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Articoli e note

n. 10-2001 .

LUCIO DE MARINIS
(Segretario Generale della Provincia di Chieti)

Testo unico in materia di espropriazioni: sospetto di incostituzionalità, ovvero ancora "Sindrome di Aristofane"?

Dire che il D.P.R. 8 giugno 2001, n. 237, approvativo del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazioni per pubblica utilità dettate, le prime, dal D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 325 e, le seconde, dal D.P.R.8 giugno 2001, n. 326, non brilla per chiarezza e precisione (1), può sembrare volere essere clementi con il legislatore, se si pensa che lo stesso Testo unico presenta carenze sostanziali che, se risultassero non essere frutto di ulteriori "sviste lessicali", sarebbero tali da ingenerare il fondato sospetto di incostituzionalità delle norme che disciplinano il procedimento espropriativo e segnatamente le fasi inerenti alla dichiarazione di pubblica utilità e alla emanazione del decreto di esproprio.

Rileva al riguardo l’Adunanza Generale del Consiglio di Stato nel parere 29 marzo 2001 n.4/2001, al punto 10.14.1, che "in applicazione dei principi sanciti dalla sentenza (della Corte Costituzionale, n.d.r.) n. 55 del 1968, la legge dovrebbe continuare a prevedere tempi massimi certi per tutte le fasi procedimentali, sia per quella che sorge con imposizione del vincolo preordinato all’esproprio sia per quella successiva, basata sulla dichiarazione di pubblica utilità e che si conclude con il decreto di esproprio;…omissis…".

Dal che discende che la legge che non dovesse stabilire tutti i tempi massimi delle singole fasi del procedimento espropriativo sarebbe sospetta di incostituzionalità.

Ciò premesso, pertanto, si impone l’esame di quelle norme del Testo unico che disciplinano il procedimento che concerne la dichiarazione di pubblica utilità e il procedimento che termina con la emanazione del decreto di esproprio, atteso che il procedimento che riguarda l’imposizione del vincolo preordinato all’esproprio appare essere in linea con i principi sanciti dalla Corte Costituzionale con la sentenza prima richiamata (2).

Infatti, l’art. 9 T.U., dopo aver detto, al primo comma, che un bene è sottoposto al vincolo preordinato all’esproprio quando diventa efficace l’atto di approvazione del piano urbanistico generale, ovvero di una sua variante, che prevede la realizzazione di una opera pubblica o di pubblica utilità, al comma successivo statuisce che tale vincolo ha la durata di cinque anni e che entro tale termine può essere emanato il provvedimento con il quale viene dichiarata la pubblica utilità dell’opera. Infine, il successivo comma 3 prevede che se il provvedimento non viene emanato entro il predetto termine quinquennale il vincolo preordinato all’esproprio decade. A queste statuizioni fa da pendant quella contenuta nel primo comma dell’art. 13 giusta la quale "il provvedimento che dispone la pubblica utilità dell’opera può essere emanato fino a quando non sia decaduto il vincolo preordinato all’esproprio".

E’ di tutta evidenza che il procedimento fin qui descritto è perfettamente in linea con i principi enunciati dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 55/1968 precedentemente richiamata.

I problemi, invece, sorgono allorché si cerchi di conoscere quale sia il termine di durata della fase basata sulla dichiarazione di pubblica utilità (art. 23, comma 1, lett. a) (3) e di quella che si conclude con la emanazione del decreto di esproprio, la scadenza del quale comporta l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità (art. 13, comma 6) (4).

Invero, la fissazione dei termini di che trattasi assume assoluta rilevanza al fine di evitare censure di incostituzionalità delle norme che ne occupano, atteso che nel T.U. in materia di espropriazioni non vengono fissati, in luogo dei "tradizionali c.d. 4 termini di inizio e compimento delle opere e delle operazioni espropriative", né, come detto, i termini entro i quali concludere le singole fasi del procedimento di esproprio,né,come invece disponeva il testo del D.P.R. esaminato, nonché redatto dal Consiglio di Stato, il termine finale del procedimento stesso(vedi, al riguardo, il punto 19.2 del citato parere dell’Adunanza Generale).

Ebbene, se è vero che dagli articoli 23 e 16 del D.P.R. 327/2001 appare di tutta evidenza che la dichiarazione di pubblica utilità ha un termine di durata dell’efficacia e che il decreto di esproprio deve essere emanato entro un termine che è perentorio,visto che il suo inutile decorso comporta la perdita dell’efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, è, però, altrettanto vero che tali termini non risultano essere stati fissati né dai citati articoli né da altre norme del Testo Unico.

Nè, per quanto attiene alla durata dell’efficacia della dichiarazione di pubblica utilità può farsi utile riferimento al termine decennale di cui al primo comma dell’art. 46, atteso che tale norma non solo prevede che l’inutile decorso di detto termine può comportare l’accertamento della decadenza dell’atto che ha dichiarato la pubblica utilità, oltre alla restituzione del bene espropriato e il pagamento di una somma a titolo di indennità, e,in ogni caso, presuppone che il decreto di esproprio sia stato non soltanto emanato,ma anche eseguito a norma del disposto di cui agli artt. 13,comma 1,lett. h) e 24, comma 1, così come, parimenti, per stabilire quale sia il termine entro il quale deve essere emanato il decreto di esproprio,non soccorrono le disposizioni di cui ai commi 3 e 4 dello stesso articolo 13. Al contrario,tali disposizioni aggiungono ulteriori perplessità.

Prevede, infatti, il terzo comma che "nel provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera può essere stabilito il termine entro il quale il decreto di esproprio va eseguito".

A sua volta il comma 4 stabilisce che "se manca l’espressa determinazione del termine di cui al comma 3,il decreto di esproprio può essere eseguito entro il termine di cinque anni,decorrente dalla data in cui diventa efficace l’atto che dichiara la pubblica utilità dell’opera".

Deve, però, essere rilevato che la esecuzione del decreto di esproprio, per il combinato disposto degli artt. 23,comma 1,lett. h) e 24, comma 1, del T.U., ha luogo mediante la immissione in possesso del beneficiario dell’esproprio, consacrata nel relativo verbale, entro il termine perentorio di due anni la cui decorrenza, peraltro, non è dato conoscere anche se intuitivamente puo’ essere individuata nella data in cui decreto stesso viene emanato.

A questo punto sorge spontanea la domanda: se il decreto di esproprio deve essere eseguito entro il temine perentorio di due anni, così come stabilito dalla legge (art. 24, co. 1, T.U. cit.), che senso ha il disposto di cui ai richiamati commi 3 e 4 dell’art. 13 in base ai quali, rispettivamente, la fissazione del termine entro il quale il decreto di esproprio va eseguito viene demandata ad un atto amministrativo quale è la dichiarazione di pubblica utilità, e, nel caso in cui nel predetto atto amministrativo manchi l’espressa determinazione del termine de quo, "il decreto di esproprio può essere eseguito entro il termine di cinque anni, decorrente dalla data in cui diventa efficace l’atto che dichiara la pubblica utilità dell’opera" ?

E allora, poiché una legge non può contenere disposizioni che si elidono a vicenda e poiché la mancata fissazione del tempo massimo certo per la conclusione della fase procedimentale basata sulla dichiarazione di pubblica utilità, nonché di quella entro la quale deve essere emanato il decreto di esproprio comporterebbe, alla stregua dei principi di rilevanza costituzionale evocati all’inizio del presente scritto, la illegittimità costituzionale delle norme esaminate, bisogna pensare che il legislatore sia incorso in un ulteriore "svista" dovendosi ritenere che nei commi 3 e 4 dell’art. 13, laddove è scritto "eseguito" avrebbe dovuto, invece, essere scritto "emanato".

Non si può non richiamare, pertanto, quanto sapidamente affermato in dottrina (5): "Restiamo in attesa e, nel frattempo, facciamo posto nei nostri scaffali alle ulteriori versioni correttive delle correzioni che compongono il testo…".

 

(1) P. VIRGA, Luci ed ombre nel nuovo testo unico sulle espropriazioni; L. OLIVERI, Testo unico degli espropri: la "Sindrome di Aristofane",in www.giustamm.it/articoli/.

(2) La fase della dichiarazione di pubblica utilità è disciplinata dal Titolo II, Capo III, artt.12 – 14 e la fase della emanazione del decreto di esproprio dal Capo IV,dello stesso Titolo II, artt. 20 –25, del D.P.R. n. 327/2001;

(3) Così recita l’art. 23, comma 1, lett. A): "1. Il decreto di esproprio: a) è emanato entro il termine di scadenza dell’efficacia della dichiarazione di pubblica utilità;"

(4) Così recita l’art. 13,comma 6: "La scadenza del termine entro il quale può essere emanato il decreto di esproprio determina l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità.".

(5) L. OLIVERI, op.cit.

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