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TAR TOSCANA, SEZ. I - Sentenza 23 febbraio 2000 n. 317 - Pres. Virgilio, Est. Colombati - Società Casa di cura Santa Chiara S.p.A. (Avv.ti Ragazzini e Maggiore) c. Regione Toscana (Avv. Baldi) e Azienda Sanitaria Locale di Firenze (Avv. Viciconte)

Ai sensi dell'art. 35 del decreto legislativo 31.3.1998 n. 80, va accolta la domanda avanzata da una Casa di cura nei confronti della autorità regionale tendente ad ottenere il risarcimento dei danni conseguenti ad un illegittimo provvedimento di diniego di autorizzazione all'installazione di macchinari per le prestazioni specialistiche di TAC e di risonanza magnetica (R.M.) e di illegittimo rifiuto di accreditamento della struttura, per essere stata costretta la Casa di cura ricorrente ad iniziare l'attività specialistica con notevole ritardo rispetto al momento in cui essa aveva maturato i requisiti e acquisito i titoli per lo svolgimento delle prestazioni (1).

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(1) Per la determinazione dell’ammontare del risarcimento - come risulta dalla motivazione della sentenza - il TAR ha fatto riferimento agli specifici conteggi, non contestati, prodotti dalla regione, senza dover ricorrere all'ausilio di una consulenza tecnica d'ufficio, sembrando quelli esaurienti e ragionevoli in quanto fondati sulle prestazioni che presuntivamente potevano essere effettuate in relazione alla potenzialità massima della struttura (TAC e RM).

Ha tuttavia rilevato che "ai fini della concreta quantificazione del danno, il criterio di cui sopra è soltanto orientativo e occorre considerare che una struttura nuova (TAC e RM), dal momento in cui inizia l'attività, non può ragionevolmente operare a pieno regime nella misura della sua potenzialità massima presunta, ma deve procurarsi la nuova clientela fino ad allora orientata necessariamente verso altre strutture già operanti; il che significa che la quantificazione del danno va effettuata, in via equitativa (secondo un criterio che può essere seguito anche dal giudice amministrativo, costituendo un principio generale dell'ordinamento) e sulla base di una ragionevole presunzione di ciò che sarebbero state le effettive prestazioni all'inizio dell’attività, nella misura di 1/10 rispetto all'ammontare che sarebbe spettato per una struttura che opera a pieno regime dopo un ragionevole periodo di avviamento".

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

PER LA TOSCANA

- I^ SEZIONE -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sui ricorsi nn. 4223 e 4224/98 proposto da SOCIETA' CASA DI CURA SANTA CHIARA S.p.A., in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione avv. Giorgio Casoni, rappresentata e difesa dagli avv.ti Antonio Ragazzini e Maria Giulia Maggiore ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Firenze, via Duca D'Aosta, 10;

c o n t r o

- la REGIONE TOSCANA, in persona del Presidente in carica della Giunta Regionale, rappresentata e difesa dall'avv. Enrico Baldi ed elettivamente domiciliata presso l'Avvocatura Regionale in Firenze, via Cavour, 18;

- l'AZIENDA SANITARIA LOCALE DI FIRENZE, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Gaetano Viciconte ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso in Firenze, via Zara, 7 (solo nel ric. n. 4224/98);

per la condanna

quanto al ric. n. 4223/98: al risarcimento dei danni conseguenti all'illegittimo provvedimento di rifiuto di accreditamento di cui alle lettere del dirigente dell'Area Servizi Sanitari in data 21.11.1996, 19.2.1997, 15.4.1997, annullato con sentenza n. 346 del 22.4.1998, con interessi e rivalutazione monetaria;

per l’accertamento

quando al ric. n. 4224/98: del diritto della ricorrente ad erogare tutte le prestazioni specialistiche richieste in regime di accreditamento; al pagamento di tutte le prestazioni specialistiche erogate nell'anno 1997, ed erogate ed erogande nell'anno 1998 secondo le tariffe già predeterminate dalla Regione; condanni la Regione Toscana e l'A.S.L. al pagamento della differenza tra quanto percepito a titolo di acconto e quanto spettante per legge, con interessi e rivalutazione monetaria.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione e dell'ASL;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato relatore, alla pubblica udienza del 16 giugno 1999, il Consigliere dott.ssa Marcella Colombati;

Uditi, altresì, per le parti l'avv. A. Ragazzini, l'avv. M.G. Maggiore l'avv. E. Baldi e l'avv. S. Cavini delegato da G. Viciconte;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

F A T T O

I) Con un primo ricorso (n. 4223 del 1998) notificato alla Regione toscana il 1°.12.1998, la Casa di cura S. Chiara, in persona del legale rappresentante avv. Giorgio Casoni, chiede, ai sensi dell'art. 35 del decreto legislativo 31.3.1998 n. 80, il risarcimento dei danni conseguenti all'illegittimo provvedimento di diniego di autorizzazione all'installazione di macchinari per le prestazioni specialistiche di TAC e di risonanza magnetica (R.M.) e di rifiuto di accreditamento della struttura - provvedimento annullato con sentenza di questo Tar, II sezione, n. 346 del 22.4.1998 - per essere stata costretta ad iniziare l'attività specialistica di cui sopra con notevole ritardo rispetto al momento in cui essa aveva maturato i requisiti e acquisito i titoli per lo svolgimento delle prestazioni, e cioè per il periodo di forzata inattività dal 27.9.1996 (data di autorizzazione all'installazione dei macchinari) al 14.7.1997 (data in cui la ricorrente, in esecuzione dell’ordinanza di sospensione di questo Tar, II sezione, n. 259 del 29.5.1997, è stata con delibera regionale n. 814/97 iscritta nell'elenco delle strutture accreditabili).

Assume che il rilascio dell'autorizzazione regionale all'impianto di strumenti di TAC e RM presuppone l'accertamento dei requisiti stabiliti per lo svolgimento delle prestazioni specialistiche in favore dei soggetti assistiti dalle Usl, nel senso che la struttura autorizzata ha diritto a svolgere le prestazioni stesse, previa l'iscrizione nell'elenco delle strutture accreditabili. Chiede pertanto il risarcimento, oltre che dei danni sopra specificati per la forzata inattività, anche dei danni per "la mancata copertura - che doveva derivare dai proventi di cui sopra - dei finanziamenti occorsi per dotarsi degli impianti di TAC e RM e comunque per i ritardati ammortamenti" nonché dei danni conseguenti alla mancata produzione", per il periodo di inattività, "di un fatturato di modo che il tetto finanziario per gli anni successivi non è stato commisurato al fatturato storico bensì definito artificialmente"; il tutto per una cifra complessiva di lire 5 miliardi o di altra ritenuta di giustizia, con interessi e rivalutazione monetaria.

Si è costituita in giudizio la Regione toscana, opponendosi all'impugnativa e fornendo in ogni caso dati di risarcimento in misura inferiore di quella richiesta.

II) Con un secondo ricorso (n. 4224/98) notificato il 1°.12.1998 alla Regione toscana e alla Usl 10 di Firenze, la Casa di cura S. Chiara ha chiesto la declaratoria del proprio diritto ad erogare tutte le prestazioni specialistiche richieste in regime di accreditamento e ad essere retribuita per tutte le prestazioni specialistiche erogate nel 1997 ed erogate ed erogande nel 1998 secondo le tariffe predeterminate dalla Regione, nonché la condanna della Regione al pagamento della differenza tra quanto percepito a titolo di acconto e quanto spettante per legge, con interessi e rivalutazione monetaria dal dì del dovuto al saldo.

Assume che, a seguito delle vicende ricordate nell'altra impugnativa e dei ritardi della Regione, essa aveva potuto iniziare l'attività in regime di accreditamento nel settembre 1997 e che, con atto del 30.12.1997 integrativo al contratto per la specialistica, venivano incluse tra le prestazioni convenzionabili anche quelle di TAC e RM. e veniva stabilito che per il 1997 (e cioè per la parte dell'anno in cui la casa di cura aveva potuto svolgere la sua attività) il tetto finanziario fosse di 200 milioni; per il 1998, non essendo previsto alcun tetto finanziario, la casa di cura ha erogato "a pieno titolo" tutte le prestazioni richiestele; per il 1997 essa ha ricevuto soltanto lire 48.755.00 (a fronte della richiesta di lire 162.112.000) e per il 1998 le sono state corrisposte solo lire 96.996.000 a fronte di una richiesta di lire 369.279.000.

Osserva che, ai sensi della normativa che si è succeduta dalla legge di delega n. 421 del 1992 in tema di razionalizzazione della disciplina in materia sanitaria e del nuovo sistema di superamento del regime delle convenzione e della sostituzione con quello dell'accreditamento delle strutture basato su rapporti comportanti la corresponsione di un corrispettivo predeterminato a fronte della prestazione resa, sul principio della libertà di scelta dell'assistito tra strutture pubbliche e private operanti in piena parità, sorge il diritto alla pretesa patrimoniale che non può essere disatteso dalla mancata stipula per il 1998 della convenzione o del contratto perché l’obbligo del pagamento delle prestazioni erogate sorge dalla legge per le strutture accreditate. Illegittima sarebbe la tesi regionale che per il 1998 essa non avrebbe potuto pretendere più di 200 milioni, secondo il criterio del fatturato storico ricavabile dall'anno precedente; nel suo caso, avendo essa iniziato l'attività soltanto nel settembre 1998, il dato storico sarebbe fuorviante in relazione all'intero periodo annuale e un tetto di finanziamento comunque determinato non può retroagire e limitare il diritto della casa di cura ad ottenere la retribuzione sulla base delle tariffe regionali; inoltre una determinazione che volesse distribuire tra le imprese le prestazioni, sulla base del periodo in cui un'impresa è sul mercato, si porrebbe in contrasto con i principi della concorrenza, come rilevato dall'Autorità Garante della concorrenza e del mercato con segnalazione al Parlamento e al Governo del 26.6.1998, secondo cui "la programmazione delle prestazioni erogabili sulla base dei tetti di spesa individuati per ciascuna struttura operante in regime di servizio nazionale, inibisce la concorrenza fra gli erogatori delle prestazioni sanitarie, comportando un minor incentivo ai miglioramenti dei livelli di efficienza e di qualità dell’assistenza erogata".

Si sono costituite in giudizio la Regione toscana e l'Azienda sanitaria 10 di Firenze, opponendosi al ricorso.

III) All'udienza del 16 giugno 1999, chiamati entrambi i ricorsi, gli stessi sono stati trattenuti in decisione sull'accordo delle parti.

D I R I T T O

1) Per evidenti motivi di connessione soggettiva ed oggettiva i due ricorsi vanno riuniti per essere decisi con unica sentenza.

2) Le questioni oggetto del presente giudizio attengono a pretese avanzate dalla ricorrente; quella azionata con il primo ricorso (n. 4223/98) attiene al risarcimento del danno derivatole dalla inattività nell'erogazione delle prestazioni specialistiche a causa di un illegittimo provvedimento di diniego di accreditamento poi annullato da questo Tar; la seconda (ricorso n. 4224/98) si sostanzia nella tesi che la ricorrente, in qualità di struttura accreditata per le prestazioni specialistiche di TAC e di risonanza magnetica (RM), avendo potuto iniziare ad erogarle soltanto dal 14 luglio 1997 - in virtù di un provvedimento regionale che aveva fatto applicazione dell'ordinanza di accoglimento della sospensiva di questo Tar emessa in un giudizio rivolto dalla stessa ricorrente avverso il diniego di accreditamento -, ed avendo stipulato il contratto con la Azienda Usl 10 di Firenze soltanto il 30.12.1997, ritiene che il tetto finanziario ivi previsto per il 1997, pari a lire 200 milioni, debba intendersi riferito alla parte dell'anno in cui essa ha potuto svolgere l'attività e che pertanto non può costituire la base per il tetto finanziario del 1998.

3) Per quanto attiene al primo ricorso, va ricordato che il sistema della riforma sanitaria del 1992 (legge di delega n. 421 del 1992 e decreto legislativo n. 502 del 1992) è cosi articolato: in primo luogo è disciplinata l' "autorizzazione" all'esercizio delle attività sanitarie che rappresenta il presupposto necessario per l'erogazione di prestazioni sanitarie da parte di soggetti pubblici e privati; detta autorizzazione è subordinata al possesso di requisiti minimi strutturali, tecnologici e organizzativi, sia generali che specifici, in relazione alla tipologia di attrezzature per la quale è richiesta, ma il suo conseguimento non comporta l'automatico riconoscimento della struttura sanitaria a far parte dei soggetti erogatori di prestazioni per conto e a carico del servizio sanitario nazionale. La seconda fase è costituita dall' "accreditamento", che deve essere richiesto alla regione da parte dei soggetti già autorizzati all'esercizio delle attività sanitarie, e che ha sostituito il regime del convenzionamento previsto dalla legge n. 833/78; condizione per l'accreditamento è l'accettazione del sistema della remunerazione a prestazione sulla base di tariffe predeterminate dalle regioni. La terza fase è costituita dall'accordo o contratto che il soggetto accreditato stipula con la struttura sanitaria pubblica (azienda Usl) e che si basa sulla programmazione regionale e locale delle attività sanitarie per il perseguimento degli obiettivi della riforma tra i quali preminente è quello del contenimento della spesa sanitaria.

Nella odierna fattispecie la casa di cura ricorrente è stata autorizzata, con delibera regionale n. 6451 del 27.9.1996, "ad aprire al pubblico i servizi di TAC e RM" a seguito del parere favorevole della Commissione regionale per la prevenzione dai rischi da radiazioni ionizzanti di cui alla legge regionale n. 27 del 1977 (doc. n. 11, depositato il 26.5.1999); in data 22.10.1996 ha chiesto alla Regione di poter erogare le prestazioni nell'ambito del servizio sanitario nazionale di competenza regionale (doc. n. 13); dopo un illegittimo diniego (poi annullato da questo Tar con sentenza n. 346/98 che ha consolidato gli effetti dell'ordinanza di accoglimento della sospensiva del 29.5.1997) con delibera regionale n. 814 del 14.7.1997 è stata inserita nell'elenco delle strutture accreditate per l'erogazione delle prestazioni specialistiche richieste (doc. n. 21) soltanto a partire da quest'ultima data; chiede pertanto il risarcimento dei danni, nella misura di 5 miliardi o altra ritenuta di giustizia, in conseguenza della forzata inattività dal 27.9.1996 (data di autorizzazione) al 14.7.1997 (data di accreditamento), e quindi per oltre nove mesi.

La Regione toscana nella sua memoria, depositata il 4 giugno 1999, espone dei conteggi sulle prestazioni che potevano essere erogate dalla casa di cura ricorrente in quel periodo di tempo (con ciò riconoscendo il diritto al risarcimento dei danni a causa del comportamento dilatorio illegittimo della p.a.), conteggi che non sono stati contestati dalla ricorrente nemmeno all'udienza pubblica, essendosi essa limitata in quella sede a ribadire la richiesta, già contenuta nel ricorso, di una consulenza tecnica di ufficio sul punto.

In presenza di specifici conteggi, non contestati, ritiene il Collegio di far propri quelli regionali, senza dover ricorrere all'ausilio di una consulenza tecnica d'ufficio, sembrando quelli esaurienti e ragionevoli in quanto fondati sulle prestazioni che presuntivamente potevano essere effettuate in relazione alla potenzialità massima della struttura (TAC e RM), come evidenziato nella delibera regionale di accreditamento n. 814/97.

Deve però rilevarsi che, ai fini della concreta quantificazione del danno, il criterio di cui sopra è soltanto orientativo e occorre considerare che una struttura nuova (TAC e RM) dal momento in cui inizia l'attività non può ragionevolmente operare a pieno regime nella misura della sua potenzialità massima presunta, ma deve procurarsi la nuova clientela fino ad allora orientata necessariamente verso altre strutture già operanti; il che significa che la quantificazione del danno va effettuata, in via equitativa (secondo un criterio che può essere seguito anche dal giudice amministrativo, costituendo un principio generale dell'ordinamento) e sulla base di una ragionevole presunzione di ciò che sarebbero state le effettive prestazioni all'inizio dell’attività, nella misura di 1/10 rispetto all'ammontare che sarebbe spettato per una struttura che opera a pieno regime dopo un ragionevole periodo di avviamento.

Pertanto ritiene il Collegio di dover riconoscere a titolo di risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 35 del decreto legislativo n. 80 del 1998 e alla luce dell'insegnamento di cui alla sentenza delle Sezioni unite della Cassazione n. 500 del 1999, che non ha escluso la risarcibilità degli interessi pretensivi del tipo di quelli ora azionati, e secondo il criterio equitativo di cui sopra, la somma di lire 121.904.000 (pari a i/10 di lire 1.219.040.000, che rappresenta la sommatoria di lire 608.000.000 per la TAC e di lire 611.040.000 per la risonanza magnetica) per il periodo dell'anno 1996 (27.9.96 - 31.12.96).

Per i restanti sei mesi e mezzo del 1997 (dal 1.1.1997 al 14.7.1997), applicando gli stessi criteri, ma dovendosi altresì rispettare il tetto di spesa annuale determinato dal fatturato dell'anno precedente (delibera Giunta regionale n. 231 del 3.3.1997, non impugnata), si può pervenire a una quantificazione del danno pari alla stessa cifra di lire 121.904.000, ma ridotta per il periodo considerato di sei mesi e mezzo e pari quindi a lire 66.031.329 (121.904.000: 12 per 6,5).

Complessivamente pertanto la Regione Toscana deve essere condannata al pagamento in favore della ricorrente, a titolo di risarcimento del danno per l'intero periodo di forzata inattività, della somma di lire 187.935.329 (lire 121.904.000 + 66.031.329), oltre interessi e rivalutazione monetaria come per legge.

Le spese per questo primo ricorso possono essere compensate in considerazione della novità della materia.

4) Quanto al secondo ricorso (n. 4224/98) con il quale si chiede dichiararsi il diritto della ricorrente a vedersi corrisposto il pagamento di tutte le prestazioni specialistiche erogate negli anni 1997 e 1998 senza limitazione di tetti finanziari e quindi la condanna della p.a. a corrispondere la differenza tra quanto anticipato e quanto dovuto, va premesso quanto segue.

Con contratto in data 13.11.1997 la casa di cura ha convenuto con l'Azienda sanitaria Usl 10 di Firenze che le prestazioni specialistiche, per le quali la ricorrente era già iscritta negli elenchi allegati alla delibera 616/96 (ivi non comprese TAC e RM) sarebbero state erogate nella forma indiretta (secondo quanto previsto nella delibera regionale n. 122 del 23.4.1997); che dal 1.8.1997 per tali prestazioni non sarebbe stata più necessaria la preventiva autorizzazione della Usl; che "oggetto del contratto sono esclusivamente le prestazioni previste dal nomenclatore tariffario regionale" di cui alfa delibera G.R. n. 229 del 3.3.1997, lett. C; che dal 1.5.1997 le prestazioni per le quali era in precedenza prevista la forma indiretta sono ammesse alla forma diretta senza previa autorizzazione dell'Asl; che le tariffe sono quelle previste nelle delibere regionali (nn. 229/97 e 616/96) al netto delle quote di partecipazione a carico del fruitore della prestazione (art. 7 del contratto); che la casa di cura si impegna a eseguire in forma diretta prestazioni secondo scadenze temporali (1°, 2° e 3° quadrimestre 1997) e limiti di volume finanziario (rispettivamente lire 380 milioni, 402 milioni e 432 milioni) e che i "valori finanziari" riportati nel contratto sono comprensivi delle prestazioni già eseguite "dal 1.1.1997 e fino alla data di decorrenza del nuovo rapporto costituito con il presente contratto" (art. 8 del contratto); che, in caso di superamento dei tetti finanziari quadrimestrali, il compenso alla casa di cura è abbattuto per gli importi eccedenti i rispettivi tetti quadrimestrali; che possono esservi compensazioni tra i tre quadrimestri; che, superati i valori dei tetti contrattati, la casa di cura ha l'onere di informare il richiedente la prestazione che può rivolgersi ad altra struttura e, in caso che questi opti per la casa di cura, essa è tenuta ad applicare a carico del paziente le tariffe previste da un sistema tariffario approvato dall'ordine professionale competente (art. 10 del contratto); che il nuovo rapporto opera dal 13.11.1997 al 31.12.1997 e l'Asl riconosce alla casa di cura il diritto di percepire i compensi per le prestazioni eseguite dopo la cessazione del precedente rapporto contrattuale scaduto il 31.12.1996 e la firma del nuovo accordo (13.11.1997) alle condizioni e entro i limiti previsti nel nuovo contratto (art. 17).

Con atto del 30.12.1997. aggiuntivo al contratto per la specialistica testé illustrato, la Usl 10 e la casa di cura hanno convenuto che il contratto 13.11.1997 riguardava la sola assistenza in forma diretta; che si rendeva pertanto necessario integrarlo prevedendo, in applicazione della delibera G.R. n. 122/97, anche le prestazioni di Tac e RM da erogarsi in forma indiretta, "secondo le tariffe massime previste dalle specifiche determinazioni della Giunta regionale" e con un tetto di volume finanziario di lire 200 milioni per il 1997 "comprensivo anche delle prestazioni per le quali sia stato richiesto il pagamento al cittadino che le ha fruite limitatamente alla quota per la quale è ammesso il rimborso da parte dell'Azienda".

Orbene da tali non del tutto chiare clausole convenzionali si può ricavare che effettivamente, tenendo conto del periodo di forzata inattività per quanto riguarda le prestazioni di Tac e RM, di cui si è detto con riferimento al ricorso precedente, e considerato che tali prestazioni la casa di cura ha potuto cominciare ad erogarle soltanto dal settembre 1997, il tetto di 200 milioni convenzionalmente stabilito non può che riferirsi all'ultimo quadrimestre dell'anno 1997; pertanto per quell'anno la casa di cura ha diritto a percepire quanto fatturato (lire 162.112.000, dedotta la quota già percepita pari a lire 48.755.500, e quindi lire 113.356.500, con interessi e rivalutazione monetaria) perché la cifra richiesta rientra nel tetto finanziario (lire 200 milioni) previsto per la parte utile dell'anno medesimo.

Per l'anno 1998, invece, non risulta depositato agli atti del giudizio nessun contratto. Il d.p.r. 14 gennaio 1997, che reca l'atto statale di indirizzo e coordinamento alle Regioni in materia di requisiti minimi per l'esercizio delle attività sanitarie, precisa all'art. 2, comma 7, che "la qualità di soggetto accreditato non costituisce vincolo per le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate, al di fuori degli appositi rapporti di cui all'art. 8, commi 5 e 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502 e successive modifiche e integrazioni, nell'ambito del livello di spesa annualmente definito". La legge regionale 2 gennaio 1995 n. 1, prevede che le aziende sanitarie locali procedano "alla definizione degli appositi rapporti di cui all'art. 8...". Di qui la necessità della costituzione di un rapporto contrattuale tra la ASL e la struttura accreditata.

In proposito la ricorrente afferma, soltanto nella sua memoria depositata il 4 giugno 1999 (pag. 2), che sarebbe stato stipulato un contratto in data 23.12.1998 con un tetto sempre di 200 milioni; mentre la Asl 10 nella memoria (pag. 4) sostiene che "fra Usl e S. Chiara non è stata stipulata apposita convenzione per le prestazioni di TAC e RM per il 1998"; la Regione toscana, dal canto suo, nella propria memoria (pag. 12) fa riferimento a un contratto concluso anche per il 1998 per le prestazioni di TAC e RM, senza depositare alcun documento.

In presenza di tali carenze, il Collegio reputa necessario acquisire sul punto documentati chiarimenti, come pure è necessario acquisire, oltre al contratto tra la ricorrente e la ASL di Firenze per l'anno 1998, copia della delibera G.R. n. 152 del 23.2.1998 ("individuazione dei tetti di fabbisogno delle attività sanitarie e disposizioni relative alle procedure di contrattazione delle attività specialistiche), citata nella delibera n. 574 del 8.6.1998 che ha recepito l accordo tra Regione, aziende sanitarie locali e associazioni della ospedalità privata e che funge da presupposto per i successivi contratti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione I^, così provvede:

1) riunisce i ricorsi in epigrafe;

2) ACCOGLIE il ricorso n. 4223 del 1998 e, per l'effetto, condanna la Regione Toscana al risarcimento dei danni in favore della casa di cura ricorrente nella misura specificata in motivazione (lire 187.935.329), con interessi e rivalutazione monetaria come per legge; spese compensate;

3) ACCOGLIE in parte il ricorso n. 4224 del 1998 limitatamente alla pretesa patrimoniale riferita alle prestazioni effettuate nell'anno 1997 e, per l'effetto, condanna la Asl 10 di Firenze al pagamento in favore della ricorrente del residuo dovuto pari a lire 113.356.500 con interessi e rivalutazione monetaria come per legge;

4) sempre per il ricorso n. 4224 del 1998, riservata la pronuncia sulle pretese patrimoniali riferite all'anno 1998, ORDINA alla ASL 10 di Firenze e alla Regione toscana di depositare la richiesta documentazione entro 30 giorni dalla comunicazione della presente sentenza in via amministrativa ovvero dalla sua notifica a cura di parte se antecedente.

5) riserva la pronuncia sulle spese del giudizio riferito al ricorso n. 4224 del 1998.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso in Firenze, il 16 giugno 1999, dal Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, in Camera di Consiglio, con l'intervento dei signori:

Avv. Riccardo VIRGILIO - Presidente

Dott.ssa Marcella COLOMBATI - Consigliere, est.rel.

Dott. Saverio ROMANO - Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 23 FEB. 2000

Firenze, lì 23 Feb. 2000

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