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n. 12-1999 - © copyright.

TAR VENETO, SEZ. II - Sentenza 29 dicembre 1999 n. 2708 - Pres. Trivellato, Est. Rocco - Provincia di Treviso (Avv.ti Batel e Botteon) c. Regione Veneto (Avv.ti Romano Morra, Londei e Zambelli) e Comune di Venezia (n.c.).

1. Atto amministrativo - Diritto di accesso - Nel caso di redazione dell’elenco delle aree ritenute eleggibili agli effetti degli interventi comunitari contemplati dal Regolamento CE 1260/99 - Sussiste - Ragioni - Redazione dell’elenco - Comporta la conclusione del relativo subprocedimento e rende accessibili gli atti relativi.

2. Atto amministrativo - Diritto di accesso - Segreto c.d. statistico - Ex artt. 8, 9 e 10 del D.L.vo n. 322/1989 - Ratio - Individuazione - Dati statistici che non si riferiscono a singoli individui, ma ad interi territori comunali - Inapplicabilità del segreto.

1. E’ illegittimo il diniego di accesso ad ogni atto istruttorio connesso all'adozione di una delibera con la quale si redige l'"elenco" delle aree ritenute eleggibili agli effetti degli interventi comunitari contemplati dal Regolamento CE 1260/99, meglio noti come "Obiettivo 2".

Invero, gli adempimenti di competenza dello Stato italiano finalizzati alla redazione dell'"elenco" delle aree in cui troverà applicazione l'obiettivo 2 normato dal Regolamento (CE) 1260/1999 non possono rientrare nella nozione - contemplata dall'art. 13 della L. 241/1990 - di "attività della Pubblica Amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi", ovvero "di pianificazione", in quanto l'"elenco" stesso per certo non assume carattere normativo e costituisce, nella sistematica introdotta dal legislatore comunitario, un adempimento propedeutico rispetto alla susseguente pianificazione degli interventi ammessi. La relativa proposta, una volta che sia stata redatta, comporta l'avvenuta conclusione di un vero e proprio autonomo sub-procedimento finalizzato all'individuazione delle aree che l'Amministrazione regionale ritiene debbano essere incluse e, quindi, nell' "elenco" più volte citato: e, se così è, proprio per effetto della dichiarata chiusura di tale sub-procedimento, non risulta più possibile impedire l'accesso ai relativi atti alle parti titolari degli interessi che sono stati ivi valutati e comparati.

2. Il segreto statistico disciplinato dagli artt. 8, 9 e 10 del D.L.vo 322/1989 - antecedente alla L. 241/1990, ma confermato nella sua vigenza per effetto dell'art. 15 del Regolamento ISTAT approvato ai sensi dell'art. 8 del D.P.R. 27 giugno 1992 n. 352 con D.P.C.M. 30 luglio 1997 e di per sé applicabile quale norma di principio anche agli uffici statistici delle Regioni, costituiti ai sensi dell'art. 5 del medesimo D.L.vo 322/1989 - riguarda solo "i dati raccolti nell'ambito di rilevazioni comprese nel programma statistico nazionale" (cfr. art. 9 D.L.vo 322/1989) e consente, comunque, la "comunicazione" dei dati stessi "in forma aggregata" (cfr. ibidem). L'evidente ratio del divieto veniva, e viene, ad identificarsi nella tutela della riservatezza delle posizioni giuridiche individuali pur coinvolte nell'obbligo generale di fornire le proprie informazioni statistiche ai sensi dell'art. 7 dello stesso D.L.vo 322/1989: tutela, si badi, apprestata nell'ordinamento ancor prima dell'entrata in vigore della L. 31 dicembre 1996 n. 675 e succ. mod. e int., introduttiva della disciplina della c.d. privacy.

Non può pertanto opporsi il segreto statistico allorchè i dati statistici non si riferiscano a singoli individui, ma ad interi territori comunali, ovvero ad aree geografiche di ancor più ampia dimensione; in tale ipotesi, l'imposizione di un divieto di divulgazione dei dati stessi è ictu oculi illegittima, anche - e soprattutto - avendo riguardo al fatto che le acquisizioni statistiche non coperte dal sopradescritto segreto "sono patrimonio della collettività e vengono distribuite per fini di studio e di ricerca a coloro che li richiedono" (cfr. art. 10 comma 1, del D.L.vo 322/1989).

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, seconda sezione, costituito da:

Luigi Trivellato - Presidente

Claudio Rovis - Consigliere

Fulvio Rocco - Consigliere, Estensore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso R.G. 2214/1999 proposto ai sensi dell'art. 25 della L. 7 agosto 1990 n. 241 dalla Provincia di Treviso, in persona del suo Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avv. Bruno Barel e dall'Avv. Franco Botteon, con elezione di domicilio in Venezia presso lo studio dell'Avv. Giorgio Pinello, San Polo n. 3080/L;

contro

la Regione Veneto, in persona del Presidente della Giunta Regionale, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli Avvocati Romano Morra e Luisa Londei, della Direzione regionale degli affari legislativi e legali, nonché dall'Avv. Franco Zambelli, ed elettivamente domiciliato in Venezia - Mestre presso lo studio di quest'ultimo, Via Felice Cavallotti n. 22,

e nei confronti

del Comune di Venezia, in persona del Sindaco pro tempore, non costituitosi in giudizio,

per l'annullamento

della nota Prot. 1550/50000/CR dd. 22 settembre 1999, a firma del Segretario del Coordinamento regionale delle politiche comunitarie e recante il diniego di accesso "ad ogni atto istruttorio connesso all'adozione della deliberazione della Giunta Regionale n. 2951 dd. 3 agosto 1999: Regolamento CE n. 1260/99. Adempimenti di cui agli artt. 4 e 6. Proposta"; con conseguente richiesta di ordine giudiziale di esibizione dei documenti richiesti.

Visto il ricorso, notificato il 6 ottobre 1999 e depositato il giorno successivo presso la Segreteria, con i relativi allegati;

visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Veneto;

visti gli atti tutti della causa;

udito alla camera di consiglio del 17 novembre 1999 (relatore il consigliere Fulvio Rocco) l'Avv. Franco Botteon per la parte ricorrente e l'Avv. Franco Zambelli per la Regione Veneto;

riconosciuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

1.1. La ricorrente Amministrazione Provinciale di Treviso espone che con deliberazione della Giunta Regionale n. 2951 dd. 3 agosto 1999 è stato approvato l'elenco delle aree ritenute eleggibili agli effetti degli interventi comunitari contemplati dal Regolamento CE 1260/99, meglio noti come "Obiettivo 2".

Il Presidente della Provincia, nel rilevare che soltanto due Comuni del territorio trevigiano di modeste dimensioni (complessivamente circa 5.000 abitanti) erano stati inclusi nell'elenco dei possibili beneficiari degli interventi, ha presentato in data 30 settembre 1999 un'istanza di accesso agli atti istruttori considerati dalla stessa Giunta Regionale nel procedimento che aveva dato luogo all'adozione dell'anzidetta delibera: ma tale richiesta è stata respinta dal Segretario del Coordinamento regionale per le politiche comunitarie con nota Prot. 1550/50000/CR dd. 22 settembre 1999 nel presupposto che quanto richiesto rientrava nella categoria degli atti di cui all'art. 13 della L. 7 agosto 1990 n. 241.

1.2. Ciò posto, con il ricorso in epigrafe la Provincia di Treviso chiede l'annullamento del sopradescritto diniego e la conseguente statuizione giudiziale di esibizione degli atti richiesti.

In particolare, la Provincia ritiene che la Regione abbia violato - nella specie - il combinato disposto degli artt. 13 e 24 della L. 241/1990, in quanto l'articolo segnatamente invocato per inibire l'accesso - ossia l'art. 13 - concerne, di per sé, i ben diversi istituti della partecipazione al procedimento ed il rinvio ad esso operato dall’ultimo comma dell’art 24 assumerebbe rilievo per fondare un divieto di accesso per i soli atti istruttori degli "atti normativi, amministrativi generati, di pianificazione e di programmazione" in pendenza dei relativo procedimento di formazione, mentre nel caso di specie quest'ultimo si sarebbe - per l'appunto - già concluso per effetto dell'adozione della deliberazione giuntale n. 2951/1999.

2. Si è costituita in giudizio la Regione Veneto, replicando puntualmente alle censure avversarie e chiedendo la reiezione del ricorso.

3. Non si è, invece, costituito in giudizio il Comune di Venezia, intimato quale controinteressato in quanto incluso nell'elenco dei possibili beneficiari approvato dalla Giunta Regionale.

4. Alla camera di consiglio del 17 novembre 1999 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1.1. Con il ricorso in epigrafe, la Provincia di Venezia chiede, ai sensi e per gli effetti dell'art. 25 della L. 7 agosto 1990 n. 241, l'annullamento della nota Prot. 1550/50000/CR dd. 22 settembre 1999, a firma del Segretario del Coordinamento regionale delle politiche comunitarie, recante il diniego di accesso "ad ogni atto istruttorio connesso all'adozione della deliberazione della Giunta Regionale n. 2951 dd. 3 agosto 1999: Regolamento CE n. 1260/99. Adempimenti di cui agli artt. 4 e 6. Proposta", e la conseguente emanazione dell'ordine giudiziale di esibizione dei documenti richiesti.

1.2. Come può evincersi dalla narrativa dei fatti di causa e dall'esame della documentazione versata agli atti dalle parti, la Giunta Regionale, mediante propria deliberazione n. 2951 dd. 3 agosto 1999 (cfr. doc. 3 di parte ricorrente), ha approvato l'elenco delle aree ritenute eleggibili agli effetti degli interventi comunitari contemplati dal Regolamento CE 1260/99 e meglio noti come "Obiettivo 2". Il Presidente della Provincia, nel rilevare che soltanto due Comuni del territorio trevigiano di modeste dimensioni (complessivamente circa 5.000 abitanti) erano stati inclusi nell'elenco dei possibili beneficiari degli interventi, ha presentato con nota Prot. 33309/99 dd. 30 settembre 1999 (cfr. doc. 3 di parte ricorrente depositato il 7 ottobre 1999), contestualmente indirizzata al Presidente della giunta Regionale, alla Segreteria regionale al settore primario e alla Direzione regionale per le politiche agricole strutturali e di mercato un'istanza di accesso "ad ogni atto istruttorio connesso all'adozione" dell'anzidetta deliberazione giuntale n. 1260/1999.

Tale richiesta è stata, peraltro, respinta dal Segretario del Coordinamento regionale per le politiche comunitarie con nota Prot. 1550/50000/CR dd. 22 settembre 1999, nella quale si afferma quanto segue:

"A seguito (del)la Sua richiesta del 6 settembre 1999 si conferma la disponibilità a fissare un incontro con il dirigente responsabile del Servizio Cabina di regia programmi comunitari, coadiuvato dal dirigente del Servizio statistico, per illustrare i contenuti della delibera di Giunta Regionale n. 2951 dd. 3 agosto 1999 e fornire ogni chiarimento al riguardo. Le chiedo, pertanto, di voler contattare il Dirigente di Servizio, arch. Ferdinando Schiavon (tel. 041-2791175-76 fax 041-2791122), per concordare la data dell'incontro.

Per quanto riguarda invece la Sua richiesta di accesso agli atti ai sensi della L. 7 agosto 1990 n. 241, Le comunico che la citata delibera di Giunta per la sua natura rientra nella fattispecie prevista dall'art. 13 e quindi sottratta all'ambito di applicazione della legge medesima".

Da qui, dunque, la proposizione del ricorso ora chiamato in decisione, con il quale la Provincia chiede di poter ottenere l'"esibizione" degli atti in questione (cfr. pag. 5 dell'atto introduttivo del giudizio).

2. Il Collegio preliminarmente rileva che persiste, a tutt'oggi, un interesse della Provincia alla decisione della presente impugnativa.

Dalla documentazione prodotta agli atti di causa dalla parte ricorrente all'odierna camera di consiglio, consta infatti che mentre il ricorso ora in corso di notifica, con nota dd. 4 ottobre 1999 (cfr. doc. 1 di parte ricorrente prodotto il 17 novembre 1999) indirizzata al Presidente della Giunta Regionale, il Dirigente del Servizio gestione del territorio della Provincia di Treviso ha riscontrato la nota qui impugnata, significando la disponibilità "per un incontro da convocarsi quanto prima" con l'arch. Schiavon, "ferma" peraltro "ogni iniziativa di questo Ente in merito al diniego di accesso ai documenti adottato...".

Con una successiva relazione formata in data 16 novembre 1999 (cfr. ibidem, doc. 4), lo stesso Dirigente ha ribadito che, ciononostante, il promesso incontro non è avvenuto.

Tale circostanza non è stata smentita dalla difesa dell'Amministrazione Regionale che, costituitasi in giudizio, ha ribadito la legittimità del diniego di accesso qui impugnato: dimodochè risulta assodato che a tutt'oggi la ricorrente non ha potuto ottenere nemmeno nelle vie brevi la visione di almeno parte degli atti richiesti, ovvero una pur sommaria descrizione del loro contenuto.

3.1. Tutto ciò premesso, il ricorso va accolto.

3.2. Secondo la tesi enunciata dall'Amministrazione Regionale nel provvedimento impugnato, gli atti istruttori richiesti in visione dalla ricorrente non potrebbero formare oggetto di accesso in quanto rientrerebbero nella previsione dell'art. 13 della L. 241/1990, a cui segnatamente rinvia l'art. 24, comma 6, seconda parte, della medesima legge ("Non è comunque ammesso l'accesso agli atti preparatori nel corso della formazione dei provvedimenti di cui all'articolo 13, salvo diverse disposizioni di legge").

Le categorie di atti contemplati dall'art. 13 testè citato risultano, invero, eterogenee, comprendendo testualmente "l'attività della Pubblica Amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali" - per l'appunto - "restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione".

Ciò posto, occorre ora verificare - nell'assodato silenzio della stessa Amministrazione Regionale sul punto - a quale particolare tipologia di atti dovrebbero ricondursi i lavori preparatori della deliberazione giuntale n. 1260/1999.

Il Regolamento CE 1260/1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Comunità Europee C 176 del 9 giugno 1998, pag. 1 e ss., nonché nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, 2ª serie speciale, n. 64 dd. 16 agosto 1999, reca disposizione generali sui Fondi strutturali contemplati dagli artt. 158 e 159 del Trattato istitutivo della Comunità, aventi a loro volta lo scopo di rafforzare la coesione economica tra i Paesi membri mediante la riduzione del divario tra i livelli di sviluppo delle varie ragioni, nonché del ritardo delle regioni meno favorite o insulari, ivi comprese le zone rurali.

L'art. 1 dello stesso Regolamento distingue, al riguardo, i seguenti "tre obiettivi prioritari": 1) promuovere lo sviluppo e l'adeguamento strutturale delle regioni che presentano ritardi nello sviluppo economico" (obiettivo 1); 2) "favorire la riconversione economica e sociale nelle zone con difficoltà strutturali" (obiettivo 2); 3) "favorire - nei territori comunque non interessati dall'obiettivo 1 - l'adeguamento e l'ammodernamento delle politiche e dei sistemi di istruzione, formazione e occupazione " (obiettivo 3).

Il susseguente art. 4 reca, per quanto qui interessa, la disciplina di attuazione dell'obiettivo 2, precisando che le regioni interessate devono presentare "problemi strutturali la cui riconversione economica e sociale deve essere favorita conformemente all'articolo 1, punto 2, e la cui popolazione o superficie sono sufficientemente significative. Esse comprendono, in particolare, le zone in fase di mutazione socioeconomica nei settori dell'industria e dei servizi, le zone rurali in declino, le zone urbane in difficoltà e le zone dipendenti dalla pesca che si trovano in una situazione di crisi" (cfr. ivi, paragrafo 1).

Viene quindi affermato il principio secondo cui "la Commissione e gli Stati membri assicurano che gli interventi vengano effettivamente concentrati verso le zone più gravemente colpite e nell'ambito geografico più appropriato", tenendo comunque conto che "la popolazione" delle aree interessate dall'obiettivo "rappresenta al massimo il 18% della popolazione totale della Comunità" (cfr. ivi, paragrafo 2). "Su tale base" - pertanto - "la Commissione definisce un massimale di popolazione per Stato membro in base" a taluni elementi (cfr. ibidem), quali la popolazione totale delle regioni NUTS III così come definite dai paragrafi 5 e 6 (per le Zone in fase di mutazione socioeconomica: tasso medio di disoccupazione superiore negli ultimi tre anni alla media comunitaria; tasso di occupazione nel settore industriale rispetto all'occupazione complessiva pari o superiore alla media comunitaria per qualsiasi anno di riferimento a decorrere dal 1985; flessione constatata dell'occupazione nel settore industriale rispetto al medesimo anno di riferimento; per le zone rurali: densità di popolazione inferiore a 100 abitanti per chilometro quadrato, ovvero tasso di occupazione in agricoltura - rispetto all'occupazione complessiva - pari o superiore al doppio della media comunitaria per qualsiasi anno di riferimento a decorrere dal 1985, oppure tasso medio di disoccupazione superiore alla media comunitaria registrato negli ultimi tre anni, ovvero diminuzione della popolazione rispetto al 1985), la "gravità dei problemi strutturali a livello nazionale in ciascuno Stato membro rispetto agli altri membri interessati, valutata in base ai livelli della disoccupazione totale e della disoccupazione di lunga durata fuori dalle regioni cui si applica l'obiettivo n. 1" e la "necessità ... che ciascuno Stato membro contribuisca equamente allo sforzo globale di concentrazione ...".

Il susseguente comma 9 contempla, da ultimo, la possibilità di estendere l'intervento comunitario anche "ad altre zone, con popolazione o superficie significative, e che sono configurabili quali "zone in fase di mutazione socioeconomica" ma contigue ad una zona industriale, ovvero contigue a zone rurali, oppure ancora contigue ad aree in cui trova applicazione l'obiettivo 1, o anche nelle ipotesi in cui siano riguardabili quali "zone rurali aventi problemi socioeconomici conseguenti all'invecchiamento o alla diminuzione della popolazione attiva del settore agricolo" o quali "zone che a motivo di caratteristiche importanti e verificabili hanno o corrono il rischio di avere gravi problemi strutturali oppure un elevato tasso di disoccupazione causato da una ristrutturazione in corso, o prevista, di una o più attività determinate nei settori agricolo, industriale o dei servizi".

Gli Stati membri propongono alla Commissione "l'elenco delle zone significative" che ricadono nel proprio territorio e che rispondono ai sopradescritti requisiti (cfr. ibidem, comma 3) e "trasmettono", a tale riguardo, "le statistiche e le altre informazioni, riferite al più appropriato livello geografico, che ... sono necessarie" alla Commissione stessa "per valutare le proposte" (cfr. ibidem): dopodiché, "sulla scorta" di tali "informazioni ... la Commissione, in stretta concentrazione con lo Stato membro interessato definisce l'elenco delle zone in cui si applica l'obiettivo ... tenendo conto delle priorità nazionali" (cfr. ibidem, comma 4) e ferma restando l'applicazione a titolo transitorio, fino al 31 dicembre 2005, dei benefici a favore delle regioni già ammesse nel corso del 1999 agli obiettivi 2 e 5b in applicazione del previgente regolamento (CEE) 2052/88.

L'elenco compilato dalla Commissione "è valido per sette anni a decorrere dall' 1 gennaio 2000" (cfr. ibidem, comma 11):

Dalla lettura dei susseguenti artt. 15 e 16 emerge che, solo successivamente alla stesura dell'elenco, i singoli Stati avanzano proposte finalizzate all'attuazione dell'obiettivo e che assumono la denominazione di "piani".

Il contenuto di tali atti è subordinato all'osservanza di appositi l'orientamenti generali indicativi sulle pertinenti politiche comunitarie" adottati dalla Commissione e pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee (cfr. ivi, nonché l'art. 10, comma 3) e comprende, tra l'altro, la descrizione quantificata delle riconversioni e delle strategie realizzative, nonché le indicazioni sull'uso dei finanziamenti richiesti.

Ogni piano nazionale "è elaborato dalle autorità competenti designate dallo Stato membro a livello nazionale, regionale o altro" e costituisce, secondo le norme della programmazione comunitaria, "un progetto di documento unico di programmazione", ovvero - a scelta dello Stato stesso - "un quadro comunitario di sostegno" (cfr. art. 15 cit., commi 1 e 2).

I piani sono approvati dalla Commissione e ad essi fanno seguito le proposte di programmi operativi, sempre redatte da ciascuno Stato membro in sede di attuazione, che possono essere inoltrate alla Commissione anche unitamente al piano che le presuppone, al fine di accelerare l'esame delle domande e l'esecuzione dei programmi (cfr. ibidem, commi 4, 5 e 6).

3.3. Dalla sopradescritta disciplina si ricava, pertanto, la conseguenza che gli adempimenti di competenza dello Stato italiano finalizzati alla redazione dell'"elenco" delle aree in cui troverà applicazione l'obiettivo 2 normato dal Regolamento (CE) 1260/1999 del Consiglio non possono rientrare nella nozione - contemplata dall'art. 13 della L. 241/1990 - di "attività della Pubblica Amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi", ovvero "di pianificazione", in quanto l' "elenco" stesso per certo non assume carattere normativo e costituisce, nella sistematica introdotta dal legislatore comunitario, un adempimento propedeutico rispetto alla susseguente pianificazione degli interventi ammessi.

Possono, per contro, riconoscersi all'"elenco" medesimo, dopo la sua approvazione da parte della Commissione e nell'ambito dell'ordinamento giuridico italiano, gli effetti propri degli atti amministrativi generali, ovvero degli atti di programmazione, parimenti contemplati dall'anzidetto art. 13 della L. 241/1990 quale impedimento ai fini dell'accesso dei relativi atti preparatori.

Va, altresì, rilevato che l'impedimento medesimo sussiste, ai sensi del susseguente e "richiamante" art. 24 - ossia, secondo la norma specificamente dettata in materia di accesso alla documentazione amministrativa - soltanto "nel corso della formazione dei provvedimenti".

Né può sottacersi che la deliberazione della giunta Regionale n. 2951/1999 costituisce uno degli elementi della complessiva "proposta" che l'Italia avanza alla Comunità al fine della redazione dell'"elenco" in questione, e che - allo stesso tempo - la determinazione della Giunta stessa, ivi contestualmente formulata, "di incaricare la Segreteria regionale del Settore secondario e programmi comunitari ad inoltrare alle autorità nazionali la presente proposta - ossia quella della Regione Veneto - e di porre in essere gli adempimenti conseguenti" (cfr., testualmente, il punto 2 del dispositivo) sostanzia l'avvenuta conclusione di un vero e proprio autonomo sub-procedimento finalizzato all'individuazione delle aree che l'Amministrazione Regionale ritiene debbano essere incluse nella proposta italiana e, quindi, nell' "elenco" più volte citato: e, se così è, proprio per effetto della dichiarata chiusura di tale sub-procedimento non risulta più possibile impedire l'accesso ai relativi atti alle parti titolari degli interessi che sono stati ivi valutati e comparati.

3.4. Le considerazioni sin qui esposte sarebbero, di per sé, sufficienti per accogliere il ricorso.

Il Collegio, peraltro, deve pure farsi carico della circostanza che l'Amministrazione Regionale, nella propria memoria difensiva, ha addotto a fondamento dell'impugnato diniego un argomento ulteriore e del tutto nuovo, affermando che la deliberazione giuntale n. 2951/1999 sarebbe stata adottata in base a "documenti elaborati dall'Ufficio ISTAT regionale, sulla scorta dei dati a propria volta forniti dall'ISTAT nazionale, presso il Ministero del Tesoro", con conseguente preclusione all'accesso ai sensi e per gli effetti degli artt. 8, 9 e 10 del D.L.vo 6 settembre 1989, n, 322, recante a sua volta "norme sul Sistema statistico nazionale e sulla riorganizzazione dell'Istituto nazionale di statistica, ai sensi dell'art. 24 della legge 23 agosto 1988 n. 400".

Il Collegio ritiene che anche questo nuovo assunto dell'Amministrazione Regionale non possa trovare accoglimento.

Va in tal senso notato che la nuova motivazione a cui ha fatto ricorso la Regione trova, all'evidenza, il proprio spunto testuale nella frase, contenuta nell'art, 4, paragrafo 4, secondo cui "gli Stati membri trasmettono alla Commissione le statistiche e le altre informazioni, riferite al più appropriato livello geografico, che le sono necessarie per valutare le proposte".

A ben vedere, peraltro, proprio la circostanza, affermata expressis verbis dallo stesso legislatore comunitario, che il contenuto delle proposte dei singoli Stati - e, a fortiori, delle singole Regioni - deve consistere non solo in elaborazioni "statistiche" ma anche in "altre informazioni", toglie fondamento alla tesi dell'Amministrazione Regionale secondo cui tutti gli atti istruttori utilizzati ai fini dell'adozione della deliberazione giuntale n. 2951/1999 rientrerebbero, senza possibilità di discrimine, nell'ambito del segreto statistico disciplinato dagli anzidetti artt. 8, 9 e 10 del D.L.vo 322/1989.

In via del tutto assorbente, può comunque rilevarsi che la disciplina contenuta in tali articoli - invero antecedente alla L. 241/1990, ma confermata nella sua vigenza per effetto dell'art. 15 del Regolamento ISTAT approvato ai sensi dell'art. 8 del D.P.R., 27 giugno 1992 n.352 con D.P.C.M. 30 luglio 1997 e di per sé applicabile quale norma di principio anche agli uffici statistici delle Regioni, costituiti ai sensi dell'art. 5 del medesimo D.L.vo 322/1989 - riconduce a "segreto statistico" soltanto "i dati raccolti nell'ambito di rilevazioni comprese nel programma statistico nazionale" (cfr. art. 9 D.L.vo 322/1989) e consente, comunque, la "comunicazione" dei dati stessi "in forma aggregata" (cfr. ibidem).

L'evidente ratio del divieto veniva, e viene, ad identificarsi nella tutela della riservatezza delle posizioni giuridiche individuali pur coinvolte nell'obbligo generale di fornire le proprie informazioni statistiche ai sensi dell'art. 7 dello stesso D.L.vo 322/1989: tutela, - si badi, apprestata nell'ordinamento ancor prima dell'entrata in vigore della L. 31 dicembre 1996 n. 675 e succ. modd. e intt., introduttiva della disciplina della c.d. privacy.

Nel caso di specie, i dati statistici che sono stati utilizzati per l'adozione della deliberazione giuntale n. 2951/1999 risultano, per contro, "aggregati" proprio in quanto non si riferiscono a singoli individui, ma ad interi territori comunali, ovvero ad aree geografiche di ancor più ampia dimensione: e, pertanto, l'imposizione di un divieto di divulgazione dei dati stessi è ictu oculi illegittima, anche - e soprattutto - avendo riguardo al fatto che le acquisizioni statistiche non coperte dal sopradescritto segreto "sono patrimonio della collettività e vengono distribuite per fini di studio e di ricerca a coloro che li richiedono" (cfr. art. 10 comma 1, del D.L.vo 322/1989).

4. Per le suesposte considerazioni motive il Collegio accoglie il ricorso e, conformemente alla richiesta della parte ricorrente enunciata a pag. 5 dell'atto introduttivo del giudizio, ordina all'Amministrazione Regionale di esibire tutta la documentazione amministrativa utilizzata nell'istruttoria che ha preceduto l'adozione della deliberazione giuntale n. 2951/1999, con facoltà per la Provincia di Treviso di acquisirne copia.

5. Le spese e gli onorari del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidati in complessive Lire 4.000.000.-, poste integralmente a carico della Regione Veneto.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, seconda sezione, pronunciando definitivamente sul ricorso in epigrafe e respinta ogni contraria istanza ed eccezione, lo accoglie e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato e ordina alla Regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore della Giunta Regionale, di esibire all'Amministrazione Provinciale di Treviso tutti gli atti istruttori che sono stati compiuti ai fini dell'adozione della deliberazione giuntale n. 2951 dd. 3 agosto 1999, con facoltà di acquisirne copia.

Condanna la Regione Veneto al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio, complessivamente liquidati in Lire 4.000.000 (quattromilioni).

Ordina che la presente, sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Cosi deciso in Venezia, nella camera di consiglio del 17 novembre 1999.

Depositata il 29 dicembre 1999.

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