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n. 5-2002 - © copyright.

TAR VENETO, SEZ. I – Sentenza 4 aprile 2002 n. 1270 - Pres. Baccarini, Est. Gabbricci - Cooperativa sociale consortile a r. l. "Verona Unita" ed altri (Avv. Farinea) c. Azienda Unità Locale Socio Sanitaria n. 20 di Verona (Avv.ti Poli, Volpato e Maritato) e Cooperativa Sociale Quadrifoglio, a r.l. (Avv. Pavanini) - (previa riunione di vari ricorsi, li accoglie).

1. Contratti della P.A. - Bando - Impugnativa immediata - Occorre solo nel caso di clausole che inibiscono la partecipazione - Impugnazione congiunta all’atto applicativo - Ammissibilità negli altri casi.

2. Contratti della P.A. - Appalto di servizi - Mediante il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa - Ex artt. 12 ss. D.L.vo n. 157/95 - Previsione di due distinte fasi (individuazione tutti gli aspiranti in possesso dei requisiti tecnici ed economici minimi ed individuazione dell’offerta più vantaggiosa) - Commistione tra le due fasi - Impossibilità - Utilizzazione in prevalenza dei criteri soggettivi per individuare l’offerta economicamente più vantaggiosa - Illegittimità.

3. Contratti della P.A. - Aggiudicazione - Annullamento - Nel caso di utilizzazione di criteri illegittimi di valutazione delle offerte - Annullamento parziale - Impossibilità - Ripetizione delle operazioni di valutazione - Necessità.

4. Contratti della P.A. - Gara - Negli appalti con criteri selettivi non automatici - Potere della Commissione di gara di precisare i criteri di valutazione delle offerte - Possibilità - Condizioni - Specificazione dei criteri prima dell’apertura delle buste recanti le offerte dei partecipanti - Necessità - Ragioni - Fattispecie.

1. Le clausole illegittime eventualmente contenute nel bando di gara vanno di regola impugnate unitamente al provvedimento applicativo di aggiudicazione, salvo che esse inibiscano all’interessato la stessa partecipazione alla gara, provocando in tal modo una lesione immediata della sua posizione di interesse (1).

2. Nella licitazione privata in materia di servizi, le disposizioni, contenute negli artt. 12 ss. del d. lgs. 17 marzo 1995, n. 157, che prevedono l’aggiudicazione della gara a favore dell’offerta economicamente più vantaggiosa, separano nettamente i criteri soggettivi di prequalificazione – cui si riferiscono appunto gli artt. 12 segg. - da quelli oggettivi, attinenti all’aggiudicazione, quali indicati negli art. 22 e 23: una distinzione che è inderogabile, oltre a corrispondere a comuni criteri di razionalità. E’ pertanto illegittimo l’operato di una stazione appaltante, la quale, nella fase di aggiudicazione, per individuare l’offerta economicamente più vantaggiosa, ha utilizzato, almeno in prevalenza, criteri soggettivi, riferiti cioè al concorrente per tale, e non all’offerta da questi presentata, operando così una palese violazione del principio di separazione tra i criteri soggettivi ed oggettivi previsto dalla legge.

3. Nel caso in cui i criteri impiegati dal seggio di gara per valutare le offerte siano errati, deve procedersi alla rinnovazione dell’intera gara, non potendosi viceversa annullare parzialmente i punteggi attribuiti, salvaguardando cioè quelle sole valutazioni qualitative immediatamente riferibili al progetto presentato, così da pervenire ad una nuova graduatoria in cui la sua offerta si collocherebbe al primo posto: così operando, invero, il giudice di fatto attuerebbe, del tutto indebitamente, una procedura di gara affatto distinta da quella bandita dall’Amministrazione, con regole diverse da quelle in base alle quali i concorrenti avevano predisposto le loro offerte.

4. In tema di gare indette dall’Amministrazione per l’aggiudicazione di appalti mediante criteri selettivi non automatici, la commissione tecnica può legittimamente esercitare il potere-dovere di introdurre elementi per specificare e puntualizzare i criteri generali di valutazione, già indicati nel bando di gara o nella lettera di invito, ovvero dei sottocriteri di adattamento dei criteri generali o regole specifiche sulle modalità di valutazione solo quando vi provveda prima dell’apertura delle buste recanti le offerte dei partecipanti (3), poiché la conoscenza, anche solo eventuale, delle offerte, costituisce un dato di fatto potenzialmente deviante in quanto mette in condizione la commissione di plasmare i criteri o parametri specificativi adottandoli ai caratteri specifici delle offerte, conosciute o conoscibili, sì da sortire un effetto potenzialmente premiale nei confronti di una o più imprese (4).

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(1) V. in questo senso tra le altre: Cons. Stato, Sez. V, 28 agosto 2001, n. 4529; id. 27 giugno 2001, n. 3507, 29 gennaio 1999, n. 90, 3 settembre 1998, n. 591, 23 aprile 1998, n. 123; VI, 6 ottobre 1999, n. 1326; id. 30 settembre 1997, n. 1418; C.d.S, II, 7 marzo 2001, n. 149, in Cons. Stato, 2001, pag. 1534 segg., anche per gli ulteriori riferimenti giurisprudenziali e, nella materia intuitivamente analoga dei concorsi pubblici, da ultimo VI, 2 marzo 2001, n. 1194.

Come lealmente si dà atto nella motivazione della sentenza in rassegna, presso il Consiglio di Stato recentemente si va affermando un orientamento giurisprudenziale secondo il quale «l’impresa partecipante ad una gara pubblica è tenuta ad impugnare immediatamente, senza attendere l’atto applicativo, le clausole del bando (o della lettera-invito) relative ai criteri per la scelta del contraente ed al modus procedendi fissato per il funzionamento della commissione giudicatrice, in tutti i casi in cui ne faccia discendere in via immediata e diretta sia l’illegittimità dell’aggiudicazione ad altra impresa, sia il pregiudizio sofferto; ciò nel presupposto che l’asserita lesività di tali clausole non si manifesta per la prima volta con l’aggiudicazione, ma nel momento anteriore in cui sono assunte come regole con le quali l’amministrazione autolimita la propria libertà di apprezzamento» (così, in motivazione Cons. Stato, Sez. V, 17 maggio 2000, n. 2884; e, nello stesso senso, id., 22 marzo 1999, n. 302; 11 gennaio 1999, n. 1757; 11 maggio 1998, n. 225).

Per una critica di quest’ultimo orientamento v. S. BACCARINI, Clausole "non escludenti" dei bandi di gara ed onere di impugnazione autonoma delle stesse: un inattendibile orientamento del Consiglio di Stato, in questa Rivista Internet, pag. http://www.giustamm.it/articoli/baccarini_bandi.htm

Ha osservato in proposito il T.A.R. Veneto che l’esercizio dell’azione giurisdizionale presuppone l’attualità dell’interesse ad agire, di cui è inscindibile componente l’utilità della pronuncia giurisdizionale che si richiede, rispetto all’interesse sostanziale che da cui è mosso il ricorrente.

La pur illegittima prescrizione del bando di gara, qualora non escluda ex se, con l’immediata estromissione dalla procedura in corso, il potenziale concorrente da ogni possibilità di conseguire l’aggiudicazione, non lo pregiudica in modo certo ed attuale, ma soltanto potenziale ed ipotetico, giacché egli potrebbe ottenere il vantaggio sperato – e cioè l’aggiudicazione – nonostante la prescrizione illegittima, ovvero non ottenerlo a prescindere da tale disposizione.

È dunque soltanto a conclusione della procedura di gara che l’interesse all’impugnazione delle previsioni di bando diviene normalmente attuale, interesse che non può dunque coincidere con un’astratta pretesa obiettiva alla legalità dell’azione amministrativa.

(2) V. in tal senso T.A.R. Toscana, Sez. II, 12 luglio 2000, n. 1640, secondo cui la procedura d’aggiudicazione deve seguire due distinte fasi nella prima delle quali l’Amministrazione individua tutti gli aspiranti in possesso dei requisiti tecnici ed economici minimi e sufficienti ad assicurare, secondo esperienza, lo svolgimento del servizio da affidare.

In seguito a tale selezione si procede alla scelta della migliore offerta presentata degli ammessi, avvalendosi di parametri che si riferiscano essenzialmente al contenuto della proposta per tale, e non ai concorrenti (già ritenuti tutti adeguati): possono così essere senz’altro esclusi quei parametri che si riferiscono alla capacità economica dell’impresa, ovvero ai mezzi ed al personale non direttamente impiegati nella prestazione da appaltare, con l’eccezione di quelle particolari qualità, le quali rifluiscano con immediata evidenza sulla proposta stessa, come, ad esempio – con riguardo al merito tecnico - una particolare esperienza nello svolgimento di prestazioni analoghe da parte del personale direttamente impiegato; e sempre purché siffatti elementi, sostanzialmente ibridi, non abbiano un rilievo preponderante nella scelta.

V. anche Cons. Stato, Sez. V, 15 giugno 2001, n. 3187, secondo cui il quadro normativo distingue chiaramente tra i requisiti tecnici di ammissione alla gara e gli elementi valutabili in sede di esame dell’offerta ed anche il merito tecnico risulta correlato essenzialmente «alle caratteristiche oggettive dell’offerta del concorrente, piuttosto che alle qualità soggettive, le quali, comunque, non possono assumere, almeno di regola, un peso sproporzionato, rispetto agli altri elementi».

Ha osservato inoltre il T.A.R. Veneto che la violazione del principio di separazione risulta ancor più evidente se si faccia riferimento alla disciplina comunitaria in materia ed in particolare alla direttiva del Consiglio 92/50/CEE del 18 giugno 1992, la quale coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, al capitolo 2, indica i "criteri di selezione qualitativa" degli aspiranti - come lo stesso capitolo 2 li definisce - e fissa quindi una serie di previsioni (artt. 29 – 35) in gran parte corrispondenti a quelli esposti negli artt. 12 e seguenti del d. lgs. 157/95, il quale ha, del resto, recepito tale direttiva.

(3) Cfr. da ultimo Cons. Stato, Sez. V, 26 gennaio 2001, n. 264, in questa Rivista Internet, pag. http://www.giustamm.it/private/cds/cds5_2001-264.htm; conf. id. 23 marzo 2000, n. 1614.

(4) Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 20 dicembre 1999, n. 2117.

Ha osservato il T.A.R. Veneto che tale soluzione esegetica ha trovato recentemente conferma nel d.p.c.m. 27 febbraio 1997, n. 116 (regolamento per l’aggiudicazione degli appalti di servizi in materia di architettura, ingegneria e di altri servizi tecnici), il quale, all’art. 3, 3° comma, consente alla commissione giudicatrice di suddividere alcuni elementi di valutazione (come il merito tecnico e le caratteristiche qualitative) in sub-elementi, determinando i relativi sub-pesi, e fissando il limite massimo di apprezzamento, in stretta aderenza all’oggetto del servizio, ma ciò soltanto «prima dell’apertura dei plichi».

Alla stregua del principio è stato ritenuto illegittimo l’operato della commissione giudicatrice, atteso che la capacità economica dei partecipanti era nota all’Amministrazione sin dalla fase di prequalificazione, e, dunque, ipoteticamente conoscibile dalla commissione giudicatrice prima della fissazione di un sottocriterio, che avrebbe potuto perciò essere definito anche in modo da favorire l’uno o l’altro concorrente.

 

 

per l’annullamento

a) del bando di gara per licitazione privata 11 ottobre 2001, n. 1995, dell’A.S.S.L. 20 di Verona, per l’affidamento dei servizi socio-sanitari, per il periodo di un anno, presso l’Istituto C.E.R.R.I.S. di Verona, approvato con deliberazione 11 ottobre 2000, n. 1246, nonché dell’art. 26 del capitolato speciale d’appalto richiamato nel bando (riordinare);

b) del verbale dei lavori della Commissione incaricata della valutazione tecnico qualitativa delle offerte relative all’affidamento dei servizi socio sanitari presso l’istituto C.E.R.R.I.S., e, in particolare:

b1) dell’atto di fissazione dei criteri di attribuzione dei punteggi ivi comprese le "griglie" fissate "per ciascuna delle categorie di punteggio indicate all’art. 26 del Capitolato di gara";

b2) dei punteggi attribuiti alle partecipanti;

b3) dell’atto con il quale è stata aggiudicata la gara al raggruppamento temporaneo di imprese costituito da Quadrifoglio S.c.a.r.l. di Pinerolo (capogruppo) ed Universiis S.c.a.r.l. di Udine, avente come capogruppo la Società Cooperativa Quadrifoglio,

b4) nonché dell’eventuale atto di recepimento da parte della Azienda USSL 20 di Verona degli atti di gara;

c) degli atti antecedenti, presupposti, preordinati, preparatori, consequenziali ovvero comunque connessi

nonché per l’accertamento e la condanna al risarcimento del danno sofferto.

(omissis)

FATTO

L’Azienda U.S.L. 20, con determinazione 11 novembre 2000, n. 1946, indisse una licitazione privata per l’aggiudicazione annuale dei servizi socio sanitari presso l’Istituto C.E.R.R.I.S. a favore dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ex art. 23, lett. b), del d. lgs. 17 marzo 1995, n. 157.

A compimento della procedura di gara, fu dichiarato vincitore il raggruppamento temporaneo d’imprese costituito da Quadrifoglio S.c.a.r.l. (capogruppo) ed Universiis S.c.a.r.l..

Avverso il provvedimento di aggiudicazione hanno proposto separati ricorsi - rispettivamente rubricati ai nn. 1991 e 2374/01 - il secondo classificato, l’associazione formata da Cooperativa sociale consortile a r.l. "Verona Unita", "Cercate", cooperativa sociale a r.l. e "Casa nostra", cooperativa sociale a r.l., nonché la terza graduata, composta da "Codess Sociale" cooperativa sociale a r.l., Azalea Cooperativa Sociale a r.l., e Farsi Prossimo, cooperativa sociale di solidarietà a r.l..

Si sono costituiti in giudizio sia la A.S.S.L. 20 che il raggruppamento controinteressato, concludendo per la tardività, e, comunque, per l’infondatezza dei ricorsi.

DIRITTO

1.1. Entrambe i ricorrenti (i cui gravami possono essere riuniti per l’evidente connessione oggettiva), con argomentazioni nella gran parte coincidenti, censurano l’aggiudicazione rilevando anzitutto l’illegittimità di una parte dei criteri per la valutazione delle offerte, stabiliti dal bando di gara: i relativi parametri si riferirebbero, in misura preponderante, a qualità soggettive dei concorrenti, e non al valore oggettivo delle offerte presentate.

Peraltro, secondo l’Amministrazione resistente ed il raggruppamento controinteressato, una siffatta censura sarebbe irricevibile, giacché la stessa avrebbe dovuto essere proposta nei sessanta giorni dalla conoscenza del bando e del capitolato, in cui tali parametri, con i relativi punteggi, erano stati definiti: termine che era pacificamente spirato quando i ricorsi de quibus furono notificati.

1.2. Il Collegio non ignora che, presso il giudice d’appello, si è andato recentemente affermando un orientamento giurisprudenziale, secondo il quale «l’impresa partecipante ad una gara pubblica è tenuta ad impugnare immediatamente, senza attendere l’atto applicativo, le clausole del bando (o della lettera-invito) relative ai criteri per la scelta del contraente ed al modus procedendi fissato per il funzionamento della commissione giudicatrice, in tutti i casi in cui ne faccia discendere in via immediata e diretta sia l’illegittimità dell’aggiudicazione ad altra impresa, sia il pregiudizio sofferto; ciò nel presupposto che l’asserita lesività di tali clausole non si manifesta per la prima volta con l’aggiudicazione, ma nel momento anteriore in cui sono assunte come regole con le quali l’amministrazione autolimita la propria libertà di apprezzamento» (così, in motivazione C.d.S., V, 17 maggio 2000, n. 2884; e, nello stesso senso, id., 22 marzo 1999, n. 302; 11 gennaio 1999, n. 1757; 11 maggio 1998, n. 225).

Tuttavia, la Sezione ritiene preferibile aderire al diverso orientamento, seguito da un rilevante numero di decisioni, per il quale le clausole illegittime espresse nella lex specialis di gara vanno impugnate unitamente al provvedimento applicativo di aggiudicazione, salvo che esse inibiscano inevitabilmente all’interessato la stessa partecipazione alla gara, provocando in tal modo una lesione immediata della sua posizione di interesse (cfr. ex pluribus, C.d.S., V, 28 agosto 2001, n. 4529; id. 27 giugno 2001, n. 3507, 29 gennaio 1999, n. 90, 3 settembre 1998, n. 591, 23 aprile 1998, n. 123; VI, 6 ottobre 1999, n. 1326; id. 30 settembre 1997, n. 1418; C.d.S, II, 7 marzo 2001, n. 149, in Cons. Stato, 2001, pag. 1534 segg., anche per gli ulteriori riferimenti giurisprudenziali e, nella materia intuitivamente analoga dei concorsi pubblici, da ultimo VI, 2 marzo 2001, n. 1194).

Invero, l’esercizio dell’azione giurisdizionale presuppone l’attualità dell’interesse ad agire, di cui è inscindibile componente l’utilità della pronuncia giurisdizionale che si richiede, rispetto all’interesse sostanziale che da cui è mosso il ricorrente.

La pur illegittima prescrizione del bando di gara, qualora non escluda ex se, con l’immediata estromissione dalla procedura in corso, il potenziale concorrente da ogni possibilità di conseguire l’aggiudicazione, non lo pregiudica in modo certo ed attuale, ma soltanto potenziale ed ipotetico, giacché egli potrebbe ottenere il vantaggio sperato – e cioè l’aggiudicazione – nonostante la prescrizione illegittima, ovvero non ottenerlo a prescindere da tale disposizione.

È dunque soltanto a conclusione della procedura di gara che l’interesse all’impugnazione delle previsioni di bando diviene normalmente attuale, interesse che non può dunque coincidere con un’astratta pretesa obiettiva alla legalità dell’azione amministrativa.

Sembra invece così intenderlo l’orientamento giurisprudenziale, qui ricusato, quando sostiene l’esistenza di un interesse attuale al ricorso avverso il bando, «identificabile nell’interesse personale del ricorrente a partecipare ad una gara le cui regole siano legittime, costituendo la legittimità della procedura condizione di trasparenza e garanzia di certezza del corretto svolgimento delle operazioni» (così, in motivazione, C.d.S., V, 2884/00, cit.): interpretazione che attribuisce al concorrente – tra l’altro, a sue spese - una funzione impropria di controllo sulla legalità dell’azione amministrativa, attraverso la presentazione di ricorsi giurisdizionali o straordinari, che possono poi, all’atto dell’aggiudicazione, rivelarsi privi di qualsiasi interesse attuale.

Né si può affermare, per replicare ad un rilievo prospettato nelle difese dell’Amministrazione e del controinteressato, che, riservandosi il gravame all’esito della gara, i partecipanti violerebbero regole di correttezza o di buona fede.

Infatti, finché essi non hanno un interesse attuale all’impugnazione, non possono comunque esperire rimedi giurisdizionali avverso la lex specialis di gara (né si vede quali diversi strumenti potrebbero utilizzare per contestarne l’illegittimità), sicché la loro condotta non può comunque assumere l’univoco significato d’accettazione di tutte le regole della procedura; e, d’altro canto, è solo partecipando alla gara che gli stessi concorrenti possono poi fondare la loro legittimazione ed il loro interesse ad impugnarne i risultati.

2.1. Superata così l’eccezione di tardività, va approfondito il motivo d’impugnazione cui s’è prima accennato.

In fatto, le norme di gara, come già rammentato, avevano stabilito che il servizio sarebbe stato aggiudicato mediante una licitazione privata, giusta art. 23, I comma, lett. b), del d. lgs. 17 marzo 1995, n. 157, e cioè «a favore dell’offerta economicamente più vantaggiosa, valutabile in base ad elementi diversi, variabili secondo il contratto in questione, quali, ad esempio, il merito tecnico, la qualità, le caratteristiche estetiche e funzionali, il servizio successivo alla vendita, l’assistenza tecnica, il termine di consegna o esecuzione, il prezzo».

I criteri per l’aggiudicazione – cfr., in particolare, l’art. 26 del capitolato speciale - erano costituiti anzitutto dal prezzo, cui erano riservati 50 punti su 100, mentre gli altri 50 punti erano ripartiti tra la "capacità economica finanziaria", con un massimo di 15 punti su 50, la "qualificazione professionale della ditta o raggruppamento di imprese", ancora 15 punti su 50, "l’affidabilità ed esperienza tecnica specifica nel settore", cui erano attribuiti fino a 20 punti: per consentire alla commissione di gara di attribuire il punteggio per la qualità del servizio gli aspiranti avrebbero dovuto presentare un progetto tecnico organizzativo, nonché una dichiarazione sostitutiva, la quale indicasse gli elementi utili all’attribuzione dei punteggi, come il volume d’affari per servizi identici relativo al triennio 1997-99 e la disponibilità di personale con particolari esperienze e qualifiche.

Dopo che la Commissione ebbe completati i lavori, fu formata la graduatoria: primo si classificò, come già visto, il raggruppamento Quadrifoglio con p. 94,33, di cui 46 per qualità, e 48,33 per il prezzo; secondo il raggruppamento "Verona unita", con punti 90,00 (40 per qualità e 50 per il prezzo); terzo il raggruppamento Codess, con 82,23 punti, raccogliendo 36 punti per la qualità e 47,23 per il prezzo.

2.2. Orbene, secondo i ricorrenti, i criteri utilizzati dall’Amministrazione per la valutazione della qualità del servizio violerebbero sia la disciplina interna sia quella comunitaria in materia di aggiudicazione.

Nella licitazione privata in materia di servizi, infatti, le disposizioni, contenute nei citati articoli da 12 a 17, individuano le ipotesi d’esclusione dalle gare e le modalità con cui i concorrenti possono dimostrare il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnica.

L’Amministrazione aggiudicatrice, in conformità a tali previsioni, sceglie i candidati da invitare, basandosi «sulle informazioni ricevute in merito alla situazione del prestatore di servizi, nonché sulle informazioni e sulle formalità necessarie per valutare le condizioni minime di natura economica e tecnica che devono essere soddisfatte» (art. 22); le offerte presentate vengono quindi scrutinate nel rispetto dei parametri (prezzo e qualità) fissati dal citato art. 23.

Ne emergerebbe allora con chiarezza come la legge separi nettamente i criteri soggettivi di prequalificazione – cui si riferiscono appunto gli artt. 12 segg. - da quelli oggettivi, attinenti all’aggiudicazione, quali indicati negli art. 22 e 23: una distinzione che sarebbe inderogabile, oltre a corrispondere a comuni criteri di razionalità.

Viceversa, nella fattispecie, la stazione appaltante, nella fase di aggiudicazione, per individuare l’offerta economicamente più vantaggiosa, avrebbe utilizzato, almeno in prevalenza, criteri soggettivi, riferiti cioè al concorrente per tale, e non all’offerta da questi presentata, operando così una palese violazione del principio testé illustrato.

3.1. Non pare anzitutto al Collegio revocabile in dubbio che i criteri, fissati dall’A.S.S.L. 20 per la valutazione delle offerte, siano prevalentemente riconducibili a qualità proprie dei concorrenti, e comunque, a parametri di idoneità.

Ciò appare di immediata evidenza quanto alla capacità economica e finanziaria, valutata, secondo il capitolato, «attraverso l’esame del volume d’affari … riferito a servizi identici … resi durante l’ultimo triennio», ma è egualmente riconoscibile con riguardo alla qualificazione professionale del personale, che non si riferisce a quello impiegato nel servizio oggetto della gara, ma a quello presente «nella ditta o nel raggruppamento d’imprese»; nel terzo criterio soltanto, poi, si prevede che sia valutata, oltre ad altri elementi, «l’affidabilità tecnica della ditta o del raggruppamento d’imprese sulla base del progetto tecnico organizzativo che la ditta/raggruppamento intende attuare per l’esecuzione del servizio».

3.2. Orbene, è effettivamente da ritenere che una siffatta commistione tra elementi soggettivi ed obiettivi violi apertamente i principi che regolano i procedimenti ad evidenza pubblica per la scelta del contraente: e tanto risulta ancor più evidente se si faccia riferimento alla disciplina comunitaria in materia.

La direttiva del Consiglio 92/50/CEE del 18 giugno 1992, la quale coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, al capitolo 2 indica i "criteri di selezione qualitativa" degli aspiranti - come lo stesso capitolo 2 li definisce - e fissa quindi una serie di previsioni (artt. 29 – 35) in gran parte corrispondenti a quelli esposti negli artt. 12 e seguenti del d. lgs. 157/95, il quale ha, del resto, appunto recepito tale direttiva.

Il capitolo 3 della direttiva, invece, è intitolato ai "criteri di aggiudicazione per gli appalti" ed all’art. 36 dispone che "i criteri sui quali l’amministrazione si fonda per l’aggiudicazione degli appalti", oltre a quello del prezzo più basso (sub b), sono, qualora l’appalto sia aggiudicato all’offerta più vantaggiosa sotto il profilo economico, "vari criteri relativi all’appalto quali ad esempio qualità, merito tecnico, caratteristiche estetiche e funzionali, assistenza tecnica e servizio post vendita, data della fornitura e termine di consegna o di esecuzione, prezzo": una previsione di cui l’art. 23 del d. lgs. 157/95 costituisce la parafrasi.

Sembra allora evidente – accogliendo così la censura proposta – che la procedura d’aggiudicazione, secondo le disposizioni ora richiamate, debba seguire due distinte fasi (v., nello stesso senso, anche T.A.R. Toscana, II, 12 luglio 2000, n. 1640), nella prima delle quali l’Amministrazione individua tutti gli aspiranti in possesso dei requisiti tecnici ed economici minimi e sufficienti ad assicurare, secondo esperienza, lo svolgimento del servizio da affidare.

In seguito a tale selezione si procede alla scelta della migliore offerta presentata degli ammessi, avvalendosi di parametri che si riferiscano essenzialmente al contenuto della proposta per tale, e non ai concorrenti (già ritenuti tutti adeguati): possono così essere senz’altro esclusi quei parametri che si riferiscono alla capacità economica dell’impresa, ovvero ai mezzi ed al personale non direttamente impiegati nella prestazione da appaltare, con l’eccezione di quelle particolari qualità, le quali rifluiscano con immediata evidenza sulla proposta stessa, come, ad esempio – con riguardo al merito tecnico - una particolare esperienza nello svolgimento di prestazioni analoghe da parte del personale direttamente impiegato; e sempre purché siffatti elementi, sostanzialmente ibridi, non abbiano un rilievo preponderante nella scelta.

Come osserva in motivazione anche C.d.S., V, 15 giugno 2001, n. 3187, il quadro normativo distingue chiaramente tra i requisiti tecnici di ammissione alla gara e gli elementi valutabili in sede di esame dell’offerta, ed anche il merito tecnico risulta correlato essenzialmente «alle caratteristiche oggettive dell’offerta del concorrente, piuttosto che alle qualità soggettive, le quali, comunque, non possono assumere, almeno di regola, un peso sproporzionato, rispetto agli altri elementi».

La stessa decisione segnala, ancora, come la Commissione europea si sia occupata della dubbia compatibilità con le norme comunitarie di quelle previsioni della legge italiana che attribuiscono rilievo, per l’aggiudicazione, ad elementi già considerati in sede di prequalificazione: la stessa Commissione, continua la sentenza, con atto 27 settembre 1998, ha avviato una procedura d’infrazione nei confronti dello Stato italiano, osservando come i criteri di aggiudicazione sub art. 36 lett. b) della direttiva 92/50/CEE, seppure esemplificativi, si riferiscono tutti alla prestazione da eseguire concretamente e mirano a definire quale degli offerenti (tutti i candidati considerati idonei) sarà in grado di fornire nel caso concreto la prestazione migliore al prezzo più conveniente.

3.3. Gli elementi fin qui esposti conducono senz’altro all’accoglimento della censura così prospettata, mentre non convincono le tesi difensive del controinteressato, per cui il servizio de quo non si connoterebbe per essere costituito da una «specifica progettualità o modulo organizzativo da proporsi da parte dell’appaltatore, ma piuttosto come inserimento di personale con specifiche professionalità nell’ambito di un’organizzazione esistente», sicché l’Amministrazione, nella scelta del contraente, doveva essenzialmente stabilire quale, fra i concorrenti, disponesse della più affidabile struttura propria sul piano organizzativo, della qualificazione finanziaria e dell’esperienza maturatasi da garantire la responsabilità del personale, la qualificazione degli operatori e la continuità del servizio.

Invero, è anzitutto evidente che la tesi del raggruppamento Quadrifoglio prova troppo, nel senso che, svolgendola coerentemente, essa condurrebbe a ritenere quasi sempre preponderanti, per la scelta del contraente, gli elementi soggettivi dell’impresa, ché in ben pochi casi competenza, esperienza e professionalità costituiscono valori che possono cedere di fronte alla "specifica progettualità".

L’aspetto determinante è comunque un altro; se non si vuole infatti ritenere che l’A.S.S.L. 20 intendesse realizzare, con l’affidamento del servizio in questione, un’interposizione fittizia di manodopera, si deve ritenere che sull’aggiudicatario incombano la massima parte delle scelte sull’organizzazione e lo svolgimento del servizio, da definire appunto nel progetto che l’Amministrazione aveva espressamente richiesto, dimostrando così di attribuirgli un effettivo rilievo.

Lo stesso servizio, poi, nella fattispecie, non presenta affatto quei caratteri di semplicità, affermati dal controinteressato: esso consiste, infatti, secondo l’art. 1 del capitolato speciale, nelle «prestazioni assistenziali e sanitarie qualitativamente adeguate nel rispetto della personalità, delle condizioni psico-fisiche e del ruolo attivo di ciascun ospite della struttura» (portatori di handicap, minori in stato d’abbandono e madri nubili) «in regime residenziale e semiresidenziale, secondo le modalità prescritte dagli standard organizzativi e gestionali».

3.4. Come è evidente, l’accoglimento della censura comporta necessariamente l’annullamento dell’intera procedura di gara, viziata sin dagli atti iniziali nei quali l’Amministrazione aveva fissato gli illegittimi criteri per la valutazione delle offerte.

Non può dunque trovare accoglimento la domanda di annullamento parziale dei punteggi attribuiti, introdotta dal ricorrente raggruppamento "Verona Unita", il quale vorrebbe salvaguardare quelle sole valutazioni qualitative immediatamente riferibili al progetto presentato, così da pervenire ad una nuova graduatoria in cui la sua offerta si collocherebbe al primo posto: così operando, invero, il giudice di fatto attuerebbe, del tutto indebitamente, una procedura di gara affatto distinta da quella bandita dall’Amministrazione, con regole diverse da quelle in base alle quali i concorrenti avevano predisposto le loro offerte.

4.1. Non pare peraltro superfluo esaminare anche il secondo motivo di ricorso proposto dal raggruppamento Codess, rubricato nell’eccesso di potere per illogicità, disparità di trattamento ed ingiustizia manifesta e violazione dei principi di lealtà e correttezza.

Il ricorrente fa presente come, nella richiesta d’invito, presentata congiuntamente dalle tre imprese che intendevano raggrupparsi, era contenuta, per ciascuna di esse, in conformità alla lex specialis di gara, la dichiarazione relativa al fatturato realizzato per ciascun anno per forniture identiche a quelle oggetto della gara, ed il fatturato annuo complessivo realizzato nell’ultimo triennio: elementi, questi, presi poi in considerazione – come già si è visto – per la valutazione della qualità delle offerte, quale "capacità economica e finanziaria".

Peraltro, secondo il ricorrente, almeno tale criterio, genericamente fissato nel capitolato, sarebbe stato poi puntualmente definito soltanto dalla commissione di gara, quando era ormai nota la condizione economica di ciascun concorrente, appunto perché resa con la presentazione della domanda di partecipazione: in una fase della procedura, dunque, in cui «la determinazione specifica di tali criteri (con la determinazione delle c.d. "griglie") poteva oggettivamente essere influenzata dalle caratteristiche delle singole imprese offerenti creando in tal modo una situazione di disparità».

4.2. Orbene, dal verbale della gara, svoltasi il 12 luglio 2001, risulta che la commissione di gara predispose, "al fine di garantire la migliore intelleggibilità delle proprie valutazioni", una tabella di riferimento per ciascuna delle categorie di punteggio indicate all’art. 26 del capitolato di gara: in particolare, per la capacità economico-finanziaria fu indicato in una prima colonna "l’importo espresso in milioni" di lire di tale capacità, e nella seconda il relativo punteggio: così, in corrispondenza all’importo da 1 a 2000 il punteggio era pari ad uno, per quello da 2001 a 4000 a due, e così via sino ad un importo superiore a 18.000 milioni, al quale erano assegnati tutti i quindici punti previsti.

Va allora riconosciuto che, in tal modo, la commissione non si è limitata a specificare i criteri fissati dal bando, ma ha altresì introdotto un elemento valutativo ulteriore, «pur nell’ambito del punteggio massimo preventivamente determinato, in modo tale da influire in modo assorbente sul conseguimento del punteggio definitivo e quindi sull’aggiudicazione della gara», come il ricorrente giustamente afferma.

La lex specialis di gara, infatti, si era limitata ad indicare il parametro, e la frazione di punteggio complessivo assegnatagli (15 su 50), senza nulla stabilire quanto alle modalità di attribuzione alle offerte, sicché il criterio da utilizzare per la valutazione non era implicitamente già prestabilito: né questo è irrilevante, potendosi evidentemente prospettare svariati moduli, tutti altrettanto ragionevoli e legittimi, tali da condurre all’attribuzione di punteggi assai diversificati alla medesima offerta.

Va ora rammentato che, secondo la consolidata giurisprudenza, pienamente condivisa da questo Collegio, in tema di gare indette dall’Amministrazione per l’aggiudicazione di appalti mediante criteri selettivi non automatici, come in specie, la commissione tecnica può legittimamente esercitare il potere-dovere di introdurre elementi per specificare e puntualizzare i criteri generali di valutazione, già indicati nel bando di gara o nella lettera di invito, «ovvero dei sottocriteri di adattamento dei criteri generali o regole specifiche sulle modalità di valutazione solo quando vi provveda prima dell’apertura delle buste recanti le offerte dei partecipanti» (così, da ultimo, C.d.S., V, 26 gennaio 2001, n. 264; conf. id. 23 marzo 2000, n. 1614), poiché la conoscenza, anche solo eventuale, delle offerte, costituisce «un dato di fatto potenzialmente deviante in quanto mette in condizione la commissione di plasmare i criteri o parametri specificativi adottandoli ai caratteri specifici delle offerte, conosciute o conoscibili, sì da sortire un effetto potenzialmente premiale nei confronti di una o più imprese» (C.d.S., VI, 20 dicembre 1999, n. 2117).

Tale soluzione ha del resto trovato recentemente conferma nel d.p.c.m. 27 febbraio 1997, n. 116 (regolamento per l’aggiudicazione degli appalti di servizi in materia di architettura, ingegneria e di altri servizi tecnici), il quale, all’art. 3, III comma, consente bensì alla commissione giudicatrice di suddividere alcuni elementi di valutazione (come il merito tecnico e le caratteristiche qualitative)in sub-elementi, determinando i relativi sub-pesi, e fissando il limite massimo di apprezzamento, in stretta aderenza all’oggetto del servizio, ma ciò soltanto «prima dell’apertura dei plichi».

Nel caso, viceversa, la capacità economica dei partecipanti era nota all’Amministrazione sin dalla fase di prequalificazione, e, dunque, ipoteticamente conoscibile dalla commissione giudicatrice prima della fissazione del rammentato sottocriterio, che avrebbe potuto perciò essere definito anche in modo da favorire l’uno o l’altro concorrente.

Il Collegio deve dunque accogliere il ricorso Codess anche sotto questo particolare profilo, non senza rilevare incidentalmente come il vizio rappresenti infine la conseguenza della scelta, sopra censurata, di utilizzare gli stessi elementi dapprima come parametri selettivi e, successivamente, come criteri di valutazione, a riprova dell’irragionevolezza di una previsione del bando «che considera gli stessi criteri tanto come requisiti di ammissione, quanto come elementi di valutazione dell’offerta, utili ai fini della formazione della graduatoria» (C.d.S., V, 3187/01, cit.).

5. Le domande di risarcimento proposte hanno perso d’interesse nel corso del giudizio, dopo che l’Amministrazione ha sospeso la stipulazione del contratto, in attesa della decisione: circostanza, questa, non controversa.

Sia per questo, sia per un certo residuo margine d’incertezza sulle questioni proposte, ritiene il Collegio di disporre l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, I sezione, definitivamente pronunziando sui ricorsi in epigrafe, previa riunione, li accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Dichiara improcedibili le domande risarcitorie proposte.

Compensa integralmente tra le parti le spese e competenze del giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, nella camera di consiglio del 31 gennaio 2002.

Il Presidente L'Estensore

Pubblicata il giorno 4 aprile 2002.

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