Giust.it

Giurisprudenza
n. 2-2001 - © copyright.

TAR VENETO, SEZ. II – Sentenza 23 febbraio 2001 n. 432Pres. ff. De Zotti, Est. Rovis – Zuin ed altro (Avv.ti R. Bucci e L. De Lazzari) c. Comune di Mirano (Avv. S. Giordano).

Edilizia ed urbanistica – Concessione edilizia – Diniego – Adeguata motivazione ed indicazione delle norme violate – Necessità – Mancanza – Illegittimità.

Edilizia ed urbanistica – Concessione edilizia – Diniego – Facendo riferimento a generiche difformità prospettiche e di sagoma – Illegittimità.

Edilizia ed urbanistica – Concessione edilizia – Calcolo della volumetria e dell’altezza – Locale sottotetto previsto per l’isolamento termico – Non va computato.

In materia di concessione edilizia l'Amministrazione deve dar conto all'interessato delle precise ragioni che rendano il provvedimento autorizzatorio non rilasciabile, indicando le norme dello strumento urbanistico che si presumono violate, senza limitarsi ad una generica affermazione di contrasto con il P.R.G. (1). In particolare, il rigetto della domanda di concessione in sanatoria deve essere sorretta da una motivazione che indichi puntualmente le ragioni ostative al rilascio, affinchè l'interessato sia messo in grado di conoscere l'iter logico seguito dall'Amministrazione: di guisa che deve considerarsi illegittimo il diniego di concessione che non consenta all'interessato di comprendere le reali motivazioni del diniego oppostogli nè di far valere, eventualmente, le proprie ragioni difensive innanzi al giudice amministrativo (2).

E’  illegittimo il diniego di concessione edilizia facendo un generico riferimento ad asserite "difformità prospettiche e di sagoma", e cioè motivato con riferimento ad asseriti criteri estetici che non trovano, però, supporto in precise disposizioni normative, pur di rango secondario ed omettendo, comunque, quella puntuale citazione delle norme violate che la giurisprudenza amministrativa ritiene necessaria ed imprescindibile.

Un vano sottotetto non accessibile, il quale costituisce esclusivamente una "camera d'aria" preordinata ad ottenere isolamento termico, non può costituire elemento da considerare ai fini del computo sia del volume che dell'altezza del fabbricato.

---------------------

(1) Giurisprudenza costante: Cons. Stato, Sez. I, parere 23 ottobre 1996, n. 1175/95; idem, 13 novembre 1996, n. 199/96; TRGA Trentino-Alto Adige, 18 febbraio 2000, n. 32; TAR Veneto, 15 marzo 2000, n. 774.

(2) TAR Basilicata, 4 febbraio 2000, n. 70; TAR Veneto, Sez. II, 9 novembre 1999, n. 2890.

 

 

PER L'ANNULLAMENTO

- quanto al ricorso n. 887/98, del provvedimento 19.1.1998 n. 25972/2433 di parziale diniego di sanatoria, nonchè della successiva ordinanza 2.2.1998 n. 5 di demolizione delle opere abusive;

- quanto al ricorso n. 3099/99, del provvedimento 20.12.1999 n. 33489/99-38592 di diniego di rilascio del certificato di parziale abitabilità: con conseguente risarcimento del danno subito;

(omissis)

FATTO

Con istanza 10.1.1995 i ricorrenti, comproprietari di un immobile sito in Mirano, via Desman n. 44, chiedevano il rilascio di una concessione edilizia per ristrutturazione ed ampliamento dell'immobile stesso, previa demolizione di un preesistente annesso rustico.

La domanda veniva esitata positivamente in data 12.8.1996.

Avendo, peraltro, i ricorrenti nel corso dei lavori eseguito opere in parziale difformità rispetto a quanto concessionato, in data 14.10.1997 presentavano, per tali difformità, domanda di concessione in sanatoria.

Istruita la pratica, la commissione edilizia esprimeva parere contrario relativamente al sottotetto ed a talune modificazioni prospettiche e di sagoma, e parere favorevole relativamente all'apertura realizzata sul lato est e all'allargamento dell'arco attuato sul lato sud.

Tale parere veniva successivamente recepito dall'organo competente, che lo comunicava agli interessati in data 19.1.1998.

Conseguentemente, con provvedimento 2.2.1998 n. 5 il Sindaco ordinava la demolizione delle opere che avevano riscosso il parere contrario della commissione, con esclusione di quelle sanabili.

Entrambi i provvedimenti, quello di (parziale) diniego della sanatoria e quello di demolizione, venivano ritualmente impugnati dagli odierni ricorrenti con il primo gravame (ric. n. 887/98).

In prosieguo, con istanza 16.11.1999 gli interessati chiedevano il rilascio del certificato di abitabilità limitatamente alla parte del fabbricato riconosciuta conforme alla concessione edilizia e, comunque, dichiarata sanabile.

Su tale istanza si pronunciava il Comune con provvedimento 20.12.1999 negando l'abitabilità sul presupposto che per l'edificio in questione "non è stata ancora definita la concessione edilizia in sanatoria anche in dipendenza del ricorso" instaurato davanti al TAR e che "la dichiarazione di conformità si riferisce a parte di un edificio e ciò non è conforme a quanto richiesto dalla normativa in vigore".

Anche quest'ultimo provvedimento veniva gravato dagli interessati (ric. n. 3099/99), che ne rilevavano l'illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.

Resisteva in tale giudizio l'Amministrazione comunale opponendo l'infondatezza del ricorso, del quale, conseguentemente, chiedeva la reiezione.

DIRITTO

1.- In via preliminare va disposta la riunione degli epigrafati ricorsi, stante la loro evidente connessione che ne rende opportuna la trattazione congiunta.

2.- Nel merito, con il primo motivo del primo ricorso (887/98) il parziale diniego di sanatoria viene censurato sotto i profili dell'eccesso di potere per carenza di motivazione e della violazione dell'art. 3 della legge n. 241/90: l'impugnato provvedimento, cioè, laddove si limita a rilevare la realizzazione di "difformità prospettiche e di sagoma", non risulterebbe sorretto da un'adeguata motivazione che dia contezza del contrasto delle opere realizzate con la vigente disciplina urbanistica.

Il motivo è fondato.

E' principio giurisprudenziale pacificamente accolto quello secondo cui in materia di concessione edilizia l'Amministrazione deve dar conto all'interessato delle precise ragioni che rendano il provvedimento autorizzatorio non concedibile, indicando le norme dello strumento urbanistico che si presumono violate, senza limitarsi ad una generica affermazione di contrasto con il PRG (CdS, parere 23.10.1996 n. 1175/95; idem, 13.11.1996 n. 199/96; TRGA Trentino-Alto Adige, 18.2.2000 n. 32; TAR Veneto, 15.3.2000 n. 774).

In particolare, il rigetto della domanda di concessione in sanatoria deve essere sorretta da una motivazione che indichi puntualmente le ragioni ostative al rilascio, affinchè l'interessato sia messo in grado di conoscere l'iter logico seguito dall'Amministrazione: talchè "è illegittimo il diniego di concessione che non consenta all'interessato di comprendere le reali motivazioni del diniego oppostogli nè di far valere, eventualmente, le proprie ragioni difensive innanzi al giudice della legittimità" (TAR Basilicata, 4.2.2000 n. 70; TAR Veneto, II, 9.11.1999 n. 2890).

Orbene, nel caso di specie l'Amministrazione comunale ha negato la concessione facendo un generico riferimento ad asserite "difformità prospettiche e di sagoma", omettendo, pertanto, quella puntuale citazione delle norme violate che la giurisprudenza amministrativa ritiene necessaria ed imprescindibile.

Sotto un profilo sostanziale, peraltro, va osservato che il procedimento concessorio in materia edilizia risulta rigidamente disciplinato, sicchè il relativo provvedimento può essere negato solo in concomitanza di una specifica circostanza ostativa prevista dall'ordinamento (CdS, V, 23.6.1997 n. 718): talchè se è vero che, ai sensi dell'art. 33 della legge n. 1150/42, il regolamento edilizio può dettare prescrizioni relative all'aspetto e al carattere estetico dei fabbricati, è altresì vero che il titolo edificatorio non può essere negato in assenza del recepimento di tali prescrizioni da parte del regolamento stesso.

Nel contesto in esame, il Comune di Mirano ha respinto la domanda di concessione sulla base di asseriti criteri estetici che non trovano, però, supporto in precise disposizioni normative, pur di rango secondario: cosicchè non risulta soddisfatta la condizione - in presenza di cui soltanto può rifiutarsi il rilascio del titolo concessorio - del contrasto delle difformità rilevate con la disciplina edilizia ed urbanistica vigente.

3.- Con l'ulteriore doglianza i ricorrenti censurano il secondo (ed ultimo) motivo - il sottotetto, ancorchè non accessibile, costituirebbe elemento da considerare ai fini del computo sia del volume che dell'altezza del fabbricato - posto dall'Amministrazione a fondamento dell'espresso diniego.

Osservano gli interessati come il realizzato sottotetto, lungi dal configurarsi come un "locale accessorio" - d'altro canto la stessa Amministrazione dà atto dell'inaccessibilità di esso - costituisca esclusivamente una "camera d'aria" preordinata ad ottenere isolamento termico: sicchè il motivo esposto appare illogico, contrario al vero ed immotivato.

Anche tale doglianza è fondata.

In effetti, come si evince dal progetto (cfr. progetto Tav. 2, sanatoria variante e idem, stato futuro: docc. 4 e 5), il sottotetto che l'Amministrazione definisce "volume" risulta concepita come spazio per l'isolamento termico dei vani sottostanti, tant'è che - come ha potuto appurare la stessa Amministrazione - la soletta di base, costituita in laterocemento in tutto il suo spessore, è priva di qualsiasi foro di comunicazione.

Nè l'Amministrazione, che pur ha constatato l'inaccessibilità al sottotetto e ne ha dato atto nell'impugnato provvedimento, ha in qualche modo dimostrato la sua destinazione a locale accessorio all'abitazione: con la conseguenza che essa non può, ora, sanzionare un potenziale, ed altresì futuro ed ipotetico, uso alternativo dello spazio in questione diverso da quello progettualmente previsto e conformemente realizzato.

Con l'ulteriore conseguenza che, dovendosi l'altezza dell'edificio misurare da terra all'intradosso dell'ultimo solaio (corrispondente alla soletta del "sottotetto", atteso che - come si è detto - tale spazio tecnico rimane irrilevante nella geografia del fabbricato), l'altezza del fabbricato e, conseguentemente, il suo volume, sono rimasti invariati rispetto al progetto originario.

4.- L'integrale accoglimento delle censure rivolte nei confronti dei motivi esposti a fondamento del diniego di sanatoria comporta l'accoglimento del ricorso nella parte in cui si contesta il diniego stesso: e comporta, conseguentemente, anche l'accoglimento del ricorso nella successiva parte in cui si deduce l'illegittimità derivata (dall'illegittimità del diniego di sanatoria) dell'ordinanza di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi. Va da sè, infatti, che venuto meno il presupposto (costituito dal diniego di sanatoria) legittimante il provvedimento demolitorio/ripristinatorio, viene meno anche la legittimità di quest'ultimo.

Tale motivo, ovviamente, è assorbente delle ulteriori censure portate contro l'atto ablatorio.

5.- Con il primo motivo del secondo ricorso (3099/99) viene censurato il diniego di rilascio del certificato di abitabilità per la parte di edificio dichiarata sanabile: secondo i ricorrenti, il diniego espresso sarebbe viziato per violazione di legge ed eccesso di potere in quanto l'Amministrazione non può ritenere sanabili le opere, salvo poi negare il rilascio del certificato di abitabilità rilevando la mancata definizione della concessione in sanatoria per essere pendente un ricorso giurisdizionale.

Il motivo è fondato.

La domanda di rilascio del certificato di abitabilità aveva ad oggetto sia la parte di edificio realizzata in conformità con l'originaria concessione edilizia, sia l'ulteriore parte dichiarata sanabile dalla stessa Amministrazione (tutto il piano terreno, comprendente l'apertura della porta sul lato est e l'allargamento dell'arco sul lato sud): non può, pertanto, ora l'Amministrazione negare l'abitabilità dell'edificio nei limiti di quanto sia stato ritenuto conforme al progetto approvato e, comunque, sanabile per carenza di contrasto con la normativa urbanistica; così come non può negarla adducendo la pendenza di un ricorso giurisdizionale proposto avverso la ritenuta abusività del sottotetto, che costituisce indubbiamente una parte dell'edificio strutturalmente e funzionalmente autonoma (che, quindi, può essere esclusa senza difficoltà, e cioè senza possibilità di confusione, dalla condizione di abitabilità).

6.- Violazione di legge ed eccesso di potere vengono dedotte anche con la successiva doglianza con cui si contesta l'ulteriore motivazione posta a fondamento del diniego, secondo cui il certificato di abitabilità non può essere rilasciato per singole parti di un edificio.

La doglianza è fondata.

Ed invero, già l'art. 221 della legge sanitaria prevedeva che il Sindaco rilasciasse apposita autorizzazione di abitabilità de "gli edifici o parti di essi", con ciò, dunque, prevedendosi espressamente la possibilità di un utilizzo parziale dei fabbricati residenziali.

Analogamente, peraltro, si esprime anche l'art. 4 del DPR n. 425/94, il quale consente l'utilizzo di "edifici, o parti di essi, indicati nell'art. 220 del RD n. 1265/34" subordinatamente alla richiesta, da parte dell'interessato, del certificato di abitabilità che sarà rilasciato previa allegazione della documentazione ivi richiesta.

7.- Chiedono, infine, i ricorrenti che, acclarata l'illegittimità dell'impugnato diniego di rilascio del certificato di abitabilità, il Comune di Mirano venga condannato a risarcire il danno conseguente ad un'asserita "svalutazione dell'immobile, in conseguenza della mancata disponibilità giuridica e materiale dell'immobile stesso".

Tale richiesta non può essere accolta in quanto i ricorrenti non hanno fornito alcun elemento probatorio dell'evento lesivo, nè del nesso causale di esso con il comportamento negatorio del Comune: i ricorrenti, infatti, non hanno dimostrato nè la mancata utilizzazione del bene oggetto di causa, nè la mancata utilizzazione quale diretta conseguenza del diniego di rilascio del certificato di abitabilità, nè, infine, la necessità dell'utilizzazione di un bene alternativo per il quale sia stato sopportato un costo. E' appena il caso di osservare, peraltro, che l'immobile in questione - a prescindere da quanto detto sopra circa la mancata prova dell'indisponibilità del bene - non può aver subito alcuna svalutazione nel periodo compreso tra il diniego di abitabilità e la declaratoria di illegittimità del predetto diniego, e ciò in considerazione sia del brevissimo lasso temporale intercorso, sia del fatto notorio che il valore degli immobili nel tempo cresce in misura maggiore di quanto diminuisca il valore della moneta (tant'è che l'immobile viene considerato un "bene-rifugio").

8.- Anche il secondo ricorso, pertanto, va accolto, con eccezione della sola domanda di risarcimento del danno.

Le spese di entrambi i ricorsi seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Seconda Sezione, previa riunione dei ricorsi in epigrafe, li accoglie integralmente con esclusione della sola domanda di risarcimento del danno e, per l'effetto, annulla gli atti ivi impugnati.

Spese rifuse nella misura di £ 4.000.000 a carico del Comune di Mirano.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, in Camera di Consiglio, il 7.12.2000.

Il Presidente f.f. Il Consigliere estensore

Depositata il 23 febbraio 2001.

Copertina