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TAR PUGLIA-BARI, SEZ. I - Sentenza 9 gennaio 2003 n. 21 - Pres. Ferrari, Est. Spagnoletti - Associazione cani abbandonati (A.C.A.) (Avv.ti M. e N. Leone, Regina e Paccione) c. Comune di Bari (Avv. V. Bruno) e A.U.S.L. Bari/4 (Avv. G. Colella) - (accoglie)

1. Giustizia amministrativa - Legittimazione attiva - Associazioni ed enti di tutela animali d’affezione - Impugnazione di atti e provvedimenti relativi a costruzione di canili sanitari e rifugi per cani - Sussiste - Ragioni.

2. Igiene e sanità pubblica - Prevenzione del randagismo - Realizzazione di canili sanitari e rifugi per cani - Obbligo dei Comuni - Sussiste.

3. Igiene e sanità pubblica - Gestione di canili sanitari e rifugi per cani - Servizio pubblico accoglienza animali vaganti - Nella Regione Puglia - Servizio riservato ai Comuni - Affidamento a terzi - Esclusione - Affidamento ad associazioni ed enti di tutela animali d’affezione - Possibilità - Sussiste.

4. Silenzio della p.A. - Poteri del Giudice amministrativo - Declaratoria inadempimento obbligo di provvedere su istanza per localizzazione canili sanitari e rifugi per cani - Ammissibilità.

1. Gli enti e le associazioni per la protezione degli animali d’affezione, iscritti in apposito albo regionale, in base alle disposizioni della legge quadro 14 agosto 1991, n. 281 (art. 2 comma 11 in coordinamento con l’art. 4 comma 1) e della legge regionale pugliese 3 aprile 1995, n. 12 (artt. 6 comma 2; art. 9 comma 4; art. 14 comma 1 lettera a e lettera b), rivestono una posizione differenziata e giuridicamente rilevante quali portatori di un interesse qualificato alla raccolta e mantenimento degli animali d’affezione vaganti, in particolare dei cani, con un ruolo riconducibile al principio di sussidiarietà orizzontale; essi sono, quindi, legittimati ad impugnare i provvedimenti amministrativi relativi alla realizzazione dei canili sanitari e dei rifugi per cani o all’affidamento in convenzione a terzi dell’ospitalità o ricovero degli animali vaganti e a dolersi dell’inerzia delle amministrazioni comunali in ordine alla emanazione dei relativi atti.

2. In base alle previsioni della legge quadro 14 agosto 1991, n. 281 (art. 4 comma 1) e della legge regionale pugliese 3 aprile 1995, n. 12 (artt, 8 e 9), i Comuni sono tenuti alla realizzazione dei canili sanitari e dei rifugi per cani, alla cui costruzione si ricollega, con la successiva gestione delle strutture, lo svolgimento di un servizio pubblico obbligatorio.

3. Le disposizioni della legge regionale pugliese n. 12 del 1995, nell’affidare ai comuni la gestione dei canili sanitari e dei rifugi, e nell’ammettere per questi ultimi, in alternativa, la sola gestione da parte degli enti e associazioni di protezione animale riconosciute iscritte all’albo, configura il servizio pubblico di accoglienza degli animali vaganti (abbandonati o randagi) come servizio pubblico esclusivo dei comuni a gestione diretta o affidabile semmai in convenzione solo ai predetti enti e associazioni e non anche a soggetti imprenditoriali terzi (1).

4. E’ ammissibile il ricorso contro il silenzio rifiuto del Comune per far accertare l’inadempimento dell’obbligo di provvedere all’adozione di atti puntuali e concreti rivolti alla localizzazione di canili sanitari e rifugi per cani (atti prodromici rispetto alla realizzazione di tali strutture di accoglienza e ricovero degli animali vaganti) e la declaratoria del suddetto obbligo non esula dai limiti della cognizione assegnata al G.A. dall’art. 21 bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come introdotto dall’art. 2 della legge 21 luglio 2000, n. 205 (2).

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(1) Sulla ammissibilità, in base alle disposizioni generali della legge quadro n. 281 del 1991, dell’affidamento a terzi del servizio pubblico relativo alla gestione delle strutture d’accoglienza degli animali vaganti (canili sanitari e rifugi per cani) sul rilievo che non sarebbe stabilita alcuna forma di riserva in via esclusiva ai comuni e tantomeno agli enti e associazioni di protezione animale, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 6 settembre 2000, n. 4688, in riforma di T.A.R. Lombardia, Milano, 18 marzo 1999, n. 859.

(2) Sulla limitazione dell’oggetto del giudizio speciale di cui all’art. 21 bis della legge n. 1034 del 1971, introdotto dall’art. 2 della legge 21 luglio 2000, n. 205, al solo accertamento (in astratto) della violazione dell’obbligo di provvedere e quindi dell’illegittimità dell’inerzia dell’Amministrazione e non anche della fondatezza della pretesa sostanziale dell’interessato, cfr. Ad. Plen. Cons. Stato, 9 gennaio 2002, n. 1, e in senso conforme Sez. V, 18 novembre 2002, n. 6391 e Sez. VI, 23 settembre 2002, n. 4854; in senso parzialmente difforme si è espressa, invece, Sez. V, 8 ottobre 2002, n. 5318, che ha ammesso una valutazione sulla fondatezza della pretesa quantomeno al fine di verificare se sussista o meno interesse alla decisione.

 

per la declaratoria di illegittimità

del silenzio inadempimento opposto dal Comune di Bari alla richiesta e conseguente atto stragiudiziale di diffida e messa in mora intesa all’adozione dei doverosi provvedimenti terminali del procedimento amministrativo di individuazione del suolo di ubicazione del canile sanitario di cui all’art. 8 della legge regionale n. 12/1995 e di ubicazione dei rifugi per cani di cui all’art. 9 della legge regionale n. 12/1995, ove occorra mediante assegnazione di suolo pubblico

previo annullamento

ove occorra, degli atti ostativi allo stato non conosciuti, ove sussistenti

(omissis)

F A T T O

Con ricorso notificato il 15-16 ottobre 2002 e depositato in Segreteria il 26 ottobre 2002, l’Associazione cani abbandonati – A.C.A., con sede in Bari, in persona del suo Presidente pro-tempore, ha proposto la cumulativa domanda intesa alla declaratoria di illegittimità di silenzio rifiuto e all’eventuale annullamento di atti ostativi ove esistenti.

Giova premettere che:

- l’A.C.A. è una associazione di protezione di animali d’affezione (in particolare cani abbandonati e randagi vaganti nel territorio della provincia di Bari) iscritta all’albo regionale di cui all’art. 13 della legge regionale pugliese 3 aprile 1995, n. 12;

- con atto di diffida e messa in mora notificato giudizialmente il 1° agosto 2002, l’associazione ricorrente, richiamate “…plurime istanze…” a cui “…non è mai stati dato riscontro”, intese ad ottenere assegnazione di suolo pubblico per la realizzazione di una struttura di accoglienza e ricovero per cani randagi (nell’assenza di analoghe strutture realizzate e gestite a cura del Comune e nel segnalato allarmante incremento del fenomeno del randagismo canino tale da configurare “…livelli di vera e propria emergenza igienico-sanitaria”), ha richiesto al Comune di Bari, in persona del Sindaco pro-tempore, di “….concludere il procedimento amministrativo di individuazione del suolo ove allocare il canile sanitario di cui all’art. 8 l.r. n. 12/1995 e ove insediare i rifugi per cani previsti dall’art. 9 stesso testo, anche, ove occorra, mercé assegnazione di suolo pubblico in favore della scrivente associazione di volontariato”, con avvertenza che decorso termine di trenta giorni dalla notifica avrebbe adito la competente autorità giudiziaria.

Col ricorso in epigrafe s’impugna il silenzio-rifiuto asseritamente formatosi sull’istanza, chiedendo declaratoria dell’illegittimità del medesimo con conseguente annullamento “con ogni conseguenza di legge”, nonché gli eventuali atti ostativi ove esistenti.

Con unico motivo di ricorso, l’associazione ricorrente ha dedotto le seguenti censure:

Violazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento. Violazione ed omessa applicazione dell’art. 2 della l. 7 agosto 1990, n. 241. Violazione ed omessa applicazione della legge statale 14.8.1991 n. 281 con riferimento alla legge regionale 3.4.1995 n. 12. Eccesso di potere per assoluto difetto d’istruttoria e motivazione, in relazione all’inerzia dell’Amministrazione comunale in ordine alla realizzazione, obbligatoria ai sensi delle epigrafate disposizioni di legge, del canile sanitario e dei rifugi per cani, in spregio all’interesse sanitario della comunità.

Costituitasi in giudizio, l’Amministrazione comunale di Bari, col controricorso e con memoria difensiva depositata il 19 novembre 2002, ha dedotto, a sua volta:

a) la carente legittimazione attiva dell’associazione ricorrente perché priva di qualsivoglia posizione legittimante anche ex lege n. 241 del 1990;

b) l’inammissibilità del ricorso siccome rivolto non già ad ottenere mera declaratoria dell’obbligo di provvedere, previo accertamento del presunto inadempimento, sebbene adozione di provvedimento a contenuto concreto in favore dell’associazione ricorrente;

c) l’infondatezza del ricorso nel merito:

c1) non sussistendo alcun obbligo di provvedere;

c2) non ricorrendo alcuna inerzia dell’Amministrazione comunale, essendo in corso le procedure per la realizzazione del canile sanitario (in particolare con approvazione del relativo progetto preliminare e inserimento dell’opera nel programma triennale delle opere pubbliche 2003-2005) e per l’individuazione di suolo ove allocare i rifugi per cani, mentre non sussiste alcuna emergenza igienico-sanitaria connessa alla proliferazione del randagismo poiché l’Amministrazione comunale utilizza per il ricovero dei cani vaganti e/o randagi apposite strutture private in base a convenzioni.

Costituitasi in giudizio, la intimata A.U.S.L. BA/4 ha svolto considerazioni adesive alle censure dedotte in ricorso in funzione delle attribuzioni affidate al servizio veterinario e al consistente contenzioso alimentato dai danni a persone cagionati dagli animali randagi vaganti nel territorio.

Nella camera di consiglio del 20 novembre 2002, il ricorso è stato discusso e riservato per la decisione.

D I R I T T O

1.) Il ricorso in epigrafe è fondato e deve essere accolto per le considerazioni di seguito esposte.

1.1) Giova premettere all’esame delle domande di accertamento e annullamento proposte dall’associazione ricorrente, e delle eccezioni pregiudiziali spiegate dall’Amministrazione comunale, una sia pur sintetica ricostruzione del quadro normativo di riferimento, solo all’esito del quale risulta possibile delineare la sussistenza e portata degli obblighi dei comuni in ordine alla prevenzione del randagismo canino nonché la esistenza e consistenza di posizioni giuridiche differenziate in capo alle associazioni per la tutela degli animali d’affezione riconosciute mediante iscrizione all’apposito albo regionale.

1.1.1) Com’è noto la legge statale 14 agosto 1991, n. 281 (“Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo”), ha riconosciuto come interesse pubblico preminente di rilievo statale la promozione e tutela degli animali d’affezione, la condanna degli atti di crudeltà contro i medesimi nonché del loro maltrattamento e abbandono in vista di una “…corretta convivenza tra uomo e animale…” e al fine, altresì, di “…tutelare la salute pubblica e l’ambiente…” (art. 1).

Demandato ai servizi veterinari delle uu.ss.ll. (ora aa.uu.ss.ll.) “il controllo della popolazione dei cani e dei gatti…”, da attuare anche mediante “…la limitazione delle nascite…”, e sancito il divieto di soppressione degli animali vaganti ritrovati, catturati o comunque ricoverati presso le strutture all’uopo previste dall’art. 4, da affidare ai padroni, ovvero se randagi, da cedere a privati che offrano garanzie in ordine al buon trattamento dell’animale o alle associazioni protezioniste (art. 2), la legge ha espressamente stabilito che:

Gli enti e le associazioni protezioniste possono gestire le strutture di cui al comma 1 dell’articolo 4, sotto il controllo sanitario dei servizi veterinari dell’unità sanitaria locale” (art. 2 comma 11).

L’art. 3 della legge conferisce alle regioni potestà legislativa (concorrente) “…entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge…” in ordine:

- all’istituzione dell’anagrafe canina presso i comuni o le uu.ss.ll., con le relative modalità di iscrizione e di rilascio della sigla di riconoscimento del cane al proprietario “…da imprimersi mediante tatuaggio indolore”;

- alla individuazione dei “…criteri per il risanamento dei canili esistenti e la costruzione di rifugi per cani”, sottoposti al controllo dei servizi veterinari delle uu.ss.ll., nonché dei “…criteri e le modalità per il riparto tra i comuni dei contributi per la realizzazione degli interventi di loro competenza”;

impegnandole altresì all’adozione di appositi programmi per la prevenzione del randagismo, comprendenti iniziative di informazione e educazione al rispetto della vita animale e alla difesa del suo habitat e di aggiornamento e formazione professionale degli operatori di settore e di guardie zoofile volontarie, con intervento in funzione consultiva “…(del)le associazioni animaliste, protezioniste e venatorie” di ambito regionale.

L’art. 4 della legge stabilisce i compiti assegnati ai comuni, singoli e associati e alle comunità montane, come tali obbligatori, riguardanti il “…risanamento dei canili comunali esistenti e (la costruzione) di rifugi per cani, nel rispetto dei criteri stabiliti con legge regionale e avvalendosi dei contributi destinati a tale finalità dalla regione”.

L’art. 8 della legge ha poi previsto un fondo di dotazione, alimentato anche dai proventi delle sanzioni stabilite dall’art. 5 per le violazioni amministrative relative all’abbandono degli animali d’affezione, all’omessa iscrizione dell’animale nell’anagrafe canina, all’omessa sottoposizione dell’animale al tatuaggio di riconoscimento, al commercio di animali per scopo di sperimentazione (la Corte Costituzionale, con sentenza n. 123 del 25 marzo 1992 ha dichiarato, peraltro, l’illegittimità costituzionale della previsione dell’art. 5 circa la confluenza dei proventi delle sanzioni nel predetto fondo anziché nei bilanci delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano).

1.1.2) Alle previsioni della legge quadro n. 281 del 1991, la Regione Puglia ha dato attuazione soltanto con la legge regionale 3 aprile 1995, n. 12, intitolata a “Interventi per la tutela degli animali d’affezione e prevenzione del randagismo”.

Ribadite le finalità generali della legislazione regionale in materia nella promozione, disciplina e coordinamento della tutela degli animali d’affezione e nella repressione degli atti di crudeltà, dei maltrattamenti e dell’abbandono nei loro confronti (art. 1), la legge regionale in esame ha demandato i compiti di vigilanza e tutela sanitaria ai comuni “…che li esercitano mediante le Unità sanitarie locali…” (art. 2), disciplinato l’anagrafe canina (art. 3), il contrassegno di riconoscimento (art. 4: non mediante tatuaggio ma con microchips inserito sottocute), affidato ai servizi veterinari delle uu.ss.ll. (ora aa.uu.ss.ll.) il recupero dei cani randagi o dei cani vaganti (cioè appartenenti a proprietario determinabile) anagrafati e non e la loro cessione gratuita a “…privati maggiorenni (e a) enti e associazioni protezionistiche” (art. 6).

Particolare rilievo, quanto ai compiti dei comuni, assumono le disposizioni degli artt. 8 e 9.

L’art. 8 della l.r. n. 12 del 1995 ha stabilito che:

“I Comuni, singoli o associati, provvedono alla costruzione o al risanamento dei canili sanitari esistenti di cui all’art. 84 del d.p.r. 8 febbraio 1954, n. 320 secondo i criteri…” da stabilire dalla Giunta regionale entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge, con possibilità di impiegare a tal fine “…i fondi provenienti dagli oneri di urbanizzazione”.

Ai sensi del comma secondo della disposizione, i canili sanitari sono strutture di accoglienza dei cani vaganti recuperati (ed in realtà tanto dei cani randagi quanto di quelli abbandonati, anagrafati e non), presso i quali gli animali vengono se del caso anagrafati e comunque sottoposti a trattamento profilattico contro la rabbia, l’echinococcosi e le altre malattie trasmissibili, ai sensi dell’art. 2 comma 5 della legge n. 281 del 1991, e ivi trattenuti per un periodo non eccedente i sessanta giorni “…in attesa di riscatto o affidamento o cessione (temporanea)”, decorsi i quali, se non adottati o altrimenti sistemati, essi sono indirizzati ai rifugi di cui al successivo art. 9.

Mette conto di evidenziare che il comma 3 dell’art. 8 prevede che “la gestione dei canili sanitari è affidata ai Comuni”, in apparente contrasto con la previsione dell’art. 2 comma 11 della legge quadro n. 281 del 1991 che consente l’affidamento agli enti e associazioni protezioniste di tutte indistintamente le strutture di cui al successivo art. 4 comma 1 della stessa legge, e quindi tanto dei canili sanitari quanto dei rifugi.

Al contrario l’art. 9 della legge regionale, dopo aver precisato che spetta alla Giunta regionale di individuare i comuni nei quali localizzare i rifugi per cani e i relativi criteri tecnici per la realizzazione, dispone senz’altro che “i rifugi, oltre che dai Comuni in cui ricadono territorialmente, possono essere gestiti da enti e associazioni riconosciute e iscritte all’Albo di cui all’art. 13 della presente legge”.

La disposizione, peraltro, assegna ai comuni uno specifico termine (“sei mesi dalla data di adozione del provvedimento regionale di individuazione”) per l’approvazione dei “singoli progetti” relativi alla realizzazione dei rifugi per cani “…in zone ritenute idonee”, approvazione che costituisce dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza delle relative opere.

Nei rifugi, peraltro, “al fine di combattere il fenomeno dell’abbandono…possono essere ospitati cani e gatti con regolare proprietario per determinati periodi di tempo e a pagamento” (art. 9 comma 5).

Disposta l’istituzione di apposita commissione regionale consultiva (art. 12), la legge regionale disciplina all’art. 13, come già anticipato, la creazione dell’Albo regionale delle associazioni per la protezione degli animali nel quale possono essere iscritti “…esclusivamente gli enti e le associazioni per la protezione degli animali operanti nella Regione Puglia”, caratterizzati dall’assenza di fini lucrativi, dalla specifica finalità di tutela degli animali, da un numero minimo di soci ordinari (almeno duecento), da documentata specifica attività e da efficienza organizzativa e operativa, e, in prima applicazione, tutti gli enti e associazioni che ne facciano domanda in possesso dei suddetti requisiti.

L’art. 14 della legge regionale abilita le associazioni di protezione iscritte all’albo alla stipula di apposite convenzioni con i comuni per la costruzione e gestione dei rifugi per cani (lettera a), lo svolgimento di compiti di assistenza volontaria ai canili sanitari e ai rifugi (lettera b), la promozione di iniziative di aggiornamento delle guardie zoofile (lettera c), la partecipazione alle iniziative formativo-educative e di formazione e aggiornamento professionale degli operatori (lettera d), attività tutte da svolgersi con “…carattere volontario con esclusione di fini di lucro”.

L’art. 18 della legge regionale impone ai comuni e alle uu.ss.ll. (ora aa.uu.ss.ll.) di provvedere “agli oneri derivanti dalla applicazione della presente legge…ciascuno per la parte di propria competenza…”, ponendo specifico vincolo di destinazione per le quote del fondo di dotazione di cui alla legge n. 281 del 1991 assegnate alla Regione e alle somme rivenienti dalle sanzioni di cui al precedente art. 17 (relativo alle violazioni amministrative in tema di abbandono di animali d’affezione, omessa iscrizione all’anagrafe canina, omessa sottoposizione al tatuaggio, commercio di animali a fini di sperimentazione, omessa denuncia di variazione di residenza, cessione, smarrimento, morte dell’animale).

Infine, l’art. 19 della legge regionale, in sede di prima applicazione, prevede la ristrutturazione o costruzione “…di almeno un rifugio in ogni provincia”, nonché la stipula di convenzioni con enti e associazioni “…che abbiano la disponibilità di strutture idonee” al fine di destinarle a rifugi per cani, e previa autorizzazione da parte dell’Assessorato regionale alla sanità, sentita la commissione regionale di cui all’art. 12 e con parere motivato del servizio veterinario dell’unità sanitaria locale competente per territorio, la proroga di convenzioni esistenti “…sino a un massimo di dodici mesi ove non esistano enti o associazioni di cui all’art. 13 che dispongano di strutture idonee”.

1.2) Orbene, alla stregua del quadro di riferimento normativo testé ricostruito, non può revocarsi in dubbio la piena legittimazione processuale degli enti e associazioni per la protezione degli animali (in particolare d’affezione) iscritti nell’apposito albo regionale a dolersi dell’inerzia delle amministrazioni comunali in ordine all’adozione dei provvedimenti relativi alla realizzazione dei canili sanitari e dei rifugi per cani, e cioé delle strutture di accoglienza degli animali vaganti (abbandonati e/o randagi), nonché, e più in generale, a gravarsi avverso gli atti amministrativi relativi alla realizzazione delle predette strutture o all’affidamento in convenzione a terzi dell’ospitalità o ricovero degli animali vaganti.

Infatti, tanto in base alle richiamate disposizioni della legge quadro 14 agosto 1991, n. 281 (art. 2 comma 11 in coordinamento con l’art. 4 comma 1), quanto in relazione a quelle della legge regionale pugliese 3 aprile 1995, n. 12 (artt. 6 comma 2 per l’affidamento dei cani non reclamati; art. 9 comma 4 per l’affidamento della gestione dei rifugi per cani; art. 14 comma 1 lettera a e lettera b), gli enti e associazioni di protezione riconosciute rivestono una posizione differenziata e giuridicamente rilevante quali portatori di un interesse qualificato alla raccolta e mantenimento degli animali d’affezione vaganti, e in particolare dei cani, cui l’ordinamento statale e regionale riconosce un ruolo attivo in un quadro riconducibile all’odierno principio di sussidiarietà orizzontale.

E se in linea generale è stato negato che, in base alle previsioni della legge statale, sia precluso l’affidamento a terzi del servizio pubblico relativo alla gestione delle strutture d’accoglienza sul rilievo che non sarebbe stabilita alcuna forma di riserva in via esclusiva ai comuni e tantomeno agli enti e associazioni di protezione animale (Cons. Stato, Sez. IV, 6 settembre 2000, n. 4688, che riforma T.A.R. Lombardia, Milano, 18 marzo 1999, n. 859); nondimeno le disposizioni della legge regionale pugliese n. 12 del 1995, nell’affidare ai comuni la gestione dei canili sanitari e dei rifugi, e nell’ammettere per questi ultimi, in alternativa, la (sola) gestione da parte degli enti e associazioni riconosciute iscritte all’albo, sembra configurare appunto il servizio pubblico di accoglienza degli animali vaganti (abbandonati o randagi) come servizio pubblico esclusivo dei comuni affidabile semmai in convenzione (solo) ai predetti enti e associazioni.

Checché sia di ciò (non viene in esame la legittimità dell’attuale affidamento a terzi, peraltro non intimati, del ricovero degli animali vaganti nel territorio comunale, disposto da ultimo dal 1° aprile 2002 al 31 marzo 2003 con deliberazione di Giunta municipale n. 623 del 13 giugno 2002), in ogni caso anche alla luce dei rilievi che precedono deve senz’altro ammettersi la legittimazione processuale dell’associazione ricorrente in ordine all’impugnativa del silenzio inadempimento, con conseguente reiezione dell’eccezione pregiudiziale spiegata dal difensore dell’Amministrazione comunale intimata.

Del pari, non può revocarsi in dubbio che i comuni (e nella specie l’Amministrazione comunale di Bari) siano tenuti ex lege alla realizzazione e dei canili sanitari e dei rifugi per cani, in base alle chiare previsioni dell’art. 4 comma 1 della legge quadro n. 281 del 1991 e degli artt. 8 e 9 della legge regionale pugliese n. 12 del 1995, poiché alla loro realizzazione si ricollega lo svolgimento di un servizio pubblico obbligatorio e, secondo quanto innanzi osservato, riservato (dalla legge regionale) in via esclusiva ai comuni salvo affidamento della gestione (per quanto attiene ai rifugi) agli enti e associazioni di protezione animale riconosciute iscritte nell’albo regionale (per ipotesi in certo senso analoga di affidamento preferenziale della gestione delle strutture d’accoglienza alle associazioni protezionistiche e della necessità di motivare le deroghe alla regola vedi T.A.R. Basilicata, 13 giugno 2001, n. 585).

2.) Così ricostruita la legittimazione attiva dell’associazione ricorrente e la sussistenza, in astratto, dell’obbligo di provvedere alla realizzazione del canile sanitario e dei rifugi per cani, deve chiarirsi che, contrariamente a quanto assunto dal Comune di Bari, l’A.C.A. non agisce in funzione della declaratoria dell’obbligo di procedere ad assegnazione di un suolo pubblico sul quale realizzare un rifugio per cani affidato alla sua gestione.

In effetti, benché nella narrativa del ricorso e dell’atto stragiudiziale di diffida si faccia riferimento a istanze intese ad ottenere l’assegnazione di un suolo per la costruzione, a spese dell’associazione, di un rifugio per cani, oggetto specifico dell’uno e dell’altra è la declaratoria dell’obbligo di concludere il procedimento di individuazione del suolo per la realizzazione del canile sanitario e di rifugi per cani, essendo rappresentata come meramente eventuale (“ove occorra”) e lasciata all’apprezzamento discrezionale dell’Amministrazione comunale “…l’assegnazione di suolo pubblico in favore della scrivente associazione di volontariato”.

Deve quindi escludersi che possa assumere rilievo, in senso ostativo all’ammissibilità del ricorso, la nota n. 13229 di prot. del 6 dicembre 2001 della Ripartizione patrimonio del Comune di Bari di riscontro alla istanza di concessione di suolo comunale per la realizzazione di una struttura di ricovero per cani in data 1° agosto 2001 (entrambe esibite dalla difesa dell’Amministrazione comunale).

Occorre invece verificare se sulla persistenza dell’inadempimento dell’obbligo di provvedere in ordine allo specifico contenuto della diffida giudiziale possa incidere la nota della Ripartizione tutela ambiente, igiene e sanità del Comune di Bari n. 3821 di prot. del 4 settembre 2002 (esibita dalla stessa associazione ricorrente), che espressamente richiama atto di significazione e invito “notificato il 10.7.2002”.

Orbene, anche a prescindere dalla circostanza che la suddetta nota costituirebbe riscontro non già dell’atto di diffida notificato il 1° agosto 2002, sebbene di atto precedente, deve escludersi che essa assuma un contenuto provvedimentale, e tantomeno di adempimento, sia pure negativo, dell’obbligo di provvedere sulla predetta diffida da ultimo indicata, posto che in effetti con la medesima si rappresenta soltanto che:

- nel bilancio comunale di previsione 2002 è iscritta tra le spese in conto capitale una somma di danaro (€ 2.788.867,26) per acquisizione di un’area in località Torre Tresca per canile municipale;

- nello stesso bilancio è iscritta altra somma (€ 100.000,00) per incarichi professionali di progettazione di due rifugi per cani;

- “l’attività programmatoria per il futuro ai fini della realizzazione del canile municipale e dei rispettivi rifugi non ricadono nelle competenze della scrivente ripartizione”;

- nelle more della realizzazione delle strutture, l’amministrazione provvede al ricovero degli animali mediante l’utilizzazione di strutture private ed in specie di quella della ditta Mapia per il “ricovero e mantenimento di circa 700 cani randagi”.

Analoghe considerazioni devono svolgersi per la nota della Ripartizione patrimonio del Comune di Bari n. 8851 del 20 ottobre 2000, di gran lunga anteriore alla diffida stragiudiziale e che in quanto tale non può ovviamente costituirne riscontro, nella quale si precisa soltanto che:

- con deliberazione di Giunta municipale n. 348 del 30 marzo 1999 è stato approvato un progetto preliminare per la realizzazione di un canile sanitario per un importo complessivo pari (all’epoca) di 13 miliardi di lire;

- che l’Amministrazione ha però sospeso “…la redazione delle ulteriori fasi della progettazione (progetto definitivo, progetto esecutivo) nelle more che l’Assessorato ai contratti, già interessato con nota prot. n. 3257 del 12.04.2000…ottenga dal Demanio Pubblico la proprietà dell’area in oggetto o una concessione di maggior durata, ovvero che venga individuata una nuova area su cui realizzare la struttura”;

- che il progetto preliminare, nell’importo approvato (13 miliardi) consentirebbe la realizzazione solo di cinque rifugi in luogo degli otto progettati e che per realizzarlo integralmente occorrerebbe una spesa complessiva di 15.400.000.000 di lire.

Dal raffronto tra le due note dianzi citate si evince, quindi, che allo stato non risulta ancora individuata per atti formali ed in modo certo l’area di localizzazione né del canile sanitario né dei rifugi per cani, posto che non risultano perfezionati atti intesi alla concessione del suolo demaniale in località “Torre Tresca” (sul quale secondo il progetto preliminare avrebbero dovuto essere allocati il canile sanitario e otto rifugi per cani e che comunque, secondo la relazione al progetto, richiederebbe il perfezionamento di un procedimento di variante al P.R.G.) né adottati altri provvedimenti che abbiano identificato in alternativa altra area (di proprietà comunale o di proprietà privata da espropriare).

Solo limitatamente ai rifugi per cani (e quindi profilandosi una soluzione che ne postula la realizzazione separata e indipendente da quella del canile sanitario) con nota interna n. 10195 di prot. del 23 settembre 2002, indirizzata dalla Ripartizione patrimonio all’Assessorato all’ambiente, igiene e sanità (nota che, ovviamente, non costituisce riscontro alla diffida in quanto atto interno) si rappresenta la possibilità di utilizzare un suolo “…di circa 16.000 metri quadrati in agro di S. Spirito…parte di un lascito di un privato…per il quale si stanno formalizzando gli atti relativi all’accettazione da parte di questa Civica Amministrazione”.

3.) Acclarato l’inadempimento all’obbligo di provvedere in ordine allo specifico contenuto della diffida, ovvero di procedere all’adozione di atti puntuali e concreti intesi alla localizzazione del canile sanitario e dei rifugi per cani, atti evidentemente prodromici rispetto alla realizzazione di entrambe le strutture di accoglienza la cui costruzione, è opportuno ribadire, è obbligatoria per legge, deve ritenersi che il riconoscimento e la declaratoria del relativo obbligo non esula dai limiti della cognizione assegnata al G.A. dall’art. 21 bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come introdotto dall’art. 2 della legge 21 luglio 2000, n. 205, come tracciati dalla nota decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 1 del 9 gennaio 2002.

Quest’ultima ha, com’è noto, precisato che oggetto del giudizio speciale di cui all’art. 21 bis è bensì il solo accertamento (in astratto) della violazione dell’obbligo di provvedere e quindi dell’illegittimità dell’inerzia dell’Amministrazione e non anche della fondatezza della pretesa sostanziale dell’interessato, senza che il G.A. possa sostituirsi in alcun modo alle valutazioni e determinazioni dell’Autorità amministrativa, anche qualora si tratti di attività vincolata (in senso conforme vedi Cons. Stato, Sez. V, 18 novembre 2002, n. 6391 e Sez. VI, 23 settembre 2002, n. 4854; in senso parzialmente difforme cfr. invece Cons. Stato, Sez. V, 8 ottobre 2002, n. 5318, che ammette una valutazione sulla fondatezza della pretesa quantomeno al fine di verificare se la stessa, in quanto infondata, implichi carenza di interesse alla decisione).

Nel caso di specie, atteso anche il contenuto dell’attività obbligatoria (individuazione dell’area di localizzazione del canile sanitario e dei rifugi per cani come attività amministrativa necessaria, preparatoria e prodromica rispetto all’approvazione dei progetti e all’indizione delle procedure di evidenza pubblica per la realizzazione delle predette strutture d’accoglienza) non può sostenersi che il sindacato di questo G.A. interferisca in alcun modo con l’ambito delle scelte dell’Amministrazione comunale, da condurre evidentemente in funzione della disponibilità di suoli idonei e di più immediata utilizzabilità, non esclusa anche l’acquisizione di suoli privati secondo le diverse possibili modalità (acquisto, cessione bonaria, espropriazione) ovvero di suoli pubblici, appartenenti o meno al demanio comunale, essendo esso limitato all’accertamento dell’inadempimento dell’obbligo di provvedere su istanza proveniente da soggetto portatore di interesse legittimo alla localizzazione (e alla più celere realizzazione delle strutture) e alla fissazione di congruo termine, superiore a quello ordinario in funzione della relativa complessità dell’adempimento, salva la nomina, a istanza della parte interessata e per l’ipotesi di inutile decorso del termine assegnato, di un commissario ad acta che provveda in via sostitutiva.

4.) In conclusione, il ricorso in epigrafe deve essere accolto nei sensi dianzi prospettati.

5.) La novità e relativa complessità delle questioni affrontate giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese ed onorari del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sede di Bari - Sezione I, accoglie il ricorso in epigrafe n. 1579 del 2002 e per l’effetto:

1) dichiara l’obbligo dell’Amministrazione comunale di Bari, in persona del Sindaco pro-tempore e/o del dirigente comunale competente, di provvedere sull’atto di diffida e messa in mora notificato giudizialmente in data 1° agosto 2002 a cura della ricorrente Associazione Cani Abbandonati - A.C.A. con sede in Bari in ordine alla localizzazione del canile sanitario e dei rifugi per cani;

2) ordina all’Amministrazione comunale di Bari, in persona del Sindaco pro-tempore e/o del dirigente comunale competente, di provvedere a quanto sub 1) nel termine di giorni centoventi dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza;

3) riserva ad apposita istanza dell’associazione interessata, e spirato inutilmente il termine sub 2), la nomina di commissario ad acta per l’eventuale attività sostitutiva;

4) dichiara interamente compensate tra le parti le spese ed onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Bari nella Camera di Consiglio del 20 novembre 2002, con l’intervento dei magistrati:

Gennaro           FERRARI                    Presidente                   

Leonardo          SPAGNOLETTI          Componente est.

Fabio                MATTEI                     Componente

Depositata in segreteria in data 9 gennaio 2003.

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