TAR VENETO, SEZ. I – Sentenza 15 aprile 2003 n. 2401 - Pres. Baccarini, Est. Buricelli - GE.CA. S.r.l. (Avv. Bisceglia) c. Comune di Cartigliano (VI) (Avv. Fracanzani) e L.V. Impianti S.r.l. (Avv. De Septis) - (accoglie).
1. Contratti della P.A. - Gara - Esclusione - Ex art. 75, lett. F) del D.P.R. n. 554/1999 - Per grave negligenza o malafede nell'esecuzione di lavori affidati dalla stazione appaltante - Presupposti - Individuazione - Fattispecie.
2. Contratti della P.A. - Gara - Esclusione - Ex art. 75, lett. E) del D.P.R. n. 554/1999 - Nei confronti di coloro che che hanno commesso gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro - Presupposti - Individuazione - Fattispecie.
3. Giustizia amministrativa - Risarcimento dei danni - Per lesione di interessi legittimi - Presupposto della colpa grave - Nel caso di illegittima esclusione dalla gara disposta in assenza dei prescritti presupposti - Sussiste.
4. Giustizia amministrativa - Risarcimento dei danni - Per lesione di interessi legittimi - Risarcimento in forma specifica - Nel caso di appalto quasi interamente eseguito - Non può essere accordato.
5. Giustizia amministrativa - Risarcimento dei danni - Per lesione di interessi legittimi - Risarcimento per equivalente monetario - Nel caso di annullamento dell’aggiudicazione di una gara di appalto - Quantificazione del danno - Criteri - Rivalutazione monetaria - Spetta anche in assenza di specifica domanda.
1. Ai sensi dell’art. 75, comma 1, lettera F) del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, vanno esclusi dalle gare d’appalto solo coloro "che hanno commesso grave negligenza o malafede nell'esecuzione di lavori affidati dalla stazione appaltante che bandisce la gara"; è pertanto illegittimo il provvedimento che, in applicazione di tale norma, dispone l’esclusione di una impresa facendo generico riferimento ad alcune "risoluzioni di contratti di appalto", ove risulti che non sia intervenuto alcun appalto tra l’impresa stessa e la stazione appaltante, non potendosi fare rinvio, ai fini dell’applicabilità della disposizione in questione, a procedure di risoluzione di rapporti d’appalto attivate da altre amministrazioni.
2. Ai sensi dell’art. 75, comma 1, lettera E) del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, vanno esclusi dalle gare d’appalto solo coloro "che hanno commesso gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro, risultanti dai dati in possesso dell'Osservatorio dei lavori pubblici"; le "gravi infrazioni agli obblighi derivanti dai rapporti di lavoro" debbono essere "debitamente accertate", non potendosi fare riferimento ad affermazioni che si basano su fonti generiche e indeterminate e hanno un contenuto tutt’altro che certo; inoltre, l’esclusione dalle procedure ed il divieto di stipulare i contratti ex art. 75/E) cit. sono subordinati alla circostanza che le suddette gravi infrazioni risultino "dai dati in possesso dell’Osservatorio dei lavori pubblici".
3. L’esclusione di una ditta in applicazione dell’art. 75, comma 1, lettere E) ed F) del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, senza che sussistano i presupposti previsti da tali disposizioni, costituisce errore non scusabile ed integra gli estremi della colpa, quale elemento costitutivo della responsabilità aquiliana.
4. Non può essere accolta una domanda di reintegrazione in forma specifica nel caso in cui le prestazioni oggetto del contratto di appalto siano state in gran parte già rese dall’impresa dichiarata illegittimamente aggiudicataria e la reintegrazione in forma specifica risulti eccessivamente onerosa per il pubblico interesse.
5. L’ammontare del risarcimento del danno per equivalente monetario, nel caso di illegittima aggiudicazione di una gara di appalto, va liquidato a favore dell’impresa che aveva diritto a conseguire detto appalto ai sensi dell’art. 345 della l. 20 marzo 1865, n. 2248 All. F e dell’art. 122 del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 e cioè in misura pari al decimo dell’importo delle opere, riferito non già al valore a base di gara, ma al prezzo offerto al netto del ribasso; l’ammontare del risarcimento, anche in assenza di una specifica domanda della impresa interessata, va maggiorato tenendo conto della rivalutazione monetaria, con decorrenza dalla data di inizio dei lavori da parte della impresa dichiarata aggiudicataria e fino alla data della pubblicazione della sentenza (1).
-------------------------------
(1) Cfr. Cass. civ., I, n. 11616 del 1992 e TAR Veneto, Sez. I, n. 6345 del 2002.
(omissis)
per l'annullamento
della determinazione del Comune di Cartigliano n. 128 del 18.6.2002, nella parte in cui si dispone di non aggiudicare alla parte ricorrente l’appalto per i lavori di realizzazione di una palestra polifunzionale – 2° stralcio, e con la quale viene disposta l’aggiudicazione dell’appalto a favore della controinteressata; nonché di ogni altro atto connesso, presupposto o conseguente; e per la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno;
visto il ricorso, notificato il 19.7.2002 e depositato in Segreteria il 30.7.2002,con i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Cartigliano e della controinteressata;
viste le memorie prodotte dalla parti a sostegno delle rispettive difese;
visti gli atti tutti della causa;
uditi, all'udienza pubblica del 27 febbraio 2003 (relatore il consigliere Marco Buricelli), l'avv. Bai, su delega dell’avv. Bisceglia, per la parte ricorrente, e l’avv. Fracanzani per la P.A.; nessuno comparso per la controinteressata;
visto il dispositivo di sentenza 1° marzo 2003 n. 10;
1.- Premesso in fatto che nel dicembre del 2001 il Comune di Cartigliano ha indetto un pubblico incanto per i lavori di "realizzazione della palestra polivalente comunale -2° stralcio", per un importo a base di gara di € 821.158,79, oltre a € 5.172,25 per oneri di sicurezza –criterio di aggiudicazione prescelto quello del massimo ribasso percentuale del prezzo offerto rispetto all’importo complessivo dei lavori a base di gara;
che il pubblico incanto si è svolto il 15 febbraio 2002 e che la GECA è stata dichiarata aggiudicataria in via provvisoria, al prezzo di appalto di € 749.307,40, con un ribasso dell’8,75%, mentre la ditta LV IMPIANTI, seconda classificata, aveva offerto un ribasso dell’8,50%;
che nei confronti della GECA è stata avviata la procedura di verifica del possesso dei requisiti, nel corso della quale, per quanto qui più rileva, la Cassa Edile di Vicenza, con nota in data 15 aprile 2002, ha segnalato al Comune di Cartigliano che, a seguito di verifiche promosse presso stazioni committenti pubbliche operanti in Provincia di Vicenza, è emerso quanto segue:
a) la GECA "non può, allo stato attuale delle risultanze acquisite, considerarsi in regola con gli adempimenti prescritti dalle leggi 55/90 e 109/94, nonché dai CCNL e CCPL applicabili in ragione delle attività assunte in appalto…è emerso che in taluni cantieri inerenti lavori pubblici affidati in appalto all’impresa GECA, questa utilizzerebbe manodopera non regolarmente inquadrata e denunciata alla scrivente Cassa Edile così come agli enti previdenziali ed assicurativi, né riconducibile ad imprese subappaltatrici a loro volta autorizzate dalle stazioni committenti e regolarmente denunciate"; e
b) il Comune di Lonigo con provvedimento 3 ottobre 2001…ha disposto in danno della GECA, ai sensi dell’art. 119, commi 4 e seguenti, del d.P.R. n. 554 del 1999, la risoluzione per grave ritardo del contratto inerente i lavori di ampliamento della scuola elementare in località Madonna…L’ATER di Vicenza ha attivato, sempre a carico della GECA, la procedura prevista dal citato art. 119 d.P.R. 554/99, per la risoluzione del contratto relativo alla ristrutturazione dell’edificio ex scuola elementare in Comune di Arcugnano…";
che con la determinazione in epigrafe indicata, comunicata alla GECA con nota 21 giugno 2002, l’Amministrazione ha deciso di non aggiudicare l’appalto alla GECA, già aggiudicataria provvisoria, poiché è emersa in capo alla stessa la carenza dei seguenti requisiti generali:
-irregolarità nel trattamento previdenziale ed assicurativo della manodopera utilizzata (art. 75, comma 1, lettera E), del d.P.R. n. 554/99);
-inadempienze dell’impresa nell’esecuzione dei lavori sfociate in risoluzioni di contratti di appalto (art. 75, comma 1, lettera F) del d.P.R. n. 554/99); e che il Comune ha aggiudicato in via definitiva l’appalto alla LV IMPIANTI;
che la ricorrente ha impugnato la determinazione su citata formulando le seguenti censure: 1)carenza di motivazione e 2) violazione dell’art. 75, lettere E) e F), del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554; e ha chiesto inoltre il risarcimento del danno ai sensi dell’art. 35 del d. lgs. n. 80 del 1998;
che il Comune si è costituito, ha eccepito in rito l’inammissibilità del ricorso a causa della omessa impugnazione della nota 15 aprile 2002 della Cassa Edile e ha rilevato nel merito l’infondatezza della pretesa avversaria;
che la ditta LV IMPIANTI si è costituita e ha sostenuto, in particolare, che "con nota 16 maggio 2002 (recte: 15 maggio 2002) a firma del responsabile del procedimento" sarebbe stata revocata l’aggiudicazione provvisoria in capo alla ricorrente, con la conseguenza che "è pertanto questo il momento da cui decorrono i termini di un’eventuale impugnativa", salvo poi soggiungere che la procedura di gara termina con l’aggiudicazione definitiva, "solo (dalla quale) può scaturire la lesione dell’interesse del non aggiudicatario";
che nella camera di consiglio del 5 settembre 2002 la Sezione, con ordinanza n. 634, ha affermato:
-che la ricorrente non aveva l’onere di impugnare la nota della Cassa Edile di Vicenza 15 aprile 2002, attesa la natura infraprocedimentale della suddetta dichiarazione della Cassa Edile, priva di diretta capacità lesiva;
-che a un sommario esame il ricorso evidenzia l’illegittimità dell’atto impugnato con riguardo alla dedotta violazione dell’art. 75, lettere E) e F), del d.P.R. n. 554 del 1999: quanto alla lettera F), perché la risoluzione del contratto e l’attivazione di una ulteriore procedura di risoluzione, menzionate nella motivazione dell’atto impugnato, non riguardano l’esecuzione di lavori affidati dalla stazione appaltante che bandisce la gara; circa la lettera E) perché le gravi infrazioni, debitamente accertate, a obblighi derivanti da rapporti di lavoro, debbono risultare dai dati in possesso dell’Osservatorio dei lavori pubblici, il che nella specie non è avvenuto, non essendo sufficienti le risultanze della citata nota della Cassa Edile;
-che sussiste il pregiudizio grave e irreparabile di cui all’art. 23 bis, comma 3, della l. n. 1034 del 1971, ma non l’estrema gravità e urgenza di cui al comma 5 dello stesso art. 23 bis;
che la domanda cautelare non è stata accolta ma che lo è stato l’appello cautelare della GECA (v. ordinanza della V Sezione del Consiglio di Stato n. 5375 del 10 dicembre 2002, di accoglimento dell’istanza cautelare in primo grado);
che con memoria 14 febbraio 2003 la ricorrente ha chiesto al TAR di disporre l’affidamento in suo favore dei lavori residui e di condannare il Comune a risarcire il danno subìto per la perdita economica connessa ai lavori già effettuati in seguito all’aggiudicazione illegittimamente disposta (in memoria si legge che "non risulta che il Comune abbia ottemperato" all’ordinanza del Consiglio di Stato), danno da quantificarsi nella misura indicata nella perizia giurata ing. Pedace 31 gennaio 2003. La ricorrente ha precisato che, se i lavori residui non potranno essere affidati alla ricorrente, la condanna al risarcimento del danno per equivalente dovrà essere integrale;
2.1.1.-considerato in diritto che l’eccezione in rito sollevata dal Comune di Cartigliano è infondata e va respinta. E infatti, la nota Cassa Edile Vicenza 15 aprile 2002, oltre a provenire da un ente che risulta avere personalità giuridica di diritto privato, e a non esprimere l’esercizio di poteri autoritativi, è atto infraprocedimentale, privo di natura provvedimentale e di capacità lesiva autonoma. Dunque la ricorrente non aveva affatto l’onere di impugnare la nota suddetta;
2.1.2.-che è chiaramente priva di fondamento l’eccezione di irricevibilità per tardività adombrata dalla difesa della LV IMPIANTI in relazione al fatto che i termini per ricorrere sarebbero decorsi dal 15 maggio 2002, vale a dire dalla data in cui è stata emessa la nota con la quale il Comune "revocava l’aggiudicazione provvisoria in capo alla ricorrente". A giudizio del Collegio, a parte il fatto che il ricorso è stato notificato il 17 luglio 2002 e che la difesa della controinteressata non comprova in quale data la GECA avrebbe ricevuto la nota comunale 15 maggio 2002 prot. n. 2905, è agevole osservare che la nota stessa non contiene per nulla una revoca dell’aggiudicazione provvisoria disposta a favore della ricorrente nella seduta del 15 febbraio 2002 ma costituisce un semplice atto interlocutorio nel quale non si fa cenno alcuno a una eventuale revoca dell’aggiudicazione provvisoria ma si precisa, anzi, che "l’attività istruttoria della procedura (di verifica del possesso dei requisiti) è ancora in corso";
2.2.-che nel merito la domanda di annullamento è fondata con riferimento alla seconda censura, con la quale è stata dedotta la violazione dell’art. 75, comma 1, lettere E) e F) del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 -Cause di esclusione dalle gare di appalto per l'esecuzione di lavori pubblici, secondo cui "Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti e delle concessioni e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti:…
e) che hanno commesso gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro, risultanti dai dati in possesso dell'Osservatorio dei lavori pubblici;
f) che hanno commesso grave negligenza o malafede nell'esecuzione di lavori affidati dalla stazione appaltante che bandisce la gara". E infatti:
-quanto alle "risoluzioni di contratti di appalto" cui si fa cenno nel provvedimento impugnato, è facile osservare che la lettera F) dell’art. 75 parla di "grave negligenza o malafede nell’esecuzione di lavori affidati dalla (stessa) stazione appaltante che bandisce la gara". Nella specie, stando agli atti di lite non risulta sinora intervenuto alcun (altro) appalto tra GECA e Comune di Cartigliano. Dagli atti –v. nota Cassa Edile 15 aprile 2002- risulta unicamente che nell’ottobre del 2001 il Comune di Lonigo ha risolto un contratto di lavori in danno della GECA ai sensi dell’art. 119, comma 4, del d.P.R. n. 554/99, e che l’ATER di Vicenza ha attivato a carico della GECA una procedura di risoluzione ex art. 119 cit. in relazione a lavori di ristrutturazione di un edificio affidati alla ricorrente. Dunque il richiamo all’art. 75/F), contenuto nel provvedimento impugnato, è chiaramente erroneo;
-quanto alle "irregolarità nel trattamento previdenziale ed assicurativo della manodopera utilizzata", e alla ritenuta applicabilità, alla fattispecie in esame, dell’art. 75/E) cit., anche quest’ultimo –autonomo- capo di motivazione dell’atto impugnato è illegittimo poiché:
a) in primo luogo le "gravi infrazioni agli obblighi derivanti dai rapporti di lavoro devono essere "debitamente accertate". Tali però non risultano essere le infrazioni cui si fa riferimento nella nota della Cassa Edile, dato che le affermazioni della Cassa si basano su fonti generiche e indeterminate e hanno un contenuto tutt’altro che certo ("a seguito di verifiche promosse dalla scrivente…", "allo stato attuale delle risultanze acquisite…in taluni cantieri…(la) GECA utilizzerebbe manodopera non regolarmente inquadrata e denunciata…": appare significativo, nella prospettiva fatta propria dalla ricorrente, l’impiego del verbo utilizzare al condizionale);
b)in secondo luogo, l’esclusione dalle procedure e il divieto di stipulare i contratti ex art. 75/E) cit. sono subordinati alla circostanza che le suddette gravi infrazioni risultino "dai dati in possesso dell’Osservatorio dei lavori pubblici". Nella specie non consta -e comunque la P. A. non l’ha dimostrato- che le "gravi infrazioni debitamente accertate" risultino da dati posseduti dall’Osservatorio presso l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici. La circostanza, evidenziata dalla difesa comunale in sede di discussione del ricorso, secondo la quale i dati in possesso dell’Osservatorio sarebbero scarsissimi, costituisce un inconveniente di mero fatto che potrà, semmai, indurre i soggetti interessati a formulare al Governo proposte di modifica dell’art. 75/E), ma che non appare idonea a giustificare un’interpretazione della norma diversa da quella che si ricava dall’esame letterale (ma anche logico) della stessa, tanto più che trattasi di norma recante causa di esclusione da gare di appalto, come tale di stretta interpretazione;
che dunque l’atto impugnato va annullato ma che restano naturalmente salve eventuali ulteriori iniziative che il Comune riterrà di assumere nell’esercizio della propria discrezionalità;
2.3.-che rimangono da esaminare le domande di reintegrazione in forma specifica e di risarcimento del danno per equivalente formulate dalla GECO. Si è già detto nella esposizione in fatto che la ricorrente, muovendo dal presupposto (che il Collegio condivide) che se le illegittimità su esposte al p. 2.2. non vi fossero state la GECO avrebbe conseguito l’aggiudicazione definitiva dell’appalto, ha chiesto al TAR di condannare il Comune ad assegnarle i lavori (residui) a titolo di risarcimento del danno in forma specifica, oltre al risarcimento del danno per equivalente commisurato alla perdita economica connessa ai lavori già effettuati in seguito all’aggiudicazione illegittimamente disposta alla LV IMPIANTI. Solo se i lavori residui non potranno essere affidati alla ricorrente, ha soggiunto la GECO, la condanna al risarcimento del danno per equivalente dovrà essere integrale;
che, prima di tutto, vanno riconosciuti, nella condotta del Comune, gli estremi della colpa, quale elemento costitutivo della responsabilità risarcitoria. Dalle considerazioni sopra formulate al p. 2.2. risulta attribuibile alla P. A. un comportamento colposo, sul piano della violazione delle regole di normale diligenza. In altre parole, tenendo conto del contesto in cui si è sviluppata l’azione amministrativa, l’errore di interpretazione delle norme nel quale è incorso l’Amministrazione non appare scusabile;
2.3.1.-che la domanda di reintegrazione in forma specifica mediante l’affidamento alla GECO dei lavori (rimanenti) da eseguire non può essere accolta, dato che dagli atti di causa risulta che, verosimilmente, le prestazioni oggetto del contratto di appalto sono state in gran parte già rese dall’impresa dichiarata illegittimamente aggiudicataria, e che la reintegrazione in forma specifica risulterebbe eccessivamente onerosa per il pubblico interesse;
che dagli atti di causa si ricava che il termine per l’esecuzione dei lavori è stato stabilito in 448 giorni (pari a circa 15 mesi), naturali e consecutivi, decorrenti dalla data del verbale di consegna dei lavori, e che i lavori sono stati consegnati alla LV IMPIANTI il 16 luglio 2002;
che, nonostante sia intervenuta un’ordinanza cautelare di accoglimento del Consiglio di Stato, i lavori non risultano essere stati sospesi ma sono proseguiti e che, in base a quanto è emerso durante la discussione del ricorso (27 febbraio 2003), gli stessi si troverebbero "a buon punto";
che, tenuto conto anche dei tempi di pubblicazione della sentenza –nel rispetto, si intende, dell’art. 55 della l. n. 186 del 1982-, la scadenza del termine per l’ultimazione dei lavori indicata nel bando appare tutt’altro che lontana;
che, per le ragioni su esposte, i lavori di realizzazione della palestra sono, verosimilmente, in corso di avanzata esecuzione e, in disparte quello che la difesa GECA definisce come "atteggiamento ostile che il Comune intimato ha assunto nei confronti della ricorrente", tutto ciò induce il Collegio a rigettare la domanda di reintegrazione in forma specifica;
2.3.2.-che, se non vi sono i presupposti per riconoscere alla GECA il risarcimento in forma specifica va però accolta (in parte) la domanda di risarcimento del danno per equivalente;
che il danno va riconosciuto e quantificato (esclusivamente) sotto il profilo del lucro cessante e con riferimento al parametro indicato all’art. 345 della l. 20 marzo 1865, n. 2248 All. F e all’art. 122 del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, vale a dire con riguardo al decimo dell’importo delle opere, riferito non al valore a base di gara (circa € 821.158) ma al prezzo offerto dalla GECO (circa € 749.307), prezzo che risulta dalla applicazione della percentuale di ribasso dell’8,75% sull’importo a base d’asta (10% di 749.307=74.930,7);
che, anche in assenza di una specifica domanda della GECO (cfr. Cass. civ., III, n. 2745 del 1997 e I, n. 12839 del 1992), va riconosciuta alla ricorrente la rivalutazione monetaria con decorrenza dalla data di inizio dei lavori da parte della impresa dichiarata aggiudicataria e fino alla data della pubblicazione della sentenza (cfr. Cass. civ., I, n. 11616 del 1992 e TAR Veneto, I, n. 6345 del 2002);
che le spese seguono la soccombenza per quanto attiene alla posizione dell’Amministrazione resistente, mentre concorrono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese stesse nei riguardi della LV IMPIANTI;
P. Q. M.
il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione prima, definitivamente decidendo sul ricorso in premessa, così provvede:
accoglie la domanda di annullamento e, per l’effetto, annulla la determinazione impugnata, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’autorità amministrativa;
rigetta la domanda di reintegrazione in forma specifica;
accoglie, nei sensi e limiti di cui in motivazione, la domanda di risarcimento del danno per equivalente;
condanna il Comune resistente a rimborsare spese ed onorari alla società ricorrente, nella complessiva misura di € 4.000,00, oltre a i.v.a. e a c.p.a.. Spese compensate nei riguardi della controinteressata.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, nella camera di consiglio del 27 febbraio 2003.
Il Presidente L'Estensore
Depositata in segreteria in data 15 aprile 2003.