TAR PIEMONTE, SEZ. II - Sentenza 20 dicembre 1999 n. 662 - Montini, Presidente - Caso Estensore - Cassa Rurale ed Artigiana di Boves ( avv. Cuffini) - Comune di Peveragno (n.c.) - Banca Regionale Europea S.p.A. (avv. Motta, Dal Piaz).
Contratti della P.A. - Licitazione privata - Servizio di tesoreria - Aggiudicazione - Annullamento.
Nell' ambito di una gara a licitazione privata, indetta da un Comune per l'affidamento del servizio di tesoreria, l'aggiudicazione deve avvenire sulla base dei criteri di valutazione delle offerte indicati dall'Amministrazione senza tener conto di elementi estranei all'oggetto della gara (nel caso di specie, non essendo diversamente stabilito, le voci che componevano le offerte dovevano essere tutte rapportate al tipo di servizio per il quale era stata indetta la gara, con conseguente esclusione di quelle prestazioni non strettamente inerenti alla gestione del servizio di tesoreria né comunque funzionali ad una sua maggiore efficienza o economicità).
Omissis.-
D I R I T T O
Impugna l’azienda di credito ricorrente le determinazioni assunte dall’Amministrazione comunale nell’ambito della gara a licitazione privata per l’affidamento del servizio di tesoreria relativo al periodo 1/1/97 - 31/12/2001. La scelta in favore di altra concorrente sarebbe scaturita dall’indebito rilievo assegnato ad una promessa di contributo di £. 175.000.000, che non avrebbe dovuto essere presa in considerazione, perché del tutto estranea agli elementi di determinazione del costo del servizio di tesoreria e perciò inidonea a definire la maggiore o minore economicità della prestazione oggetto dell’appalto, traducendosi piuttosto in una sorta di corrispettivo per ottenere l’aggiudicazione del contratto. Non si sarebbe inoltre tenuto conto che la ricorrente si era resa anche disponibile a realizzare opere sociali e a finanziare interventi di ristrutturazione nel centro storico di Peveragno, in tal modo pregiudicandosene ingiustificatamente la possibilità di risultare la migliore offerente.
In relazione a tale ultimo profilo, l’Amministrazione comunale ha eccepito l’inammissibilità del gravame per intervenuta acquiescenza, nella considerazione che la stessa ricorrente avrebbe offerto una prestazione che esulava dal servizio di tesoreria, e quindi avrebbe dimostrato di accettare l’impostazione di gara voluta dall’ente appaltante.
L’eccezione è infondata.
Per costante giurisprudenza, l’acquiescenza ricorre allorché da atti o comportamenti dell’interessato possa ricavarsi, in modo assolutamente certo ed univoco, la volontà di accettare il contenuto del provvedimento sfavorevole e conseguentemente la rinuncia ad impugnarlo, ovvero implica che un certo atto amministrativo sia stato formalmente adottato e il privato abbia volontariamente omesso di farne oggetto di censura dinanzi al giudice amministrativo; ne consegue, allora, che l’acquiescenza non può essere valutata in relazione a comportamenti tenuti in momenti anteriori all’emanazione dell’atto (v. TAR Basilicata 19 maggio 1993 n. 181), né in generale è ipotizzabile rispetto ad atti futuri (v. Cons. Stato, Sez. VI, 29 marzo 1996 n. 504), presupponendo sempre l’attualità della lesione (v. Cons. Stato, Sez. IV, 4 agosto 1988 n. 675). Ora, non par dubbio che la condotta di cui si discute sia riferita alla fase di formulazione delle offerte, ovvero ad un momento anteriore a quello di esame delle varie proposte contrattuali – e comunque antecedente alle determinazioni finali dell’Amministrazione –, sì da non poter essere in ogni caso ipotizzata una forma di acquiescenza ai futuri criteri di valutazione delle offerte. Va ribadito, infatti, che non si censurano in questa sede le norme di gara, bensì le modalità di applicazione di dette regole in sede di scelta dell’offerta più conveniente.
Nel merito, la controversia impone innanzi tutto di accertare a quali elementi le norme di gara avessero ancorato la valutazione delle offerte, ed in particolare se tra detti elementi fosse possibile ritenere compresa anche la promessa di versamento di una somma di denaro in favore dell’Amministrazione.
Ora, dalla lettera di invito si evince che il confronto tra i vari offerenti avrebbe dovuto essere effettuato assumendo a riferimento il "tasso debitore", il "compenso per il servizio", il "rimborso spese di gestione" e le "utilità e/o vantaggi che il concorrente intenda proporre con l’offerta, nonché le migliori condizioni proposte per la contrazione di mutui". Quest’ultima voce, in particolare, potrebbe prestarsi ad una lettura di ampia portata, non essendo stato precisato di quali "utilità e/o vantaggi" l’Amministrazione avrebbe dovuto in concreto tener conto; sennonché, ad intendere in senso ampio la disposizione, si verrebbe ad introdurre un parametro del tutto indefinito, giacché comprensivo di qualsiasi possibile prestazione negoziale in favore dell’ente appaltante, e si negherebbe in tal modo la stessa ragion d’essere di una disciplina di gara che predetermini i criteri di valutazione delle offerte. Va quindi ritenuto che, non essendo diversamente stabilito, le voci che componevano le offerte dovessero essere tutte rapportate al tipo di servizio per il quale era stata indetta la gara, con conseguente esclusione di quelle prestazioni non strettamente inerenti alla gestione del servizio di tesoreria né comunque funzionali ad una sua maggiore efficienza o economicità. Del resto, nell’interpretare un bando di gara occorre sempre rifarsi ad un criterio ermeneutico di tipo logico-funzionale, preferendo il significato che assicuri la salvaguardia dei principi di coerenza e di ragionevolezza, alla stregua del contesto globale in cui l’atto è destinato ad operare, e con riguardo alla connessione tra le varie parti del provvedimento (v. TAR Valle d’Aosta 2 novembre 1994 n. 145), ovvero assicurando alle norme di gara un significato legittimo e rispondente ad un criterio logico (v. TAR Basilicata 11 novembre 1989 n. 347).
Non appare al Collegio superfluo ricordare come, relativamente alle gare per l’affidamento del servizio di tesoreria, la giurisprudenza abbia negato l’ammissibilità di contributi in denaro, se non chiaramente previsti dal bando o dalla lettera di invito, per violazione del principio della par condicio dei concorrenti e della trasparenza delle scelte amministrative (v. Cons. Stato, Sez. V, 10 marzo 1998 n. 268; TAR Friuli - Venezia Giulia 24 novembre 1995 n. 448; TAR Basilicata 31 marzo 1993 n. 96). Anche quando si è riconosciuto loro un mero carattere preferenziale, si è sottolineata la necessità che il bando consenta espressamente la presentazione di simili offerte (v. TAR Toscana, Sez. II, 18 settembre 1997 n. 619).
Nella fattispecie, allora, avendo l’Amministrazione preso in considerazione l’erogazione di una somma di denaro da parte dell’azienda di credito che si è poi aggiudicata la gara, ed essendo risultato decisivo detto elemento per l’esito della procedura concorsuale, è fondata la censura con cui la ricorrente lamenta che la scelta finale sia stata determinata da elementi estranei all’oggetto della gara. Ciò in quanto – come si è detto – la voce "utilità e/o vantaggi", contemplata nella lettera di invito, andava intesa coerentemente con il servizio che si doveva affidare, in questo trovando il limite logico della sua previsione, e quindi anche la sua chiave di lettura.
Quanto, invece, alla doglianza relativa all’omessa valutazione dell’offerta della ricorrente, per la parte concernente l’impegno a finanziare opere sociali nell’interesse della comunità e interventi di ristrutturazione e di restauro di edifici nel centro storico del paese, il Collegio ritiene che l’estrema genericità della proposta ne impedisse una compiuta valutazione, sì che correttamente l’Amministrazione si è astenuta dal quantificarne l’incidenza economica. E ciò a prescindere dalla stessa ammissibilità di una simile offerta, alla luce della sua doverosa attinenza al servizio oggetto della gara. Dal che l’infondatezza della censura.
In conclusione, quindi, il ricorso va accolto nei limiti suindicati, con conseguente annullamento dell’atto impugnato.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza dell’Amministrazione comunale e della società controinteressata, e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE per il PIEMONTE, Sezione II, pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione, e per l’effetto annulla l’atto impugnato.
Condanna l’Amministrazione e la controinteressata al pagamento delle spese di lite, nella misura complessiva di £. 5.000.000 (cinquemilioni), ripartite per la metà tra le due parti soccombenti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
- Omissis.