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Giurisprudenza
n. 12-2000 - © copyright. N.B.: il testo originale della presente pronuncia è stato redatto in lingua tedesca; ringraziamo l’Avv. Stephan Beikircher, addetto all’Ufficio centrale affari legali dell’Avvocatura della Provincia di Bolzano, per la traduzione del testo in italiano.

T.R.G.A., SEZ. BOLZANO – Sentenza 7 dicembre 2000 n. 335 – Pres.ff. Mosna, Est. Demattio - Objecta S.r.l. (Avv.ti Stefan Thurin e Karl Zeller) c. Provincia Autonoma Di Bolzano (Avv.ti Maria Larcher e Stephan Beikircher) e Pedacta Sas (n.c.).

1. Contratti della P.A. – Offerte – Offerte anomale – Esame giustificazioni – Comporta l’esercizio di discrezionalità tecnica – Giudizio negativo - Adeguata motivazione – Necessità.

2. Giustizia amministrativa – Sindacato del G.A. – Sui provvedimenti comportanti esercizio di discrezionalità tecnica - A seguito della L. n. 205/2000 – Deve ritenersi maggiormente esteso.

3. Contratti della P.A. – Offerte – Offerte anomale – Esclusione di offerta per fornitura – Riferimento alla qualità del prodotto ed omessa considerazione del prezzo d’acquisto vantaggioso – Illegittimità.

4. Giustizia amministrativa – Risarcimento del danno – A seguito di lesione di interessi legittimi – Risarcimento in forma specifica – E’ ammissibile solo nel caso di annullamento di atti vincolati.

5. Giustizia amministrativa – Risarcimento del danno – A seguito di lesione di interessi legittimi – Risarcimento per equivalente – A seguito di annullamento di atti discrezionali – Presupposti ed ammontare del risarcimento – Individuazione – Fattispecie.

1. L’esame delle giustificazioni di una offerta anormalmente bassa in occasione di una gara pubblica per forniture comporta l’esercizio di discrezionalità tecnica (1). Anche se all’amministrazione compete un ampia discrezionalità in materia, la verifica dell’anomalia delle offerte deve non di meno considerare le giustificazioni presentate, qualora necessario anche con un procedimento in contraddittorio e deve essere motivata in modo convincente ed immune da vizi logici (2).

2. Il legislatore, con la legge n. 205 del 21.7.2000, tramite la generale ammissione di consulenze tecniche (prevista dall’art. 16), non solo nell’ambito della giurisdizione esclusiva (art. 7, comma 3), ha voluto aumentare l’ampiezza del controllo del giudice amministrativo riguardo alle valutazioni tecniche dell’amministrazione.

3. E’ illegittima la esclusione per anomalia di una offerta presentata per una gara relativa ad una fornitura, allorché la motivazione dell’esclusione abbia fatto illogicamente riferimento alla qualità del prodotto offerto (atteso che non era compito della commissione giudicare la qualità dei prodotti, ma quello di giudicare se i prezzi offerti corrispondessero, sulla base delle giustificazioni presentate – ed unicamente sulla base di queste – alla realtà di mercato rappresentata dall’offerente) e  non abbia espressamente contestato i prezzi d’acquisto né abbia considerato in alcun modo le giustificazioni (nella specie, prezzi d’acquisto vantaggiosi).

4. La possibilità di condannare la P.A. al risarcimento in forma specifica del danno, che è omai stata introdotta  dall’art. 7, comma 1, della legge n. 205/2000 per tutte le materie che rientrano nella competenza del giudice amministrativo (sul modello dei paragrafi 42 e 113 della procedura amministrativa tedesca  - VwGO), sussiste solo in caso di atti vincolati, nei quali il contenuto del provvedimento è dato in modo da non potersi discostare dalla legge o da altre norme, e non anche per gli atti discrezionali, la cui configurazione è rimessa all’amministrazione; opinando diversamente, vi sarebbe un ingerenza non ammessa del giudice amministrativo nell’attività dell’amministrazione (il giudice, infatti, non si può sostituire all’amministrazione).

5. Nel caso in cui siano stati annullati atti discrezionali e sussistano i presupposti di cui all’art. 2043 c.c. (ed in particolare sia dimostrata la colpa dell’amministrazione, la quale può consistere anche nella violazione delle regole della buona amministrazione), il giudice amministrativo può condannare la P.A. al risarcimento del danno per equivalente monetario, da determinare secondo i criteri dell’art. 1223 c.c. (perdita subita e mancato guadagno), stabilendo, ai sensi dell’art. 7, comma 2 della legge n. 205/2000, nel contempo, i criteri per la determinazione della somma spettante per il risarcimento (3).

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(1) Cfr. T.R.G.A., Sez. Bolzano, sentenze n. 118/99 e n. 251/98.

(2) Cfr. TAR Sardegna 30 dicembre 1996, n. 1908 e TAR Campania, Sez. II, 2 marzo 2000, n. 586.

(3) Ha rilevato in particolare il TRGA che nella specie, in applicazione dell’ordinaria diligenza, l’autorità di gara avrebbe dovuto effettuare un esame più approfondito e più attinente ai fatti, che avrebbe comportato inevitabilmente un altro risultato e che, a tale titolo, andava condannata al risarcimento del danno tenendo conto dei “seguenti elementi:

1)    spese per la predisposizione ed elaborazione dell’offerta, secondo fatture e/o secondo equità sulla base di una stima di tempo e materiale. Sono escluse le spese per la consulenza legale, in quanto già considerate nella determinazione delle spese processuali;

2)     mancato guadagno. Secondo equo apprezzamento nelle forniture si può partire da un utile al netto delle tasse del 5% della somma offerta (nel presente caso la ricorrente calcola l’8,44% di utile, mentre l’autorità di gara il 3,68%). Non è da escludere, che la ricorrente abbia potuto compensare totalmente o parzialmente la mancata saturazione della potenzialità produttiva, che si è verificata sulla base del mancato incarico, tramite incarichi sostitutivi. Si deve pertanto operare una corrispettiva riduzione, che deve essere almeno del 30%;

3)    un danno per perdita di prestigio quale danno patrimoniale non è provabile e non dovuto quale danno immateriale (art. 2059 c.c.);

4)    siccome non si può escludere con una certezza del 100%, che l’autorità di gara avrebbe potuto confermare sulla base di una nuova verifica senza errori l’esclusione della ricorrente dalla gara, la su determinata somma di risarcimento è da ridurre dell’ulteriore 10%”.  

 

 

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Traduzione della sentenza del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, Sezione autonoma per la provincia di Bolzano, n. 335/2000 del 25.10-07.12.2000

REPUBBLICA ITALIANA

Il TRIBUNALE REGIONALE DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA

Sezione autonoma per la provincia di Bolzano

costituito da:

Luigi MOSNA

- Presidente ff

Anton WIDMAIR

- Consigliere

Hugo DEMATTIO

- Consigliere relatore

Marina ROSSI DORDI

- Consigliere

ha pronunziato la seguente

SENTENZA

sul ricorso al n. 207 del registro ricorsi 1999

presentato da

OBJECTA S.R.L, in persona del legale rappresentante Schwienbacher Walter, rappresentato e difeso dagli avv.ti Stefan Thurin e Karl Zeller di Merano ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Alex Cuccurullo in Bolzano, Galeria Europa n. 26, giusta delega a margine del ricorso;                 

 - ricorrente -

contro

PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO, in persona del Presidente pro tempore della Giunta provinciale, che sta in giudizio in forza della deliberazione della Giunta provinciale n. 170 del 26.01.1998 rappresentata e difesa dagli avv.ti Maria Larcher e Stephan Beikircher, con elezione di domicilio in Bolzano, via Crispi 3 giusta delega a margine della comparsa di costituzione       

- resistente -

e   n e i   c o n f r o n t i

PEDACTA SAS, in persona del legale rappresentante pro tempore con sede in Lana, Via Merano 7;

– non costituita -

per l’annullamento

1.   della mancata aggiudicazione per il lotto B “Professionale 9” concernente l’arredamento della nuova scuola professionale di Merano, comunicata con lettera dell’ufficio contratti della Provincia di Bolzano del 13.05.1999, prot. n. 21.02/CM/1330;

2.    delle presupposte deliberazioni della commissione di valutazione dell’11.05.1999, Raccolta n. 158 e Raccolta n. 141 del 16.03.1999, ed in particolare dell’allegata relazione riguardante l’analisi dei prezzi, con la quale non sono state accolte le giustificazioni dei prezzi della ditta Objecta s.r.l. ed è stata effettuata l’aggiudicazione alla ditta Pedacta, così come della lettera dell’ufficio appalti del 18.03.1999, prot. n. 6.1.1232;

3.    di tutti gli altri atti della gara con i quali sono stati nominati gli esaminatori per la valutazione dell’offerta anormalmente bassa riguardo al lotto B;

4.    e di tutti gli atti presupposti, connessi e successivi.

Visto il ricorso notificato il 5.6.1999 e depositato con i relativi allegati il 10.6.1999;

Vista la comparsa di costituzione della Provincia autonoma di Bolzano del 21.6.1999;

Viste le memorie prodotte;

Vista la propria ordinanza n. 136/99 del 22.06.1999, con la quale è stata respinta la domanda di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato relatore per la pubblica udienza del 25.10.2000 il consigliere Hugo Demattio e l’avv. A. Cuccurullo in sostituzione dell’avv. Stephan Thurin per la ricorrente e l’avv. M. Larcher per la Provincia autonoma di Bolzano;

FATTO

Oggetto dell’impugnazione è il verbale aggiuntivo (al verbale n. 141 del 1° marzo 1999) del 11.5.1999, n. 158 dell’autorità di gara, con il quale non è stato aggiudicato alla ricorrente il lotto B “Professionale 9” e con il quale lo stesso lotto è stato aggiudicato alla controinteressata Pedacta SAS, ed in particolare la relazione riguardante l’analisi dei prezzi, fatta propria dall’autorità di gara, di data 27.4.1999, così come la lettera dell’ufficio appalti del 18.3.1999.

Vengono fatti valere i seguenti motivi:

1) Eccesso di potere per motivazione illogica, mancante, rispettivamente contraddittoria. Errata rappresentazione di fatti: i prodotti della Objecta sono stati valutati “molto buoni”, i prezzi offerti sono giustificati ed in ogni caso non sono anormalmente bassi. Eclatante disparità di trattamento delle offerte Pedacta e Objecta. Violazione dell’articolo 27 della direttiva CE 93/36 del 14.6.1999: un utile troppo basso non è un criterio di valutazione; prima dell’esclusione si devono considerare tutte le giustificazioni;

2) Eccesso di potere per motivazione mancante: non si motiva, perché si utilizzi il criterio del ribasso del 20% della media;

3) Violazione dell’articolo 9 del capitolato generale d’appalto per le forniture (decreto dell’Assessore del 24.3.1998, n. 126/6.1): l’aggiudicazione non è stata effettuata entro i 60 giorni dalla data fissata per la gara;

4) Violazione dell’articolo 6, comma 8, legge provinciale n. 17/1993: la commissione di valutazione per il lotto B era composta da un solo esperto. Comportamento contraddittorio e illogico: la valutazione non è stata effettuata dalla commissione permanente.

L’attrice chiede inoltre, in via subordinata, il risarcimento del danno per mancato guadagno, per le spese amministrative sorte, per il mancato sfruttamento della struttura (copertura delle spese fisse), il mancato prestigio e le spese per la consulenza legale.

La Provincia autonoma di Bolzano si è costituita nel processo e ha chiesto il rigetto dello stesso con condanna alle spese.

La ditta Pedacta non si è costituita.

Alla pubblica udienza del 25 ottobre 2000 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

In data 31.10.2000 è stato depositato, ai sensi dell’art. 4 della legge n. 205/2000, il dispositivo di sentenza nella segreteria di questo Tribunale.

DIRITTO

Il ricorso è fondato.

Si premette quanto segue:

Con bando di gara del 14 ottobre 1998 l’Assessore provinciale ai lavori pubblici ha bandito la gara per la fornitura ed il montaggio dell’arredamento per la nuova scuola professionale in Merano suddiviso in diversi lotti nella forma della procedura aperta.

La gara concerneva tra l’altro il lotto “B” (mobili di serie con una base d’asta di lire 2.286.491.670), per il quale la ditta ricorrente, insieme ad altre 7 ditte, ha presentato nei termini la propria offerta.

L’aggiudicazione doveva avvenire secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ove il prezzo era da valutare con 51 punti e la qualità con 20, il valore tecnico-qualitativo con 20 e l’estetica con 19 (quindi complessivamente 49 punti per la valutazione tecnica).

In data 15.12.1998 si è riunita l’autorità di gara e ha ammesso tra l’altro alla gara per il lotto “B” 8 offerte, tra cui anche quella della ricorrente.

Successivamente tutta la documentazione tecnica veniva trasmessa alla competente commissione di valutazione, che esprimeva, per tutte le otto offerte dal punto di vista della qualità, della tecnica e dell’estetica, la valutazione “molto buono”.

Su un possibile punteggio massimo di 49, la ricorrente otteneva 46,22 punti e la ditta Pedacta 48,41 punti.

L’autorità di gara faceva propria tale valutazione e poi ha esaminato l’offerta economica.

La ricorrente otteneva, con un offerta di Lire 1.362.885.300, un punteggio pari a 47,15 e la ditta Pedacta, con un offerta di Lire 1.515.710.000, 42,39 punti.

Complessivamente questo si traduceva per la ricorrente in 93,37 (46,22+47,15) punti, e per la ditta Pedacta in 90,8 (48,41+42,39) punti.

Constatato che l’offerta della ricorrente, così come quella della ditta Paolo Politi s.r.l. (questa aveva presentato l’offerta più bassa ed aveva per questo ottenuto 51 punti e complessivamente 100 punti), in quanto contrassegnata da ribasso di più del 20% della media aritmetica delle offerte ammesse erano da considerare anomale, le stesse sono state invitate con lettera dell’ufficio appalti dd. 18 marzo 1999 a voler fornire entro 10 giorni l’analisi dei prezzi di tutti i prezzi unitari offerti.

Inoltre venivano invitate a voler trasmettere come referenza, corredata da idonea documentazione, un elenco di tutte le forniture analoghe eseguite negli ultimi tre anni, incluse quelle eseguite a favore della Provincia autonoma di Bolzano.

La ricorrente con lettera dd. 24.3.1999 ha inviato nei termini il suo calcolo dei prezzi con elencazione analitica dei prezzi d’acquisto, aumenti e spese delle singole posizioni offerte.

Ha specificato il fatto che le spese di trasporto dei montatori e le spese di trasporto dal magazzino al cantiere non erano state calcolate, in quanto il magazzino era nelle immediate vicinanze della nuova costruzione.

La direzione dei lavori ha quindi esaminato l’analisi dei prezzi ed è giunta alla conclusione (verbale del 27.4.1999), che in base alla sua esperienza i prodotti nella classe di qualità richiesta non fossero fornibili ai prezzi offerti e che pertanto l’analisi dei prezzi dell’attrice non era da considerare realistica bensì “consapevolmente fuorviante”, per quanto concerne il calcolo dei costi di lavoro.

L’autorità di gara ha fatto propri questi accertamenti (verbale del 11.5.1999) ed ha effettuato l’aggiudicazione in favore della ditta Pedacta terza in graduatoria (evidentemente è stata esclusa anche la prima classificata ditta Politi, che pare si sia a ciò rassegnata).

Ora la ricorrente si duole (primo motivo) della contraddittorietà e insufficienza della motivazione, anche in considerazione delle giustificazioni presentate, della violazione dell’art. 27 della direttiva CE 93/36, dell’applicazione di criteri di valutazione errati e di disparità di trattamento.

Le doglianze sono – con le successive limitazioni – fondate.

La questione giuridica riguarda qui principalmente la misura dell’ampiezza del controllo del giudice amministrativo, che può essere esercitato in caso di esame delle giustificazioni di un offerta anormalmente bassa in occasione di una gara pubblica per forniture.

Secondo giurisprudenza consolidata, anche di questo Tribunale (Cfr. sentenza n. 118/99 e n. 251/98), in questo caso si tratta di discrezionalità tecnica, e pertanto di accertamenti di fatto risp. di valutazioni fattuali, che in via di principio si sottraggono al controllo di legittimità del giudice amministrativo.

Anche se all’amministrazione compete un ampia discrezionalità, la verifica deve non di meno considerare le giustificazioni presentate e, qualora necessario anche con un procedimento in contraddittorio, e deve essere motivata in modo convincente.

Questo non esclude che, con  riguardo alle valutazioni tecniche discrezionali, possano essere fatti valere sia errori logici, oppure il porre a base di accertamenti di fatti inconferenti. Questi vizi vengono alla luce tramite le espressioni usate nella motivazione, o attraverso la sua insufficienza o anche per la sua mancanza.

In questo contesto è da considerare, che il legislatore della riforma (legge n. 205 del 21.7.2000) tramite la generale ammissione di consulenze tecniche (art. 16), voleva evidentemente aumentare l’ampiezza del controllo del giudice amministrativo riguardo alle valutazioni tecniche dell’amministrazione, e questo non solo nell’ambito della giurisdizione esclusiva (art. 7, comma 3).

Sotto tale punto di vista in futuro dovrà essere riveduta la succitata giurisprudenza restrittiva.

In primo luogo la ricorrente censura la contraddittorietà delle conclusioni dell’esaminatore, che dai prezzi bassi, come offerti, vorrebbe dedurre una scadente qualità dei prodotti.

Questa argomentazione è effettivamente in contrasto con gli accertamenti e le valutazioni del 15.3.1999 della commissione di valutazione integrata da insegnanti delle singole materie, che dopo l’esame delle singole offerte “sulla base della documentazione tecnica presentata dagli offerenti (prospetti, descrizione)” aveva dato alla ricorrente per la qualità 19,95 punti (di 20 possibili) assegnando il voto “molto buono”.

La qualità, per la quale la ricorrente aveva ottenuto quasi il voto massimo, non poteva quindi essere messa in discussione senza ulteriore motivazione, tanto meno con l’asserzione – contro la quale la ricorrente si opporrebbe, e probabilmente legittimamente – che lei non fornirebbe i prodotti classificati dalla commissione di valutazione come qualitativamente ineccepibili, ma altri, di qualità più scadente.

A prescindere dal fatto che non era compito dell’esaminatore giudicare la qualità dei prodotti, ma quello di giudicare se i prezzi offerti corrispondessero, sulla base delle giustificazioni presentate – ed unicamente sulla base di queste – alla realtà di mercato rappresentata dall’offerente o meno, ed in quest’ultimo caso, per quali motivi.

Una simile valutazione pare non essere stata effettuata.

In ogni caso quest’ultima non ha avuto alcuna ripercussione nel parere del 27.4.1999, per cui sotto questo profilo la censura dell’insufficienza della motivazione è fondata.

La ricorrente ha pur sempre indicato come giustificazione della realtà dei prezzi per ogni singolo prodotto il prezzo d’acquisto effettivo e l’aumento da essa praticato, variando tra il 25 ed il 43% ed ha fatto presente il risparmio di spese per i montatori e per i trasporti a causa della vicinanza del cantiere alla propria sede.

A tale riguardo ha assolto all’onere della prova incombente sull’offerente anomalo (cfr. sentenza n. 118/99).

L’esaminatore risp. l’autorità di gara non hanno espressamente contestato i prezzi d’acquisto, ma non hanno considerato in alcun modo le giustificazioni (prezzi d’acquisto vantaggiosi).

Non è stata neanche considerata la giustificazione della circostanza eccezionalmente favorevole, ai sensi dell’art. 27, comma 2, della direttiva CE 93/38, della circostanza della vicinanza della sede della ricorrente al luogo di fornitura.

Era invece obbligo dell’autorità considerare tutte le giustificazioni (cfr. TAR Sardegna n. 1908 del 30.12.1996 e TAR Campania, II Sezione n. 586 del 2.3.2000).

Essa ha invece accertato un ribasso del 60-80% sul prezzo a base d’asta in 8 posizioni di prezzi scelti arbitrariamente tra circa 70-80 posizioni e da questo ha tratto la conclusione, che i prezzi offerti erano troppo bassi.

Una simile argomentazione non è sufficiente, per motivare l’anomalia toût court di tutti i prezzi offerti.

Un evidente discostamento verso il basso dei prezzi offerti rispetto ai prezzi a base d’asta, può determinare il sospetto di una configurazione dei prezzi non seria, questo sospetto deve però resistere anche alle giustificazioni presentate dall’offerente in modo anomalo, in quanto non si può escludere che i prezzi fissati per la base d’asta siano risultati troppo alti avuto riguardo all’attuale situazione di mercato, mentre i prezzi offerti corrispondano maggiormente a questa situazione.

Questo pare qui effettivamente, almeno parzialmente, essere avvenuto, in quanto risulta dagli atti – come espone giustamente la ricorrente nei propri atti – che anche altri offerenti, non soggetti alla verifica delle giustificazioni, in particolare la ditta Pedacta, hanno offerto gli stessi prodotti allo stesso prezzo della ricorrente (addirittura ad un prezzo più basso).

Complessivamente la motivazione del direttore dei lavori risp. dell’autorità di gara che la fa propria non è in alcun modo convincente, né in alcun modo sufficiente.

Questo vale anche riguardo al calcolo delle paghe orarie, rispetto alle quali, senza riferimento a valori di riferimento, viene unicamente detto che sono “molto basse”.

La fondatezza delle censure sin qui esaminate porta all’accoglimento del ricorso ed all’annullamento dei provvedimenti impugnati, per cui nel quadro del ricorso impugnatorio è superfluo considerare gli ulteriori motivi di impugnazione.

Esclusa dall’annullamento rimane la lettera dell’ufficio appalti del 18.3.1999, contro il quale non è stato proposto alcun motivo di impugnazione specifico.

Rimane da esaminare la domanda di risarcimento.

Si pone preliminarmente la questione, se sia possibile una condanna dell’autorità amministrativa al ripristino dello stato precedente ai sensi dell’art. 2058 c.c. – dicasi condanna all’amministrazione all’aggiudicazione della fornitura alla ricorrente.

Con l’art. 7, comma 1, della legge n. 205/2000 questa possibilità di ordinare la restituzione in natura è stata introdotta in tutte le materie, che rientrano nella competenza del giudice amministrativo, una sorta di azione di condanna, sul modello dei paragrafi 42 e 113 della procedura amministrativa tedesca (VwGO), nel sistema del diritto amministrativo italiano.

È però da ritenere, che la condanna dell’amministrazione ad un facere è possibile solo in caso di atti vincolati, nei quali il contenuto del provvedimento è dato in modo da non potersi scostare dalla legge o da altre norme, e non anche per gli atti discrezionali, la cui configurazione è rimessa all’amministrazione.

In quest’ultimo caso vi sarebbe un ingerenza non ammessa del giudice amministrativo nell’attività dell’amministrazione (il giudice non si può sostituire all’amministrazione).

Nel presente caso la restituzione in natura sarebbe teoricamente possibile, in quanto sulla base delle prescrizioni di gara l’amministrazione sarebbe obbligata senza alcuna discrezionalità, ad assegnare alla ricorrente, che ottiene il maggior punteggio l’incarico (la valutazione tecnica, nella quale sarebbe possibile una discrezionalità, non è oggetto di impugnazione), visto che la sua esclusione per l‘offerta anormalmente bassa è stata giudicata illegittima.

Nel presente caso la certezza (nella cornice del giudicato della presente sentenza) circa la definitività dell’illegittimità è data ampiamente, in quanto l’annullamento non avviene sulla base di un difetto di motivazione in via di principio sanabile – con la ripetizione del provvedimento – ma sulla base di un difetto di funzione dell’atto impugnato (gli organi deputati all’esame hanno travisato la propria funzione – esame delle giustificazioni), che si manifesta nella motivazione data e nella mancanza della stessa.

Una sanatoria con la ripetizione del provvedimento, che è il caso in presenza di difetti motivazionali formali, sarebbe stata difficilmente possibile.

Per questo è necessario valutare anticipatamente, se l’autorità di gara, sulla base di un nuovo esame dell’offerta bassa della ricorrente e con l’osservanza dei criteri stabiliti in questa sentenza, avrebbe potuto giungere senza errori alla decisione della conferma dell’esclusione della ricorrente.

Una simile decisione è difficilmente pensabile, in quanto la ricorrente ha provato i prezzi più vantaggiosi con la produzione di ulteriori documenti (vedi allegati 10-52 nel fascicolo della ricorrente).

Non è però da escludere con una certezza del 100%.

Una restituzione in natura nel presente caso non viene in considerazione, in quanto manca la rispettiva domanda e in ogni caso questa si dimostrerebbe troppo onerosa per l’amministrazione (art. 2058 c.c.), perché, come sembra, l’incarico è stato eseguito per la maggior parte o completamente.

Pertanto per la ricorrente viene in considerazione unicamente il risarcimento del danno per equivalente, dicasi con pagamento di una somma di denaro.

La fondatezza in via di principio di una tale pretesa, anche per la violazione di interessi legittimi, è attualmente fuori discussione (sentenza Sezioni Unite della Cassazione n. 500 del 22.7.1999 e ordinanza dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 1 del 30.3.2000).

Devono però sussistere i presupposti di cui all’art. 2043 c.c.. In particolare l’illegittimità del provvedimento causativo del danno non è da solo sufficiente, si deve dimostrare anche la colpa (dolo o negligenza) dell’amministrazione.

Questa è da cercare nel presente caso nella violazione delle regole della buona amministrazione. In applicazione dell’ordinaria diligenza l’autorità di gara avrebbe dovuto effettuare un esame più approfondito e più attinente ai fatti, che avrebbe comportato inevitabilmente un altro risultato.

L’ammontare dei danni è da determinare secondo i criteri dell’art. 1223 c.c. (perdita subita e mancato guadagno). Nell’interesse di una celere definizione della causa il Collegio, ai sensi dell’art. 7, comma 2 della legge n. 205/2000, ritiene opportuno determinare i criteri per la determinazione della somma spettante per il risarcimento.

Pertanto l’amministrazione è tenuta a formulare alla ricorrente una proposta di liquidazione che dovrà considerare i seguenti elementi:

5)     spese per la predisposizione ed elaborazione dell’offerta, secondo fatture e/o secondo equità sulla base di una stima di tempo e materiale. Sono escluse le spese per la consulenza legale, in quanto già considerate nella determinazione delle spese processuali;

6)     mancato guadagno. Secondo equo apprezzamento nelle forniture si può partire da un utile al netto delle tasse del 5% della somma offerta (nel presente caso la ricorrente calcola l’8,44% di utile, mentre l’autorità di gara il 3,68%). Non è da escludere, che la ricorrente abbia potuto compensare totalmente o parzialmente la mancata saturazione della potenzialità produttiva, che si è verificata sulla base del mancato incarico, tramite incarichi sostitutivi. Si deve pertanto operare una corrispettiva riduzione, che deve essere almeno del 30%;

7)    un danno per perdita di prestigio quale danno patrimoniale non è provabile e non dovuto quale danno immateriale (art. 2059 c.c.);

8)    siccome non si può escludere con una certezza del 100%, che l’autorità di gara avrebbe potuto confermare sulla base di una nuova verifica senza errori l’esclusione della ricorrente dalla gara, la su determinata somma di risarcimento è da ridurre dell’ulteriore 10%.

Le spese processuali sono a carico dell’Amministrazione nell’ammontare di cui al dispositivo.

Le spese tra ricorrente e ditta Pedacta sono da compensare, in quanto quest’ultima non ha dato adito all’illegittimità dei provvedimenti impugnati e per l’assenza dal processo non ha causato nessun dispendio di difesa da parte dell’attrice.

Per questi motivi

il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa – Sezione autonoma per la provincia di Bolzano, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso ed annulla i provvedimenti impugnati come da motivazione.

Condanna la Provincia autonoma di Bolzano a risarcire il danno della ricorrente.

Ai sensi dell’art. 7, comma 2 della legge n. 205 del 21 luglio 2000 la Provincia autonoma di Bolzano è tenuta a proporre entro il termine di 60 giorni decorrenti dalla comunicazione dell’avvenuto deposito della motivazione della sentenza alla ricorrente una proposta vincolante relativamente all’ammontare del risarcimento del danno, sulla base dei criteri indicati nella motivazione della sentenza.

In caso di mancato accordo il Tribunale regionale può essere adito per la determinazione della somma di risarcimento con il ricorso in ottemperanza di cui all’articolo 27, comma 1, numero 4) del regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054.

Condanna la Provincia autonoma di Bolzano alla rifusione delle spese di lite a favore della ricorrente, che liquida in Lire 10.000.000, più IVA e CAP.

Dispone la compensazione delle spese tra ricorrente e la controinteressata Pedacta SAS.

Ordina che il presente dispositivo di sentenza venga eseguito dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Bolzano, nella camera di consiglio del 25.10.2000.

IL PRESIDENTE ff.   L’ESTENSORE

Luigi MOSNA          Hugo DEMATTIO

T.R.G.A. – Sez. Aut. di Bolzano

SENTENZA DEPOSITATA in segreteria il 07.12.2000

Copia conforme della stessa si invia in data odierna a norma dell’art. 87 del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, e se del caso, dell’art. 14 della legge 03.04.1979, n. 103 alle seguenti Amministrazioni:

Presidente della Giunta provinciale

Il Segretario generale

- Dr. Siegmund Winkler -

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Per traduzione fedele dal testo in lingua tedesca:

Il collaboratore addetto all’Ufficio centrale affari legali dell’Avvocatura della Provincia

- avv. Stephan Beikircher -

Bolzano, lì 27 dicembre 2000.

Copertina