TAR TOSCANA, SEZ. I - Ordinanza 7 marzo 2001 n. 671 (atto di promovimento - in G.U. n. 37 del 26-9-2001) - Pres. Lazzeri, Est. Migliozzi - Forti ed altro (Avv.ti Campagni e Astorri) c. Comune di Porto Azzurro (n.c.).
Edilizia ed urbanistica - Abusi edilizi - Provvedimenti repressivi - Disciplina prevista dall’art. 31 L. reg. Toscana n. 52/1999 - Attribuzione delle competenze in materia al Sindaco piuttosto che ai dirigenti - In contrasto con il principio di separazione tra politica ed amministrazione previsto dalla legislazione statale - Questione di legittimità costituzionale - Va sollevata con riferimento agli artt. 97 e 128 Cost.
Va sollevata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 31 punto 2, della L. reg. Toscana 14 ottobre 1999 n. 52, per contrasto con gli artt. 97 (primo e secondo comma) e 128 della Costituzione, nella parte in cui, a proposito delle opere eseguite in assenza di concessione, in totale difformità o con variazioni essenziali, stabilisce espressamente che: "Il sindaco, accertata l'esecuzione di opere in assenza di concessione, in totale difformità ovvero con variazioni essenziali determinate ai sensi dell'art. 32, ingiunge la demolizione".
Tale norma sembra contrastare con quanto previsto dalla legislazione statale ed in particolare con l’art. 51 della citata legge n. 142/1990 e successive modificazioni ed integrazioni che, nel solco della separazione delle competenze, individua come competenza dei dirigenti l'adozione di atti che impegnano l'ente all'esterno tra cui (comma 3, lett. f-bis) "tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale nonchè ipotesi di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative previste dalla legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell'abusivismo edilizio e paesaggistico-ambientale".
Per l'annullamento
del provvedimento a firma del dirigente settore urbanistica ed edilizia del comune di Porto Azzurro n. 54 del 4 ottobre 2000 recante ingiunzione di demolizione di opere edilizie ritenute abusivamente realizzate.
(omissis)
F a t t o
I ricorrenti, signori Marco e Roberto Forti, espongono di essere comproprietari di un fabbricato per il quale era stata rilasciata da parte del comune di Porto Azzurro la concessione edilizia n. 865 del 26 novembre 1991 per un ampliamento di detto edificio. Successivamente, nel 1996 e nel 1998, venivano assentite, sempre in ordine all'anzidetto fabbricato, alcune opere in variante all'originario progetto. Con provvedimento n. 54 del 4 ottobre 2000 il dirigente del settore urbanistico ed edilizia privata del comune di Porto Azzurro, sul rilievo che erano stati eseguiti lavori in difformità alla concessione edilizia n. 1127/1998, ingiungeva ai ricorrenti di demolire le opere abusivamente eseguite e di ripristinare lo stato dei luoghi.
Gli interessati hanno impugnato tale provvedimento, deducendone la illegittimità per i seguenti motivi:
1) incompetenza relativa. Violazione e/o falsa applicazione di legge (art. 51, legge n. 142/1990 e art. 31, l.r. Toscana n. 52/1999, principi desumibili) posto che la competenza ad adottare l'atto sanzionatorio de quo spettava unicamente al sindaco e non già al dirigente;
2) illegittimità e/o nullità per carenza di un elemento essenziale dell'atto amministrativo. Eccesso di potere per inintellegibilità e per illogicità in quanto nella parte dispositiva del provvedimento impugnato è del tutto omessa la descrizione delle opere che si dovrebbe demolire;
3) ulteriore violazione e/o falsa applicazione di legge (art. 3, legge n. 241/1990). Eccesso di potere per omessa e/o insufficiente motivazione;
4) ulteriore violazione e/o falsa applicazione di legge (artt. 7 e 12, legge n. 47/1985; artt. 31 e 36, l.r. Toscana n. 52/1999, principi desumibili). Eccesso di potere per difetto dei presupposti, travisamento dei fatti ed omessa e/o insufficiente istruttoria;
5) ulteriore violazione e/o falsa applicazione di legge (artt. 7 e 8, legge n. 241/1990; principi desumibili). Eccesso di potere per violazione del c.d. giusto procedimento.
D i r i t t o
Il collegio, chiamato a pronunciarsi, sia pure in sede di disamina dell'istanza cautelare di sospensione dell'esecuzione, sulla legittimità o meno del provvedimento del dirigente del comune di Porto Azzurro recante ingiunzione di demolizione di opere ritenute abusivamente eseguite, deve assegnare assoluta priorità alla censura di incompetenza dedotta nei confronti dell'atto impugnato, col primo mezzo di gravame.
In particolare, il suindicato profilo di illegittimità viene formulato con riferimento a quanto previsto dalla legge regionale della Toscana n. 52 del 14 ottobre 1999, dal titolo "Norme sulle concessioni, le autorizzazioni e le denuncie d'inizio delle attività edilizie. Disciplina dei controlli nelle zone soggette a rischio sismico. Disciplina del contributo di concessione. Sanzioni e vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia. Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 23 maggio 1994, n. 39 e modifica della legge regionale 17 ottobre 1983, n. 69", lì dove, all'art. 31, punto 2, a proposito delle opere eseguite in assenza di concessione, in totale difformità o con variazioni essenziali, è sancito espressamente che: "Il sindaco, accertata l'esecuzione di opere in assenza di concessione, in totale difformità ovvero con variazioni essenziali determinate ai sensi dell'art. 32, ingiunge la demolizione".
Questo giudice dubita della legittimità costituzionale di tale norma per cui ritiene doverne rimettere d'ufficio l'esame alla Corte costituzionale sotto i profili che seguono.
In punto di rilevanza, è necessario premettere che, dovendosi fare necessariamente applicazione della norma di cui all'art. 31 della l.r. n. 52/1999, per essere stato l'atto impugnato adottato successivamente all'entrata in vigore della suddetta legge, la questione di costituzionalità della richiamata disposizione legislativa risulta essere del tutto evidente.
D'altra parte ancorchè coinvolgente un vizio di natura formale, quale l'individuazione dell'organo o ufficio competente ad adottare il provvedimento qui impugnato, sussiste pur sempre un interesse in capo al ricorrente a veder rimosso, sia pure ai sensi e per gli effetti di cui sopra, l'atto oggetto di gravame. E la questione, otre che rilevante, appare non manifestamente infondata.
La legge n. 142 dell'8 giugno 1990 recante la riforma dell'ordinamento delle autonomie locali, ha introdotto il principio della separazione fra attività di indirizzo e controllo ed attività di gestione, stabilendo, in particolare, all'art. 51, secondo comma, che "i poteri di indirizzo e di controllo spettano agli organi elettivi mentre la gestione amministrativa è attribuita ai dirigenti".
Questa tendenza di separazione tra le competenze in tema di indirizzo e di controllo, proprie degli organi politici, e quelle relative all'attività di gestione è stata via via scandita, puntualizzata e resa irreversibile da varie tappe legislative particolarmente significative che possono così riassumersi:
a) il d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, che, in evidente attuazione del principio di buona amministrazione ed imparzialità della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) ha ribadito (art. 3) il principio della necessaria separazione;
b) la legge 15 maggio 1997, n. 127, che ha modificato in parte qua l'anzidetto art. 51 della citata legge n. 142/1990 reiterando ancora una volta il principio della separazione ed elencando in via esemplificativa, una serie di materie di natura gestionale ascritte alla competenza funzionale dei vertici burocratici dell'ente;
c) il d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, che ha espressamente enunciato che tutte le competenze già ascritte agli organi di governo devono essere intese ipso iure trasferite all'apparato burocratico;
d) la legge 16 giugno 1998, n. 191, che, sempre nel solco della separazione delle competenze, ha integrato la elencazione di cui sopra. Così l'art. 51 citato, come modificato e integrato, individua come competenza dei dirigenti l'adozione di atti che impegnano l'ente all'esterno tra cui (comma 3, lett. f-bis) "tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale nonchè ipotesi di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative previste dalla legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell'abusivismo edilizio e paesaggistico-ambientale".
Il disegno legislativo come sopra delineato, dunque, ha inteso, in modo inequivocabile, affermare due ambiti di potere nettamente distinti di cui uno relativo all'assetto organizzativo dell'amministrazione di guisa che l'adozione degli atti di gestione, provvedimentali o negoziali che siano, deve essere rimessa al soggetto inserito nella struttura burocratica dell'ente, quello stesso che è abilitato ad attivare il procedimento amministrativo di definizione del rapporto giuridico coinvolgente compiti di gestione e che è in grado di condurre o coordinare la relativa attività istruttoria nonchè di completarla secondo le regole dettate in subjecta materia, ivi compreso, ove possibile, l'esercizio del potere di discrezionalità.
Ma se così è, la norma di cui al punto 2 dell'art. 31 della legge regionale della Toscana n. 52/1999 non può andare esente da fumus di incostituzionalità.
Invero, con detta disposizione il legislatore regionale prevede l'assegnazione di una funzione gestionale ad un organo politico (il sindaco, appunto) introducendo una scelta istituzionale ed organizzativa esplicitamente aborrita da una normativa statale di principio quale quella recata dalla legge n. 142/1990, in particolare dall'art. 51 così come successivamente integrato e modificato.
E d'altra parte il principio consolidato di separazione, nell'ente locale, tra competenze tecnico-gestionali e quelle di indirizzo costituisce una diretta applicazione del più generale principio del buon andamento e imparzialità dell'amministrazione solennemente sancito dall'art. 97, primo comma, della Costituzione.
Ora se è vero (com'è vero) che secondo il disegno delineato dalla Costituzione la produzione normativa in materia di organizzazione degli uffici pubblici è finalizzata ad assicurare il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione, determinando, tra l'altro, "le sfere di competenze, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari (comma 2 dello stesso art. 97), occorre prendere atto che la norma regionale de qua, nell'attuare inopinatamente e irrazionalmente una deroga al principio di separazione delle competenze, si pone in contrasto con i dettami di cui all'art. 97 della Costituzione (commi 1 e 2). Ma dalla suindicata norma regionale deriva un ulteriore vulnus ad altri principi costituzionali nei sensi che qui di seguito si vanno ad illustrare.
È noto che gli enti locali godono di un'autonomia costituzionalmente (artt. 5 e 128 Cost.) garantita e nell'ambito di tale autonomia, quella organizzatoria assume una rilevanza particolare, derivante proprio dalla nozione di ente autonomo.
Ora nella nozione di organizzazione rientrano la struttura degli uffici, la definizione e ripartizione delle funzioni, non dimenticando che nella materia organizzatoria gli enti locali territoriali godono sì di autonomia, ma non di sovranità e perciò stesso sono sottoposti a precisi limiti fissati dalla legislazione statale a garanzia dei valori costituzionali dell'unità della Repubblica, oltrechè dell'eguaglianza dei cittadini e dell'imparzialità e buon andamento dell'amministrazione.
Viene allora in rilievo l'art. 128 della Costituzione secondo cui "le Province e i comuni sono enti autonomi nell'ambito dei principi fissati da leggi generali della Repubblica, che ne determinano le funzioni".
Spetta dunque, per effetto dell'anzidetta norma costituzionale, al legislatore statale intervenire per dettare con leggi generali i principi nel cui ambito si esplica l'autonomia dell'ente, come ad esempio quello della separazione delle competenze.
Alla luce dell'ordito costituzionale e legislativo testè richiamato, quanto previsto dall'art. 31, punto 2, della legge regionale Toscana n. 52/1999 si configura come una indebita ingerenza nell'esercizio di un potere normativo che in subjecta materia spetta unicamente allo Stato.
La Regione Toscana nel sottrarre, con l'anzidetta norma, la competenza all'adozione degli atti di gestione all'apparato burocratico del comune devolvendola al sindaco ha introdotto una modifica legislativa che poteva essere attuata, in ossequio al disposto di cui al citato art. 128 della Costituzione, ad opera di una legge statale, sicchè è da ritenersi ipotizzabile il contrasto della norma legislativa regionale in questione con il comma di cui all'art. 128 Cost.
Per le considerazioni che precedono, dunque, va sollevata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 31 punto 2, della l.r. Toscana n. 52 del 14 ottobre 1999 per contrasto con gli artt. 97 (primo e secondo comma) e 128 della Costituzione, dovendosi, quindi investire il giudice delle leggi delle questioni sopra precisate e disponendo conseguentemente la sospensione del presente giudizio nelle more della pronuncia a rendersi da parte della Consulta.
P.Q.M.
Non definitivamente pronunciando, dichiara rilevante per la pronuncia e non manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale dell'art. 31, punto 2, della legge regionale Toscana n. 52 del 14 ottobre 1999 per contrasto con gli artt. 97 e 128 della Costituzione.
Sospende, in conseguenza, il giudizio in corso e ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale a cura della segreteria del tribunale.
Accoglie, nelle more, l'istanza cautelare avanzata nei confronti del provvedimento sanzionatorio impugnato.
Ordina che, a cura della medesima segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente della giunta regionale della Regione Toscana nonchè comunicata al presidente del consiglio regionale della Regione Toscana.
Così deciso in Firenze, addì 7 marzo 2001
Il Presidente: Lazzeri
Il consigliere relatore: Migliozzi.