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TAR PUGLIA-BARI, SEZ. II - Sentenza 26 ottobre 2000 n. 4223 - Pres. Perrelli, Est. Spagnoletti - Taccogna Francesco Paolo e altri (avv.ti P. Langiulli e V. Spano) c. Comune di Gravina in Puglia (n.c.) – (respinge)

1. Ambiente - Vincoli paesistici - Art. 51 legge regionale pugliese 31 maggio 1980, n. 56 - Art. 82 d.P.R. 16 luglio 1977, n. 616 - Diversa natura ed efficacia.

2. Ambiente - Vincoli paesistici - Art. 1 legge regionale pugliese 11 maggio 1990, n. 30 - Art. 51 legge regionale pugliese 31 maggio 1980, n. 56 - Rapporto.

3. Ambiente - Vincoli paesistici - Su gravine e lame - Individuazione con decreto Presidente giunta regionale - Incidenza sull’efficacia del vincolo.

1. L’art. 51 della legge regionale pugliese 31 maggio 1980, n. 56, -che ha introdotto "…sino all’entrata in vigore dei piani territoriali…" alcuni divieti temporanei assoluti di edificazione, nell’esercizio di competenza legislativa regionale diretta e concorrente riveniente dal trasferimento alle regioni dei poteri relativi all’approvazione dei piani territoriali di coordinamento ex art. 5 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e dei piani territoriali paesistici di cui all’art. 5 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, ed ha unificando nel cosiddetto piano urbanistico territoriale (P.U.T.) le funzioni pianificatorie proprie dei due strumenti innanzi citati salva la previsione di piani "stralcio", denominati piani urbanistici territoriali tematici (P.U.T.T.) - integra una normativa transitoria di salvaguardia intesa a preservare il territorio regionale da modificazioni potenzialmente incidenti in senso negativo sul conseguimento delle finalità proprie del P.U.T. o dei P.U.T.T., ancorché ad effetti (indiretti) di tutela paesistica e lato sensu ambientale; al contrario l’art. 82 del d.P.R. 16 luglio 1977, n. 616, come modificato dall’art. 1 della legge 8 agosto 1985, n. 431 ha introdotto vincoli stricto sensu paesistici, e relativi perché superabili col rilascio del prescritto nullaosta, per categorie di beni, recuperando in parte quelli omologhi introdotti dal d.m. 21 settembre 1984 (c.d. decreto Galasso) e aggiungendone ulteriori (1)

2. L’art. 1 della legge regionale pugliese 11 maggio 1980, n. 30, ha introdotto, in luogo della specifica individuazione di aree da sottoporre a vincolo temporaneo assoluto di inedificabilità, come prevista dall’art. 1 ter della legge n. 431 del 1985, e nel quadro dei poteri di salvaguardia commessi alle regioni in correlazione alle more dell’adozione dei piani paesistici o urbanistico-territoriali di cui all’art. 1 bis della suddetta legge statale, un vincolo per categorie di beni assoggettati a divieto temporaneo assoluto di edificazione "fino all’approvazione, ai sensi della legge regionale 31 maggio 1980, n. 56, del P.U.T.T. del ‘Paesaggio e dei beni ambientali’ quale piano paesistico territoriale, con specifica considerazione dei valori paesaggistici ed ambientali, previsto dall’art. 1 bis della legge 8 agosto 1985, n. 431 e dei relativi piani paesistici delle diverse aree subregionali individuate dal P.U.T.T.", con termine più volte prorogato; anche i vincoli contemplati dalla legge regionale n. 30 del 1990, peraltro, al pari di quelli previsti dall’art. 51 della legge regionale n. 56 del 1980, hanno natura urbanistica ad effetti indiretti di protezione ambientale, perché la loro efficacia è del pari ricollegata alla preservazione del territorio regionale da modificazioni incidenti in senso negativo sulle finalità del P.U.T.T. (2)

3. L’art. 1 della legge regionale pugliese n. 30 del 1990, nella parte in cui assoggetta a vincolo temporaneo assoluto di inedificabilità la fascia di suolo posta entro il limite dei 200 metri dal ciglio più elevato delle lame o gravine (oltre che dall’argine di torrenti e corsi d’acqua) ed in funzione di un’interpretazione teleologica, che garantisca la cogenza ed effettività del vincolo (altrimenti vanificata siccome rimessa all’adozione di un provvedimento amministrativo generale assoggettato a termine ordinatorio in difetto di ogni meccanismo sostitutivo atto a garantire l’esercizio del potere di individuazione), trova immediata e diretta applicazione senza che nella previsione di apposito decreto del Presidente della giunta regionale inteso alla individuazione dei singoli oggetti fisico-spaziali assoggettati a tutela possa individuarsi una condicio juris di efficacia, posto che essa vale solo a rimuovere il vincolo per gli oggetti non contemplati

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(1-2) Cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 15 marzo 1999, n. 111.

 

(omissis)

per l’annullamento

- della nota dirigenziale n. 29300/97 di prot. del 17.11.1999, notificata il 18.11.1999, recante diniego di concessione edilizia per lavori di demolizione e ricostruzione di un edificio urbano

- di ogni altro atto comunque connesso, sia presupposto che consequenziale, ancorché non conosciuto e in quanto lesivo

e per l’accertamento

del diritto al risarcimento del danno derivante dal diniego e la condanna dell’Amministrazione comunale intimata al pagamento delle relative somme

(omissis)

F A T T O

Con ricorso notificato il 17.1.2000 e depositato in Segreteria il 3.2.2000, i germani Francesco Paolo, Giuseppe, Maria Teresa, Michele e Giovanna Taccogna hanno proposto le cumulative domande in epigrafe meglio specificate.

Giova premettere che:

- i ricorrenti sono proprietari di fabbricato esistente, ubicato in Gravina in Puglia alla via Maurizio Lettieri n. 21 a distanza inferiore a 200 ml dalla gravina e relativo torrente, composto di due piani interrati sfalsati su due livelli, piano terra e primo piano;

- l’immobile ricade in zona B1 di completamento;

- con istanza del 5.12.1997 (pratica edilizia n. 155/98) i ricorrenti hanno chiesto il rilascio di concessione edilizia per la demolizione dell’edificio e la ricostruzione sull’area di sedime di un fabbricato composto di primo e secondo piano interrati (destinati a deposito e parcheggio) e due piani fuori terra con volumi tecnici;

- acquisito parere favorevole della ripartizione edilizia e della C.E.C. in data 1.10.1998 (il secondo con richiesta di relazione tecnico-botanica e geotecnica), con nota dirigenziale del 13.1.1999 veniva richiesto all’Assessore regionale all’urbanistica di conoscere “…lo stato di avanzamento del PUTT…” e notizie circa la proroga del vincolo di inedificabilità di cui all’art. 1 lett. c) della l.r. n. 30/1990;

- i ricorrenti, con diffida notificata il 18.1.1999 e successiva istanza notificata il 2.7.1999, attivavano il procedimento per la nomina di commissario ad acta ex art. 4 co. sesto della l. n. 493/1993;

- con la nota dirigenziale impugnata in data 17.11.1999, notificata il 18.11.1999, è stato negato il rilascio della concessione edilizia sul rilievo che “…l’area di intervento ricade nella fascia di 200 ml della ‘Gravina’, previsto inedificabile dall’art. 1 lett. c della L.R. 30/90 e dall’art. 51 della L.R. 56/80”.

Avverso il provvedimento gravato, ed a sostegno della cumulativa domanda risarcitoria, i ricorrenti hanno dedotto le seguenti censure:

1) Violazione e omessa applicazione dell’art. 1 comma 2 l. 8 agosto 1985 n. 431. Eccesso di potere per travisamento ed erroneità dei presupposti, erroneità della motivazione, dovendosi escludere l’applicabilità del vincolo relativo previsto dalla disposizione legislativa statale perché l’intervento ricade in zona B di completamento.

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 51 lett. d) l.r. 31 maggio 1980 n. 56. Eccesso di potere per travisamento ed erroneità dei presupposti, erroneità della motivazione, poiché la richiamata disposizione legislativa regionale deve ritenersi abrogata dalla successiva disciplina statale di cui alla legge n. 431/1985 (s’invoca orientamento espresso dalla Suprema Corte in sede penale con l’ordinanza n. 3882 del 17.12.1997).

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 lett. c) l.r. 11 maggio 1990 n. 20. Eccesso di potere per travisamento ed erroneità dei presupposti, erroneità della motivazione, dovendosi escludere l’immediata efficacia del vincolo previsto dalla richiamata disposizione in difetto dell’emanazione del decreto del Presidente della Giunta Regionale di individuazione dei torrenti, corsi d’acqua, gravine o lame cui è riferita la fascia di inedificabilità.

Abbinata al merito l’istanza cautelare incidentale, con memoria difensiva depositata il 23.9.2000, i ricorrenti hanno insistito per l’accoglimento del ricorso, invocando nota dell’Assessore regionale all’urbanistica n. 15202 del 22.12.1999 nella quale, dandosi atto dell’inesistenza di dd.PP.GG.RR. emanati ai sensi dell’art. 1 l.r. n. 30/1990, si opina l’inefficacia del vincolo.

All’udienza pubblica del 29 settembre 2000, infine, il ricorso è stato discusso e riservato per la decisione.

D I R I T T O

1.) Il ricorso in epigrafe è infondato, e come tale deve essere respinto.

1.1) I ricorrenti sostengono, nei tre ordini di censure dedotte, da riguardare nella loro combinazione per essere rettamente intese, che:

a) l’art. 1 della legge n. 431/1985, che ha modificato l’art. 82 del d.P.R. n. 616/1977, ha abrogato la disposizione di cui all’art. 51 della l.r. n. 80/1956, per la parte relativa ai vincoli temporanei assoluti di inedificabilità ivi disciplinati; 

b) sull’area di loro proprietà, su cui sorge il fabbricato da demolire e ricostruire, non sussisterebbe alcun vincolo di inedificabilità: non quello, non temporaneo ma relativo, di cui all’art. 82 comma quinto lett. c) del d.P.R. 616/1977, perché il suolo ricade in zona B1 di completamento, inverandosi la deroga al vincolo di cui al successivo comma sesto; né quello, temporaneo ma assoluto, di cui all’art. 1 lett. c) parte prima della l.r. n. 30/1990 perché, per dir così, non “concretizzato” con l’adozione del d.P.G.R. previsto dalla parte seconda della lett. c) della suddetta disposizione.

1.2) Giova rammentare, ai fini del miglior inquadramento del nodo ermeneutico proposto dai ricorrenti, che:

- l’art. 51 della legge regionale 31 maggio 1980, n. 56 ha introdotto “…sino all’entrata in vigore dei piani territoriali…” alcuni divieti temporanei assoluti di edificazione, tra cui quello di cui alla lettera h) riferito “…all’interno della fascia di 200 metri dalla battigia delle coste dei laghi, dei fiumi, delle gravine”;

- l’art. 1 della legge 8 agosto 1985, n. 431, aggiungendo all’art. 82 del d.P.R. 16 luglio 1977, n. 616 nove commi ha, a sua volta, assoggettato a vincolo paesaggistico ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 (e quindi a vincolo non temporaneo ma relativo, siccome rimovibile nell’esercizio dei poteri di cui all’art. 7 della legge n. 1497/1939) una serie di beni, individuati per categorie, tra i quali, alla lettera c) “i fiumi, i torrenti ed i corsi d’acqua iscritti negli elenchi di cui al testo unico delle disposizioni sulle acque ed impianti elettrici…e le relative sponde o piede degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna”;

- l’art. 1 della l.r. 11 maggio 1980, n. 30, ha a sua volta previsto che sino all’approvazione del piano urbanistico territoriale tematico con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali previsto dall’art. 1 bis della legge n. 431/1985, “…è vietata ogni modificazione dell’assetto del territorio nonché qualsiasi opera edilizia…” in alcune aree, tra cui quelle di cui alla lettera c, costituite dai “territori compresi nella fascia di 200 metri dal piede degli argini dei fiumi, torrenti e corsi d’acqua classificati pubblici…nonché dal ciglio più elevato delle gravine o lame”, precisando che “i torrenti, i corsi d’acqua, le gravine o lame di cui al presente articolo saranno individuati con decreto del Presidente della Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, da emanare entro 120 giorni dalla data di pubblicazione della presente legge”.

1.3) Orbene, il rapporto tra i due ordini di fonti normative, statale e regionale è già stato oggetto di più diffusa analisi da parte di questo Tribunale (cfr. sentenza 15.3.1999, n. 111), che ha evidenziato come:

- la legge regionale 31 maggio 1980, n. 56 costituisce estrinsecazione di competenza legislativa regionale diretta e concorrente, posto che il d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 aveva trasferito (e non semplicemente delegato) alle regioni le attribuzioni relative ai piani territoriali di coordinamento ex art. 5 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e ai piani territoriali paesistici di cui all’art. 5 della legge 29 giugno 1939, n. 1497; trasferimento tenuto fermo dall’art. 136 del d.P.R. 16 luglio 1977, n. 616;

- nell’ambito della sua competenza diretta e concorrente, la Regione Puglia, con la l.r. n. 56/1980, ha unificato nel cosiddetto piano urbanistico territoriale (P.U.T.) le funzioni pianificatorie proprie dei due strumenti innanzi citati (piano territoriale di coordinamento e piano territoriale paesistico), salva la previsione di piani “stralcio”, denominati piani urbanistici territoriali tematici (P.U.T.T.), organizzati “…per temi…in funzione degli interessi regionali singolarmente considerati”;

- pertanto, i divieti temporanei assoluti di edificazione di cui all’art. 51, nel quadro delle finalità come desumibili dalla intitolazione della disposizione (“limitazioni delle previsioni insediative fino all’entrata in vigore dei piani territoriali”) e dell’espresso collegamento della loro efficacia “…sino all’entrata in vigore dei piani territoriali…”, integrano una normativa transitoria di salvaguardia intesa a preservare il territorio regionale da modificazioni potenzialmente incidenti in senso negativo sul conseguimento delle finalità proprie del P.U.T. o dei P.U.T.T.;

- in definitiva, tali divieti introducono una misura di salvaguardia attuata mediante vincoli temporanei di inedificabilità assoluta “…di natura e carattere urbanistico, ancorché ad effetti (indiretti) di tutela paesistica e lato sensu ambientale”;

- al contrario l’art. 1 della legge n. 431/1985 ha introdotto vincoli stricto sensu paesistici, per categorie di beni, recuperando in parte quelli omologhi introdotti dal d.m. 21 settembre 1984 (c.d. decreto Galasso) e aggiungendone ulteriori; e con l’art. 1 bis, nel prevedere l’obbligo delle regioni di sottoporre le suddette categorie di beni a “…specifica normativa d’uso e di valorizzazione ambientale…mediante la redazione di piani paesistici o di piani urbanistico territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali…” ha riconosciuto la possibile “confluenza” delle finalità di tutela del piano paesistico nel piano urbanistico territoriale; confluenza che, per la Regione Puglia, era stata già individuata e assicurata dalla previsione del P.U.T. e dei P.U.T.T.;

- con la legge regionale 11 maggio 1990, n. 30, in luogo della specifica individuazione di aree da sottoporre a vincolo temporaneo assoluto di inedificabilità, come prevista dall’art. 1 ter nel quadro dei poteri di salvaguardia commessi alle regioni in correlazione alle more dell’adozione dei piani paesistici o urbanistico-territoriali di cui all’art. 1 bis, la Regione Puglia ha provveduto a individuare categorie di beni assoggettati a divieto temporaneo assoluto di edificazione “fino all’approvazione, ai sensi della legge regionale 31 maggio 1980, n. 56, del P.U.T.T. del ‘Paesaggio e dei beni ambientali’ quale piano paesistico territoriale, con specifica considerazione dei valori paesaggistici ed ambientali, previsto dall’art. 1 bis della legge 8 agosto 1985, n. 431 e dei relativi piani paesistici delle diverse aree subregionali individuate dal P.U.T.T.”;

- peraltro, l’efficacia temporale dei vincoli ex art. 1 della l.r. n. 30/1990 era stata connessa (a fini acceleratori del perfezionamento dell’approvazione del P.U.T.T.) a termine temporale più volte prorogato (da ultimo, per quanto qui interessa, dall’art. 12 della l.r. 4 maggio 1999, n. 17, sino al 31.12.1999, e quindi, con l’art. 43 della l.r. 12 aprile 2000, n. 9, sino al 31.12.2000);

- in effetti, anche la nuova normativa di salvaguardia di cui alla l.r. n. 30/1990 introduce vincoli di natura urbanistica ad effetti indiretti di protezione ambientale, siccome essa pure ricollegata alla preservazione del territorio regionale da modificazioni incidenti in senso negativo sulle finalità del P.U.T.T., in piena analogia con quanto osservato a proposito dell’art. 51 della legge regionale n. 56/1980.

1.4) Ciò posto, e come già osservato amplius nella sentenza n. 111/1999, deve recisamente escludersi che l’art. 1 della legge statale n. 431/1985 possa dispiegare efficacia abrogativa nei confronti dell’art. 51 della l.r. n. 56/1980 sia per la diversità dell’oggetto delle due fonti normative (la prima concerne vincoli paesistici, la seconda vincoli urbanistici), sia per la originaria e piena conformità della seconda alle finalità di salvaguardia perseguite dall’art. 1 ter della legge n. 431/1985, sia perché essa non introduce, a regime, un vincolo assoluto di inedificabilità, sebbene un vincolo temporaneo quale misura di salvaguardia; in definitiva difetta il contrasto richiesto dall’art. 10 comma primo della legge n. 62/1953 ai fini dell’effetto abrogativo per incompatibilità tra preesistente disciplina legislativa regionale e sopravvenuta disciplina legislativa statale, stante la radicale diversità delle due tipologie di vincoli, quanto al loro oggetto, natura e finalità.

1.5) Ciò posto, e osservato che i rilievi che precedono, ed in particolare quelli sub 1.4), escludono la fondatezza delle censure di cui al secondo motivo di ricorso, e quindi anche la pertinenza e rilevanza del primo motivo (posto che l’inapplicabilità del vincolo ex art. 82 comma quinto lett. c) potrebbe assumere rilievo soltanto ove si ammettesse l’abrogazione del vincolo di cui all’art. 51 lett. h) della l.r. n. 56/1980), deve focalizzarsi il rapporto tra le norme di salvaguardia ex art. 51 e quelle di cui all’art. 1 della legge n. 30/1990.

1.6) In prima approssimazione, non può negarsi che, di principio, l’art. 1 della l.r. n. 30/1990 si sovrapponga alla disciplina di salvaguardia di cui all’art. 51 della l.r. n. 56/1980; epperò occorre riflettere sulla circostanza che l’effetto pienamente “novativo” attiene propriamente soltanto ai nuovi vincoli di cui alle lettere e, f, g (zone umide, zone di interesse archeologico, parchi e riserve regionali o comunali e relativa fascia di protezione), laddove quelli di cui alle lettere a, b, c e d ripropongono, con circoscritte modifiche, quelli già enumerati dall’art. 51 lett. f) ed h).

In particolare, per quanto qui interessa, mentre sono pressoché sovrapponibili i vincoli relativi alle zone costiere, il legislatore regionale del 1990 ha differenziato il regime relativo ai laghi (estendendo la fascia di inedificabilità a 300 ml e quindi “parificandola” a quella dei territori costieri) da quello dei fiumi (200 ml) e analoga fascia di 200 ml ha posto a protezione dei torrenti e corsi d’acqua pubblici, precisando altresì che il vincolo di inedificabilità relativo alle gravine (sempre per la fascia di 200 metri), già previsto dall’art. 51 lett. h) riguarda anche le “lame”.

Tali modifiche si riconnettono, con ogni evidenza, all’esigenza di dettagliare le previsioni di salvaguardia in funzione delle categorie enumerate dall’art. 82 del d.P.R. n. 616/1977, nel testo modificato dall’art. 1 della legge n. 431/1985, nonché alle finalità, innanzi rilevate, di perseguire per ampie categorie di beni, anziché mediante individuazione di singoli oggetti, le finalità di cui all’art. 1 ter della legge n. 431/1985.

In altri termini, il legislatore regionale, nell’ambito della richiamata potestà legislativa diretta e concorrente, ha scelto di corrispondere alle finalità di protezione enunciate dall’art. 1 ter non già mediante indicazione puntuale di singole aree, rientranti nelle categorie ex art. 82 d.P.R. 616/1977, bensì con più ampia e penetrante individuazione di categorie generali di beni, quali porzioni di territorio contraddistinte da caratteri enunciati in via generale ed astratta.

1.7) Posto che è del tutto evidente la ispirazione dell’art. 1 al “modello” di cui all’art. 82 (introduzione di vincoli di inedificabilità per categorie di beni), deve quindi già revocarsi in dubbio, in prima approssimazione, che la successiva specificazione della individuazione puntuale di torrenti, corsi d’acqua, gravine e lame in via amministrativa (mediante d.P.G.R.) assuma il significato, assegnatole dai ricorrenti e opinato dall’Assessore regionale all’urbanistica, di condicio juris di efficacia del vincolo ex art. 1 lett. c).

E ciò perché, nel “modello” dell’art. 82, in combinazione con le previsioni di cui all’art. 1 quater della legge n. 431/1985, il vincolo opera immediatamente, salva la sua rimozione ad opera delle regioni mediante la redazione e pubblicazione dell’elenco dei corsi d’acqua di cui si rilevi la “…irrilevanza ai fini paesaggistici…” (e salva la facoltà dell’Autorità Ministeriale di confermare il vincolo con provvedimento motivato).

In altri termini, in funzione di un’interpretazione teleologica, che garantisca la cogenza ed effettività del vincolo (altrimenti vanificata siccome rimessa all’adozione di un provvedimento amministrativo generale assoggettato a termine ordinatorio e in difetto di ogni meccanismo sostitutivo atto a garantire l’esercizio del potere di individuazione ex art. 1 lett. c) della l.r. n. 30/1990), può senz’altro opinarsi che, in conformità del modello dianzi richiamato, il vincolo temporaneo assoluto di inedificabilità sia senz’altro immediatamente efficace, salva la sua rimozione in quanto la singola area non risulti inclusa nella individuazione da operarsi col d.P.G.R.

1.8) Ma vi è di più. Poiché le gravine risultavano già oggetto di tutela nell’art. 51 lett. h) della l.r. n. 56/1980, deve comunque ritenersi che l’effetto abrogativo della previgente disciplina di salvaguardia ad opera dell’art. 1 lett. c) della l.r. n. 30/1990, sempre in funzione dell’ineludibile esigenza di un’interpretazione che salvaguardi finalità di tutela altrimenti del tutto vanificate, e nella prospettiva di una interpretazione costituzionalmente adeguata, rimanga sospeso sino all’emanazione del d.P.G.R.

1.9) Né può omettersi di evidenziare, da ultimo, che l’art. 162 del d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 420 (recante il testo unico delle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell’articolo 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352) ha espressamente escluso il rilascio dell’autorizzazione ex art. 151 (e cioè del nullaosta paesistico) per i beni individuati a norma dell’art. 1 ter della legge n. 431/1985 (oltre che per quelli oggetto di provvedimenti ex art. 1 quinques) “fino all’approvazione dei piani previsti dall’art. 149…” (ovvero dei piani territoriali paesistici già previsti dall’art. 1 bis della legge n. 431/1885).

E poiché, secondo quando già rilevato, la l.r. n. 30/1990 ha dettato disposizioni intese alle finalità di salvaguardia di cui all’art. 1 ter, deve ritenersi che l’art. 162 d.lgs. n. 490/1999, con autonoma misura di salvaguardia, escluda comunque per i suddetti beni il rilascio di autorizzazioni e quindi l’attuale edificabilità sino all’approvazione dei ridetti piani (nella Regione Puglia del P.U.T.T.), dalla data della sua entrata in vigore (11.1.2000, decorsa l’ordinaria vacatio legis dalla pubblicazione del d.lgs. n. 490/1999, avvenuta sulla G.U. n. 229/L del 27.12.1999).

1.10) Alla luce dei rilievi che precedono, risultano quindi infondate anche le censure svolte nel terzo motivo del ricorso.

2.) In conclusione, devono respingersi tanto la domanda di annullamento, quanto la cumulativa domanda risarcitoria; quanto a quest’ultima non può prescindersi, secondo quanto prospettato nella memoria difensiva depositata il 23.9.1990, ancorché in modo vago ed ellittico, dalla illegittimità del diniego, posto che il risarcimento del danno per lesione di interesse legittimo pretensivo deve sempre rapportarsi, secondo l’orientamento di questo Tribunale (cfr. sentenza 17.1.2000, n. 169, nonché 1.10.1999, n. 580), all’interesse finale al bene della vita, e quindi non può prescindere dall’accertamento della esistenza di quest’ultimo e dalla correlativa fondatezza dell’azione impugnatoria, esclusa nel caso di specie per i rilievi che precedono.

3.) Non vi è luogo a provvedere in ordine alle spese del giudizio in favore dell’Amministrazione comunale intimata, siccome non costituita in giudizio. 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sede di Bari – Sezione II, rigetta il ricorso in epigrafe n. 264 del 2000 e dichiara non luogo a provvedere in ordine alle spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Bari nella Camera di Consiglio del 29 settembre 2000, con l’intervento dei magistrati:

Michele PERRELLI Presidente                            

Pietro  MOREA Componente

Leonardo SPAGNOLETTI Componente Est.

Pubblicata il 26 ottobre 2000.

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