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n. 2-2002 - © copyright.

TAR VENETO, SEZ. I – Sentenza 4 febbraio 2002 n. 435 Pres. Baccarini, Est. La Guardia – Ivone Cacciavillani (Avv. se stesso) c. Ente Autonomo La Biennale di Venezia (Avv.ra Stato) e Martin Scorsese (n.c.) – (dichiara il ricorso inammissibile).

1. Giurisdizione e competenza – Generalità – Impugnativa della determinazione del Direttore della Biennale di Venezia di invitare alla Mostra del cinema un film – Effettuata per una presunta offesa arrecata dal film al sentimento religioso del ricorrente – Difetto di giurisdizione del G.A.

2. Giustizia amministrativa – Interesse all’impugnazione - Impugnativa della determinazione del Direttore della Biennale di Venezia di invitare alla Mostra del cinema un film – Proposta da un privato cittadino – Inammissibilità per assenza di una posizione qualificata e differenziata.

1. Non rientra nella giurisdizione del Giudice amministrativo ma in quella dell’A.G.O. una azione promossa da un privato cittadino avverso la determinazione del direttore della Mostra Biennale di Venezia di invitare alla Mostra del cinema un film (nella specie, si trattava del film del regista Scorsese "L’ultima tentazione di Cristo"); con tale azione, giustificata da una presunta offesa arrecata dal film al  sentimento religioso del ricorrente, si fa valere infatti un diritto soggettivo e precisamente un diritto della personalità, non suscettibile, peraltro, di alcun tipo di degradazione o compressione per effetto dell’agire della pubblica amministrazione.

2. Non sussiste la legittimazione di un privato cittadino ad impugnare la determinazione del direttore della Mostra Biennale di Venezia di invitare alla Mostra del cinema un film, atteso che in tale ipotesi il ricorrente non è portatore di un interesse personale, differenziato dagli altri soggetti dell’ordinamento, alla rimozione dell’atto amministrativo impugnato: tale atto (il mero invito alla mostra di un film straniero), peraltro, non cagiona nessun pregiudizio giuridicamente rilevante al ricorrente, ma un pregiudizio di mero fatto.

 

 

per l'annullamento

della determinazione del Direttore della Mostra di invitare alla mostra del Cinema del 1988 il film america del regista Scorsese "L’ultima tentazione di Cristo"; nonché di ogni altro atto del Consiglio Direttivo del detto Ente, che abbia comunque conferito al predetto Direttore, il mandato o anche soltanto la facoltà di incarico di scegliere i film da inviare alla mostra del Cinema del 1988 o che abbia comunque ratificato o approvato ex post l’operato del Direttore della Mostra espletato in esecuzione di tale mandato, o che comunque abbia invitato tale film alla detta manifestazione;

Visto il ricorso, notificato il 13.9.1988 ed il 24.10.1988 e depositato presso la Segreteria il 19.9.19988 ed il 29.10.1988, con i relativi allegati;

visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Ente Autonomo la Biennale di Venezia;

visti gli atti tutti della causa;

uditi all'udienza pubblica del 21 giugno 2001 (relatore il consigliere Silvia La Guardia) l'avv. Ivone Cacciavillani in proprio; nessuno comparso per l’Ente intimato;

ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO E DIRITTO

Il ricorrente impugna la determinazione del direttore della mostra della Biennale del Cinema di Venezia volta ad invitare alla mostra stessa, nell’ano 1988, il film del regista americano Martin Scorsese "L’ultima tentazione di Cristo", ritenendo che tale atto importi violazione di legge, e segnatamente dell’art. 9/b della L. n. 438 del 1973, e comunque sia affetto di una forma di eccesso di potere per sviamento, in quanto non dovrebbe esservi dubbio in ordine alla qualificabilità come blasfemo del film in questione (valutazione rilevante nel nostro ordinamento giuridico in virtù della tutela del "valore religioso", in relazione al combinato disposto dall’art. 724 c.p. e – soprattutto ormai – degli artt. 7 e 8 della Costituzione).

L’ampia e pregevole illustrazione dei fondamenti dottrinali e teologici cristiani in relazione ai quali le tematiche e le modalità di trattazione di esse, quali emergono dal film in oggetto, si paleserebbero venate di blasfemia e come tali inaccettabili per l’ordinamento giuridico italiano – pur se suscettibile di venire integrata dalla considerazione dei numerosi contributi critici e valutativi provenienti, talora anche in termini alquanto più sfumati, da osservatori pure di promanazione della Chiesa cattolica (v. ritagli giornalistici in atti) non esime preliminarmente il Collegio dall’affrontare, secondo l’ordine delle questioni nella naturale scansione tra valutazione preliminare di rito e solo successiva ed eventuale decisione della fondatezza in merito, le questioni relative alla sussistenza della giurisdizione nonché alla sussistenza di un interesse legittimo personale e diretto.

Nei termini che seguiranno, questa valutazione preliminare, ad avviso del Collegio, conduce ad un esito negativo che preclude l’accesso alla decisione di merito.

L’esperta e pregevole difesa del ricorrente, naturalmente, si avvede di questa questione pregiudiziale e, a sostegno della legittimazione al ricorso, allega l’avvenuta offesa al proprio sentimento religioso per effetto di un tale atteggiamento "pubblico" (l’invito alla Biennale di un film tanto controverso e problematico). Se ne desumerebbe che ogni cittadino portatore di un analogo sentimento religioso – nella specie probabilmente non provato e documentato in causa in capo al ricorrente, ma che non si ha difficoltà a ritenere del tutto credibile sarebbe legittimato a dolersi in queste o analoghe occasioni; ed ognuno vede quanto frequenti e numerose possono essere le analoghe occasioni da ultimo accennate.

In sostanza parte ricorrente incentra sulla titolarità di un diritto di personalità, vale a dire di un diritto costituzionalmente garantito e pieno, non suscettibile peraltro di alcun tipo di degradazione o compressione per effetto dell’agire della pubblica amministrazione, la propria legittimazione al presente ricorso.

Esplicito è infatti anche l’apparentamento della fattispecie, per quanto di ragione, a quella in cui i singoli cittadini si fanno portatori in sede giudiziale del proprio diritto alla salute. Impostati su tali basi il discorso relativo alla sussistenza dei presupposti processuali della condizioni all’azione, non si tarda a scorgere che l’iniziativa processuale rivela un duplice lineamento di criticità: per un primo verso, la puntualizzazione della titolarità di una diritto soggettivo fondamentale appartenente al novero delle garanzie costituzionali del diritto di personalità, individuerebbero non già nella giurisdizione amministrativa sugli interessi legittimi e sui diritti soggettivi devoluti a giurisdizione esclusiva ratione materiae, quanto, piuttosto, nella generale e residuale giurisdizione del giudice ordinario e segnatamente di quella civile, la giurisdizione confacente per il tipo di doglianze fatta valere: essa infatti, al di là del formale rivolgersi nei confronti della determinazione di un organo dell’Ente Autonomo la Biennale di Venezia (quella di mero invito del film alla mostra), si rivolte all’evidenza nei confronti del comportamento dell’Ente di rappresentare pubblicamente il film, posto che solo questo comportamento, e non già in sé e per sé la determinazione di invito, espone a repentaglio – secondo la tesi del ricorrente, ben inteso – il detto sentimento religioso e il correlato diritto fondamentale di garanzia della persona. Emerge per conseguenza che la giurisdizione ordinaria avrebbe potuto, ben meglio, verosimilmente, di quella amministrativa, somministrare, se del caso, e quindi sulla base di un approfondito vaglio della verosimile fondatezza della azione di merito, idonee tutele cautelari anticipatorie ex art. 700 c.p.c. volte, financo, ripetesi se del caso, a inibire la proiezione del film durante la mostra (salvo, naturalmente, doversi affrontare in quella sede il nodo cruciale del contemperamento fra il diritto fondamentale fatto valere dall’attore ed il diritto alla libertà di espressione e di informazione del pubblico).

Per altro verso, tuttavia convergente, ove non si ponga al centro del quesito della legittimazione ad agire la titolarità di un diritto soggettivo assoluto, non si tarderebbe a constatare come il ricorrente non sia portatore di un interesse personale, differenziato dagli altri soggetti dell’ordinamento, alla rimozione dell’atto amministrativo impugnato: tale atto – ripetesi il mero invito alla mostra di un film straniero –non cagiona nessun pregiudizio giuridicamente rilevante al ricorrente, se non un pregiudizio di fatto.

Ecco dunque che, a prescindere dal discorso in ordine alla tutelabilità dei diritti soggettivi fondamentali avanti al loro giudice naturale (da tempo chiaramente impostato dalle Sezioni unite della S.C. ed esso almeno non inciso sulle riforme del biennio 1998-2000 del campo e del significato della giurisdizione esclusiva), appare manifestamente strumentale il tentativo di enucleare uno specifico interesse legittimo al sindacato giurisdizionale della conformità a legge nonché agli standards dell’eccesso di potere di un atto (interno oltretutto), dell’Ente Autonomo La Biennale di Venezia, che nella specie altro non rappresenta se non la cura dell’interesse pubblico a fare in modo che la mostra sia maggiormente rappresentativa e maggiormente universale possibile, impregiudicata la tutela dei diritti soggettivi dei singoli – avanti alla giurisdizione ordinaria – ove qualcuno di detti films, in questo caso con la concorrente responsabilità eventualmente anche di chi ha indetto la mostra e l’ha organizzato in un certo qual modo, dovesse risultare lesivo di un diritto del genere anzidetto.

Per l’effetto questo Collegio ritiene di dover dichiarare il difetto di giurisdizione in ordine al diritto soggettivo posto al centro del ricorso e a tutti i suoi corollari e, a parte ciò, l’inammissibilità del ricorso per carenza di un interesse personale ad ottenere il sindacato da parte del giudice amministrativo della determinazione di invito alla mostra del film "L’ultima tentazione di Cristo".

Sussistono nella specie evidenti quanto giusti motivi, attesa la novità della fattispecie e la impegnatività delle questioni teoriche che esse sollevano, per dichiarare compensate integralmente le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima sezione, definitivamente pronunziando sul ricorso in premessa, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, lo dichiara inammissibile.

Compensa le spese e competenze del giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, in camera di consiglio il 21.6.2001.

Il Presidente          L'Estensore

Pubblicata il 4 febbraio 2002

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