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T.R.G.A., SEZ. DI BOLZANO - Sentenza 18 dicembre 2002 n. 579 - Pres. Widmair, Est. Pantozzi Lerjefors - Pichler & Co. Ohg e altri (Avv. Fava) c. Provincia Autonoma di Bolzano (Avv.ti von Guggenberg, Bernardi e von Walther) - (afferma la giurisdizione del G.A. e respinge il ricorso).

1. Giurisdizione e competenza - Contributi e finanziamenti - Revoca parziale dopo l’ammissione all’erogazione e dopo la liquidazione - Per la mancanza parziale ab origine delle condizioni richieste per la concessione - Controversie - Giurisdizione del Giudice amministrativo - Sussiste.

2. Contributi e finanziamenti - Richiesta di restituzione della P.A. - Per illegittimità della concessione e dell’erogazione - Termine di prescrizione - E’ decennale - Sospensione del termine di prescrizione ex art. 2941 c.c. - Nel caso cui il beneficiario abbia con dolo e frode occultato l’effettivo investimento e l’indebita liquidazione del contributo - Si verifica - Decorrenza del termine di prescrizione - Dalla scoperta della frode da parte dell’Amministrazione.

3. Atto amministrativo - Autotutela - Comunicazione della P.A. agli interessati della facoltà di accesso agli atti amministrativi richiamati nel provvedimento di secondo grado - Disponibilità, ex art. 3, comma 3, legge 7 agosto 1990, n. 241, degli atti indicati - Si verifica - Condizioni minime della motivazione ob relationem - Sussistono - Difetto di motivazione - Esclusione.

4. Atto amministrativo - Autotutela - Diffusa motivazione - Nel caso in cui la P.A. disponga il recupero di pubblico denaro illegittimamente attribuito - Obbligo - Non sussiste.

5. Atto amministrativo - Autotutela - Revoca di contributi e finanziamenti - Principi di tipicità e di nominatività degli atti amministrativi - Violazione nel caso in cui l’Amministrazione abbia adottato un provvedimento di revoca in luogo dell’esercizio del potere di annullamento - Non sussiste - Fattispecie.

6. Atto amministrativo - Autotutela - Revoca di contributi e finanziamenti - Identità dell’organo decidente sia la concessione delle agevolazioni sia il provvedimento di autotutela - Provvedimento di decadenza sanzionatoria dai benefici a contenuto vincolato - Assenza dei preventivi pareri eventualmente richiesti nel procedimento di concessione delle agevolazioni - Principio del contrarius actus - Violazione - Non sussiste.

1. Nel caso in cui l’Amministrazione si accorga di avere illegittimamente concesso, ab origine, contributi pubblici, ed agisca in autotutela, revocando, del tutto o parzialmente, la concessione, esercita poteri autoritativi a garanzia del pubblico interesse, cui era preordinata l’erogazione del contributo, idonei ad affievolire il diritto soggettivo costituito col precedente provvedimento, ed a degradarlo ad interesse legittimo, con la conseguenza che le relative controversie sono devolute al Giudice amministrativo (1).

2. Il termine di prescrizione decennale entro cui l’Amministrazione deve chiedere al beneficiario la restituzione parziale dei contributi pubblici, in parte illegittimamente erogati, rimane sospeso, ex art. 2941 n. 8, c.c., sino a quando l’Amministrazione non venga a conoscenza della frode perpetrata dal beneficiario, che, con intento doloso e fraudolento, teso a celare l’effettivo investimento, ha occultato l’indebita liquidazione del contributo. Detto termine inizia a decorrere soltanto dal momento della scoperta, da parte dell’Amministrazione, della frode.

3. Devono ritenersi rispettate le condizioni minime per una motivazione ob relationem e deve, pertanto, escludersi il difetto di motivazione del provvedimento amministrativo, nel caso in cui l’amministrazione, prima di adottare un provvedimento di revoca di concessione di un contributo pubblico, abbia inviato ai soggetti interessati la comunicazione di avvio del procedimento, e ricordato la facoltà di accedere a tutti i documenti richiamati nel provvedimento di secondo grado, così resi disponibili, ex art. 3, co. 3, legge 7 agosto 1990, n. 241, dall’Amministrazione, essendo quest’ultima tenuta a rilasciarne copia nei modi e nelle forme stabilite dall’art. 25 della legge n. 241del 1990, ove ne venga fatta richiesta (2) (3).

4. In materia di autotutela amministrativa non è necessaria una diffusa motivazione, allorquando si disponga il recupero di pubblico denaro illegittimamente attribuito (4).

5. Deve ritenersi legittimo, e non in violazione dei principi di tipicità e di nominatività degli atti amministrativi, un provvedimento di revoca parziale della concessione di un contributo pubblico, adottato in luogo dell’esercizio di un potere di annullamento in via di autotutela, quando il provvedimento esprima in modo chiaro la volontà dell’Amministrazione di far decadere parzialmente i ricorrenti dai contributi concessi, di fronte ad un evento, conosciuto solo successivamente all’atto di concessione, che incide sul quantum dei contributi spettanti (5).

6. Il provvedimento adottato in autotutela amministrativa, di revoca della concessione di un contributo pubblico, non viola il principio del contrarius actus, nel caso in cui vi è identità dell’organo decidente, che ha deliberato sia la concessione del contributo, sia la revoca dello stesso, e trattasi di un provvedimento di decadenza sanzionatoria a contenuto vincolato, che non richiede, per tale ragione, la previa assunzione di pareri richiesti nel procedimento di concessione delle agevolazioni (6).

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(1) Cass. civ., SS.UU, 26 agosto 1997, n. 8056.

(2) T.R.G.A. Bolzano, 11.5.1999, n. 140.

(3) T.R.G.A. Bolzano, 24.05.2001, n.135 e 27.5.2002, n. 244.

(4) Cons. Stato, Sez. IV, 7 maggio 2002, n. 2447 e Sez. IV, 21 luglio 2002, n. 4077.

(5) Cons. Stato, Sez. IV, 31 maggio 1999, n. 925 e Sez. V, 31 gennaio 2001, n. 343, secondo cui, in tema di identificazione degli atti amministrativi, nell’interpretazione dell’atto amministrativo non ci si può fermare al nomen juris assegnato dall’organo che lo ha adottato, "…ma si deve tenere conto del suo contenuto e delle norme di riferimento: inoltre l’identificazione del contenuto dell’atto deve essere effettuato in relazione al potere che la p.a. ha inteso esercitare, risultando così legittima l’interpretazione coerente con il comportamento complessivo tenuto da essa amministrazione alla stregua del principio fissato dall’art. 1362 comma 2, c.c., e comunque l’interpretazione deve privilegiare la legittimità del provvedimento ovvero la sua utilità secondo il criterio di conservazione degli atti amministrativi";

(6) Cons. Stato, Sez. VI, 24 luglio 1996, n. 973, secondo cui: "la pronuncia di decadenza si differenzia dalla revoca, in quanto la seconda comporta un riesame delle ragioni di inopportunità poste a base dell’emanazione dell’atto di revoca, mentre la prima ha riguardo ad eventi posteriori all’emanazione; pertanto l’Amministrazione non incontra limiti nell’esercizio del potere di decadenza dall’esistenza di posizioni giuridiche consolidate e non è tenuta a fornire alcuna motivazione specifica in punto di pubblico interesse".

Commento di

OTTAVIO CARPARELLI

1. Il fatto

La Provincia Autonoma di Bolzano concedeva ed erogava, in favore di alcune imprese artigianali, contributi pubblici per investimenti aziendali.

In seguito ad un’indagine della Guardia di Finanza, ed a consequenziali verifiche da parte della P.A., veniva accertato che gli importi delle fatture prodotte dalle imprese, quale documentazione probatoria degli investimenti, in virtù dei quali le sovvenzioni erano state concretamente liquidate dalla P.A., non erano corrispondenti agli effettivi investimenti da finanziare, bensì di entità minore.

L’ente erogante, ritenute parzialmente insussistenti, ab origine, le condizioni richieste dalla legge per la concessione dei finanziamenti, comunicava alle società indagate l’avvio del procedimento amministrativo finalizzato alla riduzione dei contributi già erogati; deliberava, così, la parziale revoca dei benefici concessi e liquidati, e provvedeva ad inoltrare, nei confronti delle imprese beneficiarie, richiesta di ripetizione del parziale indebito.

Avverso i provvedimenti collegiali di secondo grado, con cui la P.A. aveva parzialmente revocato vari contributi in conto capitale, insorgevano tre imprese destinatarie dei prefati benefici economici, chiedendone l’annullamento.

2. Le questioni in diritto e la decisione del T.R.G.A. - Sezione Autonoma per la Provincia di Bolzano.

Al sindacato dei Giudici amministrativi trentini, sono state sottoposte, tra l’altro e sostanzialmente, le seguenti cinque questioni:

A) se, in caso di revoca, da parte della P.A., di precedenti provvedimenti con cui sono stati concessi contributi pubblici, per il successivo accertamento del difetto, sin dall’origine, dei presupposti di legge e, quindi, del contrasto con il sotteso interesse pubblico, sussiste, in relazione alle relative controversie, la giurisdizione del giudice ordinario, ovvero quella del giudice amministrativo;

B) se il termine di prescrizione decennale entro cui la P.A. deve inoltrare al beneficiario delle sovvenzioni in parte illegittimamente erogate e percepite, la richiesta di ripetizione degli importi, inizia a decorrere dal momento dell’effettiva liquidazione del contributo, ovvero da quello della scoperta, da parte dell’ente erogatore, della frode perpetrata dai soggetti percettori dei finanziamenti;

C) se possa ritenersi viziato da difetto di motivazione il provvedimento di revoca in autotutela, per violazione dell’art. 24 Cost, e dell’art. 3 l. n. 241/1990, nel caso in cui l’amministrazione abbia inviato ai destinatari del medesimo provvedimento, la comunicazione di avvio del procedimento di secondo grado, e, in tale comunicazione, abbia indicato ed elencato tutti gli originari atti, documenti e provvedimenti in virtù dei quali il contributo è stato in precedenza erogato, nonché abbia ricordato la facoltà dei medesimi soggetti di accedere a tutti gli atti del procedimento;

D) se, avendo adottato la P.A., un provvedimento recante revoca parziale del contributo, non possano ritenersi violati i principi di tipicità e di nominatività degli atti amministrativi, nell’ipotesi in cui la medesima P.A. avrebbe dovuto, invece, esercitare un potere di annullamento dei precedenti provvedimenti;

E) se, infine, non essendo stata preceduta l’adozione del provvedimento di secondo grado recante revoca parziale delle sovvenzioni, dall’assunzione dei pareri richiesti ed espressi nel corso del precedente procedimento finalizzato alla concessione delle medesime agevolazioni, non possa ritenersi violato da parte della P.A. il principio del "contrarius actus".

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A) Il T.R.G.A., con la sentenza in rassegna, previa riunione dei tre ricorsi partitamene proposti, ha, innanzitutto, affrontato la questione pregiudiziale di giurisdizione sollevata dalla resistente Provincia Autonoma di Bolzano.

Quest’ultima aveva, infatti, eccepito il difetto di giurisdizione del G.A., avvalendosi dell’orientamento giurisprudenziale secondo cui, a seguito dell’adozione da parte della P.A. del provvedimento di concessione del contributo pubblico, il beneficiario diviene titolare di una posizione giuridica con valenza di diritto soggettivo perfetto e non di interesse legittimo; con la conseguenza della devoluzione alla giurisdizione del G.O. della relativa controversie.

L’eccezione è stata ritenuta infondata in virtu’ del differente avviso del Collegio, appresso indicato.

I Giudici amministrativi del Trentino, richiamando pregressa giurisprudenza della Suprema Corte, hanno evidenziato, al riguardo, che è necessario distinguere il caso in cui la controversia abbia scaturigine da pretesi inadempimenti della disciplina del rapporto di sovvenzione, come regolato convenzionalmente o direttamente dalla legge, dal caso in cui l’Amministrazione, acclarata l’illegittimità, sia pure solo parziale, ab origine, della concessione del contributo, provvede in autotutela a revocare la sovvenzione erogata.

Nel primo caso il conflitto deve essere conosciuto dal G.O.; nel secondo, esercitando la P.A. poteri autoritativi a tutela del pubblico interesse connesso al legittimo utilizzo delle risorse della collettività, il diritto soggettivo perfetto sorto in capo al destinatario del finanziamento, per effetto del provvedimento concessorio, degrada ad interesse legittimo, con la conseguente giurisdizione del G.A. sulla relativa controversia.

Il Tribunale adìto ha, dunque, seguìto il suindicato pacifico orientamento della giurisprudenza, sia civile che amministrativa, sulla questione di giurisdizione riguardante le controversie in materia di erogazione ed eventuale revoca di contributi pubblici, confermato anche dai più recenti approdi giurisprudenziali (1) (2) (3) (4) (5) (6) (7).

Ha chiarito - sempre al fine di ritenere sussistente la giurisdizione del G.A. - che, nel caso affrontato, più che di un provvedimento di revoca in autotutela, era più appropriato attribuire al provvedimento di secondo grado adottato dalla P.A. (riduzione delle sovvenzioni in parte illegittimamente concesse ed erogate) natura di decadenza sanzionatoria, a carattere vincolato, nei confronti delle beneficiarie del contributo.

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B) Il Tribunale ha disaminato sfavorevolmente per le ricorrenti, anche l’eccezione, sollevata dalle stesse, di prescrizione del diritto della P.A. alla ripetizione degli importi in parte indebitamente percepiti.

A tal proposito, segnatamente, mentre, da un lato, ha implicitamente confermato che il termine prescrizionale applicabile alla fattispecie sindacata, vertendosi in materia di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., è quello decennale, dall’altro ha chiarito - accogliendo le osservazioni della P.A. resistente e seguendo la giurisprudenza in tal senso (8) - che il diritto della Provincia Autonoma di Bolzano, ad ottenere la ripetizione delle somme indebitamente erogate, non poteva ritenersi prescritto, dal momento che il suddetto termine decennale, era cominciato a decorrere, ex art. 2941 c.c. n.8, soltanto dal momento della scoperta, da parte della P.A., della frode perpetrata dalle società istanti.

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C) L’Organo giurisdizionale ha ritenuto priva di pregio giuridico anche la censura afferente il lamentato difetto di motivazione, viziante, a dire delle ricorrenti, il provvedimento di revoca parziale dei benefici economici, sotto lo specifico profilo della violazione del diritto difesa, non avendo la P.A. posto, nella sfera di disponibilità delle istanti, tutta la documentazione richiamata nel suddetto provvedimento di revoca.

Il Collegio, sul punto, ha osservato, di contro, che la comunicazione di avvio del procedimento inoltrata alle interessate dalla P.A., contenente l’indicazione di tutti i provvedimenti originari di concessione dei contributi e l’avviso della facoltà concessa alle imprese di accedere a tutti gli atti del procedimento, doveva ritenersi sufficiente ad escludere il configurarsi del difetto di motivazione.

Ha aggiunto che, in ogni caso, la volontà del legislatore, sia nazionale (art.3, comma 3, legge 7 agosto 1990 n.241), che provinciale (art.7, comma 3, legge Provincia Autonoma di Bolzano 22 ottobre 1993, n.17), secondo cui è disposto l’obbligo in capo alla P.A. di rendere disponibili gli atti richiamati nel provvedimento amministrativo, deve, in sede esegetica, essere intesa nel senso della sussistenza dell’obbligo dell’Amministrazione di rilasciare copia dei medesimi, nel caso in cui ne venga fatta richiesta dalla parte interessata.

Ha chiarito, altresì, che la suddetta comunicazione di avvio del procedimento, assistita dalle indicazioni innanzi specificate, deve ritenersi sufficiente, al tempo stesso, a rispettare le condizioni minime, ed a configurare, consequenzialmente, una legittima motivazione per relationem.

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D) Le ricorrenti si erano pure dolute dell’asserita violazione, da parte della Provincia Autonoma di Bolzano, dei principi di tipicità e di nominatività degli atti amministrativi, avendo, l’ente provinciale, adottato un provvedimento di revoca parziale, laddove avrebbe dovuto esercitare - a loro dire - un potere di annullamento in ordine ai pregressi provvedimenti concessori dei contributi.

Poiché - come noto - la rubrica di una norma e/o di un atto amministrativo, non è mai stata ritenuta indizio univoco e assoluto della voluntas legis e/o della volontà dell’amministrazione che ha emanato l’atto, i Giudici amministrativi hanno ritenuto idonee a superare detta censura due osservazioni:

a) è ormai consolidata la giurisprudenza amministrativa a mente della quale, nell’attività ermeneutica di identificazione degli atti amministrativi, appare opportuno, in ossequio ai principi di cui all’art.1362 c.c., comma 2 (interpretazione degli atti della P.A. coerente con il comportamento tenuto dalla stessa) e di conservazione degli atti amministrativi (per preservare la legittimità ovvero l’utilità degli stessi), non fermarsi al nomen juris, ma considerare piuttosto il contenuto del provvedimento e le norme di riferimento, nonché il potere in concreto esercitato dalla P.A.;

b) in osservanza di tale consolidato orientamento giurisprudenziale, pur ravvisando nel provvedimento di secondo grado adottato dalla Provincia Autonoma di Bolzano, una fattispecie di decadenza sanzionatoria parziale dai benefici, e non una revoca parziale, hanno ritenuto che una simile irregolarità formale non poteva considerarsi tale da incidere sulla validità dell’atto; e ciò sul rilievo che il contenuto della gravata deliberazione di revoca parziale dei contributi, non lasciava adito a perplessità di sorta in ordine alla chiara volontà manifestata dall’Amministrazione di far decadere parzialmente le società ricorrenti dai contributi concessi, per essersi verificato un evento (emerso soltanto dopo l’erogazione dei benefici) incidente sul quantum delle sovvenzioni alle stesse spettanti.

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E) Da ultimo, il T.R.G.A. Bolzano ha ritenuto altresì insuscettivo di favorevole sindacato, il motivo di gravame rappresentato dall’asserita violazione, da parte della P.A., del principio del contrarius actus, non risultando l’assunzione, prima dell’adozione della deliberazione di revoca, dei pareri preventivi eventualmente richiesti nel procedimento amministrativo di concessione delle agevolazioni.

Detto motivo è stato respinto in virtù di un duplice ordine di considerazioni:

I) l’identità tra organo (Giunta Provinciale) che aveva deliberato la concessione delle sovvenzioni, ed organo che, successivamente, aveva adottato il provvedimento (deliberazione di revoca parziale) di autotutela;

II) la natura di atto a contenuto vincolato del provvedimento di decadenza sanzionatoria, la cui legittimità doveva ritenersi non condizionata alla previa assunzione degli stessi preventivi pareri, espressi in sede del procedimento amministrativo finalizzato alla concessione dei contributi.

A tal proposito, si osserva che la statuizione dell’Organo giurisdizionale ha attribuito rilevanza sia al fatto che l’organo decidente la successiva revoca dei contributi era lo stesso che aveva deciso la relativa pregressa concessione, sia al carattere vincolato della decadenza sanzionatoria dalle sovvenzioni.

Si osserva che detta statuizione, si profila, da un certo angolo visuale, come innovativa, se si considera, da una parte, il difforme precedente orientamento dello stesso Tribunale (9), e, dall’altra, la consolidata giurisprudenza, non soltanto amministrativa, alla cui stregua, il principio del "contrarius actus", in base al quale - esercitando una funzione amministrativa di contenuto identico ma di segno opposto a quella esplicata in precedenza - l’amministrazione è tenuta a porre in essere un procedimento sostanzialmente gemello, speculare e pedissequo a quello a suo tempo seguìto per l’adozione dell’atto revocando, trova applicazione anche nei procedimenti di annullamento di ufficio.

3. Brevi considerazioni conclusive.

La sentenza in commento è di interesse:

- segue e conferma il consolidato orientamento della giurisprudenza civile ed amministrativa sulla questione di giurisdizione in materia di revoca e decadenza da contributi pubblici;

- chiarisce la nozione di decadenza sanzionatoria;

- effettua alcune affermazioni, parzialmente innovative, in tema di applicazione del principio del contrarius actus, che - ad avviso di scrive - possono essere "lette", verosimilmente, anche nell’ottica di non imporre alla P.A. aggravi dei procedimenti amministrativi - come quello in esame - avviati a tutela di così rilevanti interessi pubblici;

- inferisce la questione del tempo dell’azione amministrativa, in relazione alla prescrizione del diritto della P.A. alla ripetizione di pubbliche sovvenzioni illegittimamente percepite dai beneficiari;

- attribuisce, complessivamente, particolare rilievo, con taglio squisitamente sostanziale, alla più vasta questione del legittimo utilizzo delle risorse della collettività, confermando l’obbligo e, quindi, l’insussistenza di qualsivoglia facoltà discrezionale della P.A. di procedere al recupero di pubblico denaro illegittimamente attribuito.

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Si evidenzia, da ultimo, che il provvedimento giurisdizionale annotato, contiene diversi riferimenti a principi di natura squisitamente civilistica; ed allora, occasionalmente, solo per completezza di annotazione, e in un’ottica interdisciplinare, si ritiene non superfluo segnalare, per quanto di interesse, il seguente ulteriore profilo della questione.

Le Sezioni Unite penali della Suprema Corte, hanno, da poco, affrontato e definitivamente risolto la questione, da tempo contrastante e travagliata, sia in dottrina sia in giurisprudenza, se il reato di truffa aggravata relativa a sovvenzioni pubbliche concesse o erogate da parte dello Stato, di enti pubblici o delle Comunità europee (art. 640 bis c.p.), costituisca fattispecie autonoma di reato, ovvero circostanza aggravante del delitto di truffa semplice ex art. 640 c.p.

La Corte di legittimità ha ritenuto risolvere (10) detta problematica, propendendo per la qualificazione del reato previsto dall’art. 640 bis c.p., come circostanza aggravante del reato di truffa di cui all’art. 640 c.p.

La questione era di una certa rilevanza, precipuamente sotto il profilo pratico, in relazione agli effetti:

- sul giudizio di bilanciamento, ex art.69 c.p., che può essere effettuato in tutte le ipotesi di concorso tra circostanze aggravanti e circostanze attenuanti del reato;

- sul concorso di persone nel reato (ipotesi tutt’altro che infrequente, in considerazione dell’intento truffaldino di conseguire, illegittimamente e/o illecitamente, erogazioni pubbliche, che spesso accomuna più soggetti in un medesimo disegno);

- sulla depenalizzazione;

- sulla prescrizione del reato.

 

Note:

(1) Cfr. Cass.Civ., ss.uu., 22 luglio 2002, n. 10689, in CED Cass., rv 556059, secondo cui:

"In materia di contributi e sovvenzioni pubbliche, il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo deve essere attuato distinguendo le ipotesi in cui il contributo o la sovvenzione è riconosciuto direttamente dalla legge e alla p.a. è demandato esclusivamente il controllo in ordine alla effettiva sussistenza dei presupposti puntualmente indicati dalla legge stessa, da quelle in cui la legge attribuisce invece alla p.a. il potere di riconoscere l’ausilio, previa valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati in relazione all’interesse pubblico primario, apprezzando discrezionalmente l’"an", il "quid" ed il "quomodo" dell’erogazione";

(2) v. Cass. Civ., ss.uu., 7 maggio 2002, n. 6489, in CED Cass., rv 554171, secondo cui :

"In materia di sovvenzioni da parte della pubblica amministrazione, la posizione del privato nella fase procedimentale successiva al provvedimento attributivo del beneficio assume consistenza di diritto soggettivo allorché si faccia questione della conservazione della disponibilità della somma percepita di fronte alla contraria posizione assunta dalla P.A. con provvedimenti variamente definiti (revoca, decadenza, risoluzione) assunti in funzione dell’attuazione dello scopo che si è voluto agevolare, e ciò in quanto non si tratta di effettuare una ponderazione tra l’interesse pubblico e quello privato (come nel momento di stabilire se concedere o no il finanziamento), ma di valutare se siano stati rispettati gli obblighi presi o imposti";

(3) v. Cass. Civ., ss.uu., 25 maggio 2001, n. 225, in CED Cass., rv 546971, secondo cui:

"Nelle controversie relative a sovvenzioni da parte della pubblica amministrazione per la promozione di determinate attività economiche, il discrimine fondamentale per la individuazione del giudice fornito di giurisdizione va rapportato alle posizioni giuridiche del privato interessato, il quale vanta nei confronti della p.a. una posizione sia di interesse legittimo (se la controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento attuativo del beneficio o rispetto al potere della p.a. di ritirare in via di autotutela il provvedimento concessorio – o anche solo di sospendere l’erogazione delle provvidenze concesse – per vizi di illegittimità o per contrasto sin dall’origine con il pubblico interesse), sia di diritto soggettivo (nei riguardi tanto della concreta erogazione del beneficio oggetto del finanziamento o della sovvenzione quanto della susseguente conservazione della disponibilità delle somme erogate di fronte alla posizione assunta dalla p.a. con provvedimenti variamente definiti – revoca, decadenza, risoluzione – emanati in funzione dell’asserito inadempimento da parte del beneficiario per l’inosservanza della disciplina che regola il rapporto)".

(4) v. Cass. Civ., ss.uu., 10 maggio 2001, n.183, in CED Cass., rv 546537, secondo cui:

"Il privato destinatario di finanziamenti o sovvenzioni pubbliche vanta, nei confronti dell’autorità concedente, una posizione tanto di interesse legittimo (rispetto al potere dell’Amministrazione di annullare i provvedimenti di attribuzione dei benefici per vizi di legittimità ovvero di revocarli per contrasto originario con l’interesse pubblico), quanto di diritto soggettivo (relativa alla concreta erogazione delle somme di denaro oggetto del finanziamento o della sovvenzione ed alla conservazione degli importi a tale titolo già riscossi), con conseguente competenza del giudice ordinario a conoscere delle controversie instaurate o per ottenere gli importi dovuti (ma in concreto non erogati), ovvero per contrastare l’Amministrazione che, servendosi degli istituti della revoca, della decadenza o della risoluzione, abbia ritirato il finanziamento o la sovvenzione sulla scorta di un preteso inadempimento, da parte del beneficiario, degli obblighi impostigli dalla legge".

(5) v. Cons. Stato, Sez. VI, 3 aprile 2001, n. 1960, in Il Consiglio di Stato, 2001, I, 902, secondo cui:

"In materia di erogazione di contributi dopo l’esaurimento della fase di ammissione, con conseguente nascita di un diritto soggettivo in capo al beneficiario, la Pubblica amministrazione conserva un potere di autotutela volto a garantire il perseguimento dei pubblici interessi a cui era preordinata l’erogazione del beneficio, che può essere esercitato mediante la revoca; in questo caso si è in presenza di un atto discrezionale, idoneo ad affievolire i diritti soggettivi costituiti col precedente provvedimento ed a degradarli ad interessi legittimi, con la conseguenza che le relative controversie sono devolute al giudice amministrativo"; nello stesso senso v. anche Cons.Stato, Sez.VI, 20 aprile 2000, n.2454; in Il Consiglio di Stato, 2000, 1042;

(6) v. Cons. Stato, Sez. V, 27 marzo 2000, n. 1765, in Il Consiglio di Stato, 2000, 689,I, secondo cui:

"In materia di sovvenzioni da parte della Pubblica amministrazione, la posizione del privato nella fase procedimentale successiva al provvedimento attributivo del beneficio può assumere una diversa configurazione giuridica: di interesse legittimo, nei riguardi del potere della Pubblica amministrazione di ritirare in via di autotutela il provvedimento attributivo del beneficio per i suoi vizi di legittimità, ovvero per il suo contrasto, sin dall’origine, con il pubblico interesse; di diritto soggettivo, sia nei riguardi della concreta erogazione del beneficio, sia della susseguente conservazione della disponibilità della somma percepita, di fronte alla contraria posizione della P.A. con provvedimenti variamente definiti (revoca, decadenza, risoluzione) assunti in funzione dell’asserito inadempimento, da parte del beneficiario, della disciplina che regola il rapporto; pertanto, le controversie aventi ad oggetto la pretesa del beneficio alla concreta erogazione del contributo, ovvero l’impugnazione dei provvedimenti di revoca o decadenza, o equipollenti, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario";

(7) v. in argomento, T.A.R. Friuli Venezia Giulia - Trieste, 1 ottobre 2001, n.629, in questa Rivista, n.10-2001;

(8) v. Cass.Civ., Sez.II, 1 dicembre 1995, n. 12422, in CED Cass., rv 494904, secondo cui:

"La causa di sospensione della prescrizione prevista dall’art. 2941 n. 8 (secondo il quale la prescrizione resta sospesa ove il debitore abbia dolosamente occultato l’esistenza del debito, e fino alla scoperta di esso), viene meno dal momento della mera scoperta del dolo da parte del creditore, senza che sia necessario l’accertamento giudiziale del dolo con sentenza passata in giudicato";

(9) v. T.A.R. Trentino Alto Adige, Bolzano, 30 dicembre 1996, n. 378, in I T.A.R.,1997,I, 535, ove si afferma:

"Il principio del "contrarius actus", secondo cui le determinazioni amministrative che incidono su provvedimenti pregressi, modificandoli, devono seguire lo stesso "iter" formativo dell’atto cui accedono o sul quale si ripercuotono, trova applicazione anche nei procedimenti di annullamento di ufficio";

(10) v. Cass. Pen. ss.uu., 10 luglio 2002 n.26351, in CED Cass., rv 221663, secondo cui:

"La truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche prevista dall’art.640-bis cod. pen. costituisce una circostanza aggravante del delitto di truffa di cui all’art. 640 dello stesso codice e non figura autonoma di reato. (In applicazione del principio la Corte ha ritenuto corretta la declaratoria di prescrizione pronunciata dal giudice di merito previa concessione di attenuanti equivalenti alla circostanza aggravante)".

 

 

per l'annullamento

R.G. n. 26/01:

1) del provvedimento della Provincia autonoma di Bolzano, Ripartizione Artigianato dd. 6.12.2000, con il quale è stata chiesta alla società ricorrente la restituzione di parte dei contributi, che la Provincia medesima aveva erogato in suo favore per investimenti aziendali;

2) della deliberazione della Giunta provinciale n. 3969 dd. 23.10.2000, richiamata nel provvedimento sub 1), con la quale è stata disposta la revoca dei suddetti contributi;

R.G. n. 27/01:

1) dei provvedimenti della Provincia autonoma di Bolzano, Ripartizione Artigianato dd. 24.11.2000, dd. 06.12.2000, dd. 14.12.2000, dd. 15.12.2000 e dd. 20.12.2000, con i quali è stata chiesta ai ricorrenti la restituzione di parte dei contributi, che la Provincia medesima aveva loro a suo tempo erogato per investimenti aziendali;

2) della deliberazione della Giunta provinciale n. 3969 dd. 23.10.2000, richiamata nei provvedimenti sub 1), con la quale è stata disposta la revoca dei suddetti contributi;

R.G. n. 62/01:

1) del provvedimento della Provincia autonoma di Bolzano, Ripartizione 35, Ufficio Artigianato, dd. 6.12.2000, con il quale è stata chiesta alla ditta ricorrente la restituzione di parte dei contributi, che la Provincia medesima aveva erogato in suo favore per investimenti aziendali;

2) della deliberazione della Giunta Provinciale n. 3969 dd. 23.10.2000, richiamata nel provvedimento sub 1), con la quale è stata disposta la revoca dei suddetti contributi;

Visto il ricorso n. 26/01, notificato il 2.02.2001 e depositato presso la segreteria il 2.02.2001 con i relativi allegati;

Visto il ricorso n. 27/01, notificato il 24.01.2001 e depositato presso la segreteria il 2.02.2001 con i relativi allegati;

Visto il ricorso n. 62/01, notificato il 9.02.2001 e depositato presso la segreteria il 23.02.2001 con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia autonoma di Bolzano dd. 9.02.2001 (RG n. 26/01), dd. 9.02.2001 (RG n. 27/01) e dd. 7.03.2001 (RG n. 62/01);

Viste le udienze in camera di consiglio dd. 13.02.2001 e dd. 13.03.2001, in cui la trattazione delle istanze cautelari presentate nei tre ricorsi sono state rinviate all’udienza di merito;

Viste le memorie prodotte;

Visti tutti gli atti della causa;

Designato relatore per la pubblica udienza del 6.11.2002 il consigliere Lorenza Pantozzi Lerjefors ed ivi sentito l’avv. P. Leiter, in sostituzione dell’avv. P. Fava, per i ricorrenti e l’avv. A. von Walther, per la Provincia autonoma di Bolzano;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

F A T T O

Oggetto di impugnazione dei tre ricorsi è la deliberazione della Giunta provinciale n. 3969 del 23 ottobre 2000, con la quale sono stati parzialmente revocati vari contributi in conto capitale, concessi ai ricorrenti ai sensi della legge provinciale 26 marzo 1982, n. 11.

A sostegno dei ricorsi sono dedotti i seguenti motivi:

"Violazione e falsa applicazione dell’art. 2946 c.c. e/o degli artt. 2947, comma 3, c.c. e 157, n.4 c.p., in relazione alla sopravvenuta carenza di interesse pubblico ed alla conseguente consumazione del potere di revocare i contributi concessi";

"Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 e dell’art. 7, comma 3, della LP n. 17 del 22 ottobre 1993 in tema di motivazione per relationem";

"Eccesso e/o carenza di potere in concreto e/o sviamento di potere in relazione all’esercizio del potere di revoca in luogo di quello di annullamento – Violazione del principio di tipicità e nominatività degli atti amministrativi";

"Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 della LP 26.3.1982, n. 11, degli artt. 1 e 6 della LP 12.8.1951, n. 1 – Eccesso di potere sotto i profili della carenza di istruttoria e del difetto di motivazione"

Nei tre ricorsi si è costituita la Provincia autonoma di Bolzano ed ha chiesto che i ricorsi, in via pregiudiziale, vengano dichiarati inammissibili e, in subordine e nel merito, rigettati, siccome infondati.

All’udienza del 6 novembre 2002 i ricorsi sono stati trattenuti per la decisione.

D I R I T T O

A limine va disposta la riunione dei tre ricorsi, tra loro oggettivamente connessi, ai fini di un’unica decisione.

1. Va esaminata, quindi, l’eccezione di difetto di giurisdizione, sollevata dalla difesa della Provincia nei tre ricorsi.

L’eccezione non è fondata.

Si tratta, nella specie, della revoca parziale di contributi per il finanziamento di investimenti di imprese artigiane, in seguito all’accertamento, da parte dell’Amministrazione, della mancanza (parziale), ab origine, delle condizioni richieste per la concessione dei contributi.

Infatti – come si vedrà meglio infra - in seguito ad un’indagine da parte della Guardia di Finanza era stato appurato che gli importi delle fatture prodotte a documentazione degli investimenti (a corredo delle domande di contributo), ed in base ai quali i contributi a suo tempo erano stati liquidati, non corrispondevano agli effettivi investimenti da sovvenzionare, che, invece, erano di entità minore.

Da qui la proporzionale riduzione dei contributi attraverso la parziale revoca degli stessi e la richiesta di restituzione dell’indebito.

Orbene, secondo l’Amministrazione resistente, dal momento della nascita del diritto soggettivo all’erogazione del contributo, che – per pacifica giurisprudenza - si attua con la concessione dello stesso, ogni controversia successiva tra l’Ente erogante e il beneficiario soggiacerebbe al sindacato del Giudice ordinario.

La tesi non è esatta.

Come risulta chiaramente dalle stesse sentenze delle Sezioni Unite della Suprema Corte citate dalla difesa in memoria di costituzione, sussiste la giurisdizione del Giudice ordinario per tutte le controversie relative a pretesi inadempimenti della disciplina del rapporto di sovvenzione, come regolato convenzionalmente (con l’adesione del beneficiario alle condizioni stabilite nel provvedimento di concessione) o direttamente dalla legge.

Questo sarà il caso in cui, per esempio, l’Amministrazione non eroga o eroga solo parzialmente il contributo concesso o il beneficiario non assolve gli obblighi nascenti dal rapporto.

Diverso è, invece, il caso in cui l’Amministrazione, accortasi di avere concesso il contributo illegittimamente, agendo in autotutela, revoca, del tutto o parzialmente, il contributo (più propriamente: dichiara decaduto il beneficiario dal contributo).

In tal caso l’Amministrazione esercita poteri autoritativi a garanzia del pubblico interesse, cui era preordinata l’erogazione del contributo, idonei ad affievolire il diritto soggettivo costituito col precedente provvedimento ed a degradarlo ad interesse legittimo, con la conseguenza che le relative controversie sono devolute al Giudice amministrativo (cfr. Cass. Civ. SS.UU., 26 agosto 1997, n. 8056).

2. Nel merito, i ricorsi sono infondati.

2.1. Con il primo motivo i ricorrenti eccepiscono la prescrizione decennale del diritto dell’Amministrazione provinciale di chiedere la restituzione dei contributi.

L‘eccezione non è fondata.

Non è in contestazione il decorso del decennio.

Al proposito l’Amministrazione invoca, però, la sospensione del termine di prescrizione a mente del punto 8 dell’art. 2941 c.c., secondo cui la prescrizione rimane sospesa "tra il debitore che ha dolosamente occultato l’esistenza del debito e il creditore, finché il dolo non sia stato scoperto."

Il rilievo dell’Amministrazione è esatto.

Non ci può essere dubbio che i ricorrenti, nella consapevolezza dell’effettivo esborso sovvenzionabile, con lo stratagemma della presentazione di una fattura quietanzata "gonfiata" (nel senso che essi hanno omesso di presentare anche le note di accredito, emesse prima della concessione dei contributi, utili a rivelare all’Amministrazione l’effettivo esborso) hanno, con intento doloso e fraudolento, teso a celare l’effettivo investimento, occultato l’indebita liquidazione del contributo e, quindi, il loro debito di restituzione di quanto indebitamente percepito. Se l‘Amministrazione provinciale fosse stata a conoscenza degli effettivi investimenti, avrebbe concesso, invero, contributi di minore entità.

Il termine di prescrizione è quindi iniziato a decorrere soltanto dalla scoperta della frode da parte dell’Amministrazione (presumibilmente nel febbraio 2000; ved.si allegato 4 del fascicolo della Provincia sub RG n. 26/01).

2.2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano che non sarebbe stata portata a loro conoscenza la documentazione sulla quale si basava la pretesa dell’Amministrazione, con la conseguenza che sarebbe stata loro preclusa la piena possibilità di difendersi.

I rilievi non hanno pregio.

Osserva il Collegio che risulta documentato agli atti che il Direttore del competente ufficio provinciale ha inviato a tutti i ricorrenti la comunicazione di avvio del procedimento, nella quale sono stati indicati gli originari provvedimenti di concessione dei contributi e sono state elencate tutte le fatture e le note di accredito. I ricorrenti, dunque, erano a conoscenza delle ragioni poste a fondamento del successivo provvedimento di revoca. Inoltre, sono stati invitati a presentare eventuali memorie e documenti ed è stata loro ricordata la facoltà di accedere ai relativi documenti. Ciò basta ad escludere la sussistenza del dedotto difetto di motivazione (cfr. TRGA Bolzano 11.5.1999, n. 140).

Per completezza, va aggiunto che sia il legislatore statale (art. 3, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241), sia quello provinciale (art. 7, comma 3, della legge provinciale 22 ottobre 1993, n. 17), hanno disposto che gli atti richiamati nel provvedimento amministrativo debbano essere "resi disponibili" (art. 3, comma 3, L. 241/90 e art. 7, comma 3, L.P. n. 17/93).

L‘obbligo di rendere disponibile gli atti va interpretato, secondo l‘orientamento già espresso da questo Tribunale, nel senso che l’Amministrazione è tenuta a rilasciarne copia nei modi e nelle forme stabilite dall’art. 25 della citata legge n. 241 del 1990, ove ne venga fatta richiesta (cfr. T.R.G.A. Bolzano, 24.05.2001, n. 135 e 27.5.2002, n. 244).

Nel caso sub judice, dunque, risultano essere state rispettate le condizioni minime per una motivazione ob relationem. Oltretutto, in materia di autotutela amministrativa non è necessaria una diffusa motivazione, allorquando si disponga il recupero di pubblico denaro illegittimamente attribuito, come più volte affermato dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr., da ultimo, Sez. IV, 7 maggio 2002, n. 2447 e Sez. IV, 21 luglio 2000, n.4077).

2.3. Prive di pregio si palesano anche le censure di cui al terzo motivo, con il quale i ricorrenti, invocando il principio di tipicità e di nominatività degli atti amministrativi, denunciano che l‘Amministrazione, in luogo della revoca, (che presuppone un atto valido, ma inopportuno), avrebbe dovuto esercitare il potere di annullamento in via di autotutela.

Per confutare quest’ultima doglianza basta porre in rilievo che, secondo la giurisprudenza ormai consolidata in tema di identificazione degli atti amministrativi, nell'interpretazione dell'atto amministrativo non ci si può fermare al "nomen iuris" assegnato dall'organo che lo ha adottato, "…ma si deve tenere conto del suo contenuto e delle norme di riferimento: inoltre l'identificazione del contenuto dell'atto deve essere effettuato in relazione al potere che la p.a. ha inteso esercitare, risultando così legittima l'interpretazione coerente con il comportamento complessivo tenuto da essa amministrazione alla stregua del principio fissato dall'art. 1362 comma 2, c.c., e comunque l'interpretazione deve privilegiare la legittimità del provvedimento ovvero la sua utilità secondo il criterio di conservazione degli atti amministrativi" ( cfr. Sez. IV, 31 maggio 1999, n. 925 e Sez. V, 31 gennaio 2001, n. 343).

Ebbene, il Collegio ravvisa, nel caso in esame, una fattispecie di decadenza sanzionatoria parziale e non di revoca parziale; tuttavia questa irregolarità non incide sulla validità dell‘atto, in quanto la deliberazione di revoca impugnata esprime in modo chiaro la volontà dell‘Amministrazione di far decadere parzialmente i ricorrenti dai contributi concessi, di fronte ad un evento, conosciuto solo successivamente all‘atto di concessione, che incide sul quantum dei contributi spettanti.

La pronuncia di decadenza si differenzia dalla revoca, in quanto la seconda comporta un riesame delle ragioni di inopportunità poste a base dell‘emanazione dell‘atto di revoca, mentre la prima ha riguardo ad eventi posteriori all‘emanazione; pertanto l‘Amministrazione non incontra limiti nell‘esercizio del potere di decadenza dall‘esistenza di posizioni giuridiche consolidate e non è tenuta a fornire alcuna motivazione specifica in punto di pubblico interesse" (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 24 luglio 1996, n. 973).

2.4. Anche il quarto motivo di gravame, con cui i ricorrenti lamentano la violazione del principio del contrarius actus, non è suscettibile di favorevole esame.

Va osservato che, nella controversia di cui si tratta, vi è identità dell’organo decidente: la Giunta provinciale, invero, ha deliberato sia la concessione dei contributi, sia il provvedimento di autotutela.

Inoltre, essendo il provvedimento di decadenza sanzionatoria un atto a contenuto vincolato, esso non è da ritenersi condizionato alla previa assunzione di pareri eventualmente richiesti nel procedimento di concessione delle agevolazioni.

Per quanto fin qui evidenziato, i ricorsi vanno respinti.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa - Sezione Autonoma per la Provincia Autonoma di Bolzano - disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando, previa riunione dei ricorsi in epigrafe, li respinge.

Condanna i singoli ricorrenti al rimborso delle spese del giudizio in favore della Provincia autonoma di Bolzano, liquidate in Euro 2000,00 (duemila), ciascuno, oltre IVA e CAP come per legge.

Ordina che la presente sentenza venga eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Bolzano, nella camera di consiglio del 6 novembre 2002.

IL PRESIDENTE L'ESTENSORE

Anton WIDMAIR Lorenza PANTOZZI LERJEFORS

Depositata in segreteria in data 18 dicembre 2002.

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