TAR PUGLIA-BARI, SEZ. I – Sentenza 14 novembre 2001 n. 4872 – Pres. Ferrari, Est. Fantini – Berardi ed altri (Avv.ti M. Langiulli e V. Spano) c. Azienda Unità Sanitaria Locale BA/4 (Avv. V. A. Pappalepore), Brunetti (Avv.ti G. Monacis e A. Maggi).
Concorso – Medici - Attribuzione delle zone carenti – Formazione delle graduatorie – Medici in possesso dell’attestato di formazione in medicina generale – Valutazione – Deferimento di alcune questioni interpretative alla Corte di Giustizia C.E.
Va deferita alla Corte di Giustizia delle Comunità europee la soluzione delle seguenti questioni pregiudiziali:
1) se ai sensi dell’art. 7 n. 2 della direttiva 86/457/CEE e dell’art. 36 n. 2 della direttiva 93/16/CEE, ai fini dell’esercizio dell’attività di medico di medicina generale, l’abilitazione conseguita entro il 31/12/94 sia da considerarsi equipollente al conseguimento dell’attestato di formazione specifica in medicina generale;
2) se, ai sensi delle predette norme comunitarie, a fare tempo dall’1/1/95 il conseguimento dell’attestato di formazione in medicina generale consenta agli Stati membri di attribuire ai medici in possesso anche dell’abilitazione all’esercizio della professione conseguita entro il 31/12/94 un regime di favore, caratterizzato da una riserva di posti più ampia di quella riconosciuta rispettivamente ai possessori dell’uno o dell’altro titolo;
3) in ipotesi di risposta positiva al quesito precedente, se infine, tenendo conto della disciplina dei diritti acquisiti, la suesposta condizione consenta agli Stati membri di riconoscere ai suddetti medici un trattamento ulteriormente speciale con l’attribuzione in ogni caso di un punteggio aggiuntivo per il conseguimento dell’attestato di formazione in medicina generale (1).
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(2) Come risulta dalla sotto riportata motivazione, la controversia da cui origina la ordinanza di rimessione del TAR Puglia è stata proposta da vari medici in possesso dell’attestato di formazione in medicina generale di cui al D.lgs. 8/8/1991, n. 256 (di attuazione della direttiva 86/457/CEE) e che hanno altresì conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione anteriormente al 31/12/94.
Detti medici hanno impugnato le deliberazioni dei Direttori Generali di differenti Aziende U.S.L. della Regione Puglia, di approvazione delle graduatorie, relative al 1998, per la copertura dei posti di assistenza primaria di medicina generale, continuità assistenziale ed emergenza sanitaria territoriale ed attività programmata per servizi territoriali resisi vacanti, nonché le conseguenti deliberazioni di assegnazione degli incarichi ai medici utilmente collocati in graduatoria, nella parte in cui non riconoscono loro il punteggio conseguente al possesso dell’attestato di formazione in medicina generale nella quota dei posti riservata ai medici in possesso di titolo equipollente, ovvero nella parte in cui escludono coloro che hanno conseguito il suindicato attestato di formazione dalla percentuale dei posti riservata ai possessori di titolo equipollente.
Lamentano in sostanza i ricorrenti che le graduatorie delle Aziende sanitarie, articolate in due subgraduatorie in relazione alle due percentuali di riserva previste dallo stesso art. 3 del D.P.R. n. 484/96, avevano illegittimamente disatteso la graduatoria unica regionale, arbitrariamente computando, ovvero scomputando i 12 punti legati al possesso del titolo di studio.
Sulla questione il TAR Puglia si era già pronunciato in precedenza, affermando che i medici in possesso di entrambi i titoli potevano concorrere in tutte e due le riserve di posti, ma senza l’attribuzione dei 12 punti derivanti dall’attestato di formazione nella quota destinata ai possessori di titolo equipollente.
Sulla questione si è pure espresso il Consiglio di Stato, il quale (con sent. della Sez. IV, 15/3/2000, n. 1407) ha ritenuto che i medici da individuare per l’assegnazione delle zone carenti dovevano essere tratti dall’unica graduatoria regionale, sebbene sia previsto che per l’assegnazione devono essere riservate due distinte percentuali, a favore rispettivamente dei medici in possesso dell’attestato di formazione e dei medici in possesso di titolo equipollente, sì che anche i primi possano concorrere per la percentuale dei posti riservata ai secondi, e che in ogni caso debba essere loro attribuito per intero il punteggio, comprensivo dei 12 punti, non prevedendo la normativa vigente distinzioni tra i titoli valutabili.
Il TAR Puglia, pur concordando con il Consiglio di Stato in ordine al fatto che i medici in possesso dell’attestato di formazione professionale possono accedere ad entrambe le riserve di posti per l’assegnazione delle zone carenti, dissente invece con il Giudice di secondo grado in ordine all’attribuzione ai medici da ultimo indicati dei 12 punti anche allorché concorrano nella percentuale dei posti a favore di medici in possesso del titolo equipollente.
In ordine a tale questione - richiamata la sentenza della Corte di Giustizia 16/10/1997 (cause riunite da C - 69/96 a C - 79/96, Garofalo ed altri / Ministero della Sanità ed altri), riguardante i diritti acquisiti anteriormente all’1/1/95 – il T.A.R. Puglia ha ritenuto di investire della questione la stessa Corte.
FATTO E DIRITTO
Con i ricorsi indicati in epigrafe, che possono, ai soli fini della risoluzione della prospettanda questione pregiudiziale, essere riuniti, afferendo ad una medesima problematica giuridica, i deducenti impugnano le deliberazioni dei Direttori Generali di differenti Aziende U.S.L. della Regione Puglia, di approvazione delle graduatorie, relative al 1998, per la copertura dei posti di assistenza primaria di medicina generale, continuità assistenziale ed emergenza sanitaria territoriale ed attività programmata per servizi territoriali resisi vacanti, nonché le conseguenti deliberazioni di assegnazione degli incarichi ai medici utilmente collocati in graduatoria, nella parte in cui non riconoscono loro il punteggio conseguente al possesso dell’attestato di formazione in medicina generale nella quota dei posti riservata ai medici in possesso di titolo equipollente, ovvero, in un solo caso (ricorso iscritto sub n. 1295/00 del R.G.), nella parte in cui escludono coloro che hanno conseguito il suindicato attestato di formazione dalla percentuale dei posti riservata ai possessori di titolo equipollente.
I ricorrenti sono medici in possesso dell’attestato di formazione in medicina generale di cui al D.lgs. 8/8/1991, n. 256 (di attuazione della direttiva 86/457/CEE) ed hanno altresì conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione anteriormente al 31/12/94.
Alla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 28 del 12/3/99 della graduatoria unica regionale, in cui sono stati riconosciuti ai ricorrenti i 12 punti previsti dall’art. 3, lett. f), del D.P.R. 22/7/1996, n. 484 (che rende esecutivo l’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale) per il già indicato attestato di formazione in medicina generale, è seguita la pubblicazione dei bandi per la copertura dei posti carenti e di poi le graduatorie aziendali, per lo più rese in conformità di una precedente circolare regionale (la n. 24/5020/116/16 del 10/3/99), disponente in sintesi che il medico il quale abbia conseguito l’attestato di formazione, ma anche il titolo equipollente ai sensi del D.M. 15/12/1994, in quanto abilitato anteriormente al 31/12/94, può concorrere sia alla copertura del 40% dei posti riservati ai possessori dell’attestato, sia alla copertura del 60% dei posti riservati ai possessori di titolo equipollente, e disponente altresì che al medico possessore dell’attestato che ha concorso anche alla copertura del 60% dei posti non vanno peraltro attribuiti i predetti 12 punti.
Deducono i ricorrenti l’illegittimità dei provvedimenti impugnati in quanto asseritamente adottati in violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3 e 20 del citato D.P.R. n. 484/96, nonché dell’art. 1 della legge 8/10/1998, n. 347, lamentando, in sostanza, come le graduatorie delle Aziende sanitarie, articolate in due subgraduatorie in relazione alle due percentuali di riserva previste dallo stesso art. 3 del D.P.R. n. 484/96, abbiano disatteso la graduatoria unica regionale, arbitrariamente computando, ovvero scomputando, i 12 punti legati al possesso del titolo di studio.
Questo Tribunale Amministrativo, precedentemente chiamato a pronunciarsi su analoga questione dedotta con ricorsi proposti avverso taluni bandi regionali per la copertura delle zone carenti di medicina generale che contenevano la clausola di non attribuzione dei 12 punti ai medici che concorressero per la copertura del 60% dei posti riservati ai possessori di titolo equipollente, ha respinto (con le sentenze 26/1/2000, n. 302 e 5/7/2000, n. 2761) i gravami, statuendo in definitiva l’ammissibilità per i medici in possesso di entrambi i titoli di concorrere in tutte e due le riserve di posti, ma senza l’attribuzione dei 12 punti derivanti dall’attestato di formazione nella quota destinata ai possessori di titolo equipollente.
In particolare questo Tribunale, con le suindicate sentenze, sulla base dell’ermeneusi delle norme di cui agli artt. 2, 3 e 20 del citato D.P.R. n. 484/96, nei limiti del petitum dedotto, ha posto in evidenza che la "graduatoria regionale" è finalizzata esclusivamente all’accertamento della sussistenza dei requisiti prescritti, nonché alla valutazione dei titoli (distinti in "titoli accademici e di studio" ed in "titoli di servizio") posseduti dai medici aspiranti agli incarichi per l’espletamento delle attività riconducibili alla "medicina generale", e non è dunque direttamente funzionale al conferimento dell’incarico nelle località carenti. Ed infatti l’art. 20 del D.P.R. n. 484/96, con riguardo ai sanitari inclusi nella graduatoria regionale valida per l’anno in corso, ne prevede la graduazione, da parte dell’azienda sanitaria, nell’ordine risultante dall’applicazione dei seguenti criteri : a) attribuzione del punteggio riportato nella graduatoria regionale; b) attribuzione di punti 5 a coloro che nella località carente per la quale concorrono abbiano la residenza da due anni; c) attribuzione di punti 20 ai medici residenti nell’ambito della Regione da almeno due anni.
Ha dunque ritenuto questo Tribunale Amministrativo che la "graduatoria regionale" non operi come una vera e propria graduatoria, strumentale al conferimento dell’incarico, ma piuttosto come un elenco di idonei, espressione del potere di accertamento o certazione dell’Amministrazione regionale. La vera graduatoria risulta invece quella predisposta dall’Azienda sanitaria competente per territorio, tenendo conto della riserva dei posti "contrattata" a livello regionale, mediante la quale i medici aspiranti al conferimento degli incarichi vengono graduati secondo l’ordine risultante dai criteri suesposti.
Va peraltro a questo punto precisato che è medio tempore intervenuta la decisione del Consiglio di Stato, Sez. IV, 15/3/2000, n. 1407, la quale, pronunciata su appello proposto nei confronti di una sentenza di altro Tribunale Amministrativo Regionale, ed inidonea dunque a fare stato nei confronti della Regione Puglia e delle locali Aziende sanitarie, ha ritenuto che i medici da individuare per l’assegnazione delle zone carenti debbano essere tratti dall’unica graduatoria regionale, sebbene sia previsto che per l’assegnazione devono essere riservate due distinte percentuali, a favore rispettivamente dei medici in possesso dell’attestato di formazione e dei medici in possesso di titolo equipollente, sì che anche i primi possano concorrere per la percentuale dei posti riservata ai secondi, e che in ogni caso debba essere loro attribuito per intero il punteggio, comprensivo dei 12 punti, non prevedendo la normativa vigente distinzioni tra i titoli valutabili.
E’ chiaro come l’ultima statuizione contenuta nella suddetta decisione del Consiglio di Stato, all’esito di un percorso argomentativo - motivazionale diverso da quello fatto proprio da questo Tribunale, segna un significativo ed autorevole iato dai precedenti di questo Collegio.
E’ inoltre comprensibile la situazione a dir poco di incertezza che il contrasto giurisprudenziale ha determinato a livello amministrativo su di una così delicata problematica, ben inferibile ad esempio nel fatto che, per quanto qui rileva, l’Assessorato alla Sanità della Regione Puglia, previo parere del proprio Settore legale, ha ritenuto di dover conformarsi alla decisione del Consiglio di Stato, ma non per il procedimento di copertura delle zone carenti di assistenza primaria e continuità assistenziale relativo all’anno 1998, che rimane dunque ancorato alle vecchie regole, anche allo scopo di evitare "... disparità di trattamento tra medici che hanno partecipato all’identica procedura scaturente da un unico bando" (in questi termini è la circolare prot. n. 24/21680 in data 3/10/2000).
Senza indugiare ulteriormente sulle difficoltà operative derivate dall’evidenziato contrasto giurisprudenziale, ritiene il Collegio necessario brevemente evidenziare il nucleo motivazionale della decisione n. 1407/2000 del Consiglio di Stato, che riposa essenzialmente sull’interpretazione della normativa comunitaria, ed in particolare della direttiva 86/457/CEE, relativa alla formazione specifica in medicina generale, alla quale è stata data attuazione in Italia con il D.lgs. 8/8/1991, n. 256, mediante l’istituzione, per l’appunto, del corso di formazione specifica in medicina generale, riservato ai laureati in medicina e chirurgia, abilitati all’esercizio professionale.
Occorre peraltro premettere, per chiarezza espositiva, che la suddetta direttiva comunitaria specifica, all’art. 7, I comma, che a partire dall’1/1/1995 gli Stati membri, fatte salve le disposizioni relative ai diritti acquisiti, subordinano l’esercizio delle attività di medico in qualità di medico generico nell’ambito dei loro regimi di sicurezza sociale al possesso di un diploma, certificato od altro titolo; il successivo secondo comma stabilisce poi che "ogni Stato membro determina i diritti acquisiti. Tuttavia esso deve considerare come acquisito il diritto di esercitare le attività di medico in qualità di medico generico, nell’ambito del suo regime nazionale di sicurezza sociale senza diploma, certificato od altro titolo ... per tutti i medici che godano di tale diritto al 31/12/1994 ai sensi della direttiva 75/362/CEE e, alla data menzionata, siano stabiliti nel suo territorio ...".
Come già detto, la direttiva del Consiglio relativa alla formazione specifica in medicina generale è stata attuata nell’ordinamento italiano con il D.lgs. n. 256/91 che, dopo aver dettato norme sull’istituzione del corso, le modalità di ammissione e frequenza allo stesso, nonché l’efficacia dell’attestato, all’art. 6 disciplina i diritti acquisiti, individuando alcune categorie di soggetti cui è riconosciuto il diritto all’esercizio dell’attività indipendentemente dal possesso dell’attestato (tra cui i medici già titolari, al 31/12/94, di rapporto convenzionale), e rimettendo al decreto del Ministro della Sanità l’identificazione di ulteriori categorie, nel rispetto della direttiva n. 86/457/CEE.
In conformità, è intervenuto il D.M. 15/12/1994 il quale ha espressamente stabilito che, indipendentemente dal possesso degli attestati di formazione di cui agli artt. 1 e 2 del D.lgs. n. 256/91, tutti i medici abilitati all’esercizio professionale entro il 31/12/1994 hanno diritto ad esercitare l’attività professionale di medico di medicina generale nell’ambito del S.S.N., con i limiti e secondo le modalità previste dal rapporto convenzionale.
Questo è il background normativo, concernente i medici aspiranti all’incarico di medicina generale mediante l’instaurazione di un rapporto di lavoro autonomo, continuativo e coordinato, disciplinato, oltre che dall’accordo collettivo nazionale, recepito dal D.P.R. n. 484/96, in via generale anche dal D.lgs. 30/12/1992, n. 502, nel testo risultante dalle modifiche successivamente intervenute.
Resta da precisare che le aree di riserva tra medici in possesso dell’attestato di formazione ovvero di titolo equipollente previste dall’art. 20, VI comma, del D.P.R. n. 484/96 ai fini dell’assegnazione delle zone carenti di assistenza primaria e di continuità assistenziale, e la cui determinazione è rimessa ad intese regionali, trova fondamento legislativo nell’art. 8, I comma, lett. g) del suddetto D.lgs. n. 502/92, oggi divenuto lett. h), a seguito della modificazione della norma apportata dapprima dall’art. 8, I comma, del D.lgs. 19/6/1999, n. 229, e poi ancora dall’art. 6 del D.lgs. 28/7/2000, n. 254.
Per completezza, è opportuno evidenziare che l’art. 30 del citato D.lgs. n. 368/99, senza soluzione di continuità con le norme prima indicate, ed attuative della direttiva comunitaria 86/457/CEE, conferma che, in deroga a quanto previsto dall’art. 21 (che impone, per l’esercizio dell’attività di medico della medicina generale nell’ambito del S.S.N., il possesso del diploma di formazione specifica in medicina generale), hanno diritto ad esercitare l’attività professionale in questione i medici chirurghi abilitati all’esercizio professionale entro il 31/12/94.
Resta infine da ricordare come la direttiva 86/457/CEE del 15/9/1986, che ha dato luogo alla normativa statale relativa alla formazione specifica in medicina generale prima passata in rassegna, è stata successivamente abrogata dalla direttiva 93/16/CEE del 5/4/1993, la quale, per quanto riguarda la tematica dei diritti acquisiti, non presenta peraltro alcun profilo innovativo, come è agevole inferire anche dalla testuale identità dell’art. 36 della nuova direttiva con il vecchio art. 7 della precedente direttiva del Consiglio.
Terminata questa parentetica esposizione del dato normativo, e tornando alla decisione n. 1407/2000 del Consiglio di Stato, Sez. IV, si evince l’affermazione per cui l’applicazione del principio del c.d. "effetto utile" del diritto comunitario comporta che contrasterebbe con il sistema "ogni esegesi di sue singole norme che, al di fuori della tutela dei diritti acquisiti, che infatti trovano espresso riconoscimento già nella fonte comunitaria ed in quella primaria che ad essa dà attuazione, avesse l’effetto di pregiudicare, nell’assegnazione degli incarichi di medicina generale, i possessori dell’attestato di cui agli artt. 1, II comma, e 2, II comma, del D.lgs. n. 256/91, rispetto a soggetti che a parità di ogni altra condizione, siano privi di tale attestato".
Segue l’ulteriore statuizione secondo cui i medici in possesso di entrambi i titoli possono accedere ad entrambe le percentuali di riserva, in ogni caso facendo valere per intero il loro punteggio comprensivo dei 12 punti.
Ritiene in proposito questo Tribunale Amministrativo, richiamando i propri precedenti, di convenire con il Consiglio di Stato in ordine al fatto che i medici in possesso dell’attestato di formazione professionale possano accedere ad entrambe le riserve di posti per l’assegnazione delle zone carenti, ma di non poter invece concordare con il Giudice di seconde cure in ordine all’attribuzione ai medici da ultimo indicati dei 12 punti anche allorché concorrano nella percentuale dei posti a favore di medici in possesso del titolo equipollente.
Anzitutto perché un’attenta ricostruzione della normativa statale di recepimento consente di evidenziare come la effettiva graduatoria sia quella elaborata dalle singole Aziende U.S.L., nelle due distinte componenti evidenziate, e non già quella regionale, onde non ha senso parlare di un’unitaria ed irretrattabile attribuzione di punteggi per i titoli valutabili, e poi anche in considerazione del fatto che a questo Tribunale sembra ravvisabile una valorizzazione dell’effetto utile delle norme comunitarie (mirata al raggiungimento delle finalità dalle stesse perseguite) incompleta, o, forse meglio, parziale, e cioè, più precisamente, in favore dei soli medici in possesso dell’attestato di formazione, mediante una sorta di interpretatio abrogans della condizione, tutelata sempre dal diritto comunitario sotto forma di diritto acquisito, dei medici in possesso di titolo equipollente, perché abilitati all’esercizio professionale entro il 31/12/94.
Con riferimento a questo secondo profilo, che costituisce il fondamento della decisione del Consiglio di Stato, nella quale la norma comunitaria viene posta implicitamente a parametro di congruità della norma interna applicabile, in ragione anche del primato del diritto comunitario su quello interno, rileva il Collegio che la sentenza in questione tutela nella misura maggiore i medici che hanno frequentato il corso di formazione, evidenziando come l’istituzione dello stesso sia lo scopo essenziale della normativa comunitaria che ispira la riforma del criterio di attribuzione degli incarichi di medicina generale.
Riconoscendo in capo ai medici in possesso dell’attestato di formazione un titolo poziore che deve essere valutato in entrambe le percentuali di riserva, la decisione n. 1407/2000 del Consiglio di Stato sembra peraltro trascurare come la stessa direttiva comunitaria abbia ritenuto parimenti meritevole di tutela il diritto acquisito di esercitare l’attività di medico generale dei sanitari senza diploma, certificato od altro titolo, che godono di tale diritto al 31/12/94, con ciò escludendo di ravvisare nella stessa una marcata gerarchia di valori.
In questa prospettiva non sembra dunque cogliere l’effetto utile della norma comunitaria la decisione in esame laddove si limita ad affermare che l’attribuzione dei 12 punti ai medici forniti dell’attestato di formazione anche ove concorrano nella riserva dei posti dei possessori di titolo equipollente non preclude comunque a questi ultimi il conseguimento dell’incarico.
Conferma indiretta, ma significativa, dell’inadeguatezza della condizione in cui vengono a trovarsi i medici in possesso del titolo equipollente sembra del resto inferibile anche dall’innovativa previsione dell’art. 3 della legge 29/12/2000, n. 401, che ammette, a domanda, in soprannumero (ma senza diritto alla borsa di studio) ai corsi di formazione specifica in medicina generale i laureati in medicina e chirurgia iscritti al corso di laurea prima del 31/12/91 ed abilitati all’esercizio professionale, ed anche dalla riduzione del punteggio attribuito all’attestato di formazione (da 12 a 7,20 punti) disposta con il nuovo accordo collettivo per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, relativo al 2000, recepito con D.P.R. 28/7/2000, n. 270.
In un contesto siffatto, caratterizzato dal descritto contrasto giurisprudenziale, aggravato dalla circostanza per cui in alcune successive pronunce, invero rese in sede di appello cautelare avverso provvedimenti resi da questo Tribunale Amministrativo Regionale, il Consiglio di Stato non si è attenuto al poprio precedente, evidenziando come "... la complessità dei profili giuridici implicati non consente di prevedere, allo stato, con ragionevole valutazione, l’esito del ricorso ..." (così ad esempio Cons. Stato, Sez. V, ord. 7/3/2001, n. 1445), il Collegio ritiene, in conformità, del resto, di quanto richiesto da talune Aziende U.S.L. parti del giudizio, di dover sottoporre la relativa questione al vaglio della Corte di Giustizia delle Comunità europee ai sensi dell’art. 234 (già 177) del Trattato sull’Unione europea, vertendosi in presenza di un conflitto di interpretazione di una norma comunitaria derivata, parametro di congruità della norma interna, da cui dipende evidentemente la soluzione della controversia in esame.
Non ignora questo Tribunale Amministrativo che la Corte di Giustizia si è già pronunciata sulla tematica dei diritti acquisiti anteriormente all’1/1/95, affermando con la sentenza 16/10/1997 (cause riunite da C - 69/96 a C - 79/96, Garofalo ed altri / Ministero della Sanità ed altri) che l’art. 36 n. 2 della direttiva del Consiglio 93/16/CEE, intesa ad agevolare la libera circolazione dei medici ed il reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli, che ha sostituito l’art. 7 n. 2 della direttiva del Consiglio 86/457/CEE, deve essere interpretato nel senso che uno Stato membro può determinare i diritti acquisiti dei medici di medicina generale, in relazione a situazioni anteriori all’1/1/95, alla sola condizione che riconosca ai medici che vi si sono stabiliti in forza della direttiva del Consiglio 75/362/CEE (concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli di medico e comportante misure destinate ad agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi) il diritto di esercitare l’attività di medico di medicina generale nell’ambito del suo regime previdenziale, anche qualora essi non siano in possesso di una formazione specifica in medicina generale e non abbiano instaurato alcun rapporto di servizio con il regime previdenziale di tale Stato.
In tal caso peraltro questo Tribunale Amministrativo, proprio prendendo le mosse da questa sentenza, nei termini di rilevanza esposti in precedenza, intende sottoporre alla Corte i seguenti ulteriori quesiti pregiudiziali, idonei ad evidenziare la non identità con la questione già decisa :
1) se ai sensi dell’art. 7 n. 2 della direttiva 86/457/CEE e dell’art. 36 n. 2 della direttiva 93/16/CEE, ai fini dell’esercizio dell’attività di medico di medicina generale, l’abilitazione conseguita entro il 31/12/94 sia da considerarsi equipollente al conseguimento dell’attestato di formazione specifica in medicina generale;
2) se, ai sensi delle predette norme comunitarie, a fare tempo dall’1/1/95 il conseguimento dell’attestato di formazione in medicina generale consenta agli Stati membri di attribuire ai medici in possesso anche dell’abilitazione all’esercizio della professione conseguita entro il 31/12/94 un regime di favore, caratterizzato da una riserva di posti più ampia di quella riconosciuta rispettivamente ai possessori dell’uno o dell’altro titolo;
3) in ipotesi di risposta positiva al quesito precedente, se infine, tenendo conto della disciplina dei diritti acquisiti, la suesposta condizione consenta agli Stati membri di riconoscere ai suddetti medici un trattamento ulteriormente speciale con l’attribuzione in ogni caso di un punteggio aggiuntivo per il conseguimento dell’attestato di formazione.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Sezione I, riservata ogni ulteriore questione in rito, in merito e sulle spese, sospende il giudizio e dispone che la Segreteria provveda a trasmettere la presente ordinanza, unitamente agli atti di causa, alla Corte di Giustizia delle Comunità europee per la soluzione delle seguenti questioni pregiudiziali : 1) "se ai sensi dell’art. 7 n. 2 della direttiva 86/457/CEE e dell’art. 36 n. 2 della direttiva 93/16/CEE, ai fini dell’esercizio dell’attività di medico di medicina generale, l’abilitazione conseguita entro il 31/12/94 sia da considerarsi equipollente al conseguimento dell’attestato di formazione specifica in medicina generale"; 2) "se, ai sensi delle predette norme comunitarie, a fare tempo dall’1/1/95 il conseguimento dell’attestato di formazione in medicina generale consenta agli Stati membri di attribuire ai medici in possesso anche dell’abilitazione all’esercizio della professione conseguita entro il 31/12/94 un regime di favore, caratterizzato da una riserva di posti più ampia di quella riconosciuta rispettivamente ai possessori dell’uno o dell’altro titolo"; 3) "in ipotesi di risposta positiva al quesito precedente, se infine, tenendo conto della disciplina dei diritti acquisiti, la suesposta condizione consenta agli Stati membri di riconoscere ai suddetti medici un trattamento ulteriormente speciale con l’attribuzione in ogni caso di un punteggio aggiuntivo per il conseguimento dell’attestato di formazione in medicina generale".
Dispone che il presente provvedimento sia comunicato alle parti del giudizio.
Così deciso in Bari, nella camera di consiglio del 10.10.2001, con l’intervento dei Magistrati:
Gennaro Ferrari Presidente
Stefano Fantini Componente, Est.
Fabio Mattei Componente
Depositata in cancelleria il 14.12.2001.