TAR LIGURIA-GENOVA, SEZ. I – Sentenza 19 gennaio 2001 n. 48 – Pres. Vivenzio, Est. Bianchi - V. (Avv.ti G. Inglese ed E. Rizzo) c. Ministero della Difesa (Avv. Stato Rocchitta) – (accoglie).
1. Pubblico impiego – Provvedimento disciplinare – A seguito di sentenza ex art. 444 c.p.p. (patteggiamento) – Rispetto del principio della proporzionalità – Necessità – Sussiste.
2. Pubblico impiego – Provvedimento disciplinare – A seguito di sentenza ex art. 444 c.p.p. (patteggiamento) – Adeguata motivazione anche in relazione alla complessiva personalità e la condotta precedente e successiva del dipendente – Necessità – Mancanza – Illegittimità – Fattispecie.
1. Pur in presenza di un procedimento penale conclusosi con una sentenza di patteggiamento, l’Amministrazione, nell’adottare i relativi provvedimenti disciplinari, deve necessariamente tenere conto, a pena di illegittimità, del principio di proporzionalità delle sanzioni, in relazione ai profili soggettivi ed oggettivi della vicenda (1).
2. In particolare, nella ipotesi di irrogazione della sanzione massima della destituzione, l’Amministrazione deve specificatamente ed adeguatamente valutare non tanto l’astratta natura del reato ascritto al dipendente, quanto la sua obiettiva gravità, nel senso dell’incidenza che ha avuto nel tessuto sociale e degli indizi di pericolosità che lo hanno caratterizzato, nonché la complessiva personalità e la condotta precedente e successiva del dipendente medesimo, lo stato di servizio, il suo recupero morale ed il tempo trascorso dal fatto, dando espressa e puntuale ragione nel relativo provvedimento della effettiva corrispondenza della sanzione stessa, a quanto obiettivamente accertato (2).
E’ illegittimo un provvedimento con il quale, in relazione ad una sentenza ex art. 444 c.p.p. (c.d. patteggiamento), si applica la sanzione massima delle destituzione, ove dal provvedimento stesso non risultino evidenziate in alcun modo le ragioni per le quali si è ritenuta adeguata la massima sanzione irrogata, in relazione ai profili soggettivi ed oggettivi della vicenda (3).
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(1) Cfr. Corte Cost. n. 971 del 1988; n. 40 del 1990; n. 197 del 1993; n. 239 del 1996; n. 363 del 1996; n. 2 del 1999, secondo le quali il principio di gradualità della sanzione trova applicazione non solo nel procedimento penale, ma anche in quello disciplinare, per cui le sanzioni destitutive, sia nel campo del pubblico impiego che in quello delle professioni inquadrate in ordini o collegi professionali, non possono essere disposte in modo automatico, ma debbono seguire un procedimento disciplinare che in modo autonomo consenta di adeguare la sanzione al caso concreto secondo il principio di proporzione, dandone specifica e puntuale ragione nella relativa determinazione finale.
(2) Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 30 maggio 1996 n. 695; id., 29 novembre 1995 n. 1656; id., 10 aprile 1995 n. 229; TAR Liguria-Genova, Sez. I 30 ottobre 1997 n. 394.
(3) Ha aggiunto il TAR che il giudizio espresso dalla Commissione di disciplina nella specie "non solo è privo di qualsivoglia motivazione, ma per essere stato espresso a mezzo di schede segrete, non firmate ed immediatamente distrutte, risulta anche difficilmente compatibile con i principi ordinamentali vigenti in materia, ed in ogni caso di per sé inidoneo a comprovare l’adeguatezza della massima sanzione irrogata al ricorrente".
per l’annullamento
- della determinazione del Vice Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri 7/10/1999, prot. N. 219768/D-8-12, con cui è stata disposta, nei confronti del ricorrente, la perdita del grado per rimozione
- di ogni altro atto presupposto, conseguente e connesso.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura dello Stato, per l’Amministrazione intimata ;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Udita alla pubblica udienza del 14/12/2000 la relazione del Consigliere Antonio Bianchi e uditi altresì l’Avv. E. Rizzo per il ricorrente e l’Avv. dello Stato Rocchitta per l’Amministrazione resistente
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO
1.Il carabiniere scelto D. V. ha prestato servizio per oltre dodici anni nell’Arma dei Carabinieri.
Nel corso di tali anni, il ricorrente ha operato in diversi incarichi e non è mai incorso in infrazioni disciplinari di rilievo.
2.Nonostante ciò, il ricorrente nel 1997 è stato reso destinatario di un provvedimento di dispensa dal servizio per scarso rendimento.
3.Detto provvedimento è stato impugnato dal Signor V. davanti a questo Tribunale che, dopo aver acquisito, con decisione interlocutoria n. 510/1998, una relazione del Ministero, ha accolto il ricorso.
Malgrado tale pronuncia (non impugnata), l’Amministrazione non ha disposto la riammissione in servizio del ricorrente.
4.Infatti, nelle more della decisione del ricorso, e segnatamente dopo il deposito della accennata relazione ministeriale il Ministero ha attivato un procedimento disciplinare nei confronti del ricorrente.
Detto procedimento, invero, è riferito ad un episodio risalente al dicembre 1996, allorché il ricorrente, all’epoca effettivo al Reparto Comando della Regione Carabinieri Liguria, Squadra Servizi, aveva a suo dire scherzosamente minacciato un commilitone al fine di indurlo a prestare più attenzione nella compilazione del registro degli uscenti.
In relazione a tale episodio, per il quale a suo tempo l’Amministrazione non aveva mosso alcun rilievo, la Magistratura militare aveva avviato un procedimento penale nei confronti del ricorrente, che si è concluso con sentenza del tribunale Militare di Torino 9/2/1999, n. 120/99, con la quale – su richiesta delle parti (patteggiamento) – è stata applicata la pena di mesi due e giorni venti di reclusione militare, sostituita dalla sanzione pecuniaria della multa per lire 6 milioni.
Al riguardo, l’Amministrazione:
-con nota 8/7/1999, prot. N. 262/2, ha contestato al ricorrente di avere accostato "un coltello alla gola del Car. Aus. A. N., militare di servizio alla Caserma nel predetto turno ed effettivo al 2° Big. C.C. Liguria, profferendo le parole "se potessi uccidere qualcuno senza essere arrestato lo farei, anche se mi capitasse sotto un innocente" e ha comunicato l’avvio del relativo procedimento disciplinare;
-con nota 19/8/1999, ha comunicato l’avvenuta nomina della commissione di disciplina per dichiarare se fosse o meno meritevole di conservare il grado;
-con nota 3/9/1999, prot. N. 480/13, ha proceduto alla convocazione del ricorrente per un’audizione personale, invitandolo a presentare una sintetica memoria difensiva;
-con provvedimento 7/10/1999, notificato il 4/12/1999, ne ha disposto la perdita del grado per rimozione.
Ritenendo illegittima tale determinazione l’istante, con il ricorso in epigrafe, ha adito questo T.A.R. chiedendone l’annullamento, per i seguenti motivi
I) Violazione artt. 9,10, e 12, D.M. 16/9/1993, n. 603; artt. 9 e 10 legge 7/2/1990, n. 19, artt. 97, 111, 120, D.P.R. 10/1/1957, n. 3; art. 2 legge 7/8/1990, n. 241 e dei principi in tema di procedimenti amministrativi
L’art. 9, secondo comma, legge n. 19/1990, prevede che il procedimento disciplinare deve essere "proseguito o promosso entro centottanta giorni dalla data in cui l’Amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna e concluso nei successivi novanta giorni".
Il termine per la conclusione del procedimento disciplinare ha natura perentoria ed è applicabile anche al procedimento penale originato da sentenza penale emessa ex artt. 444 e 445 cod. proc. Pen. (patteggiamento).
Nel caso in esame il procedimento disciplinare ha avuto inizio con la nota 7/8/1999, prot. N. 262/2, comunicata il 16/7/1999, e quindi doveva concludersi il 16/10/1999, contrariamente a quanto avvenuto.
II) Violazione e/o falsa applicazione artt. 34, punto 6, 35, lettera b) 38, e 42, legge 18/10/1961, n. 1168; art. 3, 10 legge 7/8/1990, n. 241; Eccesso di potere per errore sui presupposti e conseguente travisamento, difetto di istruttoria e di motivazione.
L’art. 42, legge 18/10/1961, n. 1168, prevede che "il Presidente della Commissione di Disciplina può ordinare i mezzi istruttori che ritenga opportuni e (…) deve comunque assegnare al giudicando un termine non inferiore a cinque giorni per la presentazione di eventuali difese scritte".
La previsione di tali specifici incombenti istruttori presuppone e richiede che il provvedimento disciplinare adottato dalla Commissione contenga un’idonea motivazione dalla quale si evinca che l’Amministrazione ha accertato e valutato i fatti alla base della sanzione inflitta.
Nel caso di specie nessuna delle suddette valutazioni sarebbe contenuta nel provvedimento impugnato che è stato adottato senza che sia stata accertata la sussistenza degli addebiti contestati.
III)Violazione art. 34, 35, 37, 42 legge 18/10/1961, n. 1168 – Violazione dei principi di proporzionalità tra il fatto contestato e la sanzione applicata
Oltre a richiamare la sentenza di patteggiamento, nel provvedimento impugnato l’Amministrazione si è limitata ad affermare che il comportamento tenuto dal ricorrente il 2/12/1996 denoterebbe "gravissime carenze di qualità morali, militari e di carattere" e sarebbe "pregiudizievole per il prestigio dell’instituzione".
L’episodio contestato, viceversa, non presenterebbe quella particolare gravità da giustificare la massima sanzione, quale è la perdita del grado per rimozione. Né, del resto, era stato considerato di tale gravità all’epoca dei fatti. Tant’è che, nel 1996, il Ministero non aveva ritenuto di adottare un provvedimento di sospensione nei riguardi del ricorrente.
La sanzione inflitta appare, pertanto, del tutto sproporzionata rispetto al fatto contestato.
Nelle more del giudizio, peraltro, il Ministero della Difesa depositava presso la Segreteria di questo Tribunale Amministrativo, la documentazione di causa, e segnatamente:
a) la sentenza del Tribunale di Torino, emessa a seguito di patteggiamento, n. 120/1999;
b) la documentazione caratteristica e il foglio matricolare del ricorrente;
c) il verbale della Commissione nella seduta del 24/9/1999.
Vista la documentazione versata in giudizio, il ricorrente proponeva quindi, con memoria ritualmente notificata, i seguenti motivi aggiunti:
I) Violazione e/o falsa applicazione artt. 34, 35, 37 e 42, legge 18/10/1961, n. 1168; art. 3, 10 legge 7/8/1999, n. 241 – Eccesso di potere per errore sui presupposti e conseguente travisamento, difetto di istruttoria e di motivazione, contraddittorietà, sviamento.
Dall’esame della documentazione depositata in giudizio dal Ministero, emergerebbe che l’Amministrazione non ha effettuato alcuna specifica indagine istruttoria.
Sul punto, andrebbe rilevato che:
a) la sentenza di patteggiamento, come del resto già rilevato in ricorso, non comporta un accertamento di colpevolezza utilizzabile, in quanto tale, in sede disciplinare;
b) la documentazione caratteristica e il foglio matricolare non hanno alcuna attinenza con lo specifico episodio contestato, concernendo il rendimento del ricorrente nel corso dei pregressi anni di servizio prestato nell’Arma;
c) il verbale della seduta della Commissione del 24/9/1999 non contiene alcun riferimento ad una specifica attività istruttoria, né indica le ragioni per le quali sono state disattese le giustificazioni addotte dal ricorrente nella memoria difensiva depositata.
II)Violazione e/o falsa applicazione artt. 34, 35, 37 e 42, legge 18/10/1961, n. 1168; art. 3, 10 legge 7/8/1990, n. 241 – Eccesso di potere per errore sui presupposti e conseguente travisamento, difetto di istruttoria e di motivazione, contraddittorietà, sviamento di potere (sotto altro profilo)
Nel terzo motivo di ricorso è stato evidenziato che il giudizio negativo formulato dall’Amministrazione appare sproporzionato rispetto alla circostanza contestata al ricorrente, tenuto anche conto che si è trattato di un episodio isolato, a fronte di un curriculum personale di oltre dodici anni di servizio durante i quali il ricorrente non si è mai segnalato come elemento violento o aggressivo.
Tale affermazione risulterebbe confermata anche dall’esame della documentazione caratteristica depositata dal Ministero.
Sempre nelle more del giudizio, peraltro, in data 16/6/2000, l’Amministrazione depositava altresì:
a)il rapporto finale dell’accertamento disciplinare redatto dall’ufficio incaricato della Compagnia di Alassio 7/8/1999, prot. N. 262/13, dal quale è scaturita la proposta di deferimento del ricorrente alla Commissione di disciplina;
b) le dichiarazioni rese dal carabiniere ausiliario Nucci in ordine ai fatti oggetto dell’addebito (relazione di servizio 2/12/1996 e verbale di assunzione di informazione su delega del p.m. del 24/7/1997).
Vista tale documentazione, il ricorrente, con apposita memoria ritualmente notificata, ha quindi proposto i seguenti ulteriori motivi aggiunti:
III) Violazione e/o falsa applicazione artt. 34, 35, 37, 38, 42, legge 18/10/1961, n. 1168; artt. 3, 10, legge 7/8/1990, n. 241 – Eccesso di potere per errore sui presupposti e conseguente travisamento, difetto di istruttoria e di motivazione, contraddittorietà, sviamento.
La lettura del rapporto finale dell’accertamento disciplinare confermerebbe che l’istruttoria è stata esperita in maniera incompleta e ha portato a conclusioni contrastanti con il reale svolgimento dei fatti oggetto della contestazione.
Infatti, nel rapporto finale, alla lettera D), contenente le "considerazioni nei riguardi degli addebiti specifici", si afferma che:
"dalla documentazione assunta risulta provato ampiamente che gli addebiti contestati all’acquisito, oggetto del presente accertamento disciplinare, corrispondono ai fatti verificatisi la sera del 2 dicembre 1996.
Al riguardo si osserva infatti che in sede processuale il NUCCI "ha confermato integralmente la versione dei fatti fornita nella relazione di servizio redatta all’epoca dei fatti (…)".
Sennonché appare evidente che non possa rendere "ampiamente" fondata un’accusa la sola circostanza che chi l’ha formulata la confermi in sede processuale.
In ogni caso, la versione dei fatti fornita dal Nucci non coinciderebbe se non in parte, con l’addebito contestato. Il che emergerebbe chiaramente confrontando l’addebito come descritto nel rapporto finale dell’accertamento con le dichiarazioni del Nucci.
IV) Violazione e/o falsa applicazione artt. 3, 10 legge 7/8/1990, n. 241. Eccesso di potere per errore sui presupposti e conseguente travisamento, difetto di istruttoria e di motivazione, contraddittorietà, sviamento.
La relazione fa altresì riferimento "allo stato di servizio dell’interessato che per malattie e sanzioni disciplinari irrogategli in ragione dei comportamenti perseguiti" fornirebbe "un quadro più che chiaro sulla condotta normalmente mediocre dello stesso".
Al riguardo, innanzitutto non si vedrebbe quale rilevanza possano avere le malattie del ricorrente (appendicectomia nel 1988, distorsione alla caviglia nel 1989, frattura al metacarpo nel 1992, etc.) ai fini di valutare il comportamento disciplinare del medesimo.
In ogni caso, va notato che la condotta del ricorrente non è stata ritenuta non disciplinata o non corretta bensì "normalmente mediocre".
Orbene, un siffatto giudizio, riguardando il rendimento, non avrebbe alcuna attinenza con il provvedimento disciplinare impugnato.
Conclude l’istante, chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato con vittoria di spese.
Si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato per l’Amministrazione della Difesa intimata, la quale, con memoria del 29 novembre 2000, ha contestato la fondatezza del ricorso, chiedendone il rigetto.
Con memoria del 30 novembre 2000, l’istante ha insistito per l’accoglimento del gravame, confermandone i motivi.
Alla pubblica udienza del 14 dicembre 2000, il ricorso è stato posto in decisione.
D I R I T T O
1. Il ricorso è fondato, sotto gli assorbenti profili di censura dedotti con il terzo motivo del ricorso principale, e con il secondo motivo aggiunto.
Ed invero, la giurisprudenza della Corte Costituzionale ha ormai da tempo precisato che il principio di gradualità della sanzione trova applicazione non solo nel procedimento penale, ma anche in quello disciplinare, per cui le sanzioni destitutive, sia nel campo del pubblico impiego che in quello delle professioni inquadrate in ordini o collegi professionali, non possono essere disposte in modo automatico, ma debbono seguire un procedimento disciplinare che in modo autonomo consenta di adeguare la sanzione al caso concreto secondo il principio di proporzione, dandone specifica e puntuale ragione nella relativa determinazione finale (cfr. Corte Cost. n. 971 del 1988; n. 40 del 1990; n. 197 del 1993; n. 239 del 1996; n. 363 del 1996; n. 2 del 1999).
Ne consegue, all’evidenza, che pur in presenza di un procedimento penale conclusosi come nella specie con una sentenza di patteggiamento, l’Amministrazione nell’adottare i relativi provvedimenti disciplinari deve necessariamente tenere conto, a pena di illegittimità, del principio di proporzionalità delle sanzioni anzidetto, in relazione ai profili soggettivi ed oggettivi della vicenda.
Non v’è dubbio, pertanto, che nella ipotesi di irrogazione della sanzione massima della destituzione, l’amministrazione debba specificatamente ed adeguatamente valutare non tanto l’astratta natura del reato ascritto al dipendente, quanto la sua obiettiva gravità, nel senso dell’incidenza che ha avuto nel tessuto sociale e degli indizi di pericolosità che lo hanno caratterizzato, nonché la complessiva personalità e la condotta precedente e successiva del dipendente medesimo, lo stato di servizio, il suo recupero morale ed il tempo trascorso dal fatto, dando espressa e puntuale ragione nel relativo provvedimento della effettiva corrispondenza della sanzione stessa, a quanto obiettivamente accertato (cfr. Cons. Stato Sez. IV 30/5/1996 n. 695; 29/11/95 n. 1656; 10/4/95 n. 229; Sez. VI 22.1.94, TAR LIGURIA Sez. I 30/10/1997 n. 394).
1.1Ciò premesso in linea di principio, il provvedimento impugnato si appalesa illegittimo, in quanto nello stesso non è minimamente evidenziata l’adeguatezza della massima sanzione irrogata, in relazione ai profili soggettivi ed oggettivi della vicenda.
Come risulta dal suo tenore letterale, infatti, l’amministrazione ha determinato la perdita del grado per rimozione del ricorrente, " tenuto conto che il militare, con il suo comportamento gravemente lesivo dell’immagine dell’Istituzione, ha evidenziato carenze morali e di carattere che rendono incompatibile la sua ulteriore permanenza nell’Arma, sia pure nella posizione di congedo", senza alcuna obiettiva e specifica valutazione della gravità dei fatti contestati, nonché della complessiva personalità del ricorrente stesso quale desumibile del suo stato di servizio.
Né tali valutazioni sono desumibili dagli atti del procedimento, richiamati e "condivisi" nelle premesse della determinazione impugnata.
Per quanto riguarda, infatti, "il giudizio contrario all’inquisito emesso dalla Commissione di Disciplina riunitasi il 24 settembre 1999", il Collegio non può che dare atto della sua assoluta inadeguatezza a dare ragione, pur se in via indiretta, della determinazione impugnata.
Il richiamato giudizio, invero, non solo è privo di qualsivoglia motivazione, ma per essere stato espresso a mezzo di schede segrete, non firmate ed immediatamente distrutte, risulta anche difficilmente compatibile con i principi ordinamentali vigenti in materia, ed in ogni caso di per sé inidoneo a comprovare l’adeguatezza della massima sanzione irrogata al ricorrente.
Per ciò che riguarda poi il rapporto finale dell’accertamento disciplinare redatto dall’ufficiale incaricato, non può parimenti non rilevarsi, come lo stesso si sostanzi nella ricostruzione della modalità di svolgimento dell’episodio oggetto dell’addebito, per cui, indipendentemente dalla sua attendibilità, non può in alcun caso sopperire alle ulteriori specifiche e circostanziate valutazioni dei profili soggettivi ed oggettivi della vicenda, che viceversa l’amministrazione avrebbe dovuto compiutamente effettuare, ed esternare nella determinazione finale assunta.
E tali valutazioni nel caso di specie erano quanto mai necessarie, in quanto, come risulta dalla documentazione in atti:
-nella relazione del Comando Provinciale di Torino alla Procura Militare del 2/12/1997, il ricorrente "risulta di buona condotta in genere, esente da precedenti e pendenze penali";
-nella relazione del Comando Provinciale di Livorno sempre alla Procura Militare dell’8/7/1997, il ricorrente risulta parimenti "di buona condotta morale e civile";
-nel "curriculum" personale di oltre dodici anni di servizio nell’Arma, il ricorrente non si è mai segnalato come un soggetto aggressivo e violento, ma al contrario come un militare "rispettoso e formalmente disciplinato" ( specchio valutativo 22/5/1987); "disciplinato e disponibile" (specchio valutativo 5/5/1988); "di buoni requisiti morali, militari e di carattere.
Molto formale ed educato "(rapporto informativo 23/3/1989); "disciplinato e rispettoso sotto l’aspetto formale" (specchio valutativo 29/2/1992).
Conclusivamente, a fronte di un episodio che a suo tempo non era stato ritenuto di gravità tale da indurre all’immediata adozione di misure disciplinari, sfociato in una sentenza di patteggiamento con la quale è stata applicata la sanzione sostitutiva pecuniaria della multa per lire sei milioni, ed a fronte del "curriculum" del ricorrente, privo di precedenti negativi di rilievo, l’Amministrazione avrebbe dovuto dare specifica ed esauriente ragione della adeguatezza della massima sanzione espulsiva disposta in conformità ai surrichiamati principi vigenti in materia, piuttosto che limitarsi a generiche affermazioni di lesività dell’immagine dell’Istituzione, ed a richiami di atti endoprocedimentali parimenti immotivati ed in parte addirittura discutibili sotto il profilo della compatibilità con il sistema delle garanzie procedimentali vigenti nel nostro ordinamento, siccome poste a presidio del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione.
Per le ragioni esposte il ricorso è fondato, e va accolto, potendo le ulteriori censure dedotte restare assorbite.
Le spese seguono la soccombenza, e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria sez. prima accoglie, il ricorso in epigrafe, e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Condanna l’Amministrazione resistente al pagamento in favore del ricorrente delle spese e degli onorari del presente giudizio, che si liquidano in lire 2.000.000 (due milioni).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla Autorità Amministrativa.
Così deciso in Genova, nella Camera di Consiglio del 14/12/2000 con la partecipazione dei Signori:
Renato Vivenzio Presidente
Giuseppe Petruzzelli Consigliere
Antonio Bianchi Consigliere estensore
Depositata in Segreteria il 19/01/2001.