TAR PUGLIA-BARI, SEZ. II - Sentenza 12 aprile 2001 n. 1171 - Pres. Perrelli, Est. Abbruzzese - Gentile (Avv. Angiuli) c. Comune di Ascoli Satriano (Avv. Maiellaro) e Perruggino ( Avv. Maiellaro).
Atto amministrativo - Diritto di accesso - Termine per la configurazione del provvedimento implicito di rigetto - Decorrenza - Dalla data di attribuzione del numero di protocollo all'istanza - Successivo mancato ritrovamento dell’istanza - Irrilevanza.
Atto amministrativo - Diritto di accesso - Esposto firmato dai dipendenti di un Comune - Provvedimento implicito di rigetto - Ricorso - Firmatari dell'esposto - L'accesso non incide sul loro diritto alla riservatezza - Non sono controinteressati.
Atto amministrativo - Diritto di accesso - Esposto firmato dai dipendenti di un Comune - Posto a fondamento per relationem del provvedimento - Sussiste - Differimento dell'accesso - Non sussistono ragioni attesa la conclusione del procedimento di revoca.
Atto amministrativo - Diritto di accesso - Esposto firmato dai dipendenti di un Comune - Diniego - Motivazione - Garantire la tranquillità dei firmatari - Illegittimità.
È irrilevante, ai fini della configurazione del provvedimento implicito di rigetto dell'istanza di accesso per scadenza del termine di legge, la circostanza secondo cui l'istanza, pur protocollata, non sarebbe poi stata rinvenuta agli atti dell'Amministrazione; invero, l'attribuzione del numero di protocollo all'istanza costituisce l'ufficializzazione della materiale disponibilità dell'atto, dalla data risultante dall'appostazione, in capo all'Ufficio nella cui responsabilità organizzativa rientra anche la custodia dell’atto e l’inoltro dello stesso all’Ufficio competente; sicché, le carenze organizzative (mancato inoltro all’Ufficio competente) non possono che imputarsi e ricadere sullo stesso Ente; d’altra parte, rientra nella stessa responsabilità dell’Ente, non opponibile ai terzi, la stessa gestione dell’Ufficio protocollo e in particolare l’assegnazione del personale all’ufficio e l’attribuzione (ed eventuale ripartizione) delle relative mansioni, oltre che, ovviamente, la custodia dei relativi registri.
Rispetto al ricorso avverso il provvedimento implicito di rigetto di istanza di accesso ad un esposto firmato da dipendenti di un Comune, non è configurabile la posizione di controinteressato in capo ai firmatari di suddetto esposto. Precisamente, dovendosi contemperare il diritto di accesso (art 24 L. 241/90) con il diritto alla riservatezza (Art. 8, lett. d) D.P.R. 352/92), risulta che ove il documento richiesto non riguardi la vita privata o la riservatezza di terzi, questi non possono configurarsi come controinteressati rispetto all'accesso azionato, in quanto non titolari di alcun diritto o interesse giuridicamente tutelabile.
Sussiste il diritto di accedere ad un esposto firmato da numerosi dipendenti comunali ed assunto a fondamento del provvedimento di revoca delle funzioni del ricorrente, in considerazione della sicura rilevanza dello stesso per l'esatta comprensione dell'atto motivato per relationem proprio all'esposto. Inoltre, non sussiste ragione per differire l'accesso attesa la conclusione del procedimento di revoca delle funzioni avviato in seguito all'esposto.
Non può legittimamente essere negato l'accesso ad un esposto firmato da numerosi dipendenti di un Comune e assunto a fondamento del provvedimento di revoca del ricorrente, sostenendo l'interesse alla "tranquillità" dei dipendenti firmatari dell'esposto (evitare possibili ritorsioni da parte del ricorrente), atteso che superiori ragioni di trasparenza, etica prima che giuridica, impongono sicuramente la prevalenza del principio di autoresponsabilità delle proprie azioni che, nel caso di specie, significa non poter nascondere dietro un presunto diritto alla riservatezza l’identità di chi ha contribuito, con le proprie accuse, a rimuovere dalle proprie funzioni un pubblico dipendente (1).
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(1) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 22 giugno 1998, n. 923, in Foro amm. 1998, 1753, secondo cui "nell'ordinamento delineato dalla l. 7 agosto 1990 n. 241, ispirato ai principi della trasparenza, del diritto di difesa e della dialettica democratica, ogni soggetto di diritti deve poter conoscere con precisione i contenuti e gli autori di esposti o denunce che, fondatamente o meno, possano costituire le basi per l'avvio di un procedimento ispettivo o sanzionatorio, non potendo la p.a. procedente opporre all'interessato esigenze di riservatezza - foss'anche per coprire o difendere il denunciante da eventuali reazioni da parte del denunciato, le quali, comunque, non sfuggono al controllo dell'autorità giudiziaria -, atteso che, per un verso, la tolleranza verso denunce segrete e/o anonime è un valore estraneo alla legalità repubblicana e, per altro verso, l'eccessiva tempestività dell'accesso può tutt'al più giustificarne un breve differimento se ciò è opportuno per gli sviluppi dell'istruttoria".
FATTO
Con atto notificato e depositato rispettivamente il 5 ed il 16 marzo 2001 la dottoressa Gentile Teresa, Segretario comunale presso il Comune di Ascoli Satriano (FG), propone il ricorso in epigrafe indicato inteso ad accedere all’atto pure in epigrafe indicato, secondo l’assunto della ricorrente posto a base del provvedimento del Commissario Straordinario del Comune (decreto n.8 del 21.12.2000) di revoca delle funzioni di Direttore Generale ed altre aggiuntive già conferite ad essa ricorrente.
Tale atto (esposto del 21.12.2000), secondo il richiamato decreto commissariale, sarebbe stato sottoscritto da "numerosi impiegati e funzionari del Comune di Ascoli Satriano (circa il 50% del personale in servizio)" e conterrebbe "gravi e pesanti addebiti per gli atti e i comportamenti tenuti del Segretario comunale"; sulla base dello stesso, "ritenuto non infondato quanto rappresentato nel citato esposto", il Commissario si induceva a revocare le funzioni predette alla ricorrente.
Con istanza del 3.1.2001, n.prot.40, la Gentile chiedeva l’accesso al predetto atto, giustificando l’istanza con la rappresentata esigenza di tutela giurisdizionale.
Alla stessa l’Amministrazione non dava alcun riscontro.
Da qui il ricorso con il quale si deduce:
Violazione di legge: artt.22, 23, 24 e 25 L.241/90, d.p.r.352/1992: l’Amministrazione non ha dato riscontro all’istanza di accesso nei termini di legge ed il silenzio serbato è da qualificarsi illegittimo, stante la rappresentata esigenza di tutela giurisdizionale richiedente la conoscenza dell’atto con riferimento al quale la ricorrente ha chiesto l’accesso; è indubbia nel caso di specie l’esistenza di un nesso preciso e specifico tra la situazione giuridica vantata dalla richiedente e l’interesse che legittima la richiesta, trattandosi di atto che la riguarda in modo immediato e diretto, peraltro assunto dall’Amministrazione a presupposto esplicito di determinazioni amministrative lesive della sua sfera giuridica; si tratta infine di atto non sottratto all’accesso in quanto non compreso nelle ipotesi tassative previste dal d.p.r.352/92, non rilevando in particolare il diritto alla riservatezza dei terzi firmatari dell’esposto che comunque recede rispetto alla cura o difesa di interessi giuridici.
Concludeva per l’accoglimento del ricorso nei sensi sopra indicati.
Si costituivano il Comune di Ascoli Satriano e Peruggino Michele, chiedendo il rigetto del ricorso; la difesa del Comune, in particolare, evidenziava la circostanza che la richiesta di accesso, benché risultante dal protocollo comunale, non era stata mai portata a conoscenza del Commissario e comunque non era stata rinvenuta agli atti del Comune, ragione per cui era stata inoltrata denuncia alla Procura della Repubblica competente; in ogni caso, benché la richiesta fosse del tutto generica, non avendo la ricorrente esplicitato le ragioni per le quali si chiedeva l’accesso, era stato comunque dato riscontro alla richiesta, mediante invio al difensore in giudizio della ricorrente, di copia dell’atto richiesto privo delle sottoscrizioni a tutela della riservatezza dei firmatari dell’esposto; la difesa del Peruggino, da parte sua, rappresentava il difetto di legittimazione passiva, non avendo la ricorrente esplicitato le ragioni per le quali aveva ritenuto di evocarlo nel giudizio de quo.
In sede di discussione orale, la difesa della ricorrente deduceva la non esaustività del riscontro fornito dal Commissario, in quanto la copia, non autentica, dell’esposto, privo delle sottoscrizioni, non consentiva la piena tutela del diritto azionato in giudizio; quanto alla notifica del ricorso al Peruggino, la ricorrente aveva inteso in tal modo sollecitare il contraddittorio di uno dei dipendenti comunali possibili sottoscrittori dell’esposto, in maniera da rendere ammissibile il ricorso; la difesa del Comune e del Peruggino ribadiva le ragioni esposte in memoria, in particolare deducendo l’inammissibilità della richiesta di accesso e comunque la piena rispondenza del riscontro fornito dal Commissario alle ragioni della ricorrente.
All’esito della camera di consiglio del 20 marzo 2001, il Collegio riservava la decisione.
DIRITTO
I. La ricorrente chiede l’accesso all’esposto in data 21.12.2000 prot.n.12006 a firma di diversi dipendenti del Comune di Ascoli Satriano, comune nel quale la ricorrente esercita le funzioni di segretario comunale; sulla base di detto esposto il Commissario Straordinario del Comune ha revocato le funzioni di Direttore Generale ed altre aggiuntive già conferite alla ricorrente.
II. Ritiene il Collegio che il ricorso sia fondato.
II.1) All’istanza di accesso proposta dalla ricorrente in data 3.1.2001, regolarmente protocollata, come risulta dal numero di protocollo attribuito (n.40/2000), e sufficientemente circostanziata in quanto contenente la precisa indicazione dell’atto del quale si chiede l’accesso e le ragioni giuridiche che lo giustificano (risultanti dal riferimento al provvedimento commissariale di revoca delle funzioni di Direttore Generale che tale atto espressamente richiama e alla tutela giurisdizionale dei propri diritti), il Comune non ha dato riscontro nel termine di giorni trenta previsto per legge.
Non è dubbio pertanto che sull’istanza predetta si sia formato un provvedimento implicito di rigetto dalla ricorrente impugnato nella presente sede.
II.2) Non rileva la circostanza di fatto evidenziata dalla difesa del Comune secondo cui la istanza della ricorrente, pur protocollata, non sarebbe stata rinvenuta agli atti del Comune e comunque giammai portata a conoscenza del Commissario che non ha potuto provvedere a riguardo; invero, a prescindere dalle responsabilità di diverso tipo ipotizzate dalla difesa comunale, che ha in proposito presentato denuncia dalla Procura della Repubblica, rileva il Collegio che l’attribuzione del numero di protocollo all’istanza costituisce l’ufficializzazione della materiale disponibilità dell’atto in capo all’Ufficio, nella cui responsabilità organizzativa rientra evidentemente anche la custodia dell’atto e l’inoltro dello stesso all’Ufficio competente; sicché, le carenze organizzative (mancato inoltro all’Ufficio competente) non possono che imputarsi e ricadere sullo stesso Ente; d’altra parte, rientra nella stessa responsabilità dell’Ente, non opponibile ai terzi, la stessa gestione dell’Ufficio protocollo e in particolare l’assegnazione del personale all’ufficio e l’attribuzione (ed eventuale ripartizione) delle relative mansioni, oltre che, ovviamente, la custodia dei relativi registri, di cui non è stata mai denunciata la sottrazione (né tantomeno sembrano ipotizzate responsabilità per omessa custodia in capo in funzionari preposti alla custodia degli stessi); per quel che rileva nella presente sede, l’attribuzione del numero di protocollo significa che l’atto è entrato nella giuridica disponibilità dell’Ufficio nella data risultante dall’appostazione, circostanza registrata dal funzionario dell’Ente che, da parte sua, aveva le giuridica disponibilità di inserire nel registro le indicazioni del caso.
II.3) Ma a prescindere dai rilievi che precedono, ritiene il Collegio che a superare ogni questione valga comunque il riscontro dato dal Commissario alla richiesta originaria della ricorrente, di cui, secondo l’assunto difensivo, sarebbe venuto a conoscenza solo con il ricorso; è pacifico infatti che la copia informe, priva della sottoscrizione, dell’esposto richiesto con l’accesso, inviato al difensore della ricorrente, costituisce, dal punto di vista del Commissario, preciso riscontro all’istanza di accesso alla quale ha ritenuto di fornire risposta; pertanto l’attenzione del Collegio deve indubbiamente spostarsi sulla valutazione di esaustività della risposta fornita all’originaria istanza della ricorrente.
III. In via preliminare, deve delibarsi l’ammissibilità del ricorso notificato pure a tale Peruggino Michele, dipendente del Comune di Ascoli Satriano.
In proposito, osserva il Collegio che è del tutto condivisibile la posizione assunta dalla ricorrente che, dovendo accedere ad un atto che sapeva provenire "dal 50% del personale in servizio", ha cautelativamente notificato il ricorso ad almeno uno dei (possibili) sottoscrittori, ovviamente con riserva di notificarlo anche agli altri ove necessario, e ciò al fine, esplicitato in sede di discussione orale in camera di consiglio, di evitare la pronuncia di inammissibilità del ricorso per averlo notificato almeno ad uno dei possibili controinteressati, qualora i sottoscrittori dovessero essere qualificati tali.
Secondo tale prospettazione, non è dubbio che sussista la legittimazione passiva del Peruggino, e cioè la proposizione della domanda anche nei confronti di chi, dal ricorrente, è qualificato (o qualificabile) controinteressato.
III.2) Diverso discorso è a farsi quando dal profilo formale della legittimazione debba passarsi a quello sostanziale della qualificazione della posizione soggettiva del Peruggino.
Ritiene in proposito il Collegio che, sotto tale profilo, non possa configurarsi alcuna posizione di controinteresse (cioè di interesse contrario a quello azionato dalla ricorrente) del Peruggino, così come dei firmatari dell’esposto, tuttora ignoti, rispetto al diritto all’accesso azionato dalla ricorrente, così come più sotto si dirà, il che esclude la necessità di integrare il contraddittorio a questi ultimi, peraltro fattivamente impossibile proprio posto che non si conoscono.
IV. Com’è noto, la disciplina sull’accesso è stata introdotta dal legislatore del 1990 per garantire il controllo dell’efficienza e dell’imparzialità dell’azione amministrativa da parte dei soggetti comunque titolari di un interesse giuridico a verificare la correttezza dell’azione stessa; l’oggetto del diritto di accesso è stato individuato, in via di principio, nei "documenti amministrativi", ovvero, secondo quanto previsto dall’art. 22, secondo comma della legge n.241/90, negli atti "formati" dalla pubblica amministrazione che è il soggetto destinatario dell’esercizio del diritto stesso.
Gli atti provenienti dai soggetti privati sono stati equiparati, ai fini dell’accesso, ai documenti amministrativi, e quindi suscettibili di ostensione, solo se ed in quanto "utilizzati ai fini dell’attività amministrativa", e cioè quando, indipendentemente dalla provenienza e caratterizzazione soggettiva, abbiano avuto un’incidenza nelle determinazioni amministrative (cfr. Cons. di Stato, sez. VI, 16.12.1998, n.1683); in tal caso si è ritenuto che il controllo sul soggetto pubblico e la difesa degli interessi incisi dall’attività amministrativa non possano prescindere dalla conoscenza anche degli atti dei terzi che ne sono stati a presupposto, fermi restando in ogni caso i limiti imposti dal diritto di costoro alla riservatezza in rapporto allo spessore dell’interesse alla visione.
IV.1) Quanto al "diritto alla riservatezza", lo stesso costituisce a termini della stessa L. 241/90, art.2 4, e del D.P.R. 27.6.1992, n. 352, attuativo del predetto art. 24, limite al diritto di accesso, nel senso che (ex art.8, lett.d), D.P.R: cit.) sono sottratti all’accesso "i documenti che riguardano la vita privata o la riservatezza di persona fisiche, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario…di cui sano in concreto titolari".
Di seguito la stessa norma prescrive che deve comunque essere garantita la visione degli atti necessaria alla tutela o cura di interessi giuridici.
Il che impone un bilanciamento tra i due valori (trasparenza amministrativa, tutelata dall’accesso e riservatezza dei terzi), che la giurisprudenza, interpretando il sopra riferito dato normativo, ha inteso come prevalenza dell’accesso sulla riservatezza ogni volta che l’accesso venga in rilievo per la cura o difesa di interessi giuridici e nei limiti in cui l’accesso sia necessario alla difesa di quell’interesse (cfr. C.d S., sez. V, 21.10.1998, n. 1529; sez. IV, 18.5.1998, n. 840; sez. V, 22.6.1998, n. 923; sez. IV, 30.4.1998, n.716, tutte successive alla fondamentale Ad. Plenaria, 4.2.1997, n. 5).
IV.2) Orbene, risulta di tutta evidenza, già dal solo testo normativo (art. 8, lett. d), D.P.R. 352/92) che può configurarsi un diritto alla riservatezza solo con riferimento ai "documenti che riguardano la vita privata o la riservatezza di persone fisiche", documenti cioè che abbiano come contenuto specifico la vita privata, in senso lato, dei terzi; ove al contrario il documenti richiesto in accesso non "riguardi", non sia cioè "relativo", alla vita privata o agli interessi epistolari, sanitari, professionali, industriali o commerciali di terzi, questi non possono neppure configurarsi come controinteressati rispetto al diritto all’accesso azionato, in quanto non titolari di alcun diritto o interesse giuridicamente tutelabile, e comunque non di un diritto alla riservatezza, come sopra definito.
Invero, il documento richiesto in accesso riguarda non affatto la sfera privata dei terzi bensì una critica alle modalità di esplicazione delle funzioni svolte dalla richiedente; lungi dall’investire la sfera privata dei terzi, in definitiva, involge unicamente la sfera professionale del medesimo richiedente.
IV.3) Passando al merito della vicenda, ritiene il Collegio che la ricorrente abbia pieno diritto ad accedere all’atto predetto, in considerazione della sicura rilevanza dello stesso per l’esatta comprensione dell’atto di revoca delle funzioni di direttore generale che è motivato per relationem proprio all’esposto, con riferimento al quale il Commissario dichiara di condividere gli addebiti mossi e di reputarli in fatto fondati; è del tutto evidente infatti che, ove l’esposto non fosse messo a disposizione della ricorrente, costei non saprebbe mai quali sono gli addebiti che le si muovono (che il Commissario ritiene fondati) né potrebbe efficacemente tutelarsi nelle competenti sedi giudiziarie ove ne ritenesse l’opportunità, alla stregua, evidentemente, di una previa consapevole conoscenza dei fatti.
In ragione della particolare situazione esposta, è altrettanto evidente che non possa negarsi o differirsi l’accesso non ricorrendo alcuna ragione ostativa; innanzitutto la conclusione del procedimento di revoca delle funzioni avviato in seguito all’esposto esclude qualsiasi ulteriore ragione per il differimento dell’accesso, non potendo la conoscenza dell’atto interferire in alcun modo con la conclusione del procedimento, già, come detto, intervenuta.
Non rileva alcun interesse alla riservatezza dei firmatari dell’esposto, che non è configurabile per le ragioni sopra esposte, e comunque in ragione del fatto che l’atto provvedimentale lesivo per la ricorrente è motivato proprio sul contenuto dell’atto di cui è necessario, per la stessa valutazione di attendibilità e serietà dello stesso, ed ai fini di tutela descritti, conoscere la provenienza;.
In proposito, il Collegio non può non osservare che l’unica ragione opposta a sostegno del diniego, qualificato come tutela della "riservatezza" dei firmatari, starebbe nel "diritto alla tranquillità" dei dipendenti, che diversamente, assume l’Amministrazione, potrebbero essere possibili destinatari di ritorsioni da parte della ricorrente che è tuttora segretario comunale dell’Ente.
Tale ragione, a fronte della tutela giurisdizionale presupposto dell’istanza di accesso e non altrimenti assicurabile se non all’esito della piena cognizione anche degli autori dell’esposto, al fine sopra evidenziato di valutarne l’attendibilità, serietà o, sotto opposto profilo, un eventuale intento sviato indotto da attività pregresse, è chiaramente recessiva; comunque, superiori ragioni di trasparenza, etica prima che giuridica, impongono sicuramente la prevalenza del principio di autoresponsabilità delle proprie azioni che, nel caso di specie, significa non poter nascondere dietro un presunto (inesistente) diritto alla riservatezza l’identità di chi ha contribuito, con le proprie accuse, a rimuovere dalle proprie funzioni un pubblico dipendente.
Del resto è singolare che il diritto alla riservatezza, che significa diritto alla intangibilità della propria sfera individuale, sia nel caso di specie invocato (dal Comune) per conto di terzi (i dipendenti firmatari); ciò dimostra, ove ancora occorresse, che in realtà non è la "sfera individuale" dei terzi che si chiede di tutelare, bensì precisamente il segreto, che è logica esattamente contraria a quanto la normativa sull’accesso ha inteso tutelare, e cioè la trasparenza amministrativa, che passa anche, come detto, per l’autoresponsabilità dei suoi funzionari.
Nello stesso senso "la denuncia o l’esposto non può considerarsi come un fatto circoscritto al solo autore e all’Autorità competente al suo esame ed all’apertura eventuale del procedimento, ma riguarda direttamente anche i soggetti "denunciati"…In un ordinamento ispirato ai principi della trasparenza, del diritto alla difesa e della dialettica democratica, ogni cittadino deve potere conoscere con precisione i contenuti e gli autori di esposti che, fondatamente o meno, possano costituire la base per l’avviso di procedimenti sanzionatori, ancorché sfocianti, poi, in concreti esiti negativi" (Cfr. Cons. di Stato, sez. V, 22.6. 1998, n. 923).
Ed ancora, "i paventati sviluppi patologici della vicenda non possono in alcun modo costituire un ostacolo all’esercizio del diritto di accesso" (cfr. Cons. di Stato, cit.), fermo restando, com’è del tutto ovvio, che, in un regime di persistente garanzia di legalità, le prospettate conseguenze negative in capo ai firmatari devono comunque essere assoggettate ai principi propri dei procedimenti e possono evidentemente costituire oggetto di controllo sia in sede amministrativa, con le opportune misure repressive o sanzionatorie in capo al responsabile, che giurisdizionale.
V. In conclusione il ricorso va accolto e per l’effetto va ordinato al Comune di Ascoli Satriano, e, per esso, al suo rappresentante legale pro tempore, di esibire l’esposto richiamato in epigrafe alla ricorrente, senza alcuna omissione e in particolare comprensivo delle sottoscrizioni contenute, consentendole di estrarre copia secondo le modalità eventualmente previste nei regolamenti comunali.
VI. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano, a carico dell’Amministrazione resistente che ha dato causa al gravame, nell’importo in dispositivo fissato, disponendosi invece la compensazione nei confronti del Peruggino, sussistendo giusti motivi.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Sezione II, pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo accoglie e per gli effetti ordina al Comune di Ascoli Satriano e per esso al suo legale rappresentante pro tempore, o suo delegato, di esibire alla ricorrente l’esposto in data 21.12.2000 prot.n.12006 a firma di diversi dipendenti del Comune, senza alcuna omissione, con facoltà per la stessa di estrarre copia secondo le modalità previste nei regolamenti comunali.
Condanna il Comune di Ascoli Satriano al pagamento delle spese processuali in favore della ricorrente che si liquidano in complessive £.1.000.000 (unmilione).
Compensa per il resto.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari, nella camera di consiglio del 29 marzo 2001, con l’intervento dei Magistrati:
Michele
Perrelli - PresidentePietro
Morea - ComponenteMaria
Abbruzzese - Componente, Est.Depositata il 12 aprile 2001