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n. 5-2001 - © copyright.

TAR PUGLIA-BARI. SEZ. I - Sentenza 19 aprile 2001 n. 1199 - Pres. Ferrari, Est. Spagnoletti - Tardio (Avv.ti F. Mastroviti e V. Romano) c. Ministero dell'Interno ed il Capo della Polizia (Avv.ra Stato).

Pubblico impiego - Procedimento disciplinare - A seguito di decreto di archiviazione del processo penale per ragioni processuali - Può legittimamente essere intrapreso.

Pubblico impiego - Procedimento disciplinare - Intercettazioni telefoniche dichiarate inutilizzabili in sede penale - Possibilità di utilizzo in sede di procedimento disciplinare - Sussiste.

A seguito di un decreto di archiviazione fondato su esclusive ragioni processuali (nella specie, l'inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche nei confronti del ricorrente), può legittimamente essere intrapreso o, se avviato, proseguito il procedimento disciplinare, atteso che tale decreto è privo di qualsiasi contenuto di accertamento in ordine ai fatti addebitati in sede disciplinare.

L'inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche che ha precluso l’esercizio delle determinazioni inerenti all’azione penale nei confronti di un dipendente pubblico, non può spiegare effetti oltre gli ambiti processuali penali e, pertanto, non può impedire l'apprezzamento delle stesse in sede disciplinare.

 

 

F A T T O

Antonio Tardio, assistente della Polizia di Stato in servizio presso l’ufficio di polizia di frontiera marittima e aerea di Brindisi, è stato sottoposto a procedimento disciplinare per fatti relativi alla frequentazione di tale Vincenzo Norelli persona pregiudicata e/o di non notoria pubblica estimazione in quanto dedita a favoreggiamento e/o sfruttamento della prostituzione, avvenuti nel periodo 1986-1987, allorché il Tardio prestava servizio presso la Questura di Pisa; fatti accertati nell’ambito di indagini preliminari a carico del Norelli e in base a intercettazioni telefoniche per i quali, stante l’inutilizzabilità delle intercettazioni ex art. 270 c.p.p., è stata disposta archiviazione, quanto al Tardio, con decreto del G.I.P. presso il Tribunale di Pisa in data 5 febbraio 1991.

All’esito del procedimento disciplinare, e su conforme deliberazione del Consiglio provinciale di disciplina presso la Questura di Brindisi del 5 agosto 1991, con decreto del Capo della Polizia n. 333-D/50383 del 18 settembre 1991, notificato all’interessato il 22 ottobre 1991, al Tardio è stata irrogata la sanzione disciplinare della sospensione dalla qualifica per la durata di mesi sei, con decorrenza dal 9 luglio 1991 (giorno successivo alla notifica di decreto del Ministro dell’Interno del 17 maggio 1991 di sospensione cautelare dal servizio in pendenza del procedimento disciplinare), in relazione agli addebiti ricondotti alla fattispecie di cui al combinato disposto degli artt. 6 numero uno e 4 numero tre del d.P.R. 737/1981.

Con successivo decreto di pari numero adottato il 28 gennaio 1992 e notificato all’interessato il 9 marzo 1992, il Capo della Polizia ha, altresì, e conseguenzialmente all’irrogata sanzione disciplinare, disposto l’espulsione del Tardio dal 6° corso di aggiornamento e formazione tecnico-professionale per la nomina a vice sovrintendente della Polizia di Stato, ai sensi dell’art. 20 comma terzo del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335.

Con ricorso notificato il 20 dicembre 1991 e depositato il 30 dicembre 1991, iscritto al n. 3518/1991 r.r., il Tardio ha impugnato il provvedimento di irrogazione della sanzione disciplinare, deducendo le seguenti censure:

1) Violazione dell’art. 9 d.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737 e dell’art. 97 d.P.R. n. 3/1957. Eccesso di potere per erronea presupposizione e sviamento, perché, essendo intervenuto un provvedimento giurisdizionale di archiviazione, il procedimento disciplinare non avrebbe potuto essere instaurato, né esso poteva fondarsi su intercettazioni telefoniche inutilizzabili ai sensi dell’art. 270 c.p.p.

2) Violazione dell’art. 19 d.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737 e dell’art. 103 d.P.R. n. 3/1957. Eccesso di potere per erronea presupposizione, perché la contestazione degli addebiti è intervenuta a distanza di circa cinque anni dai fatti, peraltro già noti ai dirigenti della Questura di Pisa che non avevano ritenuto di darvi un seguito disciplinare, a nulla potendo rilevare, in senso sospensivo, la pendenza di procedimento penale che non riguardava il Tardio, sebbene il Norelli.

3) Violazione dell’art. 19 d.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737. Incompetenza del funzionario istruttore. Eccesso di potere per erronea presupposizione, perché, prestando servizio il ricorrente presso la Questura di Brindisi, competeva al titolare di questo ufficio, e non già al Questore di Foggia, promuovere il procedimento disciplinare, con conseguente incompetenza del funzionario istruttore nominato dal Questore di Foggia, e connessa invalidità derivata degli atti del procedimento disciplinare.

4) Violazione degli artt. 1 e 21 d.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737. Eccesso di potere per difetto di motivazione e carente istruttoria, perché la deliberazione del Consiglio provinciale di disciplina, cui rinvia il decreto impugnato, è priva di effettiva motivazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati, tenuto conto che la sospensione dalla qualifica è applicabile, ai sensi dell’art. 6 numero uno del d.P.R. n. 737/1981, soltanto se le mancanze di cui al precedente art. 4 rivestano carattere di particolare gravità o siano reiterate ed abituali, circostanza quest’ultima pure non evidenziata nella deliberazione.

Con ricorso notificato il 4 maggio 1992 e depositato l’11 maggio 1992, iscritto al n. 1411/1992 r.r., il Tardio ha poi impugnato il decreto di espulsione dal corso propedeutico alla nomina a vice sovrintendente della Polizia di Stato, deducendo le seguenti censure:

1) Violazione ed erronea applicazione dell’art. 20 del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335. Eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto, sviamento, ingiustizia manifesta, perplessità, perché l’espulsione dal corso per irrogazione di sanzione disciplinare più grave della deplorazione deve ritenersi consentita, secondo un’interpretazione logico-sistematica della rubricata disposizione, sinché il corso non sia concluso, laddove al momento dell’adozione del decreto irrogativo della sospensione dalla qualifica (18 settembre 1991) il corso era già terminato sin dal 13 luglio 1991; ed anzi, poiché il termine iniziale di efficacia della sospensione dalla qualifica (9 luglio 1991) precede di soli quattro giorni la conclusione del corso (13 luglio 1991), e l’espulsione dal corso è stata disposta nella pendenza del giudizio di impugnazione della inflitta sanzione disciplinare, sussisterebbe sviamento e intento "ingiustamente persecutorio".

2) Violazione di legge. Eccesso di potere. Illegittimità derivata, dai vizi che inficiano il provvedimento irrogativo della sanzione disciplinare la cui adozione costituisce il presupposto del provvedimento di espulsione dal corso.

Nel giudizio si sono costituite, rispettivamente, le Autorità statali intimate che, con atti di stile, hanno dedotto l’inammissibilità e infondatezza di entrambi i ricorsi.

Con ordinanza n. 706 del 28 agosto 1992 è stata respinta l’istanza incidentale di sospensione del provvedimento irrogativo della sanzione disciplinare sul rilievo che essa aveva esaurito la sua efficacia temporale, mentre con ordinanza n. 707 in pari data è stata accolta l’istanza di sospensione dell’efficacia del provvedimento di espulsione dal corso di aggiornamento e perfezionamento tecnico-professionale.

Con sentenza n. 492 del 12 giugno 1998, riuniti i ricorsi in relazione alla loro connessione oggettiva e soggettiva, sono stati disposti incombenti istruttori, in esito all’esecuzione dei quali, all’udienza pubblica del 7 marzo 2001, i ricorsi sono stati discussi e riservati per la decisione.

D I R I T T O

1.) I ricorsi in epigrafe, già riuniti con la sentenza istruttoria n. 492 del 12 giugno 1998, sono infondati e, come tali, devono essere respinti.

1.1) Quanto al primo ricorso, n. 3518/1991, relativo all’impugnativa del provvedimento di irrogazione della sanzione disciplinare, esso si articola nella deduzione di censure attinenti a vizi procedimentali (secondo e terzo motivo) e vizi funzionali (primo e quarto motivo).

1. Col primo motivo si lamenta la violazione dell’art. 97 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 e dell’art. 9 del d.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737, sostenendo che, essendo intervenuto decreto di archiviazione in ordine al procedimento instaurato nei confronti del ricorrente, ed essendo inutilizzabili le intercettazioni telefoniche dalle quali si desumono i fatti materiali contestati in sede disciplinare, il procedimento disciplinare non avrebbe potuto nemmeno essere instaurato.

Le prospettazioni del difensore, pur abili e suggestive, non possono essere condivise.

Infatti, tanto l’art. 97 del d.P.R. n. 3/1979, quanto l’art. 9 comma quinto del d.P.R. n. 737/1981 si riferiscono, esclusivamente, all’intervenuta emanazione di una sentenza di proscioglimento o di assoluzione per fatti che abbiano dato causa a sospensione cautelare, ovvero a pronuncie giurisdizionali che contengono un accertamento diretto della insussistenza sotto il profilo storico-materiale e/o psicologico-soggettivo dei medesimi fatti.

E proprio in funzione del detto effetto di accertamento, e dei suoi riflessi sul procedimento disciplinare, quest’ultimo non può essere intrapreso, o, se avviato, non può essere proseguito.

Nel caso di specie, è intervenuto, invece, soltanto un decreto di archiviazione fondato su esclusive ragioni processuali (l’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche nei confronti del ricorrente, siccome estraneo al procedimento penale avverso il Norelli, nell’ambito del quale erano state disposte, ai sensi dell’art. 270 c.p.p.), privo di qualsiasi contenuto di accertamento in ordine ai fatti addebitati in sede disciplinare.

Né l’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, che ha precluso l’esercizio delle determinazioni inerenti all’azione penale nei confronti del ricorrente per i fatti dalle medesime emergenti, può spiegare effetti oltre gli ambiti processuali penali, e quindi impedirne l’apprezzamento in sede disciplinare.

Sotto tale profilo, deve peraltro considerarsi che, a prescindere da alcuni fatti specifici (richieste di danaro rivolte al Norelli; interessamento del Tardio per far disporre l’allontanamento con foglio di via di prostitute "concorrenti" della convivente del Norelli), il ricorrente non ha contestato la frequentazione del Norelli, persona dedita allo sfruttamento della prostituzione, la cui assiduità è dimostrata appunto dalle intercettazioni e dall’interessamento (esso pure non negato) per fargli acquisire la residenza pisana.

In altri termini, il nucleo essenziale della contestazione disciplinare, costituito appunto dai rapporti di frequentazione intrattenuti con persona pregiudicata e/o di pessima estimazione pubblica, è incontroverso ed integro, con la consequenziale piena valutabilità a fini disciplinari.

1.1.2) Non hanno maggior pregio le censure svolte col secondo motivo, imperniate sulla risalenza dei fatti addebitati, già noti ai dirigenti della questura pisana che non intesero darvi seguito disciplinare.

I fatti posti a base della contestazione di addebiti sono stati infatti percepiti (e si sono resi obiettivamente percepibili), nella loro complessività, soltanto in esito alla comunicazione del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pisa, del febbraio 1991, in ordine all’intervenuta richiesta e adozione del decreto di archiviazione.

Rispetto a tale momento temporale, l’avvio del procedimento disciplinare è affatto tempestivo.

Nessun rilievo può, poi, assumere la circostanza che limitatamente a taluni di tali fatti i diretti superiori gerarchici dell’epoca si siano limitati a richiamo verbale, posto che alla base della contestazione disciplinare è stata posta la frequentazione col Norelli, e quindi non già una serie episodica di circostanze fattuali, sebbene un rapporto di interrelazione personale con soggetto pregiudicato e/o di pessima estimazione pubblica.

1.1.3) Analogamente infondato è il terzo motivo del ricorso n. 3518/1991, incentrato sulla presunta incompetenza del questore di Foggia a disporre il promovimento del procedimento disciplinare perché il ricorrente prestava servizio presso la questura di Brindisi.

Il ricorrente oblitera del tutto, infatti, che al momento del promovimento del procedimento disciplinare egli era in forza alla Scuola allievi agenti di Foggia per seguire il corso propedeutico alla nomina a vice sovrintendente di polizia di Stato.

Orbene, ai sensi dell’art. 19 del d.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737, il promovimento dell’azione disciplinare, ove l’infrazione comporti l’irrogazione della sospensione dal servizio o la destituzione, compete al "…questore della provincia in cui lo stesso (dipendente) presta servizio".

In base all’art. 16 comma secondo del d.m. 9 marzo 1983, poi, "gli appartenenti ai ruoli della Polizia di Stato che frequentano i corsi dipendono gerarchicamente e disciplinarmente dal direttore dell’Istituto".

Ne consegue che, essendo il Tardio incorporato presso la scuola di polizia foggiana, al momento del promovimento del procedimento disciplinare, competeva proprio al questore di Foggia ed al direttore della scuola di esercitare i poteri inerenti alla contestazione degli addebiti e allo svolgimento dell’istruttoria disciplinare.

Viceversa, cessata l’incorporazione al corso il 13 luglio 1991, e avendo quindi il ricorrente ripreso servizio presso la questura di Brindisi, del tutto legittimamente il giudizio è stato, poi, deferito al consiglio provinciale di disciplina di Brindisi con atto del 20 luglio 1991.

1.1.4) Prive di fondamento giuridico sono le censure dedotte col quarto motivo di ricorso, incentrate sulla pretesa carente motivazione della deliberazione del consiglio provinciale di disciplina.

L’organo collegiale disciplinare, infatti, nel riferirsi alla frequentazione tra il Tardio e il Norelli, per un lasso di tempo apprezzabile e notevole (due anni), priva di ogni ragione giustificativa inerente al servizio dell’appartenente alla polizia di Stato, (circostanze di fatto incontroverse e inconfutabili), ha apprezzato e ben valutato il significato disciplinare connesso al mantenimento di relazioni abituali e compromettenti con persona dedita allo sfruttamento della prostituzione, dando conto, con motivazione succinta ma sufficiente della gravità dell’addebito, riconducibile alla fattispecie di cui all’ art. 4 n. 3 del dPR n. 737/1981, (che riguarda il mantenimento di relazioni con persone che notoriamente non godono di pubblica estimazione o la frequenza di compagnie non confacenti al proprio stato).

E’ del tutto evidente che una persona dedita allo sfruttamento della prostituzione, e addirittura indagata, non soltanto non può ritenersi godere di pubblica estimazione, ma costituisce "pessima" compagnia per un appartenente alle forze dell’ordine, anche nei riflessi che essa dispiega sul prestigio del corpo di appartenenza.

D’altra parte il tenore dei rapporti, per come emerge dagli atti disciplinari, denota vieppiù la gravità di una frequentazione non sporadica, e protratta per un notevole lasso temporale.

1.2) Quanto al secondo ricorso n. 1411/1992, esso pure risulta destituito di giuridico fondamento.

1.2.1) Con il primo motivo del detto ricorso, si lamenta che l’espulsione dal corso sia intervenuta dopo la conclusione del medesimo, e quindi che essa fosse preclusa ratione temporis.

Orbene, l’art. 33 del d.m. 9 marzo 1983 prevede espressamente l’espulsione dal corso per le trasgressioni previste, tra l’altro, dall’art. 6 del dPR n. 737/1981, e, considerata la decorrenza della sospensione (9 luglio 1991) non può affatto sostenersi che essa sia intervenuta dopo la conclusione del corso (avvenuta il 13 luglio 1991).

Sotto altro profilo, poi, deve revocarsi in dubbio, in radice, la esattezza della prospettazione del ricorrente, posto che essendo il corso propedeutico alla nomina a vice sovrintendente, l’espulsione non può ritenersi preclusa dalla conclusione del corso in quanto, elidendo uno dei presupposti per la nomina (la frequenza del corso) ha efficacia giuridica più ampia e non limitata alla mera frequenza.

Nessun indizio del lamentato sviamento è, poi, in concreto offerto dal ricorrente, né esso può cogliersi nel fatto, di per sé del tutto neutro e privo di significato, che il provvedimento di sospensione cautelare dal servizio in pendenza del procedimento disciplinare, emanato sin dal 17 maggio 1991, abbia avuto effetto dal 9 luglio 1991, e cioè dalla data della sua notifica.

1.2.2) In relazione all’infondatezza delle censure svolte nel ricorso n. 3518/1991, sono consequenzialmente infondate le censure di invalidità derivata dedotte col secondo motivo del ricorso n. 1411/1992.

2.) In conclusione, i ricorsi riuniti in epigrafe devono essere rigettati siccome infondati.

3.) Sussistono, nondimeno, giuste ragioni per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese ed onorari del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sede di Bari - Sezione I, rigetta i ricorsi riuniti di cui in epigrafe n. 3518/1991 e 1411/1992 e dichiara compensate per intero tra le parti le spese ed onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso in Bari nella Camera di Consiglio del 7 marzo 2001, con l’intervento dei magistrati:

Gennaro FERRARI Presidente

Leonardo SPAGNOLETTI Componente est.

Stefano FANTINI Componente

Depositata il 19 aprile 2001

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