TAR PUGLIA-BARI, SEZ. II - Sentenza 6 dicembre 2000 n. 4622 – Pres. Perrelli, Est. Spagnoletti – Ligorio (Avv. Campanella) c. Comune di Putignano (n.c.).
Pubblico impiego – Dipendenti enti locali – Personale straordinario - Tenuto in servizio per un periodo di tempo, anche discontinuo, complessivamente superiore a 90 giorni nell’anno solare – Divieto previsto dall’art. 5 del d.l. 10 novembre 1978, n. 702 – Effetti – Nullità del rapporto di lavoro ed applicabilità del solo art. 2126 cod. civ. – Fattispecie.
I rapporti d’impiego instaurati dagli enti locali in violazione dell’art. 5, comma 21°, del d.l. 10 novembre 1978, n. 702 sono nulli di diritto e danno luogo a responsabilità degli amministratori ed anche dei segretari e dei ragionieri che abbiano firmato mandati di pagamento non coperti da atti validi (1), col solo temperamento dell’applicabilità dell’art. 2126 cod. civ. il quale, com’è noto, dispone che "la nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto di lavoro ha avuto esecuzione, salvo che la nullità derivi dall’illiceità dell’oggetto o della causa".
Come chiarito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (dec. n. 5 del 5.3.1992), anche sulla scorta delle puntualizzazioni della Consulta (cfr. Corte Cost. 14-19.6.1990, n. 296), la nullità comminata dall’art. 5 della legge n. 3/1979 non è riconducibile a fattispecie di nullità dell’oggetto o della causa del rapporto di lavoro, quanto alla prima per intuitive ragioni e quanto alla seconda perché essa va identificata in ipotesi tipiche di causa illecita, quali la contrarietà all’ordine pubblico e/o al buon costume, con la conseguenza, appunto, dell’applicabilità della disciplina dell’art. 2126 cod. civ.
Del tutto legittimamente, pertanto, una Amministrazione comunale ha rifiutato una ulteriore illegittima prosecuzione del rapporto di impiego non di ruolo nullo ope legis instaurato in violazione dell’art. 5 cit.; risultando nella specie inapplicabile una disposizione contenuta nel regolamento organico comunale in ordine al trattenimento in servizio, a domanda, sino al conseguimento del diritto a pensione e comunque non oltre il settantesimo anno per gli impiegati e il sessantacinquesimo per i salariati.
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(1) Cfr. tra le tante Cons. Stato, Ad. Plen., 5.3.1992, n. 5; id., Sez. V, 13.3.2000, n. 1300.
per l’annullamento
della deliberazione di Giunta Municipale n. 642 del 12.10.1995 recante diniego di trattenimento in servizio della ricorrente e conferma della cessazione dal servizio alla data del 31.10.1995; e di ogni altro provvedimento, anche non noto, comunque connesso, preordinato o conseguente
e per l’accertamento
del diritto della ricorrente al trattenimento in servizio sino alla maturazione del diritto a pensione
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 26 ottobre 2000, il dott. Leonardo Spagnoletti e udito l’avv. Giovanni Campanella per la ricorrente;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
F A T T O
Con ricorso notificato il 13.12.1995 e depositato in Segreteria il 9.1.1996, Grazia Logorio ha proposto le cumulative domande di annullamento e accertamento in epigrafe meglio specificate.
Giova premettere che:
- la ricorrente è stata assunta dal Comune di Putignano quale collaboratrice domestica (4^ q.f.) dapprima a termine (sino al 9.6.1980) e quindi con contratti d’opera (sino al 31.12.1986);
- dall’1.1.1987 il rapporto è stato trasformato da locatio operis a rapporto di lavoro dipendente con proroghe annuali, a seguito di verbale redatto dall’Ispettorato del lavoro;
- con deliberazione di Giunta Municipale n. 310 del 10.4.1991 (non gravata) la ricorrente veniva confermata in servizio sino al 31.10.1995, e quindi sino al compimento del sessantacinquesimo anno di età;
- con istanza protocollata in arrivo al n. 11966 del 10.7.1995, la ricorrente chiedeva il trattenimento in servizio "…non avendo raggiunto il minimo contributivo previsto da legge";
- con la deliberazione di Giunta Municipale n. 642 del 12.10.1995, sul rilievo che il rapporto instaurato con la ricorrente era "…a tempo determinato", si è negato il trattenimento in servizio, confermandosi la cessazione del rapporto al 31.10.1995.
A sostegno delle cumulative domande proposte, la ricorrente ha dedotto le seguenti censure:
1) Violazione dell’art. 2 l. n. 230/1962 e dell’art. 5 l. n. 3/1979, perché la deliberazione gravata è fondata su erroneo presupposto: il rapporto d’impiego della dipendente, perdurante da circa quindici anni ed eccedente i limiti temporali ex art. 5 della l. n. 3/1979, deve ritenersi ormai "convertito" in rapporto a tempo indeterminato.
2) Violazione dell’art. 60 del R.O.P. comunale, che prevede espressamente il trattenimento in servizio dei dipendenti sino al raggiungimento del diritto a pensione, e comunque non oltre il settantesimo anno di età per gli impiegati e il sessantacinquesimo per i salariati, in presenza di capacità e condizioni di salute adeguate, attestate da certificazione medica esibita in allegato al ricorso.
Con ordinanza n. 35 del 18.1.1996 veniva accolta l’istanza incidentale di sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato.
Con ordinanza n. 285 del 20.3.1997 veniva respinta istanza di esecuzione dell’ordinanza cautelare intesa ad ottenere la corresponsione delle retribuzioni per il periodo di interruzione del rapporto (31.10.1995-1.10.1996).
All’udienza pubblica del 26 ottobre 2000, infine, il ricorso è stato discusso e riservato per la decisione.
D I R I T T O
1.) Il ricorso in epigrafe è infondato e, come tale, deve essere rigettato.
1.1) Com’é noto l’art. 5 del d.l. 10 novembre 1978, n. 702, convertito con modificazioni nella legge 8 gennaio 1979, n. 3, dopo aver prescritto, al comma dodicesimo, l’obbligatorio svolgimento del pubblico concorso o della prova pubblica selettiva per le assunzioni di nuovo personale degli enti locali, ha ammesso al successivo comma quattordicesimo le assunzioni di personale straordinario "….per eccezionali sopravvenute esigenze…" solo entro specifici e inderogabili limiti temporali.
La disposizione, in particolare, ha stabilito che il personale straordinario "…non potrà essere tenuto in servizio per un periodo di tempo, anche discontinuo, complessivamente superiore a 90 giorni nell’anno solare, al compimento del quale il rapporto di lavoro è risolto di diritto", vietando, al comma ventesimo, la riassunzione presso lo stesso ente "…se non siano trascorsi almeno sei mesi dal compimento del periodo complessivo annuo…" (di novanta giorni).
La violazione del limite temporale è stata presidiata da sanzione di particolare rigore, avendo disposto il comma ventunesimo dell’art. 5 che "i provvedimenti di assunzione temporanea o di conferma in servizio adottati in violazione di quanto sopra indicato sono nulli di diritto e danno luogo a responsabilità degli amministratori ed anche dei segretari e dei ragionieri che abbiano firmato mandati di pagamento non coperti da atti validi".
1.2) Un univoco e consolidato orientamento giurisprudenziale, ben ultradecennale, ha posto in luce che la disposizione ha introdotto un’ipotesi di nullità in senso proprio del rapporto d’impiego instaurato in violazione dell’art. 5 (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 5.3.1992, n. 5; id., Sez. V, 13.3.2000, n. 1300, tra le tante) col solo temperamento dell’applicabilità dell’art. 2126 cod. civ. che, com’è noto, dispone che "la nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto di lavoro ha avuto esecuzione, salvo che la nullità derivi dall’illiceità dell’oggetto o della causa".
Come chiarito dalla nota decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 5.3.1992, anche sulla scorta delle puntualizzazioni della Consulta (cfr. Corte Cost. 14-19.6.1990, n. 296), la nullità comminata dall’art. 5 della legge n. 3/1979 non è riconducibile a fattispecie di nullità dell’oggetto o della causa del rapporto di lavoro, quanto alla prima per intuitive ragioni e quanto alla seconda perché essa va identificata in ipotesi tipiche di causa illecita, quali la contrarietà all’ordine pubblico e/o al buon costume, con la conseguenza, appunto, dell’applicabilità della disciplina dell’art. 2126 cod. civ.
1.3) Orbene, ferma e incontestabile la nullità del rapporto di impiego della ricorrente, il cui svolgimento ultrannuale si pone in chiara ed evidente violazione del limite temporale ex art. 5 (ed in disparte l’omessa impugnazione dei provvedimenti appositivi del termine finale alle varie "frazioni" temporali del rapporto, ivi compresa la deliberazione giuntale n. 310 del 10.4.1991 che ha fissato il momento finale della cessazione al 31.10.1995, e di cui la deliberazione n. 642 del 12.10.1995 costituisce (in parte) atto di mera conferma) non può nemmeno, ovviamente, sostenersi che sul rapporto possano incidere le disposizioni della legge n. 230 del 1962 nel senso dell’invocata conversione automatica in un rapporto di pubblico impiego non di ruolo a tempo indeterminato.
E ciò perché è del tutto pacifico nella giurisprudenza ordinaria e amministrativa che l’applicabilità della legge n. 230/1962 nell’ambito dell’impiego pubblico è subordinata all’assenza di specifica diversa disciplina, nel caso degli enti locali rinvenibile appunto nei divieti e nella sanzione tipizzata di cui all’art. 5 della legge n. 3/1979 (cfr., tra le tantissime, Cons. Stato, Sez. V, 15.2.2000, n. 809, 22.6.1998, n. 556, 3.5.1995, n. 678, 10.9.1993 n. 881, 19.11.1992, n. 1356, 22.6.1991, n. 961, 24.5.1988, n. 344, 27.10.1986, n. 563; Cass., Sez. Lav., 14.6.1999, n. 5895, 3.12.1988, n. 6566, 2.2.1985, n. 696).
1.4) Alla stregua dei rilievi che precedono, risulta pertanto evidente che del tutto legittimamente l’Amministrazione comunale intimata ha rifiutato una ulteriore illegittima prosecuzione del rapporto di impiego non di ruolo nullo ope legis instaurato con la ricorrente; come è del pari evidente che la nullità del rapporto, e quindi la sua in suscettività di produrre effetti giuridici salvo quelli ex art. 2126 cod. civ., non consentiva l’applicazione nei confronti della ricorrente della disposizione di cui all’art. 60 del R.O.P. comunale in ordine al trattenimento in servizio, a domanda, sino al conseguimento del diritto a pensione e comunque non oltre il settantesimo anno per gli impiegati e il sessantacinquesimo per i salariati.
Correlativamente, e per le ragioni dianzi già illustrate, sono del tutto prive di pregio giuridico le censure svolte dalla ricorrente nei due motivi di ricorso.
2.) In conclusione, il ricorso in epigrafe deve essere respinto in quanto infondato.
3.) Non vi è luogo, infine, a provvedere in ordine alle spese ed onorari del giudizio nei confronti dell’Amministrazione comunale intimata siccome non costituita in giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sede di Bari – Sezione II, rigetta il ricorso in epigrafe n. 68 del 1996.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Bari nella Camera di Consiglio del 26 ottobre 2000, con l’intervento dei magistrati:
Michele PERRELLI Presidente
Vito MANGIALARDI Componente
Leonardo SPAGNOLETTI Componente Est.