.4 del disciplinare costituiva, sì, un adempimento formale (nel caso di specie, omesso per mera dimenticanza; è pur vero che la competizione riguarda anche la capacità di non incappare in omissioni documentali non rimediabili) ma anche essenziale proprio nella prospettiva della garanzia della par condicio tra i concorrenti.
In tal senso la disposizione censurata non è affatto illegittima per contrarietà al principio della massima partecipazione alle gare pubbliche atteso che essa, assolutamente chiara e scevra di profili di equivocità ermeneutica, pretendeva il rispetto di un adempimento formale, funzionale all’ammissione e logicamente pregiudiziale rispetto all’applicazione del principio suddetto.
Infine, è d’uopo osservare come non possa accogliersi alcuna difesa fondata sulla pretesa indifferenza giuridica della sottoscrizione in parola per effetto della dichiarata sufficienza delle firme apposte da due dei tre soci dello Studio Derossi. Ciascuno dei tre architetti Derossi difatti, seppur tra loro associati, hanno inteso partecipare alla gara a titolo personale e non quali soci amministratori dello Studio (di qui l’accoglimento dell’eccezione di difetto di legittimazione processuale dedotta dal Comune di Torino nei confronti del medesimo Studio), né, del resto, siffatta possibilità era esclusa dall’art. 7 dello stesso statuto associativo.
Sussistono giustificati motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di lite del grado.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Prima Sezione, decidendo sul ricorso collettivo emarginato (Ricorso n. 1142 del 2002), dichiara l’inammissibilità del medesimo limitatamente al solo Studio Associato Derossi e, nel resto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Torino, nella Camera di Consiglio del 3 ottobre 2002, con l’intervento dei Magistrati:
Giuseppe Calvo Presidente
Paolo Peruggia Primo Referendario
Gabriele Carlotti Referendario
Il Presidente L’Estensore
f.to G. CALVO f.to G. CARLOTTI
Depositata in segreteria il 5 ottobre 2002.