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Giurisprudenza
n. 4-2003 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 5 aprile 2003 n. 1804 - Pres. Trotta, Est. Troiano - Regione Calabria (Avv. Montera) c. Ienco (Avv. Restuccia) - (annulla T.A.R. Calabria - Reggio Calabria, 20 novembre 2001, n. 1096).

1. Giustizia amministrativa - Ricorso giurisdizionale - Opposizione a decreto ingiuntivo - Termine di 40 giorni per la proposizione - Rispetto - Riferimento alla data di notifica e non a quella di deposito - Necessità - Ragioni.

2. Pubblico impiego - Generalità - Controversie - Regime transitorio - Termine del 15 settembre 2000 - Ex art. 69, comma 7, del D.L.vo n. 165/2001 - Natura non di termine processuale, ma di termine di decadenza sostanziale della situazione giuridica soggettiva di cui si assume titolare il dipendente.

3. Pubblico impiego - Generalità - Controversie - Regime transitorio - Termine del 15 settembre 2000 - Ex art. 69, comma 7, del D.L.vo n. 165/2001 - Rispetto - Riferimento all'atto introduttivo del giudizio - Nel caso di ricorso per decreto ingiuntivo - Notifica e deposito del ricorso entro il detto termine - Necessità.

4. Pubblico impiego - Generalità - Controversie - Regime transitorio - Termine del 15 settembre 2000 - Ex art. 69, comma 7, del D.L.vo n. 165/2001 - Questione di legittimità costituzionale - Eccepita con riferimento agli artt. 3, 24 e 113 Cost. - Manifesta infondatezza - Ragioni.

1. Il principio generale vigente nel processo amministrativo, per cui l'impugnazione è tempestiva qualora la notificazione del ricorso avvenga entro il relativo termine decadenziale, mentre il deposito dell'atto notificato può avere luogo anche in un momento successivo, deve ritenersi applicabile anche al procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, in considerazione dell'identità di ratio e nonostante che detto procedimento debba considerarsi un ordinario giudizio di cognizione, anziché un mezzo d'impugnazione. Deve pertanto ritenersi ricevibile una opposizione a decreto ingiuntivo innanzi al G.A. allorchè risulti che essa sia stata proposta con ricorso notificato (e non anche depositato) nel termine perentorio di quaranta giorni di cui agli articoli 641 e 647 c.p.c., richiamati, unitamente all'intero capo I del titolo I del Libro IV del codice di procedura civile, dall'articolo 8 della legge n. 205 del 2000.

2. Il termine del 15 settembre 2000, previsto dall'art. 45, comma 17, del d.l.vo 31 marzo 1998, n. 80 (confermato, con analoga formulazione, dall'articolo 69, comma 7 del d. l.vo 30 marzo 2001, n. 165, secondo cui le controversie relative a questioni attinenti al rapporto di lavoro con una Pubblica amministrazione anteriori al 30 giugno 1998 restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sempreché siano state proposte entro il 15 settembre 2000), non ha natura di termine processuale, diretto a determinare l'ambito temporale della giurisdizione del giudice amministrativo nella materia, ma costituisce, piuttosto, un termine di decadenza sostanziale della situazione giuridica soggettiva di cui si assume titolare il dipendente. Infatti tale situazione giuridica, qualora non sia stata fatta valere con azione proposta entro il 15 settembre 2000, si estingue non potendo essere più esperito alcun mezzo processuale a sua tutela né dinanzi al giudice amministrativo né dinanzi al giudice civile.

3. Affinché possa ritenersi rispettato il termine decadenziale del 15 settembre 2000, previsto dall'art. 45, comma 17, del d.l.vo 31 marzo 1998, n. 80 (confermato, con analoga formulazione, dall'articolo 69, comma 7 del d. lgt. 30 marzo 2001, n. 165), deve aversi riguardo all'atto introduttivo del giudizio cui la legge del processo ricolleghi gli effetti sostanziali di interruzione dei termini di decadenza e di prescrizione. In particolare, deve ritenersi che, ai fini del rispetto del termine di decadenza del 15 settembre 2000, nel caso di ricorso per decreto ingiuntivo, il dipendente dovesse provvedere entro tale termine non solo al deposito del ricorso per decreto ingiuntivo, ma anche alla notificazione del ricorso e del relativo decreto (1).

4. Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 45, comma 17, del d.l.vo 31 marzo 1998, n. 80 e dell'articolo 69, comma 7 del d. l.vo 30 marzo 2001, n. 165, eccepite per preteso contrasto con gli articoli 3, 24, 28, 76, 97 e 113 della Costituzione, atteso che il termine di decadenza del 15 settembre 2000 è stato previsto dal legislatore con riferimento alle controversie che riguardino questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore al 30 giugno 1998. In relazione a tale periodo del rapporto viene, quindi, concesso al dipendente un termine più che congruo per fare valere in giudizio i suoi diritti ed interessi, venendo in considerazione un termine di decadenza comunque non inferiore a due anni e 77 giorni.

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(1) Cfr. nello stesso senso TAR Puglia-Bari, Sez. I,  27 settembre 2002 n. 4126, in questa Rivista n. 9-2002, secondo cui "la decadenza prevista dall'art. 45, punto 17, parte seconda, del D.L.vo 31 marzo 1988, n. 80 (v. ora l'art. 69, comma 7°, ultimo alinea, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165) per le controversie in materia di pubblico impiego proposte innanzi al giudice amministrativo si verifica se il deposito del ricorso sia stato effettuato oltre la data del 15 settembre 2000, a nulla rilevando che la notificazione del ricorso stesso sia avvenuta entro il suddetto termine".

Sul procedimento per decreto ingiuntivo nel giudizio amministrativo v. in questa Rivista:

A. MONACILIUNI, Il procedimento monitorio e dintorni nel processo amministrativo, pubblicata anche in Giustizia amministrativa, n. 2/2002, p. 435 ss.

D. VITALE, Nota a TAR Campania-Napoli, Sez. I, ord. 28 febbraio 2001, n. 76, pubblicata anche in Giustizia amministrativa, n. 5/2001, p. 500 ss.

Sulla cessazione, con la data del 15 settembre 2000, del regime transitorio previsto per le controversie in materia di p.i. v. sempre in questa Rivista:

TRIBUNALE DI COSENZA, SEZ. II CIVILE - Sentenza 21 novembre 2001 n. 1769 (che ritiene sussistente la giurisdizione dell G.A. per le controversie proposte dopo la suddetta data anche se relative a questioni ante luglio 1998);

CORTE DI APPELLO DI CATANZARO - Ordinanza 21 novembre 2002 n. 22 (che solleva q.l.c. della relativa disciplina).

 

 

FATTO

Con ricorso per decreto ingiuntivo proposto innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria l'odierna parte appellata, dipendente della Regione Calabria, domandava il riconoscimento del diritto alla rideterminazione del trattamento economico per il periodo in cui versava in rapporto non di ruolo a tempo indeterminato con l'Amministrazione regionale, conformemente al medesimo trattamento economico del personale di ruolo, con scatti di anzianità ed altri benefici, rivalutazione ed interessi legali dalla maturazione sino al soddisfo, e l'ingiunzione nei confronti della Regione Calabria di provvedere alla corresponsione del dovuto oltre al pagamento delle spese legali.

Emanato il decreto ingiuntivo, con la decisione appellata il T.a.r. adito rigettava l'opposizione al decreto proposta dalla Regione.

Avverso detta pronuncia interponeva appello la Regione Campania con atto notificato il 22 marzo 2002 e depositato in data 10 aprile 2002, deducendo le seguenti doglianze:

1) Inammissibilità o improcedibilità del ricorso in quanto proposto dopo il 15 settembre 2000 in relazione ad una fase del rapporto di pubblico impiego antecedente al 30 giugno 1998.

2) Prescrizione del diritto.

Il credito azionato si è estinto per decorso del termine quinquennale di prescrizione, non essendo intervenuti validi atti interruttivi della prescrizione e non essendo configurabile una rinunzia espressa o tacita dell'Amministrazione di avvalersi del fatto estintivo.

In particolare, la deliberazione del Consiglio regionale della Calabria n. 3744 del 1998, ove la stessa sia intesa come volta riconoscere un debito preesistente e, pertanto, ad estendere a tutti i dipendenti aventi diritto l'efficacia delle sentenze del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria nn. 536, 538 e 539 del 1996, sarebbe nulla:

- perché adottata in violazione dell'articolo 1, comma 45 della legge n. 549 del 1995 e dell'articolo 24 della legge n. 144 del 1999, che vietano per i trienni 1995-1998 e 1999-2001 alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2 del d.lgs n. 165 del 2001, già articolo 1, comma 2 del d.lgs n. 29 del 1993, di estendere automaticamente a dipendenti che non siano ricorrenti o resistenti in grado di appello decisioni comunque divenute esecutive in materia di pubblico impiego;

- e perché, essendo intervenuta a prescrizione già avverata, potrebbe al più valere come rinuncia all'eccezione di prescrizione, ossia quale atto che è sottratto alla disponibilità dell'Amministrazione.

3), 4) e 5) In via gradata di deduce che: non è stato ingiunto il pagamento anche della rivalutazione; il credito relativo agli accessori è prescritto; gli accessori non erano dovuti perché il credito non era liquido ed esigibile.

Resisteva all'appello la parte ricorrente in primo grado, e con memoria notificata il 21 maggio 2002 e depositata il 1° giugno 2002 rassegnava le conclusioni insistendo per il rigetto dell'appello e proponeva ricorso incidentale.

In particolare si deduceva che:

1) l'opposizione a decreto ingiuntivo proposta dalla Regione Calabria nel primo grado del giudizio era irricevibile perché il relativo ricorso era stato solo notificato, e non anche depositato, nel termine perentorio di quaranta giorni di cui agli articoli 641 e 647 c.p.c., richiamati, unitamente all'intero capo I del titolo I del Libro IV del codice di procedura civile, dall'articolo 8 della legge n. 205 del 2000; la semplice notificazione del ricorso non è, infatti, in grado di determinare, nel processo amministrativo, la costituzione del rapporto processuale;

2) il ricorso per decreto ingiuntivo, depositato prima della scadenza del termine del 15 settembre 2000, anche se notificato successivamente, era tempestivo ai sensi dell'articolo 45, comma 17 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, in quanto la pendenza di una "controversia" innanzi al Giudice amministrativo si ha già con il deposito del ricorso per decreto ingiuntivo presso la Segreteria del Tribunale amministrativo regionale, venendo in considerazione una decadenza di carattere meramente processuale;

3) nel caso in cui il Collegio accedesse ad una diversa esegesi del citato articolo 45, comma 7, è dedotta l'illegittimità costituzionale della norma per contrasto con gli articoli 3, 24, 28, 76, 97 e 113 della Costituzione in quanto: il lavoratore verrebbe privato di qualsiasi forma di tutela processuale dei suoi diritti, non potendo adire dopo termine il 15 settembre 2000 né il Giudice amministrativo né il Giudice ordinario; è irragionevole che il ricorrente debba essere penalizzato dal fatto che il Giudice adito competente per l'emissione del decreto ingiuntivo provveda in un certo tempo oppure in un altro maggiore; la previsione del termine di decadenza in esame è stata introdotta dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 (e confermata dall'articolo 69, comma 7 del d.lgs. n. 165 del 2001) in difetto di una corrispondente norma di principio contenuta nell'articolo 11 della legge-delega n. 59 del 1997, sicché sussiste un eccesso di delega;

4) nel merito il credito non si era mai prescritto essendo stato periodicamente interrotto il termine di prescrizione mediante idonei atti di diffida prodotti in atti;

- i molteplici atti di riconoscimento del debito adottati dalla Regione Calabria - puntualmente indicati nelle difese della parte appellata - rendono pacifica l'applicabilità alla fattispecie della disciplina di cui agli articoli 1988 e 2944 c.c., operando quali atti ricognitivi del debito ed interruttivi del termine di prescrizione;

- tali atti rappresentano dichiarazioni di scienza con natura di atto transattivi e novativo del credito;

- l'Amministrazione regionale non può pretendere di disattendere l'atto di riconoscimento del debito dalla stessa emanato, perché non può disattendere un atto amministrativo adottato senza procedere prima all'annullamento o alla revoca dello stesso;

- la previsione di cui all'articolo 3, del R.D.L. n. 295 del 1939, che sancisce la ripetizione dell'indebito pagato dall'Amministrazione nonostante l'intervenuta prescrizione, non preclude all'Amministrazione la possibilità di rinunziare alla prescrizione, perché il pagamento del debito prescritto e la rinunzia alla prescrizione prima del pagamento non sono atti equivalenti, differenziandosi sul piano strutturale ed effettuale; inoltre, tale norma non è più applicabile dopo l'intervenuta privatizzazione della disciplina del rapporto di pubblico impiego, dovendo piuttosto trovare applicazione le norme del codice civile che consentono la valida rinunzia alla prescrizione;

- in via subordinata si deduce l'illegittimità costituzionale del citato articolo 3, per contrasto e violazione degli articoli 3, 24, 28, 36, 97 e 113 della Costituzione.

DIRITTO

1. Il Collegio deve darsi carico in via pregiudiziale dell'eccezione di irricevibilità dell'opposizione a decreto ingiuntivo, dispiegata dall'odierna parte appellata e comunque rilevabile d'ufficio perché relativa ad una questione di rito non espressamente esaminata e decisa dal Tribunale amministrativo regionale.

In particolare, deduce l'appellato che l'opposizione a decreto ingiuntivo proposta nel primo grado del giudizio dalla Regione Calabria era irricevibile perché il relativo ricorso era stato solo notificato, e non anche depositato, nel termine perentorio di quaranta giorni di cui agli articoli 641 e 647 c.p.c., richiamati, unitamente all'intero capo I del titolo I del Libro IV del codice di procedura civile, dall'articolo 8 della legge n. 205 del 2000; si osserva, infatti, che la semplice notificazione del ricorso non è, infatti, in grado di determinare, nel processo amministrativo, la costituzione del rapporto processuale.

L'eccezione è infondata.

Giova ricordare che, a mente dell'articolo 8, comma 1 della legge 21 luglio 2000, n. 205, "nelle controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, aventi ad oggetto diritti soggettivi di natura patrimoniale, si applica il capo I del titolo I del libro IV del codice di procedura civile. Per l'ingiunzione è competente il presidente o un magistrato da lui delegato. L'opposizione si propone con ricorso".

In conseguenza del rinvio contemplato da tale disposizione alla disciplina dettata dal citato capo del codice di rito, trova applicazione anche il combinato disposto degli articoli 641 e 647 c.p.c., per cui il termine perentorio per proporre l'opposizione al decreto ingiuntivo è determinato, in difetto di diversa indicazione, in quaranta giorni dalla notifica del decreto.

Tuttavia, l'opposizione al decreto ingiuntivo dinanzi al giudice amministrativo non si propone nelle forme previste dall'articolo 645 c.p.c. - ossia "con atto di citazione notificato al ricorrente", bensì, per espressa previsione del citato articolo 8, comma 1, "con ricorso", rinviandosi, pertanto, alla disciplina del processo amministrativo e, in specie, al disposto dell'articolo 21 della legge n. 1034 del 1971, che prescrive, oltre alla notifica del ricorso all'Amministrazione resistente ed ad almeno uno dei soggetti controinteressati, anche il successivo deposito del ricorso medesimo presso la Segreteria del Giudice adito.

Deve, allora, verificarsi se, al fine in esame, sia necessaria la compiuta instaurazione del rapporto processuale amministrativo - che si ha solo con il deposito del ricorso notificato nella Segreteria del Giudice amministrativo - o sia piuttosto sufficiente la semplice notificazione del ricorso.

Ad avviso del Collegio, in relazione alla particolare natura del termine previsto per la proposizione del ricorso a decreto ingiuntivo e tenuto conto degli specifici effetti che comunque sono ricollegati alla notificazione del ricorso giurisdizionale amministrativo, è da ritenere che soltanto la notificazione del ricorso debba avere luogo nel termine di quaranta giorni, mentre il successivo deposito va effettuato nell'osservanza degli ordinari termini processuali.

Il mancato rispetto del termine per la proposizione dell'opposizione a decreto ingiuntivo determina, infatti, la definitiva esecutività del decreto, ossia una situazione processuale assimilabile alla formazione della cosa giudicata.

Possono, quindi, applicarsi in via analogica alla fattispecie in esame i principi generali del processo amministrativo che concernono i termini processuali per la contestazione delle decisioni suscettibili di passare in giudicato, ed in particolare il principio per cui l'impugnazione è tempestiva qualora la notificazione del ricorso avvenga entro il relativo termine decadenziale, mentre il deposito dell'atto notificato può avere luogo anche in un momento successivo (purché nel rispetto dello specifico termine previsto per l'adempimento di tale incombente). Tale principio deve ritenersi applicabile anche al procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, attesane l'identità di ratio rispetto alle sopraindicate previsioni e nonostante detto procedimento debba considerarsi un ordinario giudizio di cognizione, anziché un mezzo d'impugnazione.

Questa conclusione non contrasta, trovandovi anzi conforto, col consolidato orientamento della giurisprudenza civile per cui, nel processo del lavoro, la tempestiva opposizione a decreto ingiuntivo postula che entro il termine di quaranta giorni abbia luogo il solo deposito del ricorso dinanzi al Giudice del lavoro, potendo essere effettuata oltre tale termine la notificazione dell'atto alla controparte. Nel processo del lavoro, infatti, tale soluzione è giustificata proprio richiamando, rispetto alle controversie soggette a tale rito, il principio secondo il quale la proposizione dell'appello si perfeziona, ai sensi dell'art. 435 c.p.c., con il deposito del ricorso, nei termini previsti dalla legge, nella cancelleria del giudice ad quem, tale deposito impedendo ogni decadenza dall'impugnazione (così da ultimo, Cass., sez. lav., 24 marzo 2001, n. 4291), ossia adattando a tale fattispecie i particolari principi in materia di termini per l'impugnazione delle sentenze.

2.1 Si appalesa fondato ed assorbente il primo motivo di appello, con cui la Regione Calabria deduce l'inammissibilità (rectius, irricevibilità) dell'originario ricorso per decreto ingiuntivo in quanto proposto dopo il 15 settembre 2000 in relazione ad una fase del rapporto di pubblico impiego antecedente al 30 giugno 1998.

Si premette che, ai sensi dell'articolo 45, comma 17 del d.lgt. 31 marzo 1998, n. 80 "sono attribuite al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie di cui all'articolo 68 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come modificato dal presente decreto, relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998. Le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e debbono essere proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000".

La regola è stata confermata, con analoga formulazione, dall'articolo 69, comma 7 del d. lgt. 30 marzo 2001, n. 165 (per cui "sono attribuite al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie di cui all'articolo 63 del presente decreto, relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998. Le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000").

Il termine previsto da tali disposizioni non ha natura di termine processuale, diretto a determinare l'ambito temporale della giurisdizione del giudice amministrativo nella materia in esame, ma costituisce, piuttosto, un termine di decadenza sostanziale della situazione giuridica soggettiva di cui si assume titolare il dipendente. Infatti tale situazione giuridica, qualora non sia stata fatta valere con azione proposta entro il entro il 15 settembre 2000, si estingue non potendo essere più esperito alcun mezzo processuale a sua tutela né dinanzi al giudice amministrativo né dinanzi al giudice civile.

Affinché possa ritenersi rispettato il suddetto termine decadenziale deve, quindi, aversi riguardo all'atto introduttivo del giudizio cui la legge del processo ricolleghi gli effetti sostanziali di interruzione dei termini di decadenza e di prescrizione.

In particolare, nel caso di giudizio introdotto mediante il deposito di ricorso per decreto ingiuntivo, con instaurazione del contraddittorio eventuale e differita, gli effetti sostanziali della domanda, fra cui l'interruzione dei termini di prescrizione e di decadenza del diritto, sono ricollegati solo alla successiva notificazione del ricorso e del relativo decreto: solo tale notificazione, ai sensi dell'articolo 643, comma 3 c.p.c. "determina la pendenza della lite", mentre la data di deposito del ricorso rileva esclusivamente gli effetti processuali della determinazione della competenza e della giurisdizione (ex multis, Cass., 27 luglio 1999, n. 8118; id., 7 aprile 1987, n. 3341).

Il disposto dell'articolo 643, comma 3 c.p.c. è applicabile anche al processo amministrativo in ragione del richiamo operato dal citato articolo 8, comma 1 della legge n. 205 del 2000.

In relazione a tali premesse deve ritenersi che, ai fini del rispetto del termine di decadenza del 15 settembre 2000 il dipendente dovesse provvedere entro tale termine non solo al deposito del ricorso per decreto ingiuntivo, ma anche alla notificazione del ricorso e del relativo decreto.

2.2 Manifestamente infondate risultano le censure di illegittimità costituzionale dell'articolo 45, comma 17 del d.lgt. 31 marzo 1998, n. 80 e dell'articolo 69, comma 7 del d. lgt. 30 marzo 2001, n. 165 proposte dall'odierno appellato lamentandosi il contrasto con gli articoli 3, 24, 28, 76, 97 e 113 della Costituzione.

Deduce in primo luogo la parte appellata che tali norme sarebbero incostituzionali in quanto il lavoratore verrebbe privato di qualsiasi forma di tutela processuale dei suoi diritti, non potendo adire dopo termine il 15 settembre 2000 né il Giudice amministrativo né il Giudice ordinario.

Tale censura è manifestamente infondata perché il termine di decadenza del 15 settembre 2000 è stato previsto dal legislatore con riferimento alle controversie che riguardino questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore al 30 giugno 1998. In relazione a tale periodo del rapporto viene, quindi, concesso al dipendente un termine più che congruo per fare valere in giudizio i suoi diritti ed interessi, venendo in considerazione un termine di decadenza comunque non inferiore a due anni e 77 giorni.

Manifestamente priva di pregio è anche la censura con cui si deduce l'illegittimità delle norme in esame essendo irragionevole che il ricorrente debba essere penalizzato dal fatto che il Giudice adito competente per l'emissione del decreto ingiuntivo provveda in un certo tempo oppure in un altro maggiore.

Non era, infatti, preclusa al dipendente la possibilità di introdurre il giudizio dinanzi al Giudice amministrativo secondo il rito ordinario, secondo una scansione temporale (per la notificazione ed il successivo deposito del ricorso) direttamente controllabile dal ricorrente. La scelta di avvalersi del procedimento monitorio, ossia di un rito con instaurazione eventuale e differita del contraddittorio, implica in via generale da parte dell'istante l'accettazione del rischio che la pendenza della lite avvenga in un momento incerto, dipendendo anche da un evento che si sottrae al controllo della parte (il tempo necessario per l'emanazione del decreto ingiuntivo da parte del Giudice adito).

Si lamenta, infine, che la previsione del termine di decadenza in esame è stata introdotta dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 (e confermata dall'articolo 69, comma 7 del d.lgs. n. 165 del 2001) in difetto di una corrispondente norma di principio contenuta nell'articolo 11 della legge-delega n. 59 del 1997, sicché sussiste un eccesso di delega.

A tale riguardo deve rilevarsi che, a mente dell'articolo 11, comma 4, lettera g) della legge 15 marzo 1997, n. 59, il Governo era delegato ad emanare un decreto legislativo diretto, tra l'altro, a "devolvere, entro il 30 giugno 1998, al giudice ordinario, tenuto conto di quanto previsto dalla lettera a), tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ancorché concernenti in via incidentale atti amministrativi presupposti, ai fini della disapplicazione, prevedendo: misure organizzative e processuali anche di carattere generale atte a prevenire disfunzioni dovute al sovraccarico del contenzioso; procedure stragiudiziali di conciliazione e arbitrato; infine, la contestuale estensione della giurisdizione del giudice amministrativo alle controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali conseguenziali, ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno, in materia edilizia, urbanistica e di servizi pubblici, prevedendo altresì un regime processuale transitorio per i procedimenti pendenti".

In tale contesto il riferimento all'introduzione di "misure organizzative e processuali anche di carattere generale atte a prevenire disfunzioni dovute al sovraccarico del contenzioso" è formulato in termini generali, non avendosi riguardo alle sole controversie devolute alla giurisdizione del Giudice ordinario, bensì a tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni. Un problema di sovraccarico di contenzioso e di disfunzioni può, infatti, essere determinato sia dalla previsione per tali controversie della diversa disciplina processuale caratteristica del rito civile, sia dal mantenimento al Giudice amministrativo delle controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore al 30 giugno 1998, ove l'introduzione di tali ultime controversie avvenga in modo disordinato, sovrapponendosi senza limiti di tempo all'incremento del contenzioso amministrativo determinato dalla "contestuale estensione della giurisdizione del giudice amministrativo" alle controversie in materia edilizia, urbanistica e di servizi pubblici.

La ratio della norma in esame è, in altri termini, quella di risolvere, attraverso la previsione di appropriate misure organizzative e processuali, i problemi connessi al passaggio della giurisdizione in materia di pubblico impiego al Giudice ordinario anche in relazione alla contestuale devoluzione al Giudice amministrativo di significativi ambiti di giurisdizione in altre materie.

In relazione a tali premesse la previsione di un congruo termine decadenziale per la proposizione dinanzi al Giudice amministrativo delle controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore al 30 giugno 1998 trova adeguata copertura nella norma in esame della legge di delegazione, risultando manifestamente infondata la censura di illegittimità per eccesso di delega.

3. Per le suesposte considerazioni, l'appello va accolto e, per l'effetto, in riforma dell'impugnata decisione, va dichiarato irricevibile il ricorso per decreto ingiuntivo proposto dall'odierna parte appellata contro la Regione Calabria.

Sussistono fondate ragioni per compensare tra le parti le spese di ambo i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in Sede giurisdizionale, Sezione quarta, definitivamente pronunciando, accoglie l'appello e per l'effetto, in riforma della decisione impugnata, dichiara irricevibile il ricorso per decreto ingiuntivo proposto dall'odierna parte appellata contro la Regione Calabria.

Compensa tra le parti le spese di ambo i gradi di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 22 novembre 2002, dalla IV Sezione del Consiglio di Stato, riunita in camera di consiglio con l'intervento dei signori magistrati:

Gaetano Trotta Presidente

Aldo Scola Consigliere

Vito Poli Consigliere

Anna Leoni Consigliere

Paolo Troiano

Consigliere estensore

Il Presidente

L'Estensore

Depositata in segreteria il 5 aprile 2003.

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