TAR PUGLIA-BARI, SEZ. I – Sentenza 6 marzo 2002 n. 1235 – Pres. Ferrari, Est. Spagnoletti – Consorzio "Barinon" (Avv. Loiodice) c. Sezione decentrata provinciale di controllo – SE.PRO.CO. di Bari (n.c.) e Comune di Bari (Avv. Urini) – (respinge).
1. Lavori pubblici – Concessione di committenza – Nozione – Differenze rispetto alla concessione di costruzione e alla concessione di costruzione e gestione – Individuazione.
2. Lavori pubblici – Concessione di committenza – Intervenuta abrogazione di tale figura per opera della legislazione successiva.
3. Lavori pubblici – Concessione di committenza – Affidamento – Procedura ad evidenza pubblica – Necessità.
1. La concessione di committenza - la cui matrice comune si fa risalire alla disposizione dell’art. 1 della legge 29 giugno 1929, n. 1137 per la generica (e generale) previsione, ivi contenuta, della possibilità di affidamento "in esecuzione" - implica il trasferimento dei poteri pubblicistici delle amministrazioni appaltanti in ordine alle operazioni giuridiche e materiali coordinate all’esecuzione dell’opera pubblica (espropriazioni, scelta dell’appaltatore, direzione dei lavori, collaudo, etc.) e si differenzia nettamente tanto dalla concessione di costruzione "semplice" (non comportando anche la diretta esecuzione delle opere), quanto dalla concessione di costruzione e gestione (non implicando la gestione successiva del servizio pubblico correlato alla realizzazione dell’opera) (1).
2. La concessione di committenza non è stata poi prevista né dalla legge 8 agosto 1977, n. 584, né dal d.lgs. 19 dicembre 1991, n. 406 - dato che non sembrava coerente con la normativa comunitaria in materia di lavori pubblici, sottraendosi alle regole da questa fissate ed intese ad assicurare la più piena ed efficace concorrenza tra gli operatori nell’accesso al "mercato" dei lavori pubblici ed è ormai da ritenere espunta dal quadro dei sistemi di realizzazione delle opere pubbliche per effetto del chiaro divieto, contenuto nell’art. 19 comma terzo della legge11 febbraio 1994. n. 109, come modificato dall’art. 9, commi trentuno e trentadue, della legge 18 novembre 1998, n, 415. Peraltro, la legge 24 giugno 1929, n. 1137 che la prevedeva è stata abrogata espressamente dall’art. 231 del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, recante il regolamento di esecuzione della legge n. 109 del 1994.
3. Anche per l’affidamento di concessione di (sola) committenza, in ogni caso va seguita una procedura concorsuale, sia pure nelle forme della trattativa privata, almeno con procedura negoziata (3).
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(1) Ha osservato in particolare il TAR Puglia che, nel suo modello "puro", la concessione di committenza (o di sola committenza, denominata anche concessione di costruzione in senso improprio, o concessione di stazione appaltante o concessione di servizi), implica essenzialmente la sostituzione del concessionario all’amministrazione appaltante nell’esercizio di tutte le funzioni e attribuzioni pubbliche di quest’ultima (dalla pianificazione economica e tecnica, alla progettazione, alla localizzazione, all’indizione dell’appalto, alla direzione e/o sorveglianza dei lavori, al collaudo) a seconda dei diversi obblighi dedotti nella relativa convenzione, soprattutto quanto alla scelta dell’appaltatore, non sempre procedimentalizzata, né sempre subordinata al gradimento dell’amministrazione concedente.
(2) Ha osservato in particolare il TAR Puglia che la legge 8 agosto 1977, n. 584 riferiva, bensì, il suo ambito applicativo (art. 1) solo alla concessione di sola costruzione equiparandola espressamente all’appalto, mentre lo escludeva per la concessione in cui, oltre alla costruzione, fosse prevista la gestione del servizio pubblico (concessione di costruzione e gestione), ovvero nella quale "la controprestazione dei lavori da eseguire consiste unicamente nel diritto di gestire l’opera, oppure in detto diritto accompagnato da un prezzo" (art. 3), sia pur obbligando i concessionari investiti dell’indizione di appalti di lavori pubblici "…a rispettare, per i contratti da lui conclusi con i terzi (appaltatori) il principio della non discriminazione in base alla nazionalità".
Il d.lgs. 19 dicembre 1991, n. 406, invece, aveva attratto nella sua orbita regolatrice anche le concessioni di costruzione e gestione, ricomprendendo espressamente nella nozione di concessione di lavori pubblici anche i "contratti… caratterizzati dal fatto che la controprestazione a favore dell’impresa o dell’ente concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire l’opera oppure in questo diritto accompagnato da un prezzo (art. 4 comma secondo), e prescrivendo espressamente, per la loro aggiudicazione, il ricorso alla licitazione o alla trattativa privata (art. 8 comma terzo), nonché l’obbligo del concessionario, già fissato nel bando di gara per l’affidamento della concessione, "…di affidare a terzi appalti corrispondenti a una percentuale minima del trenta per cento del valore globale dei lavori oggetto della concessione, salva la facoltà del candidato di aumentare la percentuale stabilita…", con obbligo di pubblicare a sua volta bando di gara per i lavori di valore pari o superiore a cinque milioni di ECU (art. 4 comma quarto) e quindi seguire le procedure di evidenza pubblica.
La concessione di committenza è stata poi, definitivamente, espunta dal quadro dei sistemi di realizzazione delle opere pubbliche in relazione al chiaro divieto, contenuto nell’art. 19 comma terzo della legge11 febbraio 1994. n. 109, come modificato dall’art. 9 commi trentuno e trentadue della legge 18 novembre 1998, n, 415, che dispone:
"Le amministrazioni aggiudicatrici ed i soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, lettera b) non possono affidare a soggetti pubblici o di diritto privato l’espletamento delle funzioni e delle attività di stazione appaltante di lavori pubblici. Sulla base di apposito disciplinare le amministrazioni aggiudicatrici possono tuttavia affidare le funzioni di stazione appaltante ai Provveditorati alle opere pubbliche o alle amministrazioni provinciali".
Sotto altro profilo, poi, l’art. 19 ha "ripudiato" anche la concessione di sola costruzione, ammettendo (comma secondo) nella nuova nozione di concessione di lavori pubblici soltanto i contratti "…aventi ad oggetto la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori pubblici o di pubblica utilità, e di lavori ad essi strutturalmente e direttamente collegati, nonché la loro gestione funzionale ed economica", e quindi la sola concessione di costruzione e gestione, nella quale però "la controprestazione a favore del concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati", escludendosi quindi ogni altro corrispettivo.
Peraltro è stato ricordato che la legge 24 giugno 1929, n. 1137 è stata abrogata espressamente dall’art. 231 del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, recante il regolamento di esecuzione della legge n. 109 del 1994.
(3) Cfr. Cons. Stato, Sez, V, 4 novembre 1994, n. 1257; id., Sez. II, 21 dicembre 1994, n. 2968; id., Sez. III, 4 dicembre 1990, n. 192; T.A.R. Lombardia, Milano, 13 luglio 2000, n. 4995; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. 2, 10 luglio 1996 n. 1394 e Sez. 3, 1 febbraio 1994, n. 188; T.A.R. Sardegna, 22 dicembre 1994, n. 2204
Alla stregua del principio nella specie il TAR Puglia ha ritenuto legittima la decisione negativa dell’organo di controllo sulla delibera con la quale il Comune di Bari aveva affidato in concessione al consorzio "Barinon" i compiti relativi al reperimento del finanziamento, progettazione, esecuzione di un sistema integrato di raccolta e smaltimento delle acque pluviali e del cunicolo dei servizi, atteso che era mancata ogni forma procedimentalizzata di trattativa privata, essendosi l’Amministrazione comunale limitata ad accettare la "proposta" formulata dal consorzio.
per l’annullamento
- della decisione negativa di controllo n. 30808/21977 dell’11 giugno 1990, recante annullamento della deliberazione del Consiglio Comunale di Bari n. 1192 del 21 marzo 1990 di affidamento in concessione al consorzio “Barinon” dei compiti relativi al reperimento del finanziamento, progettazione, esecuzione di un sistema integrato di raccolta e smaltimento delle acque pluviali e del cunicolo dei servizi;
- della decisione interlocutoria n. 21977 del 12 aprile 1990 con la quale la Se.Pro.Co. ha chiesto di conoscere il parere sulla concessione del C.R.T.A. della Regione Puglia.
(omissis)
FATTO
Con
deliberazione n. 1192 del 21 marzo 1990 il Consiglio Comunale di Bari, preso
atto di proposta proveniente da consorzio d’imprese denominato “Barinon”
con sede in Bari (composto dalla Co.Pro.La. Consorzio di produzione e lavori di
Bari, Rescoop società cooperativa a r.l. di Lugo di Romagna, impresa Domenico
Di Battista, Tubi V.R.S. S.p.A. con sede in Bari), affidava a quest’ultimo una
concessione per la progettazione e realizzazione di un sistema integrato di
raccolta e smaltimento delle acque pluviali e del cunicolo dei servizi nelle
aree urbane di Japigia, San Pasquale, Carrassi, Poggiofranco e San Paolo,
approvando apposito schema di convenzione.
Con
decisione interlocutoria n. 21977 del 12 aprile 1990 la Sezione decentrata
provinciale di controllo (Se.Pro.Co.) di Bari chiedeva elementi integrativi in
ordine all’acquisizione sulla concessione del parere del Comitato regionale
tecnico amministrativo (C.R.T.A.).
Con
nota sindacale n. 29860 di prot. del 25 maggio 1990 si evidenziava che la
concessione, per la sua “atipicità”, e non essendo riconducibile alla
figura della concessione di costruzione, non poteva ritenersi assoggettata al
parere del C.R.T.A. né alle disposizioni del regolamento regionale allegato
alla l.r. n. 27 del 1985.
Con
la decisione negativa di controllo impugnata, la deliberazione consiliare è
stata annullata “per violazione di legge ed eccesso di potere” sia in
relazione all’omessa acquisizione del parere preventivo del C.R.T.A., ai sensi
dell’art. 7 del regolamento regionale, sia in ragione delle modalità di
affidamento, non essendo stata nominata la commissione prescritta dall’art. 5
del regolamento regionale.
Con
ricorso notificato il 3 dicembre 1990 e depositato in Segreteria il 6 dicembre
1990, il consorzio “Barinon” ha impugnato l’atto negativo di controllo e
la decisione interlocutoria, deducendo le seguenti censure:
1)
Violazione e falsa applicazione dell’art. 28 della l.r. n. 25 del 1985.
Invalidità derivata. Eccesso di potere
La
decisione interlocutoria è illegittima, e vizia in via derivata il
provvedimento tutorio di annullamento, perché intesa non già ad acquisire
chiarimenti ma a provocare l’emanazione del parere del C.R.T.A., e quindi
orientata alla sola interruzione del termine perentorio per il controllo.
2)
Violazione e falsa applicazione degli artt. 4 lett. c), 5 comma terzo, 6 e 7
del regolamento annesso alla legge regionale n. 27 del 1985. Eccesso di potere
Nella
specie trattasi di concessione traslativa delle funzioni e potestà pubbliche
inerenti all’esecuzione dell’opera, cioè di concessione a soggetti privati
in funzione di stazione appaltante, il cui affidamento è per necessità
fiduciario, onde deve escludersi sia l’applicabilità dei sistemi di gara di
cui alla legge n. 584 del 1977 sia quella delle disposizioni del regolamento
regionale allegato alla legge regionale n. 27 del 1985.
Il
Comune di Bari si è costituito in giudizio, deducendo a sua volta, “ad
adiuvandum”, l’illegittimità degli atti di controllo impugnati.
Con
ordinanza n. 192 del 13 marzo 1991 veniva accolta l’istanza incidentale di
sospensione dell’efficacia esecutiva dei provvedimenti tutori impugnati.
All’udienza
pubblica del 6 febbraio 2002 il ricorso è stato discusso e riservato per la
decisione.
DIRITTO
1.)
Il ricorso in epigrafe è destituito di fondamento giuridico e, come tale, deve
essere respinto.
1.1)
E’ nota la distinzione tra le varie figure organizzatorie relative all’esecuzione
delle opere pubbliche, ed in particolare tra la c.d. concessione di
committenza (per alcuni denominabile anche concessione di servizi), la concessione
di costruzione e/o esecuzione, la concessione di costruzione e
gestione.
La
concessione di committenza - la cui matrice comune si fa risalire alla
disposizione dell’art. 1 della legge 29 giugno 1929, n. 1137 per la generica
(e generale) previsione, ivi contenuta, della possibilità di affidamento “in
esecuzione” delle opere pubbliche anche a privati e “anche indipendentemente
dall’esercizio delle medesime”- si accostava alle altre indicate perché, implicando
il trasferimento dei poteri pubblicistici delle amministrazioni appaltanti in
ordine alle operazioni giuridiche e materiali coordinate all’esecuzione dell’opera
pubblica (espropriazioni, scelta dell’appaltatore, direzione dei lavori,
collaudo, etc.), rientrava nei c.d. sistemi indiretti di esecuzione delle
opere pubbliche, al pari di altre formule nelle quali la sostituzione
operava in favore di altre amministrazioni pubbliche (delegazione
intersoggettiva, sostituzione, avvalimento, etc.).
Essa
però si differenziava nettamente tanto dalla concessione di costruzione “semplice”
(non comportando anche la diretta esecuzione delle opere), quanto dalla
concessione di costruzione e gestione (non implicando la gestione successiva
del servizio pubblico correlato alla realizzazione dell’opera).
In
effetti, nel suo modello “puro”, la concessione di committenza (o di sola
committenza), denominata anche concessione di costruzione in senso improprio, o
concessione di stazione appaltante o concessione di servizi, implicava
essenzialmente la sostituzione del concessionario all’amministrazione
appaltante nell’esercizio di tutte le funzioni e attribuzioni pubbliche di
quest’ultima (dalla pianificazione economica e tecnica, alla progettazione,
alla localizzazione, all’indizione dell’appalto, alla direzione e/o
sorveglianza dei lavori, al collaudo) a seconda dei diversi obblighi dedotti
nella relativa convenzione, soprattutto quanto alla scelta dell’appaltatore,
non sempre procedimentalizzata, né sempre subordinata al gradimento dell’amministrazione
concedente.
1.2)
E’ altresì noto che tale sistema di esecuzione delle opere pubbliche non
appariva coerente con la normativa comunitaria in materia di lavori pubblici,
sottraendosi alle regole da questa fissate ed intese ad assicurare la più piena
ed efficace concorrenza tra gli operatori nell’accesso al “mercato” dei
lavori pubblici.
Ed
in effetti tanto la legge 8 agosto 1977, n. 584, quanto il d.lgs. 19 dicembre
1991, n. 406 non contemplavano né disciplinavano la concessione di committenza.
La
prima riferiva, bensì, il suo ambito applicativo (art. 1) solo alla concessione di sola costruzione equiparandola espressamente all’appalto,
mentre lo escludeva per la concessione in cui, oltre alla costruzione, fosse
prevista la gestione del servizio pubblico (concessione di costruzione e
gestione), ovvero nella quale “la controprestazione dei lavori da eseguire
consiste unicamente nel diritto di gestire l’opera, oppure in detto diritto
accompagnato da un prezzo” (art. 3), sia pur obbligando i concessionari
investiti dell’indizione di appalti di lavori pubblici “…a rispettare, per
i contratti da lui conclusi con i terzi (appaltatori) il principio della non
discriminazione in base alla nazionalità”.
La
seconda, invece, aveva attratto nella sua orbita regolatrice anche le
concessioni di costruzione e gestione, ricomprendendo espressamente nella
nozione di concessione di lavori pubblici anche i “contratti… caratterizzati dal fatto che la controprestazione a favore dell’impresa
o dell’ente concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire l’opera
oppure in questo diritto accompagnato da un prezzo (art. 4 comma
secondo), e prescrivendo espressamente, per la loro aggiudicazione, il ricorso
alla licitazione o alla trattativa privata (art. 8 comma terzo), nonché l’obbligo
del concessionario, già fissato nel bando di gara per l’affidamento della
concessione, “…di affidare a terzi appalti corrispondenti a una percentuale
minima del trenta per cento del valore globale dei lavori oggetto della
concessione, salva la facoltà del candidato di aumentare la percentuale
stabilita…”, con obbligo di pubblicare a sua volta bando di gara per i
lavori di valore pari o superiore a cinque milioni di ECU (art. 4 comma quarto)
e quindi seguire le procedure di evidenza pubblica.
La
concessione di committenza è stata poi, definitivamente, espunta dal
quadro dei sistemi di realizzazione delle opere pubbliche in relazione al chiaro
divieto, contenuto nell’art. 19 comma terzo della legge11 febbraio 1994. n.
109, come modificato dall’art. 9 commi trentuno e trentadue della legge 18
novembre 1998, n, 415, che dispone:
“Le
amministrazioni aggiudicatrici ed i soggetti di cui all’articolo 2, comma 2,
lettera b) non possono affidare a soggetti pubblici o di diritto privato l’espletamento
delle funzioni e delle attività di stazione appaltante di lavori pubblici.
Sulla base di apposito disciplinare le amministrazioni aggiudicatrici possono
tuttavia affidare le funzioni di stazione appaltante ai Provveditorati alle
opere pubbliche o alle amministrazioni provinciali”.
Sotto
altro profilo, poi, l’art. 19 ha “ripudiato” anche la concessione di sola
costruzione, ammettendo (comma secondo) nella nuova nozione di concessione
di lavori pubblici soltanto i contratti “…aventi ad oggetto la progettazione
definitiva, la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori pubblici o di
pubblica utilità, e di lavori ad essi strutturalmente e direttamente collegati,
nonché la loro gestione funzionale ed economica”, e quindi la sola
concessione di costruzione e gestione, nella quale però “la controprestazione
a favore del concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire
funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati”,
escludendosi quindi ogni altro corrispettivo.
Per
completezza deve rammentarsi che la legge 24 giugno 1929, n. 1137 è stata
abrogata espressamente dall’art. 231 del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554,
recante il regolamento di esecuzione della legge n. 109 del 1994.
2.)
Così delineato, in sintesi, il quadro normativo di riferimento, potrebbe a
buona ragione dubitarsi del perdurante interesse alla decisione del ricorso e
all’annullamento degli atti di controllo gravati in capo al consorzio
ricorrente.
Infatti,
tenuto conto che la concessione, secondo la convenzione approvata con la
deliberazione consiliare n. 1192 del 21 marzo 1990, aveva durata quinquennale,
salvo proroga, e che, per effetto della sospensiva dell’efficacia esecutiva
della decisione negativa di controllo, nessun ostacolo giuridico si frapponeva
alla sua sottoscrizione e attuazione, qualora essa non abbia avuto alcuna
esecuzione, o comunque non ne sia stata prorogata la efficacia, non potrebbe
più ipotizzarsene un rinnovo, chiaramente precluso dal divieto normativo di cui
all’art. 19 comma terzo della legge n. 109 del 1994 (sull’operatività del
divieto cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. 1, 1 dicembre 1999, n. 1824).
A
prescindere da tale rilievo (il consorzio ricorrente nulla ha dedotto circa l’esecuzione
della convenzione e le vicende successive alla sospensiva), gli atti impugnati
appaiono peraltro pienamente legittimi ed immuni dalle censure dedotte in
ricorso.
2.1)
Infatti, anche ammettendo che nella fattispecie si sia in presenza di una concessione
di committenza in senso stretto (ciò che potrebbe revocarsi in dubbio
in funzione della facoltà riconosciuta al consorzio concessionario, dall’art.
8 ultimo comma della convenzione, di provvedere direttamente “per le parti di
opere per cui esso ravvisi l’opportunità tecnica ed in tutti i casi in cui
una diversa procedura sia suscettibile di causare ritardo o intralcio alla
realizzazione delle opere…all’esecuzione delle opere a mezzo delle imprese
consorziate”); nondimeno sia in riferimento agli orientamenti della
giurisprudenza amministrativa dominante, che alle disposizioni della legge
regionale n. 27 del 1985 e del regolamento ad essa allegato non poteva
farsi luogo ad affidamento diretto, come invece avvenuto.
2.1.1)
Come rilevato, la giurisprudenza prevalente riferisce anche all’ipotesi di
concessione di (sola) committenza la doverosa esplicazione di una qualche
procedura concorsuale, sia pure nelle forme della trattativa privata, almeno con
procedura negoziata (cfr. Cons. Stato, Sez, V, 4 novembre 1994, n. 1257; id.,
Sez. II,
21 dicembre 1994, n. 2968; id., Sez. III,
4 dicembre 1990, n. 192; T.A.R. Lombardia, Milano, 13 luglio 2000, n. 4995;
T.A.R. Lazio, Roma, Sez. 2, 10 luglio 1996 n. 1394 e Sez. 3, 1 febbraio 1994, n.
188; T.A.R. Sardegna, 22 dicembre 1994, n. 2204).
Nella specie è mancata ogni forma procedimentalizzata di trattativa privata, essendosi l’Amministrazione comunale limitata ad accettare la “proposta” formulata dal consorzio “Barinon”.
2.1.2) In disparte tale profilo, risultano poi esatti i rilievi dell’organo di controllo in ordine alla violazione delle disposizioni del regolamento regionale allegato alla l.r. 16 maggio 1985, n. 27, recante il testo unificato e aggiornato di leggi regionali in materia di opere e lavori pubblici.
Se è vero, infatti, che l’art. 1 del regolamento per l’affidamento in concessione delle opere pubbliche riguarda in generale le “concessioni per la realizzazione con eventuale gestione” (art. 1), nondimeno esso specifica che:
“La concessione può riguardare l’esecuzione di studi e indagini preliminari, l’approntamento di atti istruttori, le espropriazioni occorrenti per la realizzazione delle opere, le elaborazioni progettuali, la esecuzione delle opere ed, eventualmente, la gestione anche temporanea delle stesse” (art. 3).
In altri termini essa può attenere non soltanto al complesso unitario e coordinato di tutte le varie fasi enumerate, ma anche una o più delle fasi così “segmentate”, e quindi, contrariamente a quanto assunto dal consorzio ricorrente, non solo alle costruzioni di sola costruzione o di costruzione e gestione, bensì anche alle concessioni di servizi e di committenza, laddove l’attività affidata rispecchi soltanto una parte delle operazioni giuridico-materiali enumerate.
Sicché anche nel caso di specie (e sempre che si tratti di concessione di committenza in senso stretto, laddove la riserva di esecuzione diretta di tutti o parte dei lavori, dianzi illustrata, revoca in dubbio la certezza della classificazione), occorreva far luogo all’applicazione tanto dell’art. 5 comma tre (che affida l’individuazione dei concessionari che rivestano la qualifica di società commerciali, associazioni temporanee d’impresa, cooperative, loro consorzi alle “…modalità di cui alla legge 8 agosto 1977, n. 504 e successive nodificazioni ed integrazioni”, con la previsione della istituzione di apposita commissione di cinque esperti, di cui almeno tre tecnici per l’accertamento dei requisiti del concessionario e della validità dell’offerta a cura dell’organo competente a deliberare l’esecuzione dell’opera) quanto dell’art. 7 comma secondo (che impone l’acquisizione del parere preventivo del Comitato regionale tecnico amministrativo sulla convenzione di concessione, sia pure con la previsione di formazione di silenzio significativo con valore favorevole nel caso in cui il parere non sia espresso nel termine di venti giorni dal ricevimento degli atti).
3.) In conclusione, le decisioni di controllo impugnate appaiono pienamente legittime ed immuni dai vizi censurati: quanto a quella interlocutoria perché del tutto ritualmente la Se.Pro.Co. ha chiesto di conoscere se sulla convenzione fosse stato acquisito il parere obbligatorio del C.R.T.A.; quanto alla decisione di annullamento per la chiara violazione delle disposizioni del regolamento regionale testè illustrate.
4.) Il ricorso deve essere quindi respinto siccome infondato.
5.) Non vi è luogo a provvedere sulle spese ed onorari del giudizio dell’organo di controllo intimato, non costituito in giudizio, né su quelle del Comune di Bari che, avendo assunto atteggiamento difensivo adesivo al ricorso, risulta a sua volta soccombente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sede di Bari - Sezione I, rigetta il ricorso in epigrafe n. 2956 del 1990.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Bari nella Camera di Consiglio del 6 febbraio 2002, con l’intervento dei magistrati:
Gennaro FERRARI Presidente
Leonardo SPAGNOLETTI Componente est.
Fabio MATTEI Componente
Pubblicata il 6 marzo 2002.