La sotto riportata sentenza del TAR Puglia-Bari, Sez. I, n. 467 del 23 gennaio 2002, è interessante sotto tre diversi profili, in quanto:
a) nega il difetto di giurisdizione del G.A. in favore di affermata competenza arbitrale ex art. 32 della legge n. 109/1994, esplicitando come anche tale arbitrato sia facoltativo, pur in presenza di clausole di richiamo del vecchio capitolato speciale;
b) individua nel "nuovo arbitrato" ex art. 32 la possibilità di deferire agli arbitri anche questioni di interesse legittimo, quale quella relativa alla spettanza della revisione prezzi;
c) nega la giurisdizione del G.A. in favore dell'A.G.O. per le controversie relative alla corresponsione dell'aggiornamento del prezzo chiuso di cui all'art. 33 comma 4 della legge n. 41 del 1986, oltre che degli interessi sulla presunta tardiva corresponsione dell'anticipazione del prezzo d'appalto.
TAR PUGLIA-BARI, SEZ. I – Sentenza 23 gennaio 2002 n. 467 – Pres. Ferrari, Est. Spagnoletti - C.E.S.I.M. di Lamanna Vito & C. S.a.s. (Avv. G. M. Serlenga) c. Gestione Stralcio dell’Ente Regionale Pugliese Trasporti - E.R.P.T. (n.c.) e Regione Puglia (Avv. A. Sisto).
1. Giurisdizione e competenza – Arbitrato – Disciplina prevista dall’art. 47 del Capitolato generale d’appalto (d.P.R. n. 1063/62) – Facoltà di una delle due parti di rivolgersi all’autorità giudiziaria – Sussiste.
2. Giurisdizione e competenza – Arbitrato – Disciplina prevista dall’art. 32 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 – Non ha reintrodotto una forma di arbitrato obbligatorio – Possibilità di ciascuna parte di rivolgersi all’Autorità giudiziaria – Sussiste.
3. Opere pubbliche – Controversie – Istituto dell’accordo bonario – Ex art. 31 bis comma primo della legge n. 109 del 1994 – Finalità – Individuazione – Procedimento – E’ ad iniziativa d’ufficio – Dimostrazione della attivazione – Spetta all’Amministrazione appaltante.
4. Giurisdizione e competenza – Opere pubbliche – Controversie - Domanda di riconoscimento degli interessi per la ritardata corresponsione dell’anticipazione del prezzo – Rientra nella giurisdizione dell’A.G.O.
5. Giurisdizione e competenza – Opere pubbliche – Controversie – Domanda di domanda relativa all’aggiornamento del prezzo "chiuso" - Ex art. 33 comma quarto della legge 28 febbraio 1986, n. 41 – Giurisdizione dell’A.G.O.
6. Opere pubbliche – Prezzo – Istituiti della revisione prezzi e del prezzo chiuso – Differenze – Individuazione.
1. A seguito della sentenza della Corte costituzionale 9 maggio 1996 n. 152, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 16 della legge 10 dicembre 1981, n. 741, è stato ripristinato il contenuto precettivo originario dell’art. 47 del Capitolato generale d’appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, il quale, pure in presenza del principio di normale devoluzione agli arbitri delle controversie in materia di lavori pubblici, stabilisce una preferenza per il rimedio giurisdizionale, attribuendo alle parti la facoltà di agire davanti al giudice ordinario, anziché davanti agli arbitri con la conseguenza che una delle parti contraenti può legittimamente manifestare la propria volontà di deroga, rivolgendosi all’autorità giudiziaria ordinaria, senza che la controparte abbia facoltà di opporsi, con ciò stesso escludendo la competenza arbitrale (1).
2. L’art. 32 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, come sostituito dapprima dall’art. 9-bis, del d.l. 3 aprile 1995, n. 101 e poi dall’art. 10 della legge 18 novembre 1998, n. 415 (secondo cui "tutte le controversie derivanti dall’esecuzione del contratto, comprese quelle conseguenti al mancato raggiungimento dell’accordo bonario previsto dal comma 1 dell'articolo 31-bis, possono essere deferite ad arbitri"), pur ampliando la sfera di controversie che possono essere devolute al giudizio arbitrale (salva ovviamente la sfera di giurisdizione esclusiva del G.A. per le controversie relative alle procedure di evidenza pubblica per l’affidamento dei lavori e/o della progettazione), non ha però affatto reintrodotto una forma di arbitrato obbligatorio, o declinabile solo per iniziativa dell’Amministrazione, perché in ragione della sua chiarissima formulazione (le controversie derivanti dall’esecuzione del contratto, ivi incluse quelle connesse al mancato raggiungimento dell’accordo bonario, "…possono essere deferite ad arbitri") la deroga alla giurisdizione ordinaria (o nel caso della revisione prezzi, e quando si verta sull’an, anche alla giurisdizione amministrativa) resta comunque affidata alla concorde volontà delle parti del rapporto contrattuale d’appalto.
3. La procedura di accordo bonario di cui all’art. 31 bis, comma primo, della legge n. 109 del 1994, che costituisce evoluzione di quella già disciplinata dall’art. 23 del r.d. 350 del 1895, ha lo scopo di anticipare già in corso d’opera il procedimento per la composizione bonaria delle potenziali controversie tra S.A. e appaltatore, ogni volta che le pretese per maggiori compensi iscritti in riserve raggiungano una significativa percentuale (il 10%) dell’importo contrattuale; poiché tuttavia tale procedura è ad iniziativa d’ufficio e non di parte, compete all’Amministrazione dimostrare la sua pendenza, ai fini della improcedibilità delle domande proposte in un instaurato giudizio in sede giurisdizionale sino alla definizione della procedura amministrativa.
4. Rientra nella giurisdizione del Giudice ordinario la domanda di riconoscimento degli interessi per la ritardata corresponsione dell’anticipazione del prezzo, atteso che essa si ricollega a posizioni di diritto soggettivo e trova titolo diretto nell’inadempimento di obbligazioni della S.A.
5. Rientra nella giurisdizione del Giudice ordinario la domanda relativa all’aggiornamento del prezzo "chiuso", richiesto in relazione all’art. 33 comma quarto della legge 28 febbraio 1986, n. 41 (2).
6. L’istituto generale della revisione dei prezzi e quello del prezzo chiuso rispondono a finalità ed esigenze del tutto diverse, tendendo la revisione dei prezzi a ristabilire il rapporto sinallagmatico tra prestazioni mediante l’adeguamento del corrispettivo alle variazioni dei prezzi di mercato qualora questi superino la soglia della normale alea contrattuale, rispondendo la formula del prezzo chiuso, per converso, al criterio di una forfettizzazione convenzionale, per entrambe le parti, dell’alea contrattuale medesima; la convenzione ‘a prezzo chiuso’ si pone, pertanto, come del tutto alternativa rispetto a quella con revisione dei prezzi (3).
---------------------------
(1) Cass., SS.UU., 25 maggio 1998, n. 5200; conformi: Cass., Sez. I, 21 aprile 2000, n. 5240; nello stesso senso si era pronunciata in precedenza la stessa Sez. I nelle sentenze 10 novembre 1997, n. 11048, 20 maggio 1997, n. 4474 e 15 gennaio 1997, n. 349.
Alla stregua del principio nella specie il TAR Puglia ha ritenuto infondata l’eccezione di difetto di giurisdizione avanzata dalla difesa della Regione, la quale aveva fondato tale eccezione nel fatto che il contratto di appalto richiamava l’art. 47 del capitolato generale di cui al d.P.R. n. 1063 del 1962.
(2) Ha osservato il TAR Puglia che nel caso prezzo chiuso da aggiornare non è invocabile l’orientamento giurisprudenziale che fa rientrare le questioni in materia di revisione prezzi nella giurisdizione amministrativa; nel caso di revisione prezzi, infatti, si è a fronte ad una necessaria mediazione del potere amministrativo (nonchè alla precisa indicazione di giurisdizione già contenuta nell’art. 17 della legge n. 741 del 1981) che radica la giurisdizione del G.A.
Nel caso di prezzo chiuso, invece, la previsione pattizia dell’istituto e della prefissata misura dell’aggiornamento (pari al 5% per ciascun anno del rapporto, computato non già sulle variazioni in aumento per effetto di lievitazione di costi, sebbene sullo stesso prezzo del contratto depurato del ribasso d’asta), fanno sì che all’Amministrazione non residui alcun margine di discrezionalità, identificandosi da un lato una posizione di diritto soggettivo in capo all’appaltatore e dall’altro una obbligazione perfetta disegnata in funzione di una prestazione puntualmente disciplinata nel tempo di adempimento e nei suoi contenuti.
Trattasi, dunque di pretesa connessa all’accertamento di un diritto soggettivo di credito e della correlativa obbligazione pecuniaria, per la quale non può che sussistere la giurisdizione dell’A.G.O.
In questo senso il TAR Puglia ha finito per non condividere l’orientamento espresso da talune pronunce di altri TT.AA.RR. (cfr. T.A.R. Piemonte, 15 luglio 1999 n. 473; T.A.R. Basilicata, Potenza, 7 novembre 1998, n. 352), ma quello, ben più meditato e corretto, di altro G.A. (T.A.R. Calabria, Catanzaro, 17 giugno 1999, n. 779).
(3) Cass., Sez. 1, 6 maggio 1998, n. 4547; id., Sez. 4, 13 maggio 1997, n. 4181; cfr, anche T.A.R. Lombardia, Brescia, 5 agosto 1999, n. 740.
per l’annullamento
- del silenzio-rifiuto serbato dagli enti intimati sulla diffida notificata il 26 gennaio 2001 intesa ad ottenere il riconoscimento di revisione e aggiornamento del prezzo dell’appalto dei lavori di completamento della manutenzione straordinaria dell’impianto ex FARC sito nel comune di San Cesario di Lecce, oltre rivalutazione e interessi, nonché gli interessi da ritardato pagamento dell’anticipazione del prezzo;
- delle note del dirigente del settore trasporti
dell’Assessorato regionale ai trasporti n. 26/910 di prot. del 20 febbraio
2001 e n. 26/955 di prot. del 23 febbraio 2001 di riscontro dell’atto di
diffida;
- della nota del dirigente del settore difesa del
suolo e risorse naturali dell’Assessorato regionale ai lavori pubblici n. 1994
di prot. del 21 febbraio 2001 relativa al collaudo dei lavori
omissis
FATTO
Con
ricorso notificato il 19 aprile 2001 e depositato in Segreteria il 20 aprile
2001, la società C.E.S.I.M. di Lamanna Vito & C. S.a.s., con sede in Trani,
in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, ha proposto le cumulative
domande impugnatorie in epigrafe meglio specificate.
Giova
premettere che:
- la
società ricorrente, quale aggiudicataria di licitazione privata, stipulò con
l’Ente regionale pugliese trasporti contratto d’appalto n. 75 di rep. in
data 23 gennaio 2001 per l’esecuzione di lavori di completamento della
manutenzione ordinaria e ristrutturazione dell’impianto ex FARC sito nel
comune di San Cesario di Lecce (da adibire a sede e deposito della Società
trasporti provinciali di Terra d’Otranto), da realizzarsi a misura verso il
prezzo di £. 1.154.378.310=, al netto del ribasso d’asta pari al 26,96%;
- con atto integrativo n. 80 di rep. del 30 novembre
1994, dato atto che non si era potuto procedere alla consegna dei lavori sotto
la data prevista e che medio tempore era intervenuta la soppressione dell’E.R.P.T.,
con nomina di Commissario liquidatore, nonché della predisposizione di apposita
perizia di variante e suppletiva, veniva elevato l’importo dei lavori a £,
1.354.684.558=, con indicazione di rinuncia dell’appaltatrice “…a
qualsiasi pretesa per eventuali compensi revisionali che dovessero maturare in
suo favore per effetto delle condizioni del contratto principale” (e) “…a
qualsiasi pretesa, anche risarcitoria a qualsiasi titolo e ragione”, ed
accettazione “…di eseguire i lavori non più a misura…ma a forfait chiuso,
e quindi con ‘consegna delle opere chiavi in mano’”;
- consegnati i lavori il 16 dicembre 1994, furono
predisposte altre perizie suppletive e di variante, e con atti di sottomissione
n. 81 e 82 di rep. del 2 settembre 1996, affidati i lavori suppletivi sempre con
indicazione che gli stessi sarebbero stati compensati “…a forfait
chiuso…”, mentre con atto n. 83 di rep. del 5 settembre 1996 veniva
stabilito per l’ultimazione dei lavori il nuovo termine del 15 dicembre 1996;
- con atto n. 4444 di rep. del 9 aprile 1998 si
disponeva la novazione del termine di ultimazione, fissato al 1° giugno 1998,
confermando “…tutte le altre clausole e condizioni di cui al contratto
principale n. 75 e gli atti aggiuntivi nn. 80, 81 e 82…” mentre l’impresa
“…espressamente da atto di non aver null’altro a pretendere o a
richiedere, a parte i prezzi contrattuali stabiliti, a qualsiasi titolo o
ragione, e per ritardi e omissioni di sospensioni e pretese diverse in
dipendenza e connessione con i lavori in questione. Ritiene, altresì, ogni
vicenda amministrativa equitativamente transatta con l’obbligo di consegnare
il manufatto al prezzo chiuso ‘chiavi in mano’ pattuito, entro la data
essenziale dell’1.6.1998, escluso ogni onere diverso dal prezzo di contratto,
che solo resta a carico della Gestione Stralcio ex ERPT”;
- con atto di diffida stragiudiziale, notificato il
26 gennaio 2001, la società richiedeva: il riconoscimento della revisione
prezzi per il periodo compreso tra l’aggiudicazione e la stipulazione
dell’atto integrativo n. 80 di rep. del 30 novembre 1994, l’aggiornamento
del prezzo ai sensi dell’art. 33 comma quarto della legge n. 41/1986 “per il
periodo successivo”; gli interessi moratori relativi al ritardato pagamento
dell’anticipazione del prezzo, intervenuta soltanto il 22 dicembre 1994;
- con le note in epigrafe meglio indicate, il
dirigente del settore trasporti dell’Assessorato regionale ai trasporti, anche
in qualità di responsabile del procedimento, significava che ai fini
dell’approvazione del certificato di collaudo dei lavori e dell’omologazione
della relativa spesa era stato richiesto parere preventivo del Comitato
regionale tecnico amministrativo, cui erano state rimesse anche le richieste
dell’appaltatrice, e inviava copia dell’altra nota, pure in epigrafe
indicata, confermativa della trasmissione della contabilità finale e del
certificato di collaudo “…per l’esame e parere del C.R.T.A. di prossima
costituzione”.
Avverso il silenzio-rifiuto, nel presupposto del
carattere meramente soprassessorio delle note dirigenziali, e contro le
medesime, in quanto concretanti arresto procedimentale, la società ricorrente
ha dedotto le seguenti censure:
1) Violazione ed erronea applicazione dell’art.
53 l.r. n. 27/1985 anche in relazione all’art. 51 della stessa legge e agli
artt. 3 della legge n. 741/1981, 2 della legge n. 463/1964 e alla legge n.
700/1974. Violazione degli artt. 10 e 15 del contratto d’appalto n. 75 di rep.
del 23 gennaio 1992 anche in relazione all’art. 11 disp.prel. cod. civ. e al
principio ‘tempus regit actus’. Violazione degli artt. 2, 6, 16 e 17 della
l. n. 241/1990. Eccesso di potere per erronea presupposizione, carente
istruttoria e manifesta ingiustizia. Sviamento, in relazione
all’illegittimo rinvio di ogni determinazione all’esito di un parere del
C.R.T.A. (nemmeno ricostituito), del tutto incompetente a pronunciarsi su opera
non realizzata con finanziamento regionale (ma finanziata direttamente dall’E.R.P.T.)
e sull’oggetto (compensi revisionali, interessi su anticipazione del prezzo
corrisposta tardivamente), con conseguente indebito arresto procedimentale.
2) Violazione ed erronea interpretazione del
combinato disposto degli artt. 72 e 77 capitolato speciale, 33, 35 e 36
capitolato generale in relazione agli art. 2 della legge n. 463/1964 e alla
legge n. 700/1974, all’art. 51 della l.r. n. 27/1985. Violazione del combinato
disposto degli artt. 2 e 4 della legge n. 741/1981, dell’art. 33 commi 2 e 4
della legge n. 41/1986, anche in relazione agli artt. 1367 e 1371 cod. civ.
Violazione dell’art. 11 disp.prel. cod. civ. e del principio ‘tempus regit
actus’ in relazione al combinato disposto degli art. 1230 e 1231 cod. civ.
Violazione dell’art. 2 l. n. 37/1973. Eccesso di potere per erronea
presupposizione, carente istruttoria e manifesta ingiustizia, perché a
tenore delle richiamate disposizioni non può revocarsi in dubbio sia la
spettanza della revisione prezzi (stante l’anteriorità del contratto n. 75 di
rep. del 23 gennaio 1992 alle modifiche introdotte dal d.l. n. 333/1992), non
essendovi stata alcuna novazione del contratto, né essendo valida la rinuncia
di cui all’atto integrativo n. 80 del 30 novembre 1994, sia l’aggiornamento
del prezzo ai sensi dell’art. 33 comma quarto della legge n. 41/1986 (sulla
quale, sempre per l’anteriorità del contratto n. 75 di rep. non può incidere
l’abrogazione disposta dall’art. 15 della legge n. 498/1992) e tenuto conto
della sospensione al momento della stipulazione del detto atto integrativo del
1994 dell’efficacia dell’art. 26 della legge n. 109 del 1994 ad opera del
d.l. n. 331/1994 e poi del d.l. n. 658/1994; quanto agli interessi poi, essi
competono di pieno diritto senza necessità di domande o riserve, ai sensi
dell’art. 4 della legge n. 741/1981.
3) Violazione ed erronea interpretazione degli
artt. 3 e 4 della legge n. 741/1981 e dell’art. 51 l.r. n. 27/1985, nonché
dell’art. 10 del contratto n. 75 di rep. del 23 gennaio 1992. Eccesso di
potere per erronea presupposizione e carente istruttoria, quanto agli
interessi sulla tardiva corresponsione dell’anticipazione del prezzo
contrattuale nei sei mesi dalla data dell’offerta e indipendentemente dalla
richiesta dell’appaltatore.
Costituitasi in giudizio, la Regione Puglia, con
memoria difensiva depositata il 29 maggio 2001, ha dedotto, a sua volta:
a) il difetto di giurisdizione del G.A. dovendosi
ritenere la controversia doverosamente deferibile a collegio arbitrale, in virtù
del rinvio contenuto nel contratto al capitolato generale, e quindi anche agli
artt. 43 ss. del d.P.R. n. 1063 del 1962;
b) il difetto di giurisdizione parziale del G.A. in
favore dell’A.G.O. quantomeno per le pretese relative all’aggiornamento del
prezzo ex art. 33 comma 4 della legge n. 41 del 1986 (che individua una
posizione di diritto soggettivo) e agli interessi sulla tardiva corresponsione
dell’anticipazione del prezzo;
c) l’improcedibilità del ricorso ai sensi
dell’art. 31 bis della legge n. 109 del 1994 e della doverosa esperibilità
del procedimento ivi disciplinato;
d) il difetto di giurisdizione del G.A. per essere la
controversia devoluta al giudizio arbitrale ai sensi dell’art. 32 della legge
n. 109 del 1994;
e) l’infondatezza del ricorso nel merito, sia perché
non si è perfezionato alcun silenzio-rifiuto, essendo stata riscontrata la
diffida; sia perché con l’atto di novazione del termine contrattuale del 9
aprile 1998 la società ricorrente ha rinunciato a qualsivoglia pretesa
patrimoniale diversa da quella relativa al pagamento del corrispettivo
d’appalto, avendo essa comunque già rinunciato alla revisione prezzi con
l’atto integrativo n. 80 di rep. del 30 novembre 1994; né competerebbe
l’aggiornamento del prezzo ex art. 33 comma quarto della legge n. 41 del 1986
per essere stata abrogata la disposizione dall’art. 26 della legge n. 109 del
1994; infine nessun interesse potrebbe riconoscersi sull’anticipazione del
prezzo pagata tempestivamente dopo la consegna dei lavori ai sensi dell’art. 1
comma nove del d.l. n. 173/1988.
A tali eccezioni ha diffusamente replicato la società
ricorrente con memoria difensiva e con brevi note, depositate rispettivamente il
13 giugno 2001 ed il 7 dicembre 2001.
Con ordinanza n. 645 del 30 maggio 2001 è stata
respinta l’istanza cautelare incidentale proposta dalla società ricorrente.
All’udienza pubblica del 19 dicembre 2001 il
ricorso è stato discusso e riservato per la decisione.
DIRITTO
1.) Il ricorso in epigrafe è in parte inammissibile (per quanto attiene alla dedotta sussistenza di silenzio-rifiuto e per il difetto di giurisdizione di questo G.A. in ordine alle pretese relative alla corresponsione dell’aggiornamento del prezzo ai sensi dell’art. 33 comma quarto della legge n. 41 del 1986, nonché al riconoscimento degli interessi moratori in relazione alla asserito tardivo pagamento dell’anticipazione del prezzo contrattuale) e in parte infondato (in ordine alla erronea qualificazione delle note provvedimentali gravate come atti soprassessori integranti illegittimo arresto procedimentale).
1.1)
Nell’ordine logico-giuridico devono esaminarsi, anzitutto, le eccezioni
pregiudiziali spiegate dalla Regione Puglia, siccome potenzialmente idonee a
definire, in tutto o in parte, il giudizio.
1.1.1)
Le più radicali eccezioni attengono al dedotto difetto di giurisdizione di
questo G.A. in relazione alla allegata attribuzione della cognizione della
controversia ad un collegio arbitrale, invocata alternativamente in funzione del
rinvio al capitolato generale contenuto nel contratto e dell’applicabilità
della disposizione di cui all’art. 32 della legge n. 109 del 1994.
Entrambe le eccezioni risultano destituite di
giuridico fondamento.
Le due eccezioni devono essere rettamente intese come
orientate a prospettare il difetto di giurisdizione di questo G.A. in favore
dell’affermata competenza arbitrale, poiché soltanto nell’alternativa tra
giudizio ordinario dinanzi all’A.G.O. e giudizio arbitrale può ravvisarsi una
questione di competenza in senso proprio e non di giurisdizione, secondo la
consolidata giurisprudenza della Suprema Corte.
1.1.1.a) Con la notissima sentenza
della Consulta n. 152 del 9 maggio 1996 è stata dichiarata l’illegittimità
costituzionale dell’art. 16 della legge 10 dicembre 1981, n. 741,
che aveva sostituito l’art. 47 del d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 consentendo
l’esclusione della competenza arbitrale “…solo con apposita clausola
inserita nel bando o invito di gara, oppure nel contratto in caso di trattativa
privata”, e quindi aveva reso facoltativo l’arbitrato solo a
parte administrationis, vincolando l’appaltatore alla volontà di
quest’ultima di deferire la definizione delle controversie nascenti dal
contratto d’appalto ad un collegio arbitrale piuttosto che all’A.G.O.
La Corte, nell’occasione, ha ravvisato
l’illegittimità costituzionale dell’art. 16 della legge n. 741 del 1981 (e
quindi, per il medio di tale disposizione, dell’art. 47 del d.P.R. n. 1063 del
1962, come da essa novellato) proprio “…
nella parte in cui non stabilisce che la competenza
arbitrale può essere derogata anche
con atto unilaterale di ciascuno dei contraenti…(ciò
che rendeva) l’arbitrato concretamente
obbligatorio
in spregio al principio per cui solo a
fronte della concreta e specifica volontà delle parti può derogarsi alla
regola della statualità della giurisdizione.”
.
Il difensore della Regione Puglia rileva, però, che
-pur dopo la declaratoria di illegittimità dell’art. 16 della legge n. 741
del 1981- l’arbitrato non potrebbe essere declinato quante volte le
disposizioni del capitolato generale siano state recepite, non importa se in via
generica ed integrale, nel contratto d’appalto, perché in tal modo la deroga
alla giurisdizione ordinaria avrebbe comunque fondamento pattizio.
Si richiama, in particolare, un indirizzo della
Suprema Corte secondo il quale “…in ipotesi siffatta va ravvisata una
‘relatio perfecta’, in virtù della quale alle richiamate previsioni di una
disciplina fissata in un documento distinto da quello contrattuale va assegnato
il valore
di clausole concordate, le quali, pertanto, si sottraggono all’esigenza della specifica
approvazione per iscritto di cui all’art. 1341 c.p.c…(con la conseguenza che
si dovrebbe)…conferire alla clausola compromissoria de qua valore
di norma pattizia liberamente convenuta…(donde) l’irrilevanza nella fattispecie della
pronuncia di illegittimità costituzionale di cui alla sentenza della Corte
Costituzionale n. 152 del 2/9 maggio 1996, concernente la devoluzione
obbligatoria al giudizio arbitrale” (Cass., Sez. 1, 21 aprile 1999, n. 3929;
nello stesso senso, che la declinatoria della competenza del giudice in favore
degli arbitri abbia, in tal caso, natura pattizia, onde non possa parlarsi di
arbitrato obbligatorio, vedi anche Cass., Sez. 1, 16 aprile 1999, n. 3802).
Sennonché, non può ignorarsi altro indirizzo,
sostenuto dalle Sezioni Unite, e come tale di maggiore “spessore”, secondo
il quale, a seguito della declaratoria di incostituzionalità dell’art. 16
della legge n. 741 del 1981, “…è
stato ripristinato il contenuto precettivo originario del menzionato art. 47 del
Capitolato,
il quale, pure in presenza del principio di normale devoluzione degli (recte:
agli) arbitri delle controversie in materia di lavori pubblici, stabilisce una preferenza
per il rimedio giurisdizionale, attribuendo
alle parti la facoltà di agire davanti al giudice ordinario, anziché davanti
agli arbitri con la conseguenza che una delle parti contraenti può
legittimamente manifestare la propria volontà di deroga,
rivolgendosi all’autorità giudiziaria ordinaria, senza che la controparte
abbia facoltà di opporsi, con
ciò stesso escludendo la competenza arbitrale”
(Cass., SS.UU., 25 maggio 1998, n. 5200; conformi: Cass., Sez. 1, 21 aprile
2000, n. 5240; nello stesso senso si era pronunciata in precedenza la stessa
Sez. 1 nelle sentenze 10 novembre 1997, n. 11048, 20 maggio 1997, n. 4474 e 15
gennaio 1997, n. 349).
Tale più autorevole orientamento risulta, peraltro,
pienamente condivisibile ove si rifletta che, per i contratti stipulati -come
nel caso di specie- nel vigore dell’art. 16 della legge n. 741 del 1981 (e
quindi dell’art. 47 del d.P.R. n. 1063 del 1962, come da esso novellato), il
rinvio “pattizio” al capitolato generale era condizionato dalle clausole del
bando o della lettera di invito, e dalla prescritta accettazione (a pena di
esclusione) delle clausole del capitolato speciale che, generalmente,
richiamavano le disposizioni del capitolato generale.
Sicché, l’impresa partecipante alla gara
d’appalto era in sostanza astretta a manifestare il proprio consenso a
quelle clausole, dovendo necessariamente assoggettarsi all’accettazione del
capitolato generale nel suo complesso, e quindi anche alla disposizione
dell’art. 47 nel testo introdotto dall’art. 16 della legge n. 741 del 1981,
non potendo in pratica escludere la competenza arbitrale perché priva di
ogni potere negoziale e dispositivo in ordine ai contenuti del bando di gara,
della lettera di invito e del capitolato speciale.
Ne consegue che l’interpretazione sostenuta
dall’orientamento (che appare comunque minoritario) invocato dal difensore
della Regione Puglia si fonda sulla insostenibile fictio di una natura
pattizia della deroga alla giurisdizione ordinaria, laddove, per le ragioni
dianzi esaminate, di fatto nessuno spazio può riconoscersi alla volontà
negoziale del privato contraente di escludere la competenza arbitrale; e sotto
altro profilo, tale orientamento oblitera proprio la ratio
decidendi della pronuncia di incostituzionalità dell’art. 16 della legge n. 741
del 1981, come chiaramente enucleabile dalla sentenza della Consulta n. 156 del
9 maggio 1996, della quale si sono innanzi richiamati e riportati, sia pure in
sintesi, i passi salienti.
Alla luce delle osservazioni che precedono, deve
quindi senz’altro disattendersi la prima e più radicale eccezione di difetto
di giurisdizione per come incardinata nel richiamo al recepimento nel contratto
d’appalto delle clausole del capitolato generale di cui al d.P.R. n. 1063 del
1962.
1.1.1.b) Non ha poi maggior pregio l’altra
eccezione di difetto di giurisdizione radicata nell’invocata disposizione
dell’art. 32 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, come
sostituito dapprima dall’art. 9-bis, del d.l. 3 aprile 1995, n. 101 e poi
dall’art. 10 della legge 18 novembre 1998, n. 415.
Quest’ultima,
com’è noto, dispone che:
“Tutte
le controversie derivanti dall’esecuzione del contratto, comprese
quelle conseguenti al mancato raggiungimento dell’accordo bonario previsto dal
comma 1 dell'articolo 31-bis, possono
essere deferite ad arbitri (comma
primo).
Qualora sussista la competenza arbitrale,
il giudizio è demandato ad un collegio arbitrale costituito presso la camera
arbitrale per i lavori pubblici, istituita presso l’Autorità di cui
all’articolo 4 della presente legge. Con decreto del Ministro dei lavori
pubblici, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, da emanare entro
tre mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento, sono fissate le norme
di procedura del giudizio arbitrale nel rispetto dei princìpi del codice di
procedura civile, e sono fissate le tariffe per la determinazione del
corrispettivo dovuto dalle parti per la decisione della controversia (comma
secondo).
Il
regolamento definisce altresì, ai sensi e con gli effetti di cui all’articolo
3 della presente legge, la composizione e le modalità di funzionamento della
camera arbitrale per i lavori pubblici; disciplina i criteri cui la camera
arbitrale dovrà attenersi nel fissare i requisiti soggettivi e di
professionalità per assumere l’incarico di arbitro, nonché la durata
dell’incarico stesso, secondo princìpi di trasparenza, imparzialità e
correttezza (comma terzo).
Dalla
data di entrata in vigore del regolamento cessano di avere efficacia gli
articoli 42, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 49, 50 e 51 del capitolato generale
d’appalto approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 16 luglio
1962, n. 1063. Dalla medesima data il richiamo ai collegi arbitrali da
costituire ai sensi della normativa abrogata, contenuto nelle clausole dei
contratti di appalto già stipulati, deve intendersi riferito ai collegi da
nominare con la procedura camerale secondo le modalità previste dai commi
precedenti ed i relativi giudizi si svolgono secondo la disciplina da essi
fissata” (comma quarto).
Orbene, appare innegabile
che l’art. 32 abbia ampliato
la sfera di controversie che possono essere devolute al giudizio arbitrale
(salva ovviamente la sfera di giurisdizione esclusiva del G.A. per le
controversie relative alle procedure di evidenza pubblica per l’affidamento
dei lavori e/o della progettazione) per il riferimento ampio e generico al loro locus di
emersione (il rapporto contrattuale), e che quindi, ad esempio, consenta il
deferimento al collegio arbitrale di giudizi vertenti non soltanto sulle pretese
assoggettate all’onere di riserva dell’appaltatore, bensì anche su quelle per le quali la prevalente
giurisprudenza esclude tale onere (si considerino proprio
quelle relative alla revisione prezzi: cfr. Cass., Sez. 1, 16 giugno 1997, n. 5373 e 3
ottobre 1990, n. 9775; nonché T.A.R. Lombardia, Brescia, 20 marzo 2000, n. 224
e T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 12 febbraio 1999, n. 77; vedi anche Cass., Sez. 4,
30 maggio 1997, n. 4851 e 19 marzo 1991, n. 2933, per la pretesa relativa agli
interessi sul ritardato pagamento dell’anticipazione del prezzo e della
revisione prezzi; nel senso che comunque la sottoscrizione senza riserve del
certificato di collaudo precluda il riconoscimento della revisione prezzi, cfr.
invece: T.A.R. Puglia, Lecce, 14 luglio 1998, n. 545; T.A.R. Puglia, Bari, Sez,
2, 10 gennaio 1998, n. 9; T.A.R. Lombardia, Brescia, 20 gennaio 1990, n. 11;
T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 13 marzo 1987, n. 76; T.A.R. Lazio, Roma, Sez, 2, 21
giugno 1986, n, 1086).
La disposizione non ha però affatto
reintrodotto una forma di arbitrato obbligatorio, o declinabile solo per
iniziativa dell’Amministrazione, perché in ragione della sua chiarissima
formulazione (le controversie derivanti dall’esecuzione del contratto, ivi
incluse quelle connesse al mancato raggiungimento dell’accordo bonario, “…possono
essere deferite ad arbitri”) la deroga alla giurisdizione ordinaria
(o nel caso della revisione prezzi, e quando si verta sull’an, anche
alla giurisdizione amministrativa) resta comunque affidata alla concorde
volontà delle parti del rapporto contrattuale d’appalto.
In modo del tutto
conseguente, quindi, l’art. 150 comma primo del d.P.R. 21 dicembre 1999, n.
554 (recante il regolamento di attuazione della legge 11 febbraio 1994, n. 109)
ha stabilito che:
“Nel caso in cui gli atti contrattuali
o apposito compromesso prevedono che le eventuali
controversie insorte tra la stazione appaltante e l'appaltatore siano decise da
arbitri, il giudizio è demandato ad un collegio istituito presso la
Camera Arbitrale per i lavori pubblici, ai sensi dell’articolo 32 della Legge.
L’arbitrato ha natura rituale”.
Il riferimento alla stipulazione di “apposito
compromesso” rende evidente, peraltro, che le parti possono sempre deferire
ad arbitri, naturalmente nelle forme del nuovo giudizio gestito dalla
Camera arbitrale, anche questioni per le quali abbiano -come per
esempio nel caso di specie- già instaurato giudizi non ancora definiti
(ordinari o amministrativi), declinando per atto unilaterale la competenza
arbitrale come fissata, ad esempio, mediante il recepimento nel contratto
del capitolato generale di cui al d.P.R. n. 1062 del 1963 (ora abrogato e
sostituito dal d.m. 19 aprile 2000, n. 145).
Alla stregua delle osservazioni che precedono, deve
essere rigettata anche l’altra eccezione di difetto di giurisdizione
articolata dalla Regione Puglia.
1.1.2) Priva di pregio è, altresì, l’eccezione di
improcedibilità del ricorso in relazione alla mancata attivazione della
procedura di accordo bonario di cui all’art. 31 bis comma primo della legge n.
109 del 1994.
Tale disposizione prevede, come noto, che:
“Per i lavori pubblici affidati dai soggetti di cui
all’articolo 2, comma 2, lettere a) e b), in materia di appalti e di
concessioni, qualora, a seguito dell’iscrizione di riserve sui
documenti contabili, l’importo economico dell’opera possa variare in misura
sostanziale e in ogni caso non inferiore al 10 per cento dell'importo
contrattuale, il responsabile del procedimento acquisisce immediatamente
la relazione riservata del direttore dei lavori e, ove costituito, dell’organo
di collaudo e, sentito l’affidatario, formula all’amministrazione, entro
novanta giorni dalla apposizione dell’ultima delle riserve di cui sopra,
proposta motivata di accordo bonario. L’amministrazione, entro sessanta giorni
dalla proposta di cui sopra, delibera in merito con provvedimento motivato. Il
verbale di accordo bonario è sottoscritto dall’affidatario”.
L’art. 149 del d.P.R. n. 554 del 1999 ha poi
disciplinato, come segue, il relativo procedimento:
“Qualora nel corso dei lavori l’appaltatore
abbia iscritto negli atti contabili riserve il cui importo complessivo
superi i limiti indicati dall’articolo 31-bis della Legge, il Direttore dei
Lavori ne dà immediata comunicazione al responsabile del procedimento,
trasmettendo nel più breve tempo possibile la propria relazione riservata in
merito (comma primo).
Il
responsabile del procedimento, valutata l’ammissibilità e la non manifesta
infondatezza delle riserve ai fini dell’effettivo raggiungimento del limite di
valore, nel termine dei novanta giorni dalla apposizione dell’ultima delle
riserve acquisisce la relazione riservata del direttore dei lavori e, ove
costituito, dell’organo di collaudo, sente l’appaltatore sulle condizioni ed
i termini di un’eventuale accordo, e formula alla stazione appaltante una
proposta di soluzione bonaria (comma secondo).
Nei successivi sessanta giorni la stazione
appaltante, nelle forme previste dal proprio ordinamento, assume le dovute
determinazioni in merito alla proposta e ne dà sollecita comunicazione
al responsabile del procedimento e all’appaltatore. Nello stesso termine la
stazione appaltante acquisisce gli eventuali ulteriori pareri ritenuti
necessari (comma terzo).
Qualora
l’appaltatore aderisca alla soluzione bonaria prospettata dalla stazione
appaltante nella comunicazione, il responsabile del procedimento convoca le
parti per la sottoscrizione del verbale di accordo bonario. La sottoscrizione
determina la definizione di ogni contestazione sino a quel momento insorta
(comma quarto).
Sulla
somma riconosciuta in sede di accordo bonario sono dovuti gli interessi al tasso
legale a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla sottoscrizione
dell’accordo (comma quinto).
Le
dichiarazioni e gli atti del procedimento non sono vincolanti per le parti in
caso di mancata sottoscrizione dell’accordo (comma sesto).
La
procedura di accordo bonario ha luogo tutte le volte che le riserve iscritte
dall’appaltatore, ulteriori e diverse rispetto a quelle già precedentemente
esaminate, raggiungono nuovamente l’importo fissato dalla Legge” (comma
settimo).
L’elemento
saliente della richiamata disciplina, che costituisce evoluzione di quella già
disciplinata dall’art. 23 del r.d. 350 del 1895, è nell’anticipare già
in corso d’opera il procedimento per la composizione bonaria delle
potenziali controversie tra S.A. e appaltatore, ogni volta che le pretese per
maggiori compensi iscritti in riserve raggiungano una significativa percentuale
(il 10%) dell’importo contrattuale.
Del
pari, la definizione in via arbitrale delle controversie, in virtù del richiamo
contenuto nell’art. 32 comma primo della legge n. 109 del 1994 a quelle
“…conseguenti al mancato raggiungimento dell’accordo bonario…”, può
intervenire anche durante il corso di svolgimento del rapporto.
Sennonché, poiché il procedimento è ad
iniziativa d’ufficio e non di parte, compete all’Amministrazione
dimostrare la sua pendenza, ai fini della improcedibilità delle domande
proposte in un instaurato giudizio in sede giurisdizionale sino alla definizione
della procedura amministrativa.
La Regione Puglia, pur avendo allegato che la società
ricorrente avrebbe iscritto “…talune riserve, concernenti, tra l’altro,
gli interessi maturati per effetto della ritardata liquidazione
dell’anticipazione del prezzo d’appalto” (p. 8 penultimo capoverso della
memoria difensiva depositata il 29 maggio 2001), non ha in realtà offerto alcun
effettivo riscontro probatorio né in ordine alla iscrizione delle riserve né
in ordine alla loro inerenza a tutte o alcune delle domande proposte col
ricorso in epigrafe, né circa la pendenza della procedura di accordo
bonario.
Né può essere sufficiente, al riguardo, quanto
ricavabile in via meramente congetturale dalla documentazione esibita dalla
Regione (nota n. 26/4776 di prot. del 20 novembre 2000 del dirigente del settore
trasporti dell’Assessorato regionale ai trasporti relativa alla trasmissione
al C.R.T.A. della relazione dell’ingegnere capo, ad essa allegata; nota n.
3009 di prot. del 10 aprile 2001 del dirigente del settore difesa del suolo e
risorse naturali dell’Assessorato regionale ai lavori pubblici che richiede
all’ufficio del genio civile e al settore trasporti di “…procedere alla
verifica, sia nel merito che nel quantum, delle somme richieste dalla ditta
C.E.S.I.M….in conseguenza dell’esecuzione dei lavori di che trattasi”, ed
allegata relazione dell’ufficio del genio civile n. 4022 di prot. dell’11
aprile 2001).
Da tale documentazione non si evince in modo chiaro e
inequivoco che sia stato avviato il procedimento ex art. 31 bis della legge n.
109 del 1994, né che gli atti dianzi indicati attengano alla formulazione da
parte del responsabile del procedimento di determinazioni (positive o negative)
circa la conclusione di un accordo bonario.
1.1.3) E’
invece fondata l’altra eccezione di difetto (parziale) di giurisdizione di
questo G.A. relativamente alle domande concernenti l’aggiornamento del prezzo
ex art. 33 comma quarto della legge n. 41 del 1986 e il riconoscimento degli
interessi per la (allegata) ritardata corresponsione dell’anticipazione del
prezzo.
Quanto alla seconda domanda, non può esservi
dubbio alcuno che essa si ricollega a posizioni di diritto soggettivo
e trova titolo diretto nell’inadempimento di obbligazioni
della S.A. (ancorché contestato dalla difesa della Regione Puglia col
richiamo alla disposizione dell’art. 1 comma nono del d.l. 30 maggio 1988, n.
173, convertito con modificazioni nella legge 26 luglio 1988, n. 291, che ha
subordinato il pagamento dell’anticipazione alla dichiarazione del direttore
dei lavori circa “…l’avvenuto concreto inizio dei lavori medesimi…”,
salve le sole diverse previsioni dei contratti già stipulati in data anteriore
all’entrata in vigore della legge di conversione).
La relativa controversia non può pertanto che
esulare dalla sfera di giurisdizione di questo G.A.,
non potendo rientrare le controversie relative all’esecuzione dei contratti
d’appalto ed in genere del rapporto negli ambiti di giurisdizione esclusiva di
cui all’art. 6 della legge 21 luglio 2000, n. 205, secondo quanto
puntualizzato dalla giurisprudenza della Suprema Corte (Cass., SS.UU., 30 marzo
2000, n. 72) ed amministrativa (Cons. Stato, Sez. IV, 29 novembre 2000, n.
6325).
Tali rilievi valgono anche per la domanda relativa
all’aggiornamento del prezzo “chiuso”, come invocato in relazione
all’art. 33 comma quarto della legge 28 febbraio 1986, n. 41.
La
disposizione da ultimo richiamata, dopo aver escluso al primo comma per gli
appalti di durata inferiore all’anno la revisione prezzi (comma secondo); e
averla ammessa per quelli di durata superiore a decorrere dal secondo anno
successivo dall’aggiudicazione ed esclusi i lavori eseguiti nel primo anno e
l’intero importo dell’anticipazione (comma terzo); introdusse al quarto
comma il c.d. istituto del prezzo chiuso, consistente nella
alternativa previsione (rispetto alla revisione prezzi) della facoltà,
riconosciuta all’Amministrazione, “…di ricorrere al prezzo chiuso,
consistente nel prezzo del lavoro al netto del ribasso di asta, aumentato
del 5 per cento per ogni anno intero previsto per l'ultimazione dei lavori”.
Tralasciando
le vicende abrogative dei comma terzo (ad opera del d.l. 11 luglio 1992, n. 333,
convertito con modificazioni nella legge 8 agosto 1992, n. 359) e quindi dello
stesso istituto della revisione prezzi, e dello stesso comma quarto (disposta
dall’art. 15 della legge 23 dicembre 1992, n. 498) sino alla definitiva
globale abrogazione dell’intero art. 33 da parte dell’art. 26 della legge 11
febbraio 1994, n. 109 (e delle tormentate vicende della sospensione
dell’entrata in vigore connesse ai dd.ll. invocati dalla società ricorrente);
non può davvero negarsi la profonda diversità di
presupposti, modi di riconoscimento ed effetti che caratterizzano la
revisione dei prezzi e il prezzo chiuso soggetto ad aggiornamento annuale.
Diversità colta assai bene dalla giurisprudenza
della Suprema Corte, che ha costantemente posto in luce come “l’istituto
generale della revisione dei prezzi e quello del prezzo chiuso…rispondono
a finalità ed esigenze del tutto diverse, tendendo la revisione dei
prezzi a ristabilire il rapporto sinallagmatico tra prestazioni mediante
l’adeguamento del corrispettivo alle variazioni dei prezzi di mercato qualora
questi superino la soglia della normale alea contrattuale, rispondendo la
formula del prezzo chiuso, per converso, al criterio di una
forfettizzazione convenzionale, per entrambe le parti, dell’alea
contrattuale medesima; la convenzione ‘a prezzo chiuso’ si pone,
pertanto, come del tutto alternativa rispetto a quella con revisione dei
prezzi” (Cass., Sez. 1, 6 maggio 1998, n. 4547; Id., Sez. 4, 13 maggio 1997,
n. 4181; cfr, anche T.A.R. Lombardia, Brescia, 5 agosto 1999, n. 740).
D’altro canto, la revisione prezzi deve essere
oggetto di apposita domanda, da presentare “…a
pena di decadenza…prima della firma del certificato di collaudo dei
lavori” (art. 2 d.lgs.C.P.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, ratificato con legge 9
maggio 1950, n. 329), sulla quale è riconosciuto alla S.A. un potere di
provvedere in funzione della valutazione della sussistenza dei presupposti
legali per accordare la revisione del prezzo, in esito ad un articolato
procedimento che prevede una fase precontenziosa (art. 4
del d.lgs.C.P.S. n. 1501 del 1947) con acquisizione di parere di apposita
commissione e con esiti derogatori rispetto alla ordinaria disciplina del
silenzio sui ricorsi (ai sensi dell’art. 17 della legge 10 dicembre 1981, n,
741, ai ricorsi amministrativi avverso le determinazioni in tema di revisione
prezzi ex art. 4 del d.lgs.C.P.S. n. 1501 del 1947 “non si applicano
l’articolo 6 del D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 e l’articolo 29 della L. 6
dicembre 1971, n. 1034”, formandosi, decorso un certo termine, silenzio
significativo conforme al parere dell’organo consultivo, salva la facoltà
dell’interessato di attendere l’emissione del parere dell’organo
consultivo “prima dell'eventuale adizione del giudice amministrativo”).
Ed è proprio la necessaria mediazione del
potere amministrativo (in uno alla precisa indicazione di giurisdizione
già contenuta nell’art. 17 della legge n. 741 del 1981, come testé
richiamata) che radica la giurisdizione del G.A, sulle controversie
relative al diniego della revisione prezzi, ovvero in quelle nelle quali
si discuta dell’an e non del quantum del compenso revisionale
(giurisprudenza affatto pacifica, sia consentito il rinvio alla sola
giurisprudenza di questo Tribunale, e ivi più ampi riferimenti: T.A.R. Puglia,
Bari, Sez. 2, 24 maggio 1999, n. 313, 10 gennaio 1998 n. 9 e 12 marzo 1997 n.
238).
Nella diversa ipotesi del prezzo chiuso da
aggiornare, a fronte della previsione pattizia dell’istituto, e della prefissata
misura dell’aggiornamento (pari al 5% per ciascun anno del rapporto,
computato non già sulle variazioni in aumento per effetto di lievitazione di
costi, sebbene sullo stesso prezzo del contratto depurato del ribasso d’asta),
all’Amministrazione non residua alcun margine di discrezionalità, né risulta
ovviamente applicabile l’articolata procedura dianzi illustrata prevista per
la revisione del prezzo, identificandosi da un lato una posizione di diritto
soggettivo in capo all’appaltatore e dall’altro una obbligazione
perfetta disegnata in funzione di una prestazione puntualmente
disciplinata nel tempo di adempimento e nei suoi contenuti.
Trattasi, dunque di pretesa connessa all’accertamento
di un diritto soggettivo di credito e della correlativa obbligazione pecuniaria,
per la quale non può che sussistere la giurisdizione dell’A.G.O. (o la
competenza arbitrale, nell’accordo delle parti, e nella più ampia dimensione
da essa assunta con l’art. 32 della legge n. 109 del 1994, dianzi illustrata).
Il Tribunale non
può dunque condividere l’orientamento espresso da talune (per vero poche)
pronunce di altri TT.AA.RR. (cfr. T.A.R. Piemonte, 15 luglio 1999 n. 473; T.A.R.
Basilicata, Potenza, 7 novembre 1998, n. 352), sebbene quello, ben più meditato
e corretto, di altro G.A. (T.A.R. Calabria, Catanzaro, 17 giugno 1999, n. 779).
Alla luce dei rilievi che precedono è dunque
confermato il difetto di giurisdizione (parziale) di questo G.A. sulle domande
concernenti l’aggiornamento del prezzo ai sensi dell’art. 33 comma quarto
della legge n. 41 del 1981 e la corresponsione degli interessi sul lamentato
tardivo pagamento dell’anticipazione del prezzo.
1.2) Così delimitato il thema decidendum che
può competere alla giurisdizione di questo G.A. alle sole questioni relative
alla pretesa concernente la revisione del prezzo contrattuale (nei sensi
precisati dalla società ricorrente, e quindi per il periodo intercorrente
dall’aggiudicazione del contratto e sino alla sottoscrizione dell’atto
aggiuntivo e integrativo n. 80 di rep. del 30 novembre 1994), deve rilevarsi
che, come già anticipato sub 1.) il ricorso in epigrafe è inammissibile, per
non essersi perfezionato l’impugnato silenzio-rifiuto, ed infondato con
riguardo all’impugnativa delle note provvedimentali in epigrafe meglio
specificate.
1.2.1) Sotto il primo profilo, è sufficiente
osservare che, in riscontro all’atto di diffida notificato stragiudizialmente
il 26 gennaio 2001, la Regione Puglia, con la nota n. 26/910 di prot. del 20
febbraio 2001 del dirigente del settore trasporti dell’Assessorato
regionale ai trasporti, indirizzata al difensore della società, all’impresa
ed al C.R.T.A., ha assicurato che tutte le questioni inerenti all’approvazione
del certificato dei lavori, alla chiusura della contabilità e
all’omologazione della relativa spesa (e quindi anche quelle relative ai
maggiori compensi richiesti dall’impresa per revisione prezzi, aggiornamento
del prezzo ex art. 33 comma quarto della legge n 41 del 1986 e riconoscimento
degli interessi moratori sull’anticipazione del prezzo) erano state portate
all’attenzione del C.R.T.A., per acquisire il parere dell’organo consultivo,
con l’impegno appena acquisito il parere “…di dare tempestiva
comunicazione all’impresa Cesim S.a.s. di Lamanna Vito di Trani”; mentre con
la successiva nota n. 26/995 di prot. del 23 febbraio 2001, lo stesso dirigente
ha ribadito al difensore della ricorrente il riscontro dell’atto di diffida,
comunicando altresì la nota del dirigente del settore difesa del suolo e
risorse naturali dell’Assessorato regionale ai lavori pubblici, coi quali pure
si assicurava la trasmissione della contabilità dei lavori al C.R.T.A.,
suggerendo l’opportunità di rinviare a momento successivo (evidentemente
all’acquisizione del parere del C.R.T.A.) l’approvazione del certificato di
collaudo.
Risulta poi dalla documentazione versata in atti
dalla difesa della Regione Puglia che a richiesta del C.R.T.A. di cui alla nota
n. 11892 di prot. del 2 novembre 2000, è stata formata apposita relazione
dell’ingegnere capo trasmessa in data 15 novembre 2000, nonché su
sollecitazione del dirigente del settore difesa del suolo e difese naturali
dell’Assessorato regionale ai lavori pubblici n. 3009 di prot. del 10 aprile
2002 è stata acquisita relazione dell’ufficio del genio civile - sezione di
Lecce di cui alla nota n. 4022 di prot. dell’11 aprile 2001.
In altri termini,
in esito alla diffida, non è dato riscontrare quell’inerzia che costituisce
il fulcro del silenzio-rifiuto (inteso propriamente come inadempimento
dell’obbligo di provvedere, e che è notoriamente gravabile anche con riguardo
alla richiesta di revisione prezzi: cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. VI, 22
ottobre 1992 n. 784; T.A.R. Calabria, Catanzaro, 10 dicembre 1998, n. 1180;
T.A.R. Campania, Napoli, 23 febbraio 1998, n. 641; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. 3, 5
maggio 1994 n. 1064; T.A.R. Veneto, 31 marzo 1993, n. 329).
1.2.2) Ben consapevole della dubbia configurabilità
del silenzio-rifiuto, pure gravato, il difensore della società ricorrente ha
altresì impugnato le note provvedimentali dianzi indicate, qualificandole, con
abile prospettazione, quale atti meramente soprassessori, elusivi dell’obbligo
di provvedere e determinanti arresto procedimentale, in funzione della
prospettata incompetenza del C.R.T.A. a pronunciarsi sulle pretese relative alla
revisione prezzi, all’aggiornamento del prezzo d’appalto ex art. 33 comma
quarto della legge n. 46 del 1981 e al riconoscimento degli interessi moratori
sulla tardiva corresponsione (come allegata) dell’anticipazione del prezzo.
1.2.2.) Le censure della società ricorrente non
colgono, però, nel segno.
L’Ente Regionale Pugliese Trasporti fu istituito
con la legge regionale 26 febbraio 1974,
n. 16 , con propria personalità giuridica (ma pur sempre ed ovviamente quale
ente strumentale della Regione Puglia) col compito, tra l’altro, di “
promuove(re) l’organizzazione e lo
sviluppo dei sistemi di trasporto in Puglia…la costituzione, partecipandovi,
di consorzi, di società a prevalente o totale partecipazione pubblica con la
presenza degli Enti locali interessati, per la gestione dei servizi e degli
impianti, nonché per la costituzione di infrastrutture e servizi
comuni…”, e quindi con ampi poteri strumentali, ivi comprese le competenze
connesse alla predisposizione delle infrastrutture di trasporto.
Ed
infatti, nel caso di specie, l’E.R.P.T. appaltò i lavori di completamento
della manutenzione straordinaria e di ristrutturazione dell’impianto ex-FARC,
da adibire a sede e deposito officina della Società Trasporti Provinciali di
Terra d’Otranto (cfr. premessa del contratto n. 75 di rep. del 23 gennaio
1992).
Sennonché,
già con la legge regionale 9 Marzo 1992, n. 8,
pubblicata sul B.U.R.P. n. 52 suppl. del 16 marzo 1992, ed in vigore dopo
l’ordinaria vacatio legis dal 30 marzo 1992 (e quindi ben prima della
stessa consegna dei lavori, avvenuta soltanto il 16 dicembre 1994, dopo la
stipulazione dell’atto aggiuntivo ed integrativo n. 80 di rep. del 30 novembre
1994, sottoscritto appunto dal commissario liquidatore dell’Ente), fu
disposto lo scioglimento dell’E.R.P.T. e l’abrogazione della legge regionale
n. 16 del 1974.
Le relative competenze
furono attribuite direttamente alla Regione (art. 1 comma primo della l.r. n. 8
del 1992) che assunse la titolarità dei beni patrimoniali dell’ente disciolto
e, ciò che più rileva, subentrò “…anche
nei rapporti negoziali posti in essere dall'Ente stesso”
(art. 1 comma secondo della l.r. n. 8 del 1992), salva la nomina di apposito
commissario liquidatore, per la durata massima di due anni, col compito di
redigere il bilancio di liquidazione previa ricognizione dello stato di
consistenza dei beni mobili ed immobili e “…dei
rapporti attivi e passivi esistenti…”
(art. 2 della l.r. n. 8 del 1992)
Con la legge regionale 3
aprile 1995, n. 9 di costituzione della Società Regionale trasporti - SRT
S.p.A., fu disposto, nella norma transitoria dell’art. 6, che “Alla
sistemazione delle pendenze residuate dopo la cessazione dell'incarico del
Commissario liquidatore del disciolto ERPT
di cui all'art. 2 della legge regionale 9 marzo 1992, n. 8 e successive
modificazioni, nonché all'amministrazione del patrimonio di detto Ente e
agli adempimenti connessi alla costituzione della SRT, ivi compresi quelli di
primo impianto, si provvede mediante gestione stralcio da
affidare, con atto della Giunta regionale, alla responsabilità di un
dirigente o funzionario direttivo del disciolto ERPT o di un dirigente
dell’Assessorato ai Trasporti, il quale opererà nell’ambito di
direttive stabilite dalla stessa Giunta e sarà delegato alla esecuzione dei
pagamenti delle spese connesse all’applicazione del presente comma e del
successivo comma 2, ai sensi delle disposizioni di cui al Titolo XI della legge
regionale 30 maggio 1977, n. 17 e successive modificazioni e integrazioni”.
Orbene,
essendo sottentrata la Regione Puglia al disciolto E.R.P.T. in tutti i rapporti
attivi e passivi, e quindi anche nei rapporti contrattuali d’appalto in
essere, nessun rilievo può assumere la circostanza, invocata dalla società
ricorrente, che i lavori all’origine fossero finanziati direttamente
dall’Ente (secondo quanto indicato nella lettera d’invito).
A
prescindere infatti dalla circostanza che il capitale di dotazione dell’Ente
fu costituito e ampliato con apposite leggi regionali, almeno dalla data di
scioglimento dell’Ente e di subentro della Regione Puglia nel suo compendio
mobiliare ed immobiliare, nonché nella titolarità attiva e passiva dei
rapporti contrattuali, è certo che il pagamento dei debiti dell’ente
disciolto è stato assunto dalla Regione Puglia, sia pure mediante apposita
gestione-stralcio (ma con l’ovvio obbligo di ripianare le passività).
Sicché
risulta destituito di fondamento giuridico il principale argomento sostenuto
dalla società ricorrente per escludere l’applicabilità delle disposizioni
della legge regionale n. 27 del 16 maggio 1985, n. 27 recante il testo unificato
ed aggiornato di leggi regionali in
materia di opere e lavori pubblici.
Tale
legge disciplina “…la
materia delle opere e dei lavori pubblici o di pubblico interesse che si
realizzano nella Regione, con o senza l'intervento finanziario regionale…con
la sola eccezione delle opere di competenza dello Stato” (art. 1) e
ricomprende tra le opere di competenza regionale opere e lavori pubblici
riguardanti, tra l’altro, il demanio e patrimonio regionale (e quindi
anche gli immobili già di pertinenza dell’E.R.P.T. nella cui titolarità è
subentrata la Regione con lo scioglimento dell’Ente), in generale gli
immobili di proprietà non regionale, in uso, sia pure temporaneo alla Regione
(art. 2), oltre alle opere di competenza di enti locali, singoli o associati,
loro consorzi, enti non territoriali (art. 3) e quelle di pubblico interesse
realizzate da enti o soggetti senza fine di lucro “…se ammesse a
finanziamento regionale” , ovvero se realizzate col contributo
finanziario della Regione Puglia; tra queste rientrano, peraltro, per puntuale
previsione dell’art. 13 i “trasporti - Strade; opere
marittime; opere portuali; aeroporti; ferrovie; infrastrutture dei
trasporti” e in generale “la costruzione di opere e di
impianti”.
Orbene,
l’art. 11 della legge regionale n. 27 del 1985 annovera fra gli organi
consultivi di settore il Comitato regionale tecnico amministrativo; ed il
successivo art. 12 affida a quest’ultimo le funzioni di consulenza
tecnico-amministrativa, specificando che “nelle materie disciplinate dalla presente legge, il Comitato esercita le
funzioni demandate dalla vigente legislazione statale
al Consiglio di Stato, al Consiglio superiore dei lavori pubblici,
al Comitato Tecnico-Amministrativo presso il Provveditorato Regionale alle Opere
pubbliche e ad ogni altro Organo collegiale consultivo statale e regionale”
e che esso “…si
pronuncia su tutti gli affari sui quali la Giunta regionale o gli
Assessori regionali ritengano opportuno di chiedere il parere del Comitato”.
Orbene,
alla stregua del ricostruito quadro di riferimento giuridico-fattuale, deve
considerarsi:
-
che il finanziamento dell’opera in esame, ivi compresi i
compensi per la perizia suppletiva e di variante e quelli maggiori reclamati a
diverso titolo dalla società ricorrente, a seguito dello scioglimento dell’E.R.P.T
e della costituzione della Gestione Stralcio, è stato assunto dalla
Regione Puglia, che dovrà provvedere altresì all’approvazione del
collaudo e alla chiusura della contabilità;
-
che la competenza consultiva del C.R.T.A. si radica obbligatoriamente
sulle opere soggette al finanziamento regionale e facoltativamente
a richiesta;
-
che ai sensi dell’art. 61 della l.r. n. 27 del 1985, la Regione (sottentrata
all’ente appaltante) deve deliberare entro sei mesi dall’approvazione del
collaudo, “sulle domande di
maggiori compensi avanzate dall'impresa e notifica(re) senza indugio alla stessa
le proprie determinazioni”:
- che,
sempre ai sensi dell’art. 61, “sulle domande dell'impresa si esprime
preventivamente il Comitato Regionale Tecnico-Amministrativo, quando le opere
cui esse si riferiscono sono ammesse a contributo regionale”, ovvero
quando, come nel caso di specie, la loro gestione finanziaria sia stata comunque
assunta dalla Regione Puglia.
Sicché, in base ai rilievi dianzi svolti deve
escludersi tanto l’incompetenza del C.R.T.A. a pronunciarsi sugli atti di
contabilità, sul collaudo, sulle riserve dell’impresa, e sulle questioni
relative al riconoscimento della revisione prezzi, dell’aggiornamento del
prezzo ex art. 33 comma quarto della legge n. 41 del 1986 e degli interessi
sull’anticipazione del prezzo; quanto la natura meramente soprassessoria ed
elusiva dell’obbligo di provvedere delle note provvedimentali gravate, che
costituiscono invece atti interni di impulso del procedimento relativo alla
definitiva chiarificazione della posizione della S.A. sulle pretese
dell’impresa.
Quest’ultima, d’altro canto, non rimane esposta sine
die ad eventuali ritardi nella definizione del procedimento, in forza del
richiamato termine ex art. 61 della l.r. n. 27 del 1985 e ben potrà attivarsi
per la sua conclusione, salva l’evidenziata possibilità, ove intervenga
accordo compromissorio, e/o si ritenga di avvalersi del rinvio al capitolato
generale, di attivare il giudizio dinanzi alla Camera arbitrale o
alternativamente il giudizio ordinario dinanzi all’A.G.O.
2.) In conclusione, il ricorso in epigrafe è in
parte inammissibile e in parte infondato, e deve essere respinto.
3.) Sussistono giusti motivi per dichiarare
compensate per intero fra le parti le spese ed onorari del giudizio.
P.Q.M.
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sede di Bari - Sezione I, così
provvede sul ricorso in epigrafe n. 840 del 2001:
1)
dichiara il difetto di giurisdizione del G.A. in riferimento alle domande
concernenti il riconoscimento dell’aggiornamento del prezzo ai sensi
dell’art. 33 comma quarto della legge n. 41 del 1986 e la corresponsione degli
interessi sull’allegato ritardato pagamento dell’anticipazione del prezzo;
2)
dichiara inammissibile la domanda relativa all’annullamento del
silenzio-rifiuto;
3)
rigetta la domanda di annullamento delle note provvedimentali in epigrafe meglio
indicate;
4)
rigetta ogni altra domanda ed eccezione.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così
deciso in Bari nella Camera di Consiglio del 19 dicembre 2001, con
l’intervento dei magistrati:
Gennaro FERRARI Presidente
Leonardo SPAGNOLETTI Componente est.
Fabio MATTEI Componente
Depositata in cancelleria il 23.01.2002