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TAR PUGLIA-BARI, SEZ. II - Sentenza 17 gennaio 2000, n. 169 - Pres. Corasaniti, Est. Spagnoletti - Carbonara (Avv. Valla) e altri c. Comune di Bitetto (Avv. Caputi Jambrenghi)

Il diritto al risarcimento del danno in materia di interessi pretensivi deve senz’altro ammettersi qualora l’attività amministrativa rinnovatoria si connoti in termini tali da escludere ogni ulteriore apprezzamento discrezionale perché residui un potere essenzialmente vincolato, ancorché nei termini indicati dal contenuto conformativo della statuizione giurisdizionale di annullamento, mentre non può riconoscersi nell’ipotesi in cui residui un margine di apprezzamento discrezionale tale da configurare come mera evenienza l’emanazione del provvedimento ampliativo.

Ai fini della domanda risarcitoria per lesione di interessi legittimi pretensivi la prova del danno se riferita al rapporto causale tra emanazione dell’atto e lesione dell’interesse finale è per dir così in re ipsa, non essendo revocabile in dubbio che sia proprio l’atto negativo il diaframma ostativo alla realizzazione (o conseguimento) del bene della vita; se invece rapportata alla misura del danno, postula semmai un’onere di precisazione ed allegazione del tipo di pregiudizio, anch’esso peraltro intuitivamente correlato alla situazione giuridica finale (maggiori oneri ricollegati alla mancata o ritardata emanazione del provvedimento ampliativo; perdita di chances di utilizzazione economica del bene della vita), non anche quello di una puntuale indicazione della sua entità patrimoniale, ai cui fini, secondo le disposizioni del d.lgs. n. 80/1998, sono esperibili i mezzi offerti dal codice processuale comune (consulenza tecnica d’ufficio).

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Sede di Bari - Sezione II 

ha pronunciato la seguente 

SENTENZA

sui ricorsi riuniti nn. 2122/1998 e 2888/1998 proposti da

Giuseppe CARBONARA, Francesca CARBONARA, Tommaso CARBONARA e Anna Maddalena TROCCOLI, tutti rappresentati e difesi  dall’avv. Giacomo Valla e presso lo studio di questi elettivamente domiciliati in Bari alla via Marchese di Montrone n. 11, per mandato a margine di ciascun ricorso;

CONTRO

il COMUNE di BITETTO, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dal prof. avv. Vincenzo Caputi Jambrenghi e presso lo studio di questi elettivamente domiciliato in Bari, alla via Abate Eustasio n. 5, per mandato a margine dei rispettivi controricorsi;

per l’annullamento

quanto al ricorso n. 2122/1998:

della determinazione del Dirigente dell’Ufficio tecnico comunale di Bitetto di cui alle note nn. 4037/98 di prot. del 18.6.1998 e 55375 di prot. del 23.6.1998, e dei presupposti pareri della Commissione edilizia comunale, recanti diniego d’approvazione di un piano urbanistico esecutivo presentato dai ricorrenti, e di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale

quanto al ricorso n. 2888/1998:

della deliberazione del Consiglio Comunale di Bitetto n. 54 del 26.10.1998, e di ogni altro atto presupposto, compresi i pareri ivi richiamati, recante diniego di approvazione di un piano urbanistico esecutivo presentato dai ricorrenti

 e per l’accertamento

del diritto dei ricorrenti al risarcimento del danno ingiusto cagionato ai ricorrenti dai provvedimenti impugnati e dai comportamenti inerenti al diniego di approvazione dello strumento urbanistico attuativo

Visti i ricorsi in epigrafe con i relativi allegati;

Visti  gli atti di costituzione in giudizio dell’Amministrazione comunale intimata;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, alla pubblica udienza del 28 ottobre 1999, il  dott. Leonardo Spagnoletti e uditi l’avv. Giacomo Valla per i ricorrenti e  l’avv. Francesco Muscatello, in sostituzione del prof. avv. Vincenzo Caputi Jambrenghi,  per l’Amministrazione comunale intimata;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

F A T T O

I ricorrenti sono proprietari di suolo ubicato in Bitetto tra le vie S. D’Acquisto, Piccininni e 3 settembre 1860, confinante con c.d. vicolo o strada Oberdan che lo delimita a nord con muro cieco, tipizzato come zona B2 di completamento.

Per le zone B2 le N.T.A. del P.R.G. consentono l’intervento diretto oppure, per le aree libere superiori a 600 mq. e/o ai fini dell’utilizzazione di i.f. più alto (pari a 6 mc/mq, anziché quello “ordinario” di 4 mc/mq) la presentazione di un c.d. piano urbanistico esecutivo (P.U.E.) per gli interventi di adeguamento o ristrutturazione urbanistica (artt.  2.19 e 2.21).

Con deliberazione di Consiglio Comunale n. 5 del 19.2.1998, “interpretando” la normativa tecnica, è stato precisato il concetto di unità minima di intervento e di unità edificata (nella maglia deve essere presente almeno un edificio di cui si chieda la conferma o la ristrutturazione edilizia o il completamento) e quello di “adeguamento urbanistico” (inteso come miglioramento delle opere urbanizzative primarie e/o secondarie con specifica destinazione d’uso e atto di asservimento e, comunque, con almeno la prescritta destinazione d’uso a parcheggio pubblico della fascia di metri 2 per tutto lo sviluppo del fronte a strada, o di uno dei fronti se l’area da edificare prospetta su due strade).

I ricorrenti hanno presentato un piano urbanistico esecutivo, poi rielaborato secondo le indicazioni dell’U.T.C., che prevede il rilascio di una fascia di suolo di metri 2 per i fronti su via D’Acquisto e via 3 settembre 1860 e l’allargamento di quest’ultima a metri 8.

Con le note dirigenziali in epigrafe meglio indicate (e dopo che il dirigente dell’U.T.C. avrebbe, secondo quanto riferito dai ricorrenti, informalmente sollecitato la cessione di altra porzione di suolo a confine col muro cieco che chiude via, vicolo o strada Oberdan, al fine di consentire l’apertura di una strada a servizio dei residenti negli edifici che prospettano sul medesimo) è stato espresso diniego di approvazione del P.U.E., su conforme parere della C.E.C., motivato nel senso che il piano “…non risponde agli artt. 2.19 e 2.21 N.T.A. e a quanto deliberato dal C.C. con la deliberazione n. 5/1998”.

Con ricorso notificato il 23.9.1998 e depositato in Segreteria il 30.9.1998, iscritto al n. 2122/1998 r.r., i ricorrenti hanno impugnato le note dirigenziali e il presupposto parere, deducendo le seguenti censure:

1) Incompetenza. Violazione dell’art. 32 della legge 142/1990 e dell’art. 21 della l.r. n. 56/1980, perché ogni determinazione relativa al P.U.E., piano urbanistico assimilabile ad un piano di lottizzazione (secondo la definizione dell’art. 2.19 ultimo comma delle N.T.A.), rientra nella sfera di attribuzioni del Consiglio Comunale.

2) Eccesso di potere per difetto di motivazione, sviamento e difformità di trattamento. Violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990, perché la motivazione del diniego è del tutto generica, altro piano analogo è stato esaminato con esito favorevole pur prevedendo la cessione di una fascia di suolo per un solo fronte strada (anziché, come per il piano predisposto dai ricorrenti, di due fasce per due fronti strada con allargamento di una delle strade pubbliche), né si è fatto riferimento all’esigenza di ulteriore miglioramento mediante cessione di altra fascia.

3) Violazione e falsa applicazione degli artt. 2.19 e 2.21 N.T.A. e criteri interpretativi di cui alla deliberazione di C.C. n. 5/1998. Eccesso di potere per erroneità e travisamento dei presupposti, contraddittorietà e sviamento, perché le previsioni del piano presentato sono pienamente conformi alle prescrizioni delle citate disposizioni delle N.T.A., come interpretate in via autentica dal Consiglio Comunale, e comportano il miglioramento urbanistico ivi richiesto.

Con la deliberazione consiliare n. 54 del 26.10.1998 è stata nuovamente negata l’approvazione del P.U.E. presentato dai ricorrenti, col richiamo al parere della C.E.C. già posto a sostegno delle determinazioni dirigenziali e di parere del tecnico convenzionato imperniato sull’assenza di miglioramento urbanistico per “…la persistenza di viabilità cieca - via Oberdan”

Con ricorso notificato il 30.11.1998 e depositato in Segreteria l’1.12.1998, iscritto al n. 2888/1998 r.r., i ricorrenti hanno gravato anche l’atto deliberativo innanzi indicato, deducendo le seguenti censure:

1) Eccesso di potere per erroneità dei presupposti, difetto di motivazione e istruttoria, sviamento, perché il nuovo diniego è fondato sul falso presupposto che il vicolo cieco denominato “Oberdan” costituisca strada pubblica, laddove esso è strada privata al servizio degli edifici che ivi si affacciano, mai espropriata né destinata a uso pubblico, né prevista dallo strumento urbanistico generale, né potendo rilevare il suo inserimento nella toponomastica comunale e le relative deliberazioni consiliari nn. 11/1978 e 97/1988.

Poiché il detto vicolo non è strada pubblica, non sussiste interesse pubblico alcuno alla cessione della porzione di suolo con esso confinante, dovendosi semmai prima adottare apposita variante al P.R.G. e far luogo all’esproprio del suolo appartenente ai proprietari degli edifici che sulla medesima prospettano.

2) Eccesso di potere per difetto di motivazione e sviamento. Violazione dell’art. 10 l. n. 241/1990, in relazione alla generica e apodittica motivazione del parere della C.E.C. (già censurata nel precedente ricorso) e all’illegittima subordinazione dell’approvazione del P.U.E. alla cessione di una fascia di suolo per la realizzazione di strada pubblica non prevista, ai fini del raccordo del vicolo Oberdan con la via 3 settembre 1860, risolvendosi tale condizione in mero vantaggio dei privati proprietari degli edifici che affacciano sul vicolo, né essendosi data carico la deliberazione impugnata di esaminare le ragioni prospettate dai ricorrenti in memoria presentata ai sensi dell’art. 10 della legge n. 241/1990.

3) Violazione e falsa applicazione degli artt. 2.19 e 2.21 N.T.A. e criteri interpretativi di cui alla deliberazione consiliare n. 5/1998. Eccesso di potere per erroneità e travisamento, contraddittorietà, sviamento, si ribadiscono le censure svolte nel terzo motivo del ricorso n. 2122/1998.

Costituitasi in giudizio, l’Amministrazione comunale intimata, con i controricorsi e con memorie difensive depositate il 16.10.1999, ha dedotto a sua volta:

a) l’inammissibilità del ricorso n. 2122/1998, originaria (perché rivolto avverso atti di mera comunicazione e/o endoprocedimentali) e sopravvenuta (in funzione dell’adozione delle determinazioni del competente organo consiliare);

b) l’infondatezza di entrambi i ricorsi perché: il vicolo Oberdan è comunque assoggettato a servitù di uso pubblico, onde non rileva il profilo della sua titolarità, né l’assenza di variante al P.R.G., comunque integrabile dall’approvazione di un qualsivoglia progetto inteso a modificare la viabilità; le censure in ordine alla “sufficienza” del miglioramento urbanistico proposto dai ricorrenti e alla evidenziata disparità di trattamento impingono nel merito dell’azione amministrativa che si rapporta ad un concetto elastico, onde non può rilevare che il piano presentato appaia conforme alla indicazione esemplificativa contenuta nella deliberazione consiliare n. 5/1998 (peraltro nemmeno impugnata); l’infondatezza della domanda risarcitoria, sia in relazione alla natura della posizione giuridica asseritamente lesa (interesse di natura pretensiva), ed alla consequenziale residua sfera di discrezionalità conseguente all’annullamento del diniego, sia in ragione della carente prova del danno allegato (non essendo stata nemmeno richiesta apposita c.t.u.); danno che, in ogni caso, andrebbe circoscritto alle conseguenze patrimoniali del ritardo nell’edificazione della differenza volumetrica tra intervento diretto (4 mc/mq) e maggiori volumi realizzabili col piano urbanistico esecutivo (6 mc/mq).

Con memoria difensiva depositata il 18.10.1999, i ricorrenti, ribadita la natura privata del vicolo Oberdan e l’assenza di previsioni urbanistiche in ordine alla realizzazione della modifica viaria sollecitata nel parere del tecnico convenzionato richiamato nella deliberazione consiliare n. 54/1998, hanno insistito per l’accoglimento del ricorso e della domanda risarcitoria, con istanza di nomina di C.T.U. per la quantificazione del danno.

All’udienza pubblica del 28 ottobre 1999, infine, il ricorso è stato discusso e riservato per la decisione.

D I R I T T O

1.) Il Tribunale, in limine, ritiene opportuno disporre la riunione dei ricorsi in epigrafe, stante la loro evidente connessione oggettiva e soggettiva.

2.) Sempre in via preliminare, deve rilevarsi e dichiararsi l’improcedibilità sopravvenuta del ricorso n. 2122/1998 siccome rivolto avverso precedenti atti, aventi sostanziale contenuto di diniego (non essendo in essi contenuta alcuna indicazione e/o riserva circa la sottoposizione del piano urbanistico esecutivo presentato dai ricorrenti al competente organo consiliare), posto che i medesimi sono superati dalla successiva deliberazione di Consiglio Comunale n. 54 del 26.10.1998, reiterativa del diniego in base a motivazione parzialmente nuova (con riguardo al richiamo del parere, ivi trasfuso, del tecnico convenzionato), sulla quale, in definitiva, si concentra l’interesse dei ricorrenti all’annullamento del diniego in funzione della favorevole considerazione e dell’approvazione del piano urbanistico esecutivo.

3.) Nel merito, il ricorso n. 2888/1998 è fondato con riguardo alla domanda di annullamento della citata deliberazione consiliare n. 54/1998 e dei pareri in essa richiamati, nei quali si compendia la motivazione del diniego di approvazione del piano urbanistico esecutivo, mentre risulta infondato con riferimento alla domanda risarcitoria proposta.

3.1)  Come già anticipato nella narrativa in fatto, le N.T.A. del P.R.G. di Bitetto dettano una disciplina generale per le zone B (art. 2.19) ed una specifica per le zone B1 (art. 2.20) e B2 (art. 2.21).

In particolare, l’art. 2.19 consente nelle zone B l’edificazione mediante “intervento edilizio diretto” (concessione o autorizzazione edilizia) o “intervento urbanistico esecutivo” che è “…prescritto nei casi di 1. aree libere di superficie fondiaria superiore a 600 mq; 2. interventi di adeguamento e ristrutturazione urbanistica…in conformità degli artt. 18 – 28 della legge Regione Puglia 31.5.1980 n. 56” (e quindi con strumento urbanistico esecutivo di iniziativa pubblica o privata sostanzialmente assimilato ad un piano particolareggiato o di lottizzazione, come chiarito dal successivo esplicito richiamo di cui all’art. 2.20 per gli interventi di ristrutturazione urbanistica se estesi all’intera maglia di P.R.G. nelle zone B1 di interesse ambientale).

Per le zone B2, poi, l’art. 2.21 ribadisce l’alternativa tra intervento edilizio diretto e intervento urbanistico esecutivo, chiarendo che se esso riguarda adeguamento o ristrutturazione urbanistica di aree edificate perimetrate da strade esistenti oppure che concernano aree libere di superficie fondiaria superiore a 600 mq. vanno rispettati determinati parametri, distinti secondo che si tratti di aree libere o già edificate,  in ordine all’estensione dell’unità minima di intervento, all’indice di fabbricabilità fondiaria massima (stabilito in massimo 4 mc/mq per le aree libere e in massimo 6 mc/mq per le aree edificate, sempre che sia prevista la conferma o il restauro degli edifici esistenti), al rapporto di copertura, alle altezze, alle distanze dai confini e dai fabbricati.

Con la deliberazione di Consiglio Comunale n. 5 del 19.2.1998 -non gravata dai ricorrenti e dalla quale non può dunque prescindersi ai fini della valutazione della legittimità del provvedimento di diniego di approvazione del P.U.E. impugnato-, al fine di risolvere incertezze e dubbi in ordine all’applicazione delle disposizioni degli artt. 2.19 e 2.21 delle N.T.A., ne è stata fornita una dichiarata “interpretazione autentica”, chiarendosi, per quanto qui interessa, che:

- per ristrutturazione urbanistica deve intendersi quella “codificata” dall’art. 31 della legge n. 457/1978;  

- adeguamento urbanistico va considerato il “…miglioramento dell’esistente tessuto urbanistico-edilizio con vantaggio delle condizioni di fruibilità degli spazi pubblici, anche aumentandone la dotazione”;

- l’unità minima di intervento è l’area totale “…perimetrata da strade esistenti e/o di P.R.G. e/o da limiti di zonizzazione, prescindendo dai limiti di proprietà”, con obbligo di cessione della viabilità (recte: dei suoli destinati a viabilità secondo il P.R.G.), quale urbanizzazione primaria, a titolo non oneroso, da ritenere edificata qualora in essa “…sia presente almeno un edificio di cui si chiede la conferma o la ristrutturazione edilizia e/o il completamento”;

- l’indice di fabbricabilità fondiaria “massimo” di 6 mc/mq “…può essere applicato nei casi in cui il P.U.E. su area libera superiore a 600 mq. o su area edificata…preveda una ‘ristrutturazione urbanistica’ o un ‘adeguamento urbanistico’; in quest’ultimo caso il miglioramento delle urbanizzazioni primarie e/o secondarie con specifica destinazione d’uso e atto di asservimento (per es.: allargamento della sede stradale di almeno 2 metri di larghezza da destinarsi a parcheggio pubblico; miglioramento dell’assetto stradale con previsione di svincoli, di allargamenti, di raccordi carrabili e/o pedonali; di dotazione di verde pubblico; ecc…) e, comunque, sempre con almeno la prescritta destinazione d’uso della fascia di mt. 2 per tutto lo sviluppo del fronte a strada (o di uno dei fronti se l’area prospetta su due strade) a parcheggio pubblico con specifico atto di asservimento” (i corsivi sono dell’estensore).

Orbene, prescindendo dal profilo -del quale questo Tribunale non può darsi carico, in assenza di impugnativa della deliberazione consiliare- della effettiva “natura” dell’atto (se di mera interpretazione autentica o di integrazione e modifica delle N.T.A.); è evidente che l’approvazione dei P.U.E. per le aree libere di superficie superiore a 600 mq. o per le aree edificate che prevedano l’utilizzazione del più elevato (e massimo) i.f.f. pari a 6 mc/mq è subordinata ad una valutazione discrezionale in ordine alla “consistenza” e “qualità” dell’adeguamento urbanistico, le cui finalità sono individuate nel miglioramento delle urbanizzazioni primarie e/o secondarie, attraverso una casistica di tipo esemplificatorio (allargamento sedi stradali per almeno due metri, con correlativa cessione gratuita delle aree con atto di asservimento e vincolo di destinazione a parcheggio pubblico; miglioramento dell’assetto stradale; aumento della dotazione di verde pubblico) e con una condizione minima imprescindibile nel senso che il “minimum” inderogabile del miglioramento urbanistico deve consistere nella cessione di una fascia di m. 2 per tutto il fronte a strada o di uno dei due fronti se l’area prospetta su due strade, con atto di asservimento e vincolo di destinazione a parcheggio pubblico.

3.2) Alla stregua delle osservazioni che precedono, dunque, mentre risultano condivisibili le doglianze svolte nel primo motivo, non sono invece fondate le  residuali censure svolte nel  secondo e nel terzo motivo di ricorso.

3.2.1) Come già evidenziato sub 3.1), gli artt. 2.19 e 2.21 delle N.T.A. del P.R.G., nella “interpretazione autentica” fornitane della deliberazione consiliare n. 5/1998, assegnano all’Amministrazione comunale un apprezzabile margine di discrezionalità in ordine alla valutazione di merito della “consistenza” e “qualità” dell’adeguamento urbanistico, inteso come “miglioramento urbanistico” sotto il profilo delle urbanizzazioni primarie e secondarie, salva una condizione minima riferita alla cessione, con vincolo di destinazione a parcheggio pubblico ed atto di asservimento, di una fascia di suolo non inferiore a 2 metri per tutto lo sviluppo lineare del fronte a strada del lotto interessato (o di uno dei due fronti se l’area prospetta su due strade).

Trattandosi di condizione minima, non è di certo precluso all’Amministrazione comunale di individuare condizioni ulteriori e supplementari alle quali subordinare l’approvazione dello strumento urbanistico esecutivo in funzione di specifiche esigenze di “miglioramento urbanistico” correlate all’assetto particolare della zona, naturalmente entro i limiti della pertinenza e razionalità delle medesime condizioni; onde non può negarsi in astratto, che, ad esempio, come nel caso di specie, sia richiesta la cessione di ulteriori aree finalizzate alla modifica della rete viaria, con il collegamento di strade.

Epperò, come esattamente dedotto dai ricorrenti nel primo motivo, tali condizioni “aggiuntive” non possono prescindere e devono trovare positivo riscontro in effettive e puntuali previsioni dello strumento urbanistico generale, o, se questo nulla disponga, nella previa adozione di una variante, non potendosi pretendere la cessione di aree, e ad essa subordinare l’approvazione dello strumento esecutivo, se la soluzione “viaria” in funzione della quale si ritiene inverato il miglioramento urbanistico non trovi rispondenza nelle indicazioni del P.R.G., e quindi in un interesse pubblico urbanistico concreto, attuale ed effettivo.

Alla luce delle considerazioni che precedono, non assume pertanto alcun rilievo la vexata questio in ordine al regime di “appartenenza” della strada, via o vicolo Oberdan, essendo sufficiente la constatazione che può ritenersi incontestata, alla stregua delle deduzioni difensive dell’Amministrazione comunale e della documentazione versata in atti, l’assenza di specifiche previsioni di P.R.G. (e/o anche soltanto di progetti approvati in variante al P.R.G.) che prevedano il collegamento della detta strada alla via 3 settembre 1860.

3.2.2-3) Non sono invece fondate le censure residuali di cui al secondo e terzo motivo perché:

- per un verso il diniego di approvazione del P.U.E. è chiaramente (ed ancorché illegittimamente) motivato, col richiamo al parere della C.E.C. e il riferimento al parere del tecnico convenzionato, con riguardo alla rilevanza assegnata alla mancata cessione di ulteriore fascia di suolo finalizzata al collegamento della via, strada o vicolo Oberdan con la via 3 settembre 1860;   - risulta mera illazione priva di riscontro probatorio il dedotto intento sviato di avvantaggiare i proprietari degli edifici che prospettano sulla via, strada o vicolo Oberdan;

-  nessun rilievo assorbente può assumere, ex se, la conformità del P.U.E. alla condizione “minima” stabilita dall’art. 2.21 delle N.T.A., non essendo precluso, come osservato supra, all’Amministrazione comunale di subordinare l’approvazione dello strumento urbanistico esecutivo ad ulteriori condizioni “aggiuntive” di miglioramento urbanistico.

E’ peraltro ovvio che, se e finché la soluzione viaria del collegamento tra la strada, via o vicolo Oberdan e la via 3 settembre 1860 non trovi puntuale riscontro in previsioni attuali dello strumento urbanistico generale, tale condizione “aggiuntiva” di miglioramento fondiario (unica individuata dall’Amministrazione comunale nella deliberazione gravata) non potrà essere opposta all’approvazione del P.U.E. presentato dai ricorrenti.

3.3) In conclusione, quanto alla domanda di annullamento, la deliberazione consiliare n. 54 del 26.10.1998 ed i pareri in essa richiamati devono essere annullati, salvi i provvedimenti ulteriori dell’Amministrazione in ordine al riesame dello strumento urbanistico esecutivo di iniziativa privata presentato dai ricorrenti.

4.) All’opposto è infondata e deve essere rigettata la domanda risarcitoria.

Infatti, l’effettività e consistenza del danno patrimoniale in materia di interessi legittimi pretensivi non può non misurarsi sullo spazio residuale di potere amministrativo conseguente all’annullamento dell’atto illegittimo, secondo che, a seguito dell’annullamento, l’accoglimento dell’istanza del privato si configuri essenzialmente come atto dovuto e vincolato -come accade, per solito, in tema di diniego di concessione edilizia- oppure permangano profili di riesame della situazione giuridica in funzione di un doveroso rinnovato apprezzamento e contemperamento dell’interesse del privato e di quelli pubblici, primario e secondario.

Mentre per gli interessi legittimi oppositivi gli effetti pregiudizievoli ulteriori non eliminabili col semplice annullamento del provvedimento amministrativo, sono chiaramente enucleabili e riferibili alla temporanea perdita della situazione giuridica soggettiva di vantaggio che riemerge, e sono agevolmente misurabili, ai fini della liquidazione del danno, nei consueti termini del danno emergente e del lucro cessante; nel caso di interessi pretensivi all’annullamento consegue un obbligo di conformazione dell’attività amministrativa che conserva, pur sempre, spazi e margini di discrezionalità (salva l’ipotesi già segnalata del diniego di concessione edilizia).

Poiché il danno non si identifica nella mera circostanza dell’adozione del provvedimento impugnato, che ne costituisce fatto causativo, e va rapportato all’interesse finale (o interesse al bene della vita, per riprendere la felice espressione della Suprema Corte nella nota decisione delle SS.UU. Civili 22.7.1999, n. 500), la sua sussistenza postula l’accertamento in ordine agli esiti dell’attività amministrativa rinnovatoria conseguente all’annullamento dell’atto, e può riconoscersi soltanto se essa potrà condurre in concreto e non già in astratto, in funzione dell’ambito di discrezionalità residua, all’emanazione del provvedimento ampliativo richiesto.

Soltanto in tale evenienza, sarà possibile enucleare, essenzialmente nella perdita di chances, un profilo di danno risarcibile.

Ma quando, come nel caso di specie, residui una sfera di discrezionalità che non configuri l’emanazione dell’atto ampliativo come conseguenza ineluttabile dell’annullamento, non può darsi ingresso ad una domanda risarcitoria che finirebbe per correlarsi alla mera lesione formale dell’interesse legittimo e non anche alla accertata lesione dell’interesse finale, che in ipotesi potrebbe anche non verificarsi ove l’Amministrazione adottasse nuovo provvedimento legittimo, satisfattivo o meno, emendato dai vizi formali e/o sostanziali.

In altri e più chiari termini, il diritto al risarcimento del danno in materia di interessi pretensivi deve senz’altro ammettersi qualora l’attività amministrativa rinnovatoria si connoti in termini tali da escludere ogni ulteriore apprezzamento discrezionale perché residui un potere essenzialmente vincolato (come si verificherebbe nel caso di specie ove l’Amministrazione comunale dovesse arrestarsi alla constatazione dell’esistenza della condizione “minima” del miglioramento urbanistico), ancorché nei termini indicati dal contenuto conformativo della statuizione giurisdizionale di annullamento; mentre non può riconoscersi nell’ipotesi in cui residui un margine di apprezzamento discrezionale tale da configurare come mera evenienza l’emanazione del provvedimento ampliativo.

Non appare invece condivisibile la pur suggestiva prospettazione, pur condivisa nei primi orientamenti giurisprudenziali, in ordine alla prova del danno, posto che essa -se riferita al rapporto causale tra emanazione dell’atto denegativo e lesione dell’interesse finale- è per dir così in re ipsa, non essendo revocabile in dubbio che sia proprio l’atto negativo il diaframma ostativo alla realizzazione (o conseguimento) del bene della vita; se invece rapportata alla misura del danno, postula semmai un’onere di precisazione ed allegazione del tipo di pregiudizio, anch’esso peraltro intuitivamente correlato alla situazione giuridica finale (maggiori oneri ricollegati alla mancata o ritardata emanazione del provvedimento ampliativo; perdita di chances di utilizzazione economica del bene della vita), non anche quello di una puntuale indicazione della sua entità patrimoniale, ai cui fini, secondo le disposizioni del d.lgs. n. 80/1998, sono esperibili i mezzi offerti dal codice processuale comune (consulenza tecnica d’ufficio).

Alla stregua delle osservazioni che precedono, la domanda risarcitoria deve essere pertanto respinta.

5.) In relazione alla relativa novità delle questioni esegetiche affrontate, sussistono, nondimeno, giuste ragioni per dichiarare interamente compensate, tra le parti costituite, le spese ed onorari del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sede di Bari - Sezione II, così provvede in ordine ai ricorsi riuniti nn. 2122/1998 e 2888/1998:

1) dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse il ricorso n. 2122/1988;

2) accoglie il ricorso n. 2888/1998, limitatamente alla domanda impugnatoria, e per l’effetto annulla la deliberazione di Consiglio Comunale n. 54 del 26.10.1988, e i presupposti pareri in essa richiamati, salvi i provvedimenti ulteriori dell’Amministrazione comunale;

3) rigetta il ricorso n. 2888/1998 per la parte riferita alla domanda risarcitoria proposta;

4) dichiara interamente compensate, tra le parti, le spese ed onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso in Bari nella Camera di Consiglio del 25 novembre 1999, con l’intervento dei magistrati:

Saverio CORASANITI Presidente  

Vito MANGIALARDI Componente

Leonardo SPAGNOLETTI Componente Est.

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