DIEGO FODERINI
L’ambito di operatività della denuncia di inizio attività in edilizia [1]
SOMMARIO: § 1 La denuncia di inizio attività nella legge 241/90 § 2 La denuncia di inizio attività in edilizia secondo la legge 47/85 ed il Dl 398/93 § 3 La denuncia di inizio attività nella legge 443/2001 § 4 L’ambito di operatività della denuncia di inizio attività in edilizia (quadro di sintesi).
§ 1 La denuncia di inizio
attività nella legge 241/90. La
denuncia di inizio attività, come concepita dagli articoli
Il privato trasmette all’amministrazione competente una dichiarazione con la quale comunica che inizierà l’attività, rendendo atto che sussistono tutti i presupposti ed i requisiti prescritti allo scopo dalla normativa. La verifica di sussistenza dei presupposti e dei requisiti è compiuta dallo stesso interessato e consente l’immediato avvio dell’attività. All’amministrazione pubblica compete invece l’accertamento successivo circa la loro effettiva presenza. La denuncia non determina dunque alcun mutamento della rilevanza sostanziale dell’attività né, conseguentemente, delle sanzioni applicabili in caso di suo abusivo esercizio. L’eventuale falsità delle dichiarazioni del privato determinerà l’applicazione di sanzioni aggiuntive, e non sostitutive.
Il significato procedurale proprio della denuncia prevista dall’articolo 19 della legge 241/90, conferisce all’istituto un ambito di operatività potenzialmente illimitato. Il privato, in base alla generale disposizione contenuta nell’articolo citato, potrà avvalersene per l’esercizio di qualunque attività privata non limitata nel numero ed assoggettata a presupposti e requisiti che si prestino ad essere accertati senza alcun margine di discrezionalità.
La limitazione nel numero delle attività ammesse e la discrezionalità degli apprezzamenti rende invece necessario l’intervento dell’amministrazione. Non costituiscono condizioni preclusive all’utilizzo dell’istituto né la rilevanza dell’attività né l’incidenza dei suoi effetti. Il significato di agevolazione procedurale della denuncia ne determina il carattere facoltativo. Il privato non è tenuto ad avvalersene, potendo in alternativa richiedere all’amministrazione il rilascio dell’assenso espresso previsto dalla normativa che disciplina l’attività.
Attraverso la previsione e la disciplina della denuncia di inizio attività l’articolo 19 della legge 241/90 intende conferire nuovo impulso alle attività produttive. L’esercizio delle iniziative private viene svincolato dalla necessità del preventivo ottenimento dell’assenso pubblico tutte le volte che le condizioni necessarie possano essere verificate direttamente dall’interessato. Le sanzioni disposte in caso di dichiarazioni false o mendaci e l’impossibilità di prosecuzione dell’attività dovrebbero responsabilizzare adeguatamente il privato e costituire una garanzia adeguata contro il rischio dell’aumento dell’abusivismo, agevolato dall’apparenza della legalità determinata dall’avvenuta presentazione della denuncia.
L’articolo 19 della legge 241/90 pone la denuncia, come si ricava dall’espressione, in rapporto diretto con l’effettivo esercizio dell’attività. Attraverso la denuncia il privato comunica, ovvero “denuncia”, all’amministrazione l’inizio dell’attività.
La legge ne ammette dunque l’utilizzo “in tutti i casi in cui l’esercizio di un’attività privata sia subordinato ad…atto di consenso comunque denominato…il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento dei presupposti e dei requisiti di legge, senza l’esperimento di prove a ciò destinate che comportino valutazioni tecniche discrezionali, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo per il rilascio degli atti stessi”.
La necessità dell’intervento dell’amministrazione, per la verifica del rispetto del limite o per il compimento di valutazioni discrezionali, esclude la possibilità di utilizzo della denuncia. Il privato non potrà cioè avvalersene per attestare la presenza solamente di alcune condizioni. La correlazione con l’esercizio dell’attività comporta che tutti i presupposti e tutti i requisiti debbono essere presenti e verificabili dall’interessato.
L’originaria formulazione dell’articolo 19 della legge 241/90, prima delle modifiche apportate dall’articolo 2 della legge 537/93, ammetteva che alcune attività, specificamente individuate, potessero essere iniziate solamente dopo il decorso di un determinato periodo di tempo, da calcolare in relazione all’avvenuta presentazione della denuncia. Il periodo di astensione così previsto assolveva alla finalità di consentire all’amministrazione la verifica sulla effettiva presenza dei requisiti e dei presupposti più importanti, in modo che la loro eventuale assenza potesse essere rilevata prima dell’avvio dell’attività e quindi prima che potessero prodursi danni irreparabili.
La verifica possedeva carattere sommario, in quanto limitata ai presupposti ed ai requisiti di maggiore rilievo, ma anche preliminare, perché gli uffici avrebbero dovuto completare gli accertamenti successivamente all’avvio dell’attività e comunque non oltre il termine perentorio di 60 giorni prescritto dallo stesso articolo 19. La previsione del periodo di astensione non serviva dunque ad integrare gli accertamenti del privato ma assolveva ad una finalità essenzialmente cautelare. Non contraddiceva così con la logica fondamentale della denuncia di inizio attività in quanto tutti i presupposti ed i requisiti prescritti avrebbero dovuto risultare presenti e dichiarati al momento della sua presentazione.
§ 2 La denuncia di inizio attività in edilizia secondo la L. 47/85 ed il D.L. 398/93. La denuncia di inizio attività assume nelle normative di settore un significato sostanzialmente diverso da quello conferito dalla legge 241/90. In materia edilizia, l’articolo 26 della legge 47/85 e l’articolo 4, comma VII, del d.l. 398/93, come modificato dalla legge 662/96, individuano esattamente le opere che possono essere realizzate mediante denuncia di inizio attività e stabiliscono le sanzioni applicabili in caso di loro abusiva esecuzione.
L’articolo 26 della legge 47/85 consente l’utilizzo della denuncia per le opere interne alle costruzioni che non intervengano su immobili vincolati, non siano in contrasto con gli strumenti urbanistici adottati o approvati e con i regolamenti edilizi, non determinino aumento delle superfici utili e del numero delle unità immobiliari, non modifichino la destinazione d’uso degli immobili, non rechino pregiudizio alla statica dell’immobile e, con riferimento agli immobili compresi nelle zone indicate dalla lettera A del D.M. 2 aprile 1968, rispettino le originarie caratteristiche costruttive.
L’articolo 4, comma VII, del Dl 398/93 ammette invece la possibilità di presentazione della denuncia per la realizzazione di opere di manutenzione straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo; opere di eliminazione delle barriere architettoniche in edifici esistenti consistenti in rampe o ascensori esterni ovvero in manufatti che alterino la sagoma dell’edificio; recinzioni, muri di cinta e cancellate; aree destinate ad attività sportive, senza creazione di volumetria; opere interne alle singole unità immobiliari (e non alle costruzioni, perché in tal caso sarebbe applicabile l’articolo 26 della legge 47/85), purché non coinvolgenti più unità, non comportanti modifiche né alla sagoma né ai prospetti, non recanti pregiudizio alla statica dell’immobile e, qualora riguardanti un immobile compreso nella zona omogenea A del DM 2 aprile 1968 (agglomerati di rilievo storico, artistico o ambientale), non determinanti il mutamento della destinazione d’uso in essere; revisione o installazione di impianti tecnologici al servizio di edifici o di attrezzature esistenti e la realizzazione di volumi tecnici che si rendano indispensabili sulla base di nuove disposizioni; varianti a concessioni edilizie già rilasciate, purché non comportanti modifica dei parametri urbanistici secondo le previsioni contenute nel DM 2 aprile 1968, non incidenti sulle volumetrie, non determinanti mutamenti della destinazione d’uso, non comportanti il mutamento della categoria edilizia alla quale l’intervento risulta appartenere, non determinanti alterazioni della sagoma e non risultanti in violazione con le prescrizioni eventualmente contenute nella concessione edilizia; realizzazione di parcheggi di pertinenza nel sottosuolo del lotto su cui insiste il fabbricato.
L’abusiva esecuzione degli interventi previsti
determina, in entrambe le normative, l’applicazione di specifiche sanzioni,
diverse da quelle previste con riferimento alle opere realizzate in assenza di
autorizzazione e di concessione od in difformità. L’articolo 26, comma II, della
legge 47/85, più in dettaglio, dispone che l’abusiva esecuzione delle opere
interne alle costruzioni comporta l’erogazione della sanzione pecuniaria
prevista con riferimento all’autorizzazione ridotta di un terzo, mentre la
realizzazione abusiva degli interventi previsti dall’articolo 4, comma VII,
determina l’applicazione della “sanzione pecuniaria pari al doppio
dell’aumento del valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione
delle opere stesse e comunque in misura non inferiore a lire un milione”
(corrispondenti ad
Tanto nell’articolo 26 della legge 47/85 quanto nell’articolo 4, comma VII, del Dl 398/93, la denuncia perde dunque il proprio carattere di procedura utilizzabile per l’accertamento di conformità alla normativa applicabile, svincolato come tale dalla rilevanza dell’attività che si intende esercitare e dai suoi possibili effetti. La normativa la correla infatti a categorie di opere esattamente individuate e dispone l’applicazione di specifiche sanzioni in caso di abuso. La denuncia diviene in questo modo un vero e proprio titolo giuridico che serve ad attribuire agli interventi una specifica incidenza territoriale, diversa da quella delle opere assoggettate a concessione o ad autorizzazione edilizia.
Il nuovo significato attribuito alla denuncia dalla normativa edilizia non ne esclude il carattere facoltativo. Il privato non è infatti obbligato ad avvalersene, potendo in alternativa inoltrare richiesta per il rilascio dell’autorizzazione edilizia. Ciò, per la verità, solamente con riferimento alle opere individuate dall’articolo 4, comma VII, del Dl 398/93 in quanto l’interessato è invece tenuto ad avvalersene per l’esecuzione delle opere interne alla costruzioni di cui all’articolo 26 della legge 47/85.
La facoltatività è in relazione alla procedura utilizzabile per la realizzazione dell’intervento e non alla definizione della sua incidenza territoriale. Il privato, in altri termini, può decidere attraverso quale procedura eseguire l’opera, senza con ciò condizionarne la rilevanza edilizia, la quale è definita direttamente dalla legge e non rientra quindi nella disponibilità dell’interessato.
La realizzazione abusiva dell’intervento che possieda tutti i caratteri che ne determinano l’assoggettamento a denuncia secondo l’articolo 4, comma VII, del Dl 398/93 comporta l’applicazione delle sanzioni relative, anche quando il privato abbia preferito richiedere il rilascio dell’autorizzazione edilizia. Se così non si ritenesse, ne deriverebbe che il privato potrebbe scegliere non solo la procedura ma anche le sanzioni applicabili in caso di abuso, determinando una situazione del tutto paradossale, anche perché le sanzioni urbanistiche ed edilizie sono in relazione alla consistenza dell’abuso e non alla procedura utilizzata.
Al pari di quanto previsto nell’articolo 19 della legge 241/90, la denuncia di inizio attività di cui alla legge 47/85 ed al 398/93, è in funzione dell’effettivo esercizio dell’attività costruttiva. Occorre pertanto che l’intervento che si intende realizzare risulti conforme a tutta la disciplina applicabile all’atto della presentazione della denuncia. Solamente l’intervento appartenente ad una delle categorie elencate all’articolo 4, comma VII, del Dl 398/93 ed all’articolo 26 della legge 47/85 e compatibile con la normativa vigente, sotto tutti i profili, possiede la particolare incidenza territoriale attribuita dalle stesse normative (e risultante dall’assoggettamento degli abusi alle specifiche sanzioni previste). La necessità della conformità comporta che l’abuso avrà natura esclusivamente formale in quanto sarà configurabile solo in caso di mancata presentazione della denuncia, esecuzione in difformità od avvio dei lavori prima della decorrenza del termine di astensione. Il contrasto con la disciplina applicabile comporterebbe infatti l’automatico assoggettamento della stessa opera ad autorizzazione, con conseguente applicazione delle differenti sanzioni disposte con riferimento a tale titolo (per la verità la differenza è solamente nel minimo, ma ciò non muta i termini della questione).
La funzionalità rispetto all’esercizio
dell’attività costruttiva determina l’impossibilità di utilizzo della denuncia
nel caso di immobili sottoposti a vincolo culturale, paesaggistico od
ambientale, espressamente disposto nella legge 47/
Nel caso delle opere previste dall’articolo 4, comma VII, del Dl 398/93, il privato non può iniziare i lavori sin dal momento successivo alla presentazione della denuncia, dovendo osservare un periodo di astensione di 20 giorni. Entro tale periodo il Comune deve verificare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti più importanti, in modo da impedire che l’avvio dell’attività possa pregiudicare irreversibilmente l’assetto del territorio. Il termine di astensione persegue una finalità di natura essenzialmente cautelare, che mal si concilia con la responsabilizzazione del privato che rende l’attestazione di conformità e, soprattutto, con la ridotta incidenza territoriale delle opere per le quali la normativa ammette l’utilizzo della denuncia.
Successivamente al decorso dei 20 giorni senza che il Comune abbia adottato alcun provvedimento, l’interessato potrà senz’altro iniziare l’attività. Gli uffici dovranno in ogni caso terminare le verifiche entro il termine di 60 giorni dall’avvenuta presentazione della denuncia. Qualora l’assenza dei presupposti e dei requisiti prescritti venga rilevata dopo il decorso di quest’ultimo termine, il Comune conserva il potere di ordinare la sospensione dei lavori e di adottare le altre misure previste ma dovrà rispondere dei danni patiti dal privato o dai controinteressati e causati dal ritardo. La necessità del completamento delle verifiche entro il termine di 60 giorni si ricava dall’articolo 19 della legge 241/90, in forza della natura di “principi generali dell’ordinamento giuridico” posseduta dai principi contenuti nella stessa legge (articolo 29, comma I, della legge 241/90).
§ 3 La denuncia di inizio attività nella legge 443/2001. La denuncia di inizio attività, nella legge 443/2001 riacquista quel ruolo strumentale di accertamento della conformità dell’attività che si intende esercitare alla normativa applicabile attribuito all’istituto dall’articolo 19 della legge 241/90. La denuncia perde così il significato di titolo edilizio che, accanto all’autorizzazione ed alla concessione, attribuisce agli interventi una specifica rilevanza e descrive nel contempo la procedura utilizzabile per la loro realizzazione. Costituisce invece esclusivamente una agevolazione procedurale che non determina alcun mutamento nella incidenza territoriale delle opere, la quale continua ad essere definita dalle differenti normative che dispongono le sanzioni applicabili in caso di loro abusiva esecuzione (diviene così comprensibile quell’aggettivo “semplice” che la legge 443/2001 riferisce alla denuncia dallo stesso disciplinata, allo scopo evidentemente di differenziarla dalla denuncia prevista dal Dl 398/93 e dalla legge 47/85).
L’articolo 1, comma VI, della legge 443/2001, più in dettaglio, prevede che “in alternativa a concessione e autorizzazioni edilizie, a scelta dell’interessato, possono essere realizzati, in base a semplice denuncia di inizio attività” le categorie di opere elencate e di seguito indicate:
- gli interventi già soggetti a denuncia in base al Dl 398/93;
- le ristrutturazioni edilizie, comprensive della demolizione e della ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma;
- gli interventi assoggettati a concessione edilizia, purché gli stessi risultino specificamente disciplinati da piani attuativi che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive;
- i sopralzi, le addizioni, gli ampliamenti e le nuove edificazioni in diretta esecuzione di idonei strumenti urbanistici diversi da quelli di cui al punto precedente ma recanti analoghe previsioni di dettaglio.
La disposizione si limita a consentire una modalità di realizzazione degli interventi alternativa rispetto alla concessione ed all’autorizzazione, senza però mutare il loro rilievo edilizio od urbanistico. Tale mutamento si sarebbe potuto realizzare esclusivamente mediante l’esplicita previsione dell’applicabilità alle stesse categorie di opere, in caso di abusiva esecuzione, delle sanzioni già disposte dal Dl 398/93 ovvero attraverso l’esclusione dell’applicabilità delle sanzioni riferite alla concessione ed all’autorizzazione edilizia. Ma ciò non è.
L’entrata in vigore della legge 443/2001 non ha comportato l’abrogazione del Dl 398/93, che risulta anzi espressamente richiamato. Tra le due normative non esiste alcuna incompatibilità in quanto riferite a profili differenti. Nel Dl 398/93 la denuncia, oltre a definire la procedura utilizzabile per la realizzazione delle opere nello stesso indicate, individua anche la loro specifica incidenza territoriale, incidenza diversa da quella propria degli interventi assoggettati ad autorizzazione o concessione edilizia.
Nella legge 443/2001, invece, la denuncia descrive solamente la procedura per la verifica della conformità delle opere, le quali conservano la rilevanza edilizia od urbanistica che gli deriva dalle normative che prevedono le sanzioni applicabili in caso di abusiva esecuzione. La realizzazione di un abuso comporterà dunque l’applicazione delle sanzioni previste dalla normativa con riferimento alla categoria di opere di cui si tratta, anche se il privato si sia avvalso della facoltà di inoltrare una denuncia (presentata evidentemente in assenza dei requisiti e dei presupposti prescritti). Saranno applicabili le sanzioni riferite alla denuncia quando si tratti di un intervento rientrante tra quelli previsti dall’articolo 4, comma VII, del Dl 398/93, quelle dell’autorizzazione quando l’opera risulti assoggettata a tale titolo, quelle della concessione in tutti gli altri casi.
La legge 443/2001 presenta ulteriori importanti aspetti innovativi. Tra questi sicuramente l’accertamento di conformità alla normativa applicabile, che non è più in relazione con l’effettivo esercizio dell’attività. La denuncia diviene così utilizzabile anche quando solamente alcuni dei presupposti e dei requisiti necessari si prestino ad essere verificati senza il compimento di apprezzamenti discrezionali. La denuncia, in tali ipotesi, sarà riferita agli aspetti accertabili dal privato mentre consentirà l’avvio dell’attività solamente quando l’amministrazione competente abbia compiuto le valutazioni discrezionali ad essa riservate.
Sulla base di tale logica fondamentale, la legge 443/2001, con i commi da VIII a XI dell’articolo 1, ha consentito espressamente l’utilizzo della denuncia anche sugli immobili soggetti a vincolo culturale, paesaggistico od ambientale, subordinandone l’operatività all’avvenuto rilascio dell’autorizzazione o parere da parte dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo. Il comma XI del medesimo articolo 1 ha quindi disposto l’abrogazione dell’articolo 7, comma VIII, del Dl 398/93, che escludeva la possibilità di utilizzo della denuncia nel caso di immobili vincolati. L’abrogazione persegue lo scopo di uniformare la disciplina procedurale contenuta nei due testi normativi.
In tal modo, tuttavia, l’abrogazione realizza anche l’ampliamento delle opere aventi l’incidenza territoriale definita dal Dl 398/93. Tale specifica incidenza sarà propria, infatti, non solamente di quelle realizzate in ambito non vincolato ma anche, necessariamente, di quelle realizzate su immobili soggetti a vincolo, ferma restando, in entrambi i casi, l’appartenenza ad una delle categorie elencate all’articolo 7, comma VII.
La legge 443/2001 non opera alcun riferimento all’articolo 26 della legge 47/85. Ne consegue che nulla è mutato quanto alla disciplina di cui allo stesso articolo ed alle condizioni di utilizzabilità della denuncia.
§ 4 L’ambito di operatività della denuncia di inizio attività in edilizia (quadro di sintesi). La lettura proposta in questa sede cerca di realizzare il coordinamento delle differenti normative disciplinanti la denuncia di inizio attività in materia edilizia. Gli esiti delle considerazioni svolte sopra possono essere sintetizzati nei termini che seguono:
- la denuncia di inizio attività in edilizia può costituire, alternativamente, in relazione alla normativa che la prevede
a) un
titolo giuridico che attribuisce una specifica rilevanza edilizia alle opere ed
individua nel contempo la procedura utilizzabile per la loro realizzazione
(articolo 26 della legge 47/
b) una procedura utilizzabile per l’accertamento della conformità dell’intervento che si intende realizzare alla normativa applicabile (articolo 1, commi VI – XIV, della legge 443/2001). In questo secondo caso l’incidenza territoriale degli interventi continua ad essere definita dalle differenti normative che stabiliscono le sanzioni applicabili per la loro abusiva realizzazione;
- la legge 443/2001 possiede una valenza esclusivamente procedurale in quanto la denuncia dalla stessa prevista costituisce esclusivamente una modalità di accertamento della conformità, senza modificare l’incidenza territoriale degli interventi;
- l’incidenza territoriale degli interventi per i quali la legge 443/2001 consente l’utilizzo della denuncia, il loro “peso” edilizio od urbanistico, continua ad essere definito dalle normative che ne dispongono l’assoggettamento a concessione, ad autorizzazione od a denuncia di inizio attività e dispongono nel contempo le sanzioni applicabili in caso di loro realizzazione abusiva;
- l’esecuzione abusiva di interventi soggetti a denuncia comporta:
a) l’applicazione delle sanzioni di natura esclusivamente pecuniaria previste dall’articolo 26 della legge 47/85 o dall’articolo 7, comma XIII, del Dl 398/93 quando la denuncia costituisce il titolo che individua la rilevanza edilizia degli interventi;
b) l’applicazione delle sanzioni prescritte con riferimento alla tipologia di opere concretamente realizzata, comprese quelle di natura penale, demolitoria e ripristinatoria, quando la denuncia costituisce semplicemente la procedura per l’accertamento di conformità, senza mutare la rilevanza sostanziale degli interventi;
- le normative regionali possono consentire un utilizzo più ampio della denuncia sotto il profilo procedurale ma non possono, al momento e prima dell’approvazione di una normativa attuativa della riforma del Titolo V della Costituzione che definisca esattamente i limiti della competenza relativa al governo del territorio, sottoporre a denuncia opere ulteriori rispetto a quelle previste dalla legge al fine di conferire loro una differente incidenza territoriale;
- la denuncia, intesa in senso procedurale, costituisce lo strumento per la verifica della conformità alla normativa applicabile, perdendo la propria correlazione con l’effettivo esercizio dell’attività (fanno eccezione le opere interne alle costruzioni di cui all’articolo 26 della legge 47/85). Il privato potrà quindi avvalersene anche quando l’immobile risulti soggetto a vincolo per attestare la sussistenza degli altri presupposti e requisiti accertabili senza il compimento di valutazioni discrezionali. In tale ipotesi la denuncia produrrà effetti solamente dopo l’avvenuta acquisizione dell’assenso da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo;
- il termine di astensione di 20 giorni dall’avvenuta presentazione della denuncia persegue una finalità di natura cautelare, intendendo consentire all’amministrazione la verifica della effettiva sussistenza dei presupposti e dei requisiti più importanti, in modo da impedire che l’avvio dei lavori possa pregiudicare irreversibilmente l’assetto del territorio;
- l’amministrazione comunale deve completare le verifiche sulla veridicità delle dichiarazioni presentate entro 60 giorni dall’avvenuta presentazione della denuncia. Potrà comunque adottare provvedimenti inibitori o sanzionatori anche oltre tale termine ma dovrà rispondere dei danni che il ritardo abbia cagionato all’interessato od a terzi.
[1] Il presente articolo intende proporre una lettura coordinata della normativa in materia di denuncia di inizio attività in edilizia. La complessità e l’ampiezza delle problematiche, tuttavia, non consentono l’esauriente trattazione della materia in questa sede. Per ogni approfondimento mi permetto quindi di rinviare al libro D. Foderini, La denuncia di inizio attività – Guida alle procedure prima e dopo l’entrata in vigore del testo unico dell’edilizia ed in vigenza della legge obiettivo (legge 443/2001), Il Sole 24 Ore, 2002. Il testo affronta la denuncia di inizio attività in generale e con specifico riferimento alla materia urbanistica, anche mediante la considerazione dei rapporti tra normativa statale e regionale. Il testo contiene inoltre un’ampia casistica nella forma di quesiti e risposte sulla concreta applicazione dell’istituto.
Documenti correlati:
N. LAIS, Il
permesso di costruire e la denuncia di inizio attività nel nuovo testo unico
dell'edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001, 380) (pubblicato altresì in in
Giustizia amministrativa, n. 2/2002, p. 421 ss.).
S. SCARLATELLI,
Autorizzazione edilizia e denuncia di inizio attività in una prospettiva
evolutiva.
M. DE PALMA, Denuncia di inizio attività e tutela del terzo (nota a T.A.R. Emilia Romagna-Bologna, Sez. II, ord. 28 maggio 1999, n. 179).