MASSIMO AMBROSELLI
(Avvocato del Foro di Napoli)
Limiti della giurisdizione del
Giudice amministrativo
sulle domande di risarcimento del danno
(commento a Cons. Stato, Sez. V, sent. 17 ottobre 2002 n. 5677, in questa Rivista n. 10-2002)
SOMMARIO: 1. Sintetico quadro normativo di riferimento. 2. Il caso specifico. 3. La motivazione della sentenza. 4. Osservazioni critiche. 5. Conclusioni.
1. Sintetico quadro normativo di riferimento.
Gli artt. 33 e 34 del Dlgs. 31 marzo 1998 n. 80, come sostituiti ed integrati dall’art. 7 della L. 21 luglio 2000 n. 205, hanno devoluto alla giurisdizione esclusiva del G.A. tutte le controversie in materia di servizi pubblici, urbanistica ed edilizia. Il successivo art. 35 dispone che "il giudice amministrativo, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva dispone, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto".
Analoga e più esplicita norma è stata introdotta dallo stesso art. 35 comma 4, come integrato dall’art. 7 della L. 205/2000, all’art. 7 L. 1034/1971, laddove si prevede che: "Il Tribunale Amministrativo Regionale, nell’ambito della sua giurisdizione, conosce anche di tutte le questioni relative all’eventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica e agli altri diritti patrimoniali conseguenziali".
Il comma 5 del medesimo art. 35 dispone poi l’abrogazione "di ogni altra disposizione che prevede la devoluzione al Giudice Ordinario delle controversie sul risarcimento del danno conseguente all’annullamento di atti amministrativi".
Il successivo art. 45 dello stesso Dlgs. ha, infine, previsto che le controversie di cui agli artt. 33 e 34 sono devolute alla giurisdizione del G.A. "a partire dal 1.7.1998", mentre "resta ferma la giurisdizione prevista dalle norme attualmente in vigore per i giudizi pendenti alla data del 30.1.1998".
2. Il caso specifico.
Una società, partecipante ad una gara indetta da un Comune per l’affidamento di un servizio pubblico (di ristorazione) per gli anni 1996-1998, ricorre al TAR Milano - nel periodo ante 30.6.1998 - per conseguire l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione ad un soggetto terzo
Il TAR, con sentenza n. 1236/1997, accoglie uno dei tre diversi ricorsi (riuniti), proposti avverso le delibere Giuntali succedutesi per la medesima gara.
Avverso tale sentenza, la Società ricorrente propone appello innanzi al Consiglio di Stato, chiedendo l’accoglimento anche dei due residui ricorsi, per l’annullamento delle ulteriori delibere giuntali di affidamento del servizio ad altro soggetto.
Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 1996 del 31.12.1998, in accoglimento dell’appello ed in parziale riforma della sentenza del TAR, annulla tali delibere Giuntali.
A seguito di tale statuizione di annullamento, per accertata illegittimità dei provvedimenti amministrativi adottati, la medesima Società, nella impossibilità di svolgere il servizio oggetto di gara, in quanto già espletato da un terzo, ricorre quindi al TAR Milano, proponendo in data 18.5.1999, autonoma domanda di risarcimento del danno conseguente alla mancata aggiudicazione in suo favore della gara in oggetto.
Il Tar, con sentenza n. 4215 del 5.6.2001, ritenuta la propria giurisdizione sulla controversia, accoglie la domanda provvedendo a liquidare in via equitativa i danni sopportati dalla ricorrente.
Avverso tale sentenza, il Comune soccombente propone appello in Consiglio di Stato, eccependo in via preliminare il difetto di giurisdizione del G.A, ai sensi e per gli effetti dell’art. 45 del Dlgs. 80/98.
Con sentenza n. 5677 del 17.10 2002 (in questa Rivista, n. 10-2002), la V sez. del Consiglio di Stato riforma la sentenza del TAR Milano, ritenendo insussistente la giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda risarcitoria in oggetto, in quanto trovante causa in un giudizio pendente innanzi al G.A. alla data del 30.6.1998.
I Giudici di Palazzo Spada, hanno fornito a supporto del dichiarato difetto di giurisdizione, una discutibile e singolare interpretazione dell’art. 45 comma 18 del Dlgs. 80/98.
3. La motivazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 5677/2002.
Il corredo motivazionale della sentenza in esame si articola sostanzialmente sui seguenti dedotti principi:
- per i giudizi pendenti innanzi al G.A. alla data del 30.6.1998, che non risultano ancora devoluti alla giurisdizione di quest’ultimo, non è questi a disporre il risarcimento del danno;
- l’autonomia del giudizio concernente il risarcimento del danno da quello relativo alla legittimità dell’atto amministrativo, costituente la "causa petendi" dell’azione risarcitoria, è un principio che riguarda le sole controversie instaurate dopo il 30.6.1998;
- per le controversie (di qualsiasi natura) pendenti alla data del 30.6.1998 (anche innanzi al G.A), devono ritenersi quindi ancora operanti i criteri in materia di riparto di giurisdizione previgenti al Dlgs. 80/98, in base ai quali le azioni dirette ad ottenere il risarcimento del danno a seguito dell’annullamento di atti illegittimi dell’Amministrazione rientrano nella giurisdizione del Giudice Ordinario.
4. Osservazioni critiche.
Nessuno dei tre principi sopra enucleati può oggettivamente condividersi, posto che finiscono col porsi in evidente antitesi:
- con la "ratio" e lo spirito dell’art. 45 co. 18 del Dlgs. 80/98;
- con l’art. 5 c.p.c.;
- con i principi di economia e di conservazione dell’attività processuale svolta, che costituiscono i "cardini" di una sana amministrazione della giustizia.
E’ il caso di rilevare, infatti, che il Legislatore, con la norma transitoria del richiamato art. 45, nel precisare che in materia di servizi pubblici, edilizia ed urbanistica, nei giudizi pendenti alla data del 30.6.1998, resta ferma la giurisdizione vigente al momento della domanda, non ha fatto altro che assicurare - anche normativamente - il rispetto dell’art. 5 c.p.c..
Tale disposizione codicistica, infatti, anche nella interpretazione più volte fornita dalla Corte Costituzionale, dalla S.C. di Cassazione e dallo stesso Consiglio di Stato, è volta a preservare la irrilevanza dei sopravvenuti mutamenti della giurisdizione rispetto alla data di proposizione della domanda, solo nella ipotesi in cui questi "privino" il Giudice della giurisdizione che aveva in quel momento e non già nel caso inverso in cui il mutamento sopravvenuto comporti l’attribuzione della giurisdizione al Giudice che ne era inizialmente privo. (Da ultimo in termini: Cass. SS.UU. 19.02.2002 n. 2415; Cass. SS.UU. 6.05.2002 n. 6487; Cons. Stato Sez. IV 15.02.2002 n. 934; Cons. Stato Sez. VI 21.02.2001 n. 896; Cons. Stato Sez. IV 27.11.2000 n. 6315; Cons. Stato 28.09.2000 n. 4822).
Analogamente, la Corte Costituzionale con Ordinanza n. 134/2000 ha testualmente acclarato "che il processo deve continuare avanti al Giudice adito non solo nel caso in cui questi, originariamente competente, cessi di esserlo, a seguito di un mutamento legislativo, ma anche nel caso in cui, aditosi un giudice incompetente, il medesimo diventi competente per una sopravvenuta modifica legislativa".
Chiarita la portata dell’art. 5 c.p.c., devesi poi sottolineare che, nel caso di specie, la domanda risarcitoria era stata sin’anche proposta successivamente al 30.6.1998, all’esito dell’annullamento del provvedimento amministrativo, a cura del Giudice Amministrativo.
Tale circostanza è stata, invece, ritenuta irrilevante dai Giudici di Palazzo Spada, i quali hanno rilevato che l’autonomia del giudizio di natura risarcitoria ha trovato un limite invalicabile nella (presunta) "pendenza" al 30.6.1998 del giudizio al Tar di annullamento dell’atto amministrativo illegittimo, in cui risiedeva la relativa "causa petendi".
Anche tale argomentazione, ai fini della giurisdizione, non può che destare serie perplessità, dal momento:
che un giudizio può dirsi tecnicamente "pendente", solo a partire dalla proposizione della domanda, che nel processo amministrativo si identifica con la data di deposito del ricorso presso la segreteria del TAR (nel caso di specie la domanda risarcitoria è stata proposta in data 9.6.1999);
il richiamo "ai giudizi pendenti alla data del 30.6.1998", contenuto nell’art. 45 co. 18 del Dlgs. 80/98, è da riferirsi solo ed esclusivamente ai giudizi di natura risarcitoria proposti innanzi al G.O., proprio perché solo quest’ultimo poteva disporre, nel sistema previgente, di tale misura reintegratoria;
salva l’ipotesi di attività posta in essere in carenza di potere e/o in assenza di attività provvedimentale legittimante l’esercizio di potestà pubblica, ogni domanda di natura risarcitoria trova la propria "causa petendi" in un atto amministrativo ritenuto illegittimo e del quale se ne deve richiedere l’annullamento (innanzi al G.A.) e/o la disapplicazione (innanzi al G.O., nel sistema previgente), ma non è questa la "scriminante" ai fini del riparto delle sfere di competenza giurisdizionale nelle materie "de quibus".;
è pacifico "che l’azione di risarcimento del danno può essere proposta sia unitamente all’azione di annullamento che in via autonoma", a condizione che sia impugnato tempestivamente il provvedimento illegittimo e che sia coltivato con successo il relativo giudizio di annullamento (Cfr. Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria 26 marzo 2003 n. 4; C.d.S. VI Sezione 18 giugno 2002 n. 3338; C.d.S. IV Sezione 15 febbraio 2002, n. 952)
E’ evidente, infatti, che il Legislatore con la norma transitoria dell’art. 45 in esame, ha inteso salvaguardare la giurisdizione del giudice ordinario nelle materie in argomento, solo ed esclusivamente nelle ipotesi in cui, alla data del 30.6.1998, pendessero innanzi allo stesso, giudizi di natura risarcitoria e/o "latu sensu" reintegratoria, trovanti causa in atti e/o provvedimenti di cui v’era richiesta di relativa disapplicazione.
E’ da escludersi fermamente, invece, l’opzione adottata nella sentenza che ci occupa, in virtù della quale il Legislatore avrebbe inteso, con il suddetto art. 45, sottrarre al Giudice amministrativo la giurisdizione in materia di risarcimento e diritti patrimoniali conseguenziali, in tutti i giudizi (non solo risarcitori, ma anche di annullamento) pendenti innanzi allo stesso Giudice alla data del 30.6.1998 e sin’anche laddove la domanda risarcitoria fosse autonomamente proposta successivamente a tale data, a seguito di giudizio amministrativo sfociato in sentenza di annullamento dell’atto adottato dalla P.A.
Tale singolare interpretazione, sotto entrambi i delineati aspetti, tradisce lo spirito della norma richiamata e la stessa "ratio" dell’art. 5 c.p.c.; disposizione quest’ultima, si ribadisce, che nello stabilire che la giurisdizione si determina con riguardo allo stato di fatto e di diritto vigente al momento della domanda, è diretta a favorire e non certo ad impedire la c.d. "perpetuatio jurisdictionis", trovando logica e razionale applicazione solo in ipotesi di sopravvenuta carenza di giurisdizione e non anche quando il mutamento dello stato di diritto comporti l’attribuzione della giurisdizione medesima al Giudice inizialmente privo della stessa.
5. Conclusioni.
Sulla scorta delle suindicate osservazioni e di un consolidato orientamento giurisprudenziale, pertanto, la sentenza in argomento, non sembra, ad avviso dello scrivente, coniugarsi con un corretto quadro di riparto giurisdizionale, determinatosi e plasmatosi alla stregua dei principi di diritto vivente in tema di individuazione intertemporale del Giudice fornito di competenza giurisdizionale in materia.
Nel caso specifico, è legittimo ritenere, pertanto, che l’arresto "de quo", con sufficienti margini di probabilità potrebbe essere riformato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, ove adite dalla Società rimasta soccombente, a norma del combinato disposto dagli artt. 111 della Cost. e 362 c.p.c., trattandosi di fattispecie in cui il Consiglio di Stato ha negato la propria giurisdizione sul presupposto che la stessa appartenesse ad altro Giudice.
In conclusione e sul piano generale va, dunque, confermato che, a norma degli artt. 35 e 45 del Dlgs. 80/98, nelle controversie devolute alla giurisdizione del giudice Amministrativo ai sensi degli artt. 33 e 34 del medesimo Dlgs., tale Organo conosce anche le domande di natura risarcitoria, in ogni tempo proposte innanzi allo stesso (sia unitamente alla domanda di annullamento, sia autonomamente a seguito del giudizio di impugnativa dell’atto amministrativo, conclusosi con la rimozione di quest’ultimo), ferma restando la giurisdizione del Giudice Ordinario nei soli Giudizi – sempre di natura risarcitoria e/o reintegratoria - pendenti innanzi a quest’ultimo alla data del 30.6.1998.
E’ auspicabile, pertanto, che i Giudici di merito, in fattispecie analoghe a quella esaminata, contribuiscano a rimediare ad un mero "incidente di percorso", attraverso una rivisitazione della portata interpretativa dell’art. 45 del Dlgs. 80/98, evitando un comprensibile (ma non condivisibile) "allineamento" in ossequio al principio di nomofilachia, riconosciuto - sull’ordinamento giudiziario - anche al Consiglio di Stato, al pari della Suprema Corte di Cassazione, ai sensi dell'art. 65 comma 1° R.D. 30 gennaio 1941 n. 12.