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n. 12-2002 - © copyright.

TAR VALLE D’AOSTA - AOSTA - Sentenza 19 dicembre 2002 n. 160 - Pres. Guida, Est. Vigotti - Bordet (Avv. Carnelli) c. Comune di Champorcher (n.c.) - (respinge).

1. Edilizia ed urbanistica - Abusi edilizi - Diffida alla riduzione in pristino - Ingiunzione a demolire - Spazio di tempo trascorso dalla realizzazione dell’abuso - Inerzia della P.A. - Irrilevanza - Obbligo dell’amministrazione di provvedere all’eliminazione dell’abuso - Sussiste - Legittimità - Fattispecie.

2. Edilizia ed urbanistica - Abusi edilizi in area sottoposta a vincolo paesaggistico - Diffida alla riduzione in pristino - Ingiunzione a demolire - Motivazione in ordine alla sussistenza delle ragioni di pubblico interesse - Richiamo del parere del servizio tutela del paesaggio - Sufficienza - Ragioni.

3. Edilizia ed urbanistica - Abusi edilizi - Diffida alla riduzione in pristino - Ingiunzione a demolire - Onere dell’amministrazione di verificare di ufficio la sanabilità dell’abuso prima di sanzionarlo - Non sussiste.

1. L’avere consentito, da parte della P.A., il permanere, per un determinato arco di tempo, di un immobile abusivamente realizzato in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, non esime, di per sé, l’amministrazione dall’obbligo di provvedere all’eliminazione del manufatto; ciò vale tanto più quando il lasso di tempo trascorso dal momento in cui l’abuso edilizio è stato commesso, non sia di particolare rilevanza, e sussistano sicure ragioni di interesse pubblico a supporto del provvedimento ripristinatorio (alla stregua del principio è stato ritenuto non particolarmente rilevante un periodo di tempo di dodici anni dalla realizzazione della costruzione abusiva).

2. E’ sufficiente, al fine di dimostrare la sussistenza di ragioni di pubblico interesse, il richiamo, contenuto nel provvedimento di diffida alla riduzione in pristino e di ingiunzione a demolire il manufatto privo del titolo abilitativo, del parere del servizio tutela del paesaggio che riferisca in ordine agli effetti di forte degrado provocati in un ambito di notevole interesse paesistico–ambientale dal fabbricato abusivo.

3. L’amministrazione non ha l’onere, prima di procedere a sanzionarlo, di verificare ex officio la sanabilità dell’abuso edilizio, essendo evidente che ad attivare il relativo procedimento deve essere il privato interessato.

 

Commento di

OTTAVIO CARPARELLI

(Avvocato)

Abusi edilizi: il tempo non è "galantuomo"

Con la sentenza in rassegna il T.A.R. della Valle D’Aosta, ha respinto il ricorso proposto avverso un’ordinanza sindacale, recante ordine di demolizione di un fabbricato adibito a stalla, e contestuale ripristino dei luoghi, ubicato nel territorio del Comune di Champorcher (Aosta) realizzato senza titolo abilitativo, in area di particolare interesse ambientale e sottoposta a vincolo paesaggistico.

L’istante, avverso il menzionato provvedimento sanzionatorio adottato dal Sindaco della pittoresca località di alta montagna, ha proposto sostanzialmente due censure:

- il lungo tempo passato dall’edificazione abusiva e l’evidenza del fabbricato avrebbero cancellato la rilevanza della mancanza di titolo abilitativo;

- il difetto di motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse sottese al provvedimento sanzionatorio, unitamente all’asserita omessa valutazione della P.A. sulla sanabilità del manufatto.

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Differente l’avviso dei Giudici amministrativi della Valle D’Aosta, che, di contro, hanno ritenuto irrilevante il dato fattuale del decorso del tempo dalla realizzazione dell’abuso (nella specie dodici anni), non potendo considerarsi, il tempo, fattore idoneo ad avvolgere, in una veste di legittimità, un immobile abusivamente realizzato, perché costruito in totale assenza del permesso di costruire.

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L’Organo giurisdizionale adìto, tra l’altro, non ha tralasciato di confermare e consolidare implicitamente, noti principi, ex artt. 3 e segg. l.n. 241/1990, sull’obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi, sull’onere di attivazione, gravante sul privato interessato, del procedimento amministrativo finalizzato ad ottenere un atto di assenso edificatorio in sanatoria, e, infine, sulla necessità di acclarare comunque la sussistenza di ragioni, attuali e concrete, di pubblico interesse, prima che la P.A. adotti un provvedimento sanzionatorio in materia urbanistica ed edilizia.

A tal proposito si evidenzia che il Tar Valdostano, nella fattispecie sottoposta al Suo sindacato, ha evidentemente ritenuto legittimo l’ordine di demolizione, perché:

- ) come noto, l’abuso edilizio ha carattere permanente, che perdura sino a quando il contravventore continua a violare l’obbligo di restitutio in integrum (1);

-) l’ordine di demolizione, nella specie, era sicuramente mirato, trattandosi di zona di notevole interesse paesistico-ambientale, al ripristino dell’assetto urbanistico-edilizio violato;

-) ancorché, come noto, l’ordine di demolizione abbia natura di atto vincolato, ha ritenuto sufficiente e, nel contempo, necessaria (2), per superare l’eventuale affidamento ingenerato in capo al privato dall’inerzia della p.a., la motivazione per relationem posta a base del provvedimento ripristinatorio.

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La singolare tesi dell’istante, sotto un certo profilo, è, se non altro, di sicura attualità, sul rilievo che, da una parte, ripropone la più vasta problematica del tempo, dello spazio e della certezza dell’azione amministrativa, e, dall’altra, richiama la recentissima "querelle" nazionale di un possibile ulteriore maxi condono in materia edilizia.

In vero, se, per assurdo, fosse risultata fondata la tesi avanzata con il gravame, i provvedimenti legislativi in virtù dei quali è possibile sanare gli abusi edilizi commessi e le tassative condizioni di norma in essi contenuti, non avrebbero, mai più, ragion d’essere.

 

 

Note:

(1) V. T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 17 ottobre 1994, n. 357, in Foro It., 1995, III, 266.

(2) V., in argomento, Cons.Stato, Sez. V, 19 marzo 1999, n. 286, in Il Consiglio Stato, 1999, I, 403, secondo cui, con riferimento all’ordine di demolizione, è : "… configurabile un onere di motivazione solo nel caso in cui il lungo decorso del tempo fra la realizzazione dell’opera abusiva e l’adozione della misura repressiva abbia ingenerato, a causa dell’inerzia della Pubblica amministrazione, un affidamento in capo al privato".

 

 

per l’annullamento

dell’ordinanza sindacale n. 4/2001, recante ordine di demolizione di fabbricato adibito a stalla e contestuale ripristino dei luoghi, e di qualsiasi atto connesso.

(omissis)

FATTO

Bordet Roberto espone di detenere in affitto alcuni fondi rustici siti nel comune di Champorcher, dove conduce il proprio bestiame che ricovera, nottetempo, in una stalla realizzata dodici anni orsono dal precedente affittuario. In forza di segnalazione del corpo forestale valdostano, l’amministrazione comunale ha sollecitato chiarimenti circa la regolarità urbanistica di tale manufatto e, non essendo stato reperito alcun titolo abilitativo, il sindaco ha dapprima diffidato gli interessati alla riduzione in pristino, con provvedimento del 17.1.2001, e, con l’ordinanza impugnata, ha ingiunto la demolizione. Il ricorrente chiede l’annullamento, previa sospensione, di tale provvedimento, sostenendone l’illegittimità, in quanto il lungo tempo trascorso dall’edificazione e l’evidenza del fabbricato hanno cancellato la rilevanza della mancanza di titolo abilitativo, mentre l’amministrazione ha omesso di esplicitare qualsiasi motivazione circa l’interesse pubblico sotteso alla determinazione sanzionatoria e non ha valutato la sanabilità del manufatto.

Con ordinanza in data 20.6.2001 l’istanza cautelare è stata accolta.

Chiamato all’udienza odierna il ricorso è passato in decisione.

DIRITTO

La palese infondatezza del ricorso esime il Collegio dall’esaminarne l’ammissibilità, alla luce della mancata impugnazione della diffida al ripristino dello stato dei luoghi notificata al ricorrente il 30.1.2001.

Il ricorso pretende, in sostanza, che il fabbricato di cui è causa, abusivamente edificato su area sottoposta a vincolo paesaggistico e carente di qualsiasi titolo abilitativo, abbia ricevuto una sorta di legittimazione per effetto del tempo passato dalla sua realizzazione (dodici anni) e dell’inerzia conservata dall’amministrazione. La tesi è sfornita di qualsiasi fondamento, essendo evidente che, di per sé, l’aver consentito il permanere di un abuso non esime l’amministrazione dall’obbligo di provvedere alla sua eliminazione, tanto più quando, come nella specie, il tempo trascorso non sia di particolare rilevanza e sussistano sicure ragioni di interesse pubblico a supporto del provvedimento ripristinatorio. La censura in esame non è apprezzabile neppure in termini di carenza di motivazione in ordine alle ragioni di tutela dell’interesse pubblico perseguito, posto che, comunque, il provvedimento impugnato richiama il parere 19.2.2001 del servizio tutela del paesaggio del competente assessorato regionale, che puntualmente riferisce gli effetti di forte degrado provocati in un ambito di notevole interesse paesistico-ambientale dal fabbricato abusivo.

Neppure può pretendersi, come vorrebbe il ricorrente, che l’amministrazione abbia l’onere di verificare la sanabilità dell’abuso, prima di procedere a sanzionarlo, essendo evidente che ad attivare il relativo procedimento deve essere il privato interessato: e nella specie non risulta che il Bordet abbia neppure avanzato domanda in tal senso.

In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Non è luogo a pronuncia sulle spese, non essendosi costituita l’amministrazione intimata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo della Valle d’Aosta, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Nulla per le spese.

Così deciso in Aosta, nella camera di consiglio del 14 novembre 2002.

Antonio GUIDA – Presidente

Roberta VIGOTTI – Consigliere estensore

Depositata in Segreteria in data 19 dicembre 2002.

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