CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 11 marzo 2003 n. 1321 - Pres. Salvatore, Est. Russo - Villa Letizia S.r.l. (Avv. Francario) c. Regione Abruzzo (Avv. Stato Basilica), Casa di cura Villa Serena e Casa di cura Villa Pini d'Abruzzo S.r.l. (n.c.) - (conferma T.A.R. Abruzzo - L'Aquila, 25 ottobre 2001, n. 653).
1. Fonti - Leggi-provvedimento - Ammissibilità nel nostro ordinamento anche oltre i casi previsti espressamente dalla Costituzione.
2. Sanità pubblica - Piano sanitario regionale - Approvazione con legge-provvedimento - Ammissibilità - Fattispecie relativa alla Regione Abruzzo.
1. Conformemente a quanto affermato dalla Corte costituzionale (1), è da ritenere ammissibile il ricorso alle leggi provvedimento anche in ipotesi diverse da quelle previste espressamente dalla Costituzione (nazionalizzazione di determinate imprese o categorie di imprese ex art. 43 Cost.; autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali ex art. 80 Cost.; approvazione del bilancio dello Stato ex art. 81 Cost.). Se la legge, infatti, è l'atto col quale normalmente si producono le norme che compongono l'ordinamento giuridico dello Stato, non esistono tuttavia norme costituzionali che definiscano la funzione legislativa, nel senso che essa consista esclusivamente nella produzione di norme giuridiche generali ed astratte.
2. Sulla base degli stessi principi in base ai quali di recente la Corte costituzionale ha rigettato la questione di legittimità costituzionale sollevata ex artt. 3, 24, 42, 97, 101 co.2 e 113 Cost. nei confronti di alcune leggi della Regione Lombardia nella parte in cui prevedono l'approvazione con legge del piano territoriale di coordinamento (PTC) (2), deve ritenersi che siano ammissibili leggi regionali che approvino il piano sanitario regionale (3) (alla stregua del principio è stato ritenuto legittimo il ricorso da parte della Regione Abruzzo ad una legge-provvedimento - si trattava della L. Reg. 2 luglio 1999 n. 37 - per approvare il piano sanitario regionale).
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(1) Cfr. Corte Costituzionale, sent. n. 60/1957.
(2) Cfr. Corte Costituzionale, sent. n. 225/1999; v. anche la sentenza 11 giugno 1999 n. 226,in questa Rivista n. 6-1999.
Sull'ammissibilità di leggi-provvedimento in materia di riordino della rete ospedaliera, v. da ult. T.A.R. Puglia-Bari, sez. I, 5 marzo 2003 n. 1070, in questa Rivista n. 3-2003, con nota di L. SPAGNOLETTI.
(3) Ha aggiunto la Sez. IV in particolare che, come correttamente rilevato dal giudice di prime cure, non appare, poi, decisivo che la pianificazione nazionale sia effettuata con atto amministrativo, né che la norma statale si limiti a riservare alla Regione l'adozione del Piano sanitario, per escludere che la Regione possa legittimamente impiegare lo strumento legislativo, non rinvenendosi puntuali indicazioni della normativa quadro statale in tal senso e tenuto altresì conto della indubbia riconducibilità alla autonomia regionale del potere di scegliere gli strumenti giuridici da utilizzare nell'emanazione dei propri atti; ciò costituisce, invero, espressione di una facoltà discrezionale della Regione non limitata dalla normativa statale e non lesiva del c.d. principio della riserva di amministrazione.
FATTO
Con sentenza n.653 del 25 ottobre 2001 il Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, sede di L'Aquila, respingeva il ricorso proposto dalla casa di cura Villa Letizia S.r.l. per l'annullamento del rifiuto di accreditamento di 59 posti letto nelle specialità chirurgia generale, ortopedia, medicina interna ed oculistica, opposto alla medesima con la nota del III Dipartimento - Settore Sanità, Igiene e Sicurezza sociale della Regione Abruzzo n. 29263 del 29 novembre 1999, nonché di ogni altro atto preparatorio, presupposto, collegato, connesso o consequenziale, con peculiare riferimento alle delibere di attuazione del Piano Sanitario Regionale per il periodo 1999/2001 ed in particolar modo della delibera della Giunta Regionale 20 ottobre 1999 n. 2262, della delibera adottata in pari data dalla medesima Giunta con il n. 2263, il tutto, occorrendo, previa rimessione degli atti di causa alla Corte Costituzionale, al fine di far dichiarare costituzionalmente illegittima la L. Reg. Abruzzo 2 luglio 1999 n. 37, di approvazione del predetto Piano Sanitario Regionale.
La società ricorrente premetteva di gestire una casa di cura sita in Preturo (AQ) avente struttura e dotazioni d'avanguardia, tanto da costituire per la Regione Abruzzo, in virtù dell'afflusso su di essa di pazienti provenienti da altre regioni, fonte di entrate piuttosto che di oneri; esponeva, però, di essere sottoutilizzata, tanto da essere accreditata solo per 41 posti letto, in luogo dei 127 che le riconosceva il Piano sanitario regionale per il triennio 1994/96.
Esponeva ancora la società Villa Letizia di aver richiesto in data 15 novembre 1999 l'accreditamento per ulteriori posti letto, ma di aver ottenuto dalla regione Abruzzo la nota di diniego impugnata, motivata con la difformità tra la richiesta e la programmazione sanitaria regionale di cui al Piano sanitario per il 1999/2001 (l.r. 37/99) e alle delibere di Giunta nn. 2262 e 2263 del 20 ottobre 1999, che avevano autorizzato e accreditato per nuove discipline le case di cura Villa Pini e Villa Serena. Ciò in un contesto nel quale la Regione Abruzzo evidenziava un'eccedenza di 2000 posti letto rispetto alla proiezione degli standard ministeriali (5,5 posti per mille abitanti) che aveva già condotto all'abbattimento dei posti letto per tutte le strutture nella misura uniforme del 18%.
I motivi dedotti a sostegno dell'impugnativa erano i seguenti: 1) violazione dei principi fondamentali in materia di accreditamento di strutture sanitarie, di cui al D. lgs. 502/92 e successive modifiche, in quanto in un contesto restrittivo della possibilità di erogazione di prestazioni nell'ambito del servizio sanitario regionale, si sarebbe dovuto compiere un riassetto complessivo che garantisse uniformità di trattamento e che valorizzasse le strutture più avanzate; queste ultime, invece, tra cui in primo luogo la ricorrente, per un difetto di istruttoria e per un vizio di fondo di contraddittorietà inficiante le scelte compiute, si erano viste negate le possibilità di espansione, mentre altre case di cura, in particolare quelle controinteressate, si erano viste contestualmente autorizzate e accreditate per nuove prestazioni o conservavano l'accreditamento pur avendo perduto i requisiti minimi (così per la Sanatrix); 2) violazione degli artt. 3, 97, 117 e 113 della Costituzione, mediante violazione della normativa quadro nazionale costituita dal D. lgs. 502/92, da parte della legge regionale 37/99, in quanto la pianificazione sanitaria regionale non potrebbe essere compiuta per legge, ma dovrebbe essere contenuta in provvedimenti amministrativi, come accade per la pianificazione nazionale, pena, in caso contrario, il verificarsi di un vuoto di tutela.
Si costituivano in giudizio le case di cura controinteressate resistendo al ricorso per inammissibilità e infondatezza delle censure; non si costituiva, invece, la Regione Abruzzo.
Il TAR abruzzese, con sentenza n.653/2001, meglio indicata in epigrafe, rigettava il ricorso.
Avverso tale decisione ha interposto appello la casa di cura Villa Letizia, chiedendone l'integrale riforma, previa trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale per la risoluzione della questione di legittimità costituzionale della L.Reg. Abruzzo 2 luglio 1999 n.37 di approvazione del Piano Sanitario Regionale per il triennio 1999/2001, sulla base dei seguenti motivi:
"Error in iudicando. Sulla illegittimità costituzionale della L. Reg. Abruzzo n.37/1999: a) dal punto di vista formale-sostanziale, per contrasto - sotto vari profili - con gli artt.3, 24, 97, 113, 116 e 123 Cost. .";
"(Segue) . b) dal punto di vista materiale, per contrasto - sotto vari profili - con gli artt.3, 97 e 116 Cost.. In via consequenziale, illegittimità della sentenza di primo grado (anche per difetto di congrua motivazione), nonché dei provvedimenti ivi impugnati".
Il tutto, con vittoria delle spese, comprese quelle del primo grado di giudizio.
Si è costituita la Regione Abruzzo, a mezzo del patrocinio dell'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo il rigetto dell'appello avversario.
Le case di cura controinteressate, Villa Serena e Villa Pini, invece, sebbene ritualmente costituite in primo grado, non si sono costituite nel presente grado di giudizio.
Alla pubblica udienza del 29 ottobre 2002 l'appello è passato in decisione.
DIRITTO
E' oggetto di impugnazione la sentenza n.653 del 25 ottobre 2001 del Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, sede di L'Aquila, che ha respinto il ricorso proposto dalla casa di cura Villa Letizia S.r.l. avverso il rifiuto di accreditare la ricorrente di ulteriori posti letto nelle discipline di chirurgia generale, ortopedia, medicina interna ed oculistica, di cui alla nota regionale n.29263 del 29 novembre 1999 del 3° Dipartimento, Settore Sanità, Igiene e Sicurezza sociale, nonché delle delibere di Giunta regionale 20 ottobre 1999 nn. 2262 e 2263, ritenendo infondata la sollevata questione di legittimità costituzionale della legge regionale dell'Abruzzo 2 luglio 1999, n. 37, recante approvazione del Piano Sanitario Regionale per il triennio 1999-2001, in relazione agli artt.3, 97, 113 e 117 della Costituzione.
L'appellante ha chiesto la riforma di tale sentenza, evidenziandone l'erroneità e riproponendo la questione di legittimità costituzionale della predetta legge regionale, sia dal punto di vista formale-sostanziale, in relazione all'indiscussa natura provvedimentale della medesima, sia dal punto di vista materiale, in relazione al concreto contenuto del Piano Sanitario Regionale abruzzese, nella parte in cui perpetua il sistema dell'accreditamento provvisorio.
Con il primo ordine di censure la casa di cura appellante sostiene che <<il fenomeno delle "leggi-provvedimento" integra un'aberrazione giuridica, quando un siffatto (anomalo) esercizio di potestà legislativa non sia autorizzato da disposizioni costituzionali ad hoc>> e che <<l'analisi della normativa vigente in materia sconfessa palesemente la possibilità di adottare la forma legislativa per l'approvazione dei Piani Sanitari Regionali >>, per cui il "rivestimento" legislativo del Piano in esame sarebbe stato <<realizzato unicamente all'illegittimo scopo di sottrarre le scelte amministrative adottate in concreto alle garanzie giurisdizionali costituzionalmente sancite avverso l'operato della P.A.>>.
Tale ordine di censure è infondato.
E, infatti, già all'indomani dell'entrata in vigore della Costituzione repubblicana si impose sulla ribalta politico-istituzionale il problema della compatibilità con il nuovo sistema costituzionale delle leggi provvedimento (l'occasione venne offerta dall'emanazione delle leggi delegate di esproprio per la riforma fondiaria, cc.dd. legge Sila e legge <<stralcio>>).
E la Corte Costituzionale (cfr. sent. n. 60/1957) ritenne ammissibile il ricorso alle leggi provvedimento anche oltre le ipotesi previste dalla Costituzione (nazionalizzazione di determinate imprese o categorie di imprese ex art. 43 Cost.; autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali ex art. 80 Cost.; approvazione del bilancio dello Stato ex art. 81 Cost.), sulla base della considerazione che, se <<la legge è l'atto col quale normalmente si producono le norme che compongono l'ordinamento giuridico dello Stato>>, non esistono norme costituzionali che definiscano <<la funzione legislativa nel senso che essa consista esclusivamente nella produzione di norme giuridiche generali ed astratte>>.
A quanto ora detto occorre aggiungere che, come ricordato dalla stessa appellante, di recente la Corte Costituzionale ha rigettato la questione di legittimità costituzionale sollevata ex artt.3, 24, 42, 97, 101 co.2 e 113 Cost. nei confronti delle LL. Reg. Lombardia nn. 86/1983 e 39/1995, nella parte in cui prevedono l'approvazione con legge del piano territoriale di coordinamento (PTC) <<posto che le norme denunciate hanno previsto un dettagliato speciale procedimento per la formazione, l'adozione, la verifica e l'approvazione del piano territoriale di coordinamento del parco naturale>>, che <<la legge regionale di mera approvazione del piano del parco non attribuisce al contenuto del piano valore di legge>> e che <<gli eventuali vizi della delibera di adozione del piano del parco . nonché le eventuali violazioni dello specifico procedimento amministrativo di formazione, adozione, verifica e partecipazione non rimangono sottratti all'ordinario sindacato giurisdizionale sulle scelte amministrative che incidono su situazioni giuridiche soggettive>> (cfr. sent. n. 225/1999), chiarendo, poi, che <<l'eventuale demolizione giurisdizionale degli atti procedimentali, a seconda della portata dell'annullamento, rende la legge . priva in tutto o in parte del suo oggetto>> (sent. n. 226/1999).
Ora, quanto rilevato dalla Consulta con riferimento alle leggi regionali di approvazione del piano territoriale di coordinamento vale, a ben vedere, anche con riferimento alla legge regionale che approvi il Piano sanitario regionale, stante l'iter procedimentale prescritto dalla normativa in materia, il quale prevede che ciascuna regione è tenuta all'adozione di un Piano sanitario regionale - il cui schema è soggetto al parere del Ministro della Sanità (da rendere entro trenta giorni), sentita l'Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali, relativamente alla coerenza con gli indirizzi del Piano Sanitario Nazionale - garantendo forme di partecipazione procedimentale degli enti locali e delle categorie interessate (art. 1, comma 13, D.Lgs. n. 502/1992 come riformato dal D.Lgs. n. 229/1999). E, che ciò sia nella specie avvenuto non è in contestazione fra le parti.
Del resto, nella fattispecie in esame lo strumento prescelto per la pianificazione regionale non ha impedito alla casa di cura interessata di individuare correttamente e di impugnare gli atti attuativi del Piano sanitario regionale, che esprimevano in concreto gli effetti della legge regionale di approvazione. Ne consegue che, come correttamente statuito dai primi giudici, deve escludersi che nella specie l'opzione per lo strumento legislativo abbia comportato una radicale sottrazione delle scelte regionali ai rimedi di ordine giurisdizionale che l'art. 113 Cost. ha inteso esplicitamente garantire senza discriminazioni.
Come correttamente rilevato dal giudice di prime cure, non appare, poi, decisivo che la pianificazione nazionale sia effettuata con atto amministrativo, né che la norma statale si limiti a riservare alla Regione l'adozione del Piano sanitario, per escludere che la Regione possa legittimamente impiegare lo strumento legislativo, non rinvenendosi puntuali indicazioni della normativa quadro statale in tal senso e tenuto altresì conto della indubbia riconducibilità alla autonomia regionale del potere di scegliere gli strumenti giuridici da utilizzare nell'emanazione dei propri atti; ciò costituisce, invero, espressione di una facoltà discrezionale della Regione non limitata dalla normativa statale e non lesiva del c.d. principio della riserva di amministrazione.
Tuttavia, quand'anche volesse condividersi la tesi dell'appellante e ritenere che la Regione Abruzzo non potesse adoperare la forma legislativa per approvare il Piano sanitario regionale, valutando, quindi, positivamente la "non manifesta infondatezza" della questione di costituzionalità prospettata, deve, nondimeno rilevarsi che: 1) sul piano dell'interesse, l'eventuale annullamento del Piano Sanitario Regionale (nella parte relativa ai tagli dei posti letto), così come avviene nel caso di mancata adozione dello stesso, non comporta l'inapplicabilità delle (relative) disposizioni (riduttive) del Piano Sanitario Nazionale (cfr. art. 1, comma 17, D.Lgs. n. 502/92, come riformato dal D.Lgs. n. 229/99); 2), sul piano del "merito", ossia del contenuto concreto delle scelte regionali, esse nella specie non avrebbero potuto essere di segno diverso, il che comporta la negativa delibazione della "rilevanza" della questione.
Come, infatti, puntualmente rilevato dal giudice di prime cure, la Regione Abruzzo si trovava in una fase transitoria nella quale doveva essere gradualmente eliminata un'eccedenza dei posti letto offerti dalle strutture sanitarie regionali.
In tale contesto il TAR ha giustamente ritenuto in radice viziata l'impostazione che prospettava l'iniquità di un trattamento differenziato, dal momento che le strutture non versavano in situazioni omogenee. La ricorrente, infatti, era struttura di recente istituzione, e, pur manifestando un comprensibile interesse a sviluppare le proprie attività e a rendere prestazioni qualificate, vedeva conservata anche per il triennio in esame (1999-2001) la capacità di 41 posti letto, mentre le case di cura controinteressate, operanti da molto più tempo nel settore e già convenzionate, pur avendo ottenuto una diversificazione, attraverso le delibere impugnate subivano nel loro complesso una decurtazione dei posti letto disponibili.
Ne consegue che la mancata concessa espansione dell'attività della Villa Letizia, ricorrente in primo grado ed odierna appellante, non poteva essere confrontata puramente e semplicemente con i contenuti delle delibere relative alle controinteressate, e che la lesione derivante dal diniego impugnato non appariva di per sé discriminatoria, essendo compensata dalla conservazione dei 41 posti letto già riconosciuti, in un contesto nel quale, come si è detto, evidenziando la Regione Abruzzo un'eccedenza di (2000) posti letto rispetto alla proiezione degli standard ministeriali (5,5 posti letto per mille abitanti), vi era stato un abbattimento dei posti letto in misura uniforme per tutte le strutture (18%).
Quanto alla controinteressata casa di cura Sanatrix, che, secondo la prospettazione della ricorrente, odierna appellante, avrebbe conservato l'accreditamento (provvisorio) pur avendo perduto i requisiti minimi, deve dirsi che correttamente il TAR ha ritenuto che la censura di disparità di trattamento - nella parte in cui assumeva a parametro comparativo tale posizione - non potesse essere presa in considerazione, stante, appunto, "l'estraneità del problema della conservazione dei requisiti all'ambito effettuale dei provvedimenti impugnati" in primo grado, che riguardavano la pianificazione sanitaria regionale (ed i conseguenti provvedimenti attuativi), vale a dire la sede di individuazione delle scelte strategiche di medio termine e di sviluppo funzionale del servizio (cfr. Cons. Stato, V sez., 7 dicembre 1995, n. 1663), in linea con gli indirizzi del P.S.N.
In conclusione l'appello in esame deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporre la compensazione integrale delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello proposto dalla casa di cura Villa Letizia S.r.l., in epigrafe meglio specificato, lo respinge e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29 ottobre 2002, con l'intervento dei seguenti magistrati:
Paolo SALVATORE Presidente
Dedi RULLI Consigliere
Antonino ANASTASI Consigliere
Vito POLI Consigliere
Nicola RUSSO Consigliere, estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Depositata in segreteria in data 11 marzo 2003.