CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 31 maggio 2003 n. 3020 - Pres. ff. Barberio Corsetti, Est. Saltelli - Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici (Avv. Stato Elefante) c. Tecnoso s.p.a. (Avv.ti Torchia e Di Nitto) e Di Persio Costruzioni s.a.s. ed altro (n.c.) - (conferma T.A.R. Lazio, sez. III, 16 ottobre 2002, n. 8720).
1. Giustizia amministrativa - Sentenza - Sentenza in forma abbreviata - Emessa ai sensi dell'art. 9 della L. n. 205/2000 - In occasione della c.c. fissata per la domanda di sospensione - Presupposto dell'integrità del contraddittorio - Circostanza che alcune delle parti non siano costituite in giudizio - Irrilevanza nel caso in cui siano ormai scaduti i termini per la costituzione.
2. Lavori pubblici - Società Organismi di Attestazione (S.O.A.) - Rilascio attestati - Riconoscimento dell'incremento convenzionale premiante - Ex art. 19 del d.p.r. 25 gennaio 2000 n. 34 - Va effettuato nei confronti di tutte le imprese, anche di tipo individuale, purché in possesso dei requisiti organizzativi e patrimoniali previsti dalla predetta norma - Ragioni.
3. Giustizia amministrativa - Risarcimento dei danni - Per lesione di interessi legittimi - Prova del danno e del nesso di causalità - Necessità - Sussiste - Fattispecie.
1. E' possibile decidere immediatamente nel merito un ricorso con sentenza in forma abbreviata, ai sensi dell'art. 9 della L. 21 luglio 2000 n. 205, allorché il contraddittorio sia completo, essendo irrilevante a tal fine la mancata costituzione di alcune parti, nel caso in cui nei confronti di queste ultime risultino comunque scaduti i termini minimi liberi per la costituzione in giudizio, secondo la previsione contenuta negli articoli 29 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 e 37 del R.D. 26 giugno 1924, n. 1054 (1).
2. L'articolo 19 del d.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34 (il quale prevede il riconoscimento di un incremento premiale, per l'impresa che, oltre al possesso di uno dei requisiti del sistema di qualità di cui all'articolo 4, presenti i tre dei requisiti ed indici economico-finanziari ivi stabiliti) va applicato nei confronti non solo delle società di capitale, ma anche nei riguardi delle imprese costituite in forma individuale (2).
3. L'annullamento di un atto amministrativo non è di per sé sufficiente a fondare una domanda risarcitoria, essendo invece necessario che tra l'annullamento ed il fatto dannoso che ne è la conseguenza sussista un nesso di causalità (alla stregua del principio è stata respinta la domanda di risarcimento danni avanzata da una S.O.A. nei confronti dell'Autorità di vigilanza sui LL.PP., atteso la S.O.A. aveva soltanto asserito che in virtù degli atti amministrativi impugnati aveva subito un danno, senza darsi carico di dimostrare né quest'ultimo, né l'esistenza del nesso di causalità tra l'asserito danno e l'attività illegittima posta in essere dall'Amministrazione).
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(1) Nel senso di ritenere invece che "la decisione del ricorso con sentenza in forma abbreviata, ai sensi dell'art. 9 della L. 21 luglio 2000 n. 205, deve essere assunta, secondo quanto previsto dalla medesima norma, "nel rispetto del contraddittorio"; per il rispetto del contraddittorio è sufficiente che il ricorso introduttivo sia stato notificato a tutte le parti contro le quali lo stesso è diretto, non essendo altresì necessario attendere la scadenza del termine previsto dall'art. 22 della L. n. 1034/1971 per la costituzione in giudizio delle medesime parti" v. da ult. Sez. VI, sentenza 7 febbraio 2003 n. 650, in questa Rivista n. 2-2003.
(2) Ha rilevato la Sez. IV che l'assunto dell'Autorità di vigilanza (secondo cui il termine "imprese" impiegato dall'art. 19 del D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34, dovrebbe essere riferito alle sole società di capitale, in virtù dell'espresso richiamo degli articoli 2424 e 2425 del codice civile) non trova alcun fondamento positivo con riguardo alla normativa di settore dei lavori pubblici.
Tale assunto, anzi, appare espressamente smentito dall'articolo 1 dello stesso D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34, il quale, nel definire le "imprese", fa riferimento ai "soggetti di cui all'articolo 10, comma 1, lettere a), b) e c), della legge" 11 febbraio 1994, n. 109, tra i quali sono ricomprese non soltanto le società commerciali, ma anche le imprese individuali.
E' stato quindi escluso che il termine "imprese" impiegato dalla disposizione de quo possa riferirsi alle sole società di capitali, in quanto con esso è stata in realtà qualificata l'attività dell'imprenditore, di colui cioè esercita professionalmente un'attività economica organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni o servizi, secondo la definizione contenuta nell'articolo 2082 del codice civile: ma tale definizione non è logicamente e giuridicamente esclusiva dell'imprenditore commerciale - società di capitali.
Ciò implica, ad avviso della Sez. IV, che il richiamo operato dall'articolo 19 del D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34, agli articoli 2424 e 2425 del codice civile non è un richiamo "soggettivo", inteso cioè alle società di capitali, come unico soggetto che può essere beneficiario dellincremento, ma "oggettivo", riferito cioè alle specifiche caratteristiche ed ai puntuali contenuti dei documenti contabili delle società per azioni, che costituiscono il necessario parametro obiettivo, cui devono essere improntati anche i bilanci delle altre imprese, che non sono società di capitali, se intendono conseguire l'incremento premiale ivi previsto.
In altri termini il predetto richiamo, lungi dal voler attribuire un'inammissibile preferenza per le società di capitale, quale soggetto realizzatore di opere pubbliche (preferenza della cui legittimità costituzionale non potrebbe non dubitarsi), ha semplicemente individuato nei documenti contabili di cui si compone il bilancio della società per azioni gli elementi idonei a consentire l'apprezzamento dei requisiti e degli indici economici finanziari necessari per ottenere l'incremento premiale: pertanto tutti gli imprenditori (che non siano società per azioni) che intendono conseguire il predetto incremento premiale sono onerati di adeguare i propri documenti contabili a quelli previsti per le società per azioni.
F A T T O
A seguito di visite ispettive eseguite presso la sede di San Benedetto del Tronto della S.p.A. Tecnosoa - Società Organismo di Attestazione, funzionari dell'autorità della vigilanza sui lavori pubblici rilevavano delle irregolarità nel rilascio di alcuni attestati, con particolare riguardo al riconoscimento dell'incremento convenzionale premiante, previsto un dall'articolo 19 del d.p.r. 25 gennaio 2000 n. 34, a tutte le imprese, purché in possesso dei requisiti organizzativi e patrimoniali previsti dalla predetta norma, e non solo alle società di capitale.
L'Autorità di vigilanza sui lavori pubblici, con atto rep. D - 15/6/02 del 9 gennaio 2002, sul presupposto dell'inammissibilità dell'interpretazione dell'articolo 19 del predetto D.P.R. 25 gennaio 2000 n. 34 operata dalla S.p.A. Tecnosoa, la diffidava a provvedere immediatamente al ritiro dell'attestato n. 35- 6/00 rilasciato all'impresa Guzzi Ermanno in data 9 marzo 2001.
La predetta S.p.A. Tecnosoa in data 30 gennaio 2002 non solo informava l'Autorità di vigilanza di aver effettivamente ritirato l'attestato rilasciato all'impresa Guzzi, ma forniva anche l'elenco delle altre imprese, che non erano società di capitali, in possesso di certificato di qualità ISO 9000 rilasciato da enti accreditati o riconosciuti dal SINCERT, cui era stato applicato il contestato incremento convenzionale premiante: con nota protocollo 7824/20/segr. del 31 gennaio 2002 le veniva però comunicato l'avvio del procedimento di revoca ai sensi dell'articolo 10 del D.P.R. n. 34 del 2000, atteso che i fatti emersi nel corso della visita ispettiva del 18 ottobre 2001 potevano integrare gli estremi della fattispecie prevista dall'articolo 10, comma 5, del D.P.R. n. 34 del 2000.
In data 13 febbraio 2002 veniva emessa nei confronti della predetta S.p.A. Tecnosoa una ulteriore diffida a provvedere alla sostituzione delle attestazioni rilasciate ad altre imprese, sempre in asserita violazione dell'articolo 19 del d.p.r. n. 34 del 2000.
Con ricorso notificato l'8 marzo 2002 la S.p.A. Tecnosoa - Società Organismo di Attestazione - chiedeva al Tribunale amministrativo regionale del Lazio l'annullamento di tutti i predetti atti dell'Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici (atto di diffida n. 15/6/02 del 9 gennaio 2002; nota prot. n. 7824/02/Segr. del 31 gennaio 2002, relativa all'invio del procedimento di revoca, ai sensi dell'articolo 10 del D.P.R. n. 34 del 2000; dell'atto di diffida n. 19/6/02 del 13 febbraio 2002, oltre ad ogni atto connesso), deducendone l'illegittimità alla stregua di sei motivi di censura, attraverso i quali, per un verso, contestava non solo l'interpretazione dell'articolo 19 del D.P.R. n. 34 del 2000 propugnata dall'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, ma anche lo stesso potere di quest'ultima di fornire interpretazioni vincolanti della specifica normativa di settore, e, per altro verso, lamentava la tardività degli atti di diffida, rispetto al termine di trenta giorni dalla conoscenza della violazione fissato dallo stesso regolamento interno dell'Autorità, nonché il loro difetto di motivazione e di istruttoria, con riguardo all'immotivato rifiuto di concedere un termine congruo per meglio illustrare la correttezza del proprio operato.
Nel giudizio, in cui si costituiva l'intimata Autorità, deducendo l'inammissibilità e l'infondatezza del ricorso, intervenivano ad adiuvandum della ricorrente la Di Persio Costruzioni S.a.s., la ditta Cericola Carlo e la Cecim S.a.s., beneficiarie delle contestate attestazioni.
L'adito Tribunale, con la sentenza segnata in epigrafe, disattese le preliminari eccezioni di inammissibilità del ricorso, lo riteneva fondato con riguardo al primo motivo, relativo all'erroneità dell'interpretazione dell'articolo 19 del D.P.R. n. 34 del 2000 sostenuta dall'amministrazione, ed annullava quindi gli atti impugnati, respingendo peraltro la pretesa risarcitoria della S.p.A. Tecnosoa.
Avverso tale statuizione ha proposto appello la predetta Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici con atto notificato il 22 novembre 2002, lamentando, innanzitutto, l'inammissibilità del ricorso originario, sia con riguardo alla legittimazione ad agire ed al difetto di interesse della Tecnosoa, sia con riguardo alla natura degli atti impugnati, privi di efficacia lesiva (profili - a suo avviso - erroneamente esaminati dai primi giudici), e rilevando, in ogni caso, l'infondatezza nel merito, atteso che il riconoscimento del meccanismo premiante, secondo la stessa formulazione letterale dell'articolo 19 del D.P.R. n. 34 del 2000, riguardava esclusivamente le società di capitali, nei cui soli confronti appariva logico e coerente il richiamo agli articoli 2424 e 2425 del codice civile.
Si è costituita nel giudizio di appello la S.p.A. Tecnosoa, la quale, oltre a dedurre l'inammissibilità e l'infondatezza dell'avverso appello, di cui ha chiesto il rigetto, ha altresì spiegato appello incidentale chiedendo l'accoglimento della domanda risarcitoria spiegata in primo grado, a suo avviso, ingiustamente respinta.
All'udienza in camera di consiglio del 21 febbraio 2003, fissata per l'esame della istanza cautelare di sospensione dell'esecutività della sentenza impugnata, la Sezione ha informato le parti costituite dell'intenzione di decidere la causa direttamente nel merito, ricorrendone i presupposti.
D I R I T T O
I. E' controversa la legittimità degli atti con i quali l'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, dopo aver accertato - a seguito di apposita ispezione - la non corretta, a suo avviso, applicazione da parte della S.p.A. Tecnosoa delle disposizioni contenute nell'articolo 19 del D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34. ha diffidato (con le note n. 15/6/02 del 9 gennaio 2002 e n. 19/8/02 del 13 febbraio 2002) la predetta S.p.A. Tecnosoa a provvedere all'immediato ritiro delle certificazioni rilasciate in violazione della predetta normativa, comunicandole altresì, con nota prot. n. 7824/02/Segr. del 31 gennaio 2002, l'avvio del procedimento di revoca dell'autorizzazione.
L'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici chiede la riforma della sentenza n. 8720 del 16 ottobre 2002 del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sez. III bis, n. 3375 del 20 aprile 2002, con cui i predetti atti sono stati annullati, sostenendone l'erroneità, stante l'evidente inammissibilità del ricorso di primo grado, sia per difetto di interesse della ricorrente, sia per la mancanza di lesività degli atti impugnati, oltre che la sua infondatezza nel merito.
La S.p.A. Tecnosoa resiste all'appello ed ha inoltre spiegato appello incidentale, riproponendo la domanda di risarcimento del danno subito per effetto degli atti impugnati, respinta in primo grado.
II. Al riguardo la Sezione osserva innanzitutto che sussiste la completezza del contraddittorio, necessaria per poter decidere immediatamente nel merito l'affare, non ostandovi la mancata costituzione delle altre parti appellanti, nei cui confronti risultano ormai scaduti i termini minimi liberi per la costituzioni, secondo la previsione contenuta negli articoli 29 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e 37 del R.D. 26 giugno 1924, n. 1054.
Può poi prescindersi dall'esame della eccezione preliminare di inammissibilità dell'appello, prospettata dalla S.p.A. Teconosoa sul rilievo del suo mancato tempestivo deposito nei termini abbreviati ex articolo 23 bis della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, introdotto dall'articolo 4 della legge 21 luglio 2000, n. 205, stante l'infondatezza del gravame stesso.
II.1. E' infatti privo di fondamento il primo motivo di censura sollevato dall'amministrazione appellante, secondo cui gli atti impugnati in primo grado, oltre a non avere natura provvedimentale, sarebbero privi di efficacia lesiva per la S.p.A. Tecnosoa, la quale sarebbe stata legittimata ad impugnare soltanto l'eventuale revoca dell'autorizzazione, ai sensi dell'articolo 10 del D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34.
Invero tale tesi, astrattamente condivisibile, non si attaglia al caso concreto, nel quale, come correttamente rilevato dai primi giudici, l'Amministrazione non si è limitata ad emettere nei confronti della S.p.A. Tecnosoa una mera diffida, ma le ha imposto un determinato comportamento, obbligandola cioè a provvedere all'immediato ritiro dei certificati da essa rilasciati in asserita violazione dell'articolo 19 del predetto D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34, e cioè in particolare sul presupposto di una interpretazione di tale disposizione non condivisa dalla predetta Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici.
Ad avviso della Sezione, non può dubitarsi della concreta, diretta ed immediata lesività del predetto comportamento imposto alla S.p.A. Tecnosoa con gli atti impugnati, comportamento che, per un verso, le imponeva autoritativamente una determinata interpretazione vincolante della normativa in contestazione ed al quale, per altro verso, non poteva in alcun modo sottrarsi, pena la revoca dell'autorizzazione al rilascio delle attestazioni (il cui procedimento risulta poi effettivamente avviato, come risulta dalla nota prot. 7824/20/Segr. del 31 gennaio 2002, pur essa oggetto di impugnazione): l'effetto necessitato del comportamento imposto esclude la rilevanza di qualsiasi acquiescenza alle diffide, ammesso pure che vi sia stato in concreto.
II.2. Passando all'esame del secondo motivo di appello, la Sezione rileva che esso si incentra sulla esatta interpretazione dell'articolo 19 del D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34, il quale prevede il riconoscimento di un incremento premiale, per l'impresa che, oltre al possesso di uno dei requisiti del sistema di qualità di cui all'articolo 4, presenti almeno tre dei seguenti requisiti ed indici economico - finanziari: a) capitale netto, costituito dal totale della lettera A del passivo dello stato patrimoniale di cui all'art. 2424 del codice civile dell'ultimo bilancio approvato, pari o superiore al 5% della cifra di affari media annuale richiesta ai fini di cui all'articolo 18, comma 2, lett. b); b) indice di liquidità, costituito dal rapporto tra liquidità ed esigibilità correnti dell'ultimo bilancio approvato, pari o superiore a 0,5; le liquidità comprendono le rimanenze per lavori in corso alla fine dell'esercizio; c) reddito netto di esercizio, costituito dalla differenza tra il valore ed i costi della produzione di cui all'articolo 2425 del codice civile, di valore positivo in almeno due esercizi tra gli ultimi tre; d) requisiti di cui all'articolo 18, comma 1, lettere c) e d) , di valore non inferiori ai minimi stabiliti al medesimo articolo, commi 8 e 10.
Secondo l'Amministrazione il termine imprese dovrebbe essere riferito alle sole società di capitale, in virtù dell'espresso richiamo degli articoli 2424 e 2425 del codice civile.
Tale tesi, come correttamente ritenuto dai primi giudici, non persuade, essendo frutto di un ingiustificato e indimostrato favor del legislatore nei confronti delle società di capitale.
II.1. Sotto un profilo soggettivo, la Sezione rileva infatti che non solo l'assunto dell'amministrazione non trova alcun fondamento positivo con riguardo alla normativa di settore dei lavori pubblici, per quanto esso appare espressamente smentito dall'articolo 1 dello stesso D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34, che nel definire le "imprese", fa riferimento ai "soggetti di cui all'articolo 10, comma 1, lettere a), b) e c), della legge" 11 febbraio 1994, n. 109, tra i quali sono ricomprese non soltanto le società commerciali, ma anche le imprese individuali.
Deve quindi escludersi che il termine "imprese" possa riferirsi alle sole società di capitali, in quanto con esso è stata in realtà qualificata l'attività dell'imprenditore, di colui cioè esercita professionalmente un'attività economica organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni o servizi, secondo la definizione contenuta nell'articolo 2082 del codice civile: ma tale definizione non è logicamente e giuridicamente esclusiva dell'imprenditore commerciale - società di capitali.
II.2. Non appare decisivo, d'altra parte, per sostenere la inerenza alle sole società di capitali della previsione dell'incremento premiale previsto dall'articolo 19 del D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34, il fatto che quest'ultimo richiami espressamente gli articoli 2424 e 2425 del codice civile, relativi alle società di capitale.
Se è infatti vero che i requisiti e gli indici economici finanziari da tenere presente per attribuire il predetto incremento premiale sono riferiti allo stato patrimoniale (art. 2424) ed al conto economico (art. 2425), che costituiscono insieme con la nota integrativa, il bilancio delle società per azioni, quest'ultimo documento - cioè il bilancio - deve essere redatto da ogni impresa commerciale.
Infatti, secondo le previsioni contenute nell'art. 2214 del codice civile, ogni imprenditore che esercita attività commerciale deve tenere il libro giornale ed il libro degli inventari, oltre alle altre scritture contabili richieste dalla natura e dalle dimensioni dell'impresa; l'articolo 2217, poi, nel prevedere al primo comma che l'inventario deve redigersi all'inizio dell'esercizio dell'impresa e successivamente ogni anno e che esso deve contenere l'indicazione e la valutazione delle attività e delle passività relative all'impresa (nonché delle attività e delle passività dell'imprenditore estranee alla medesima), stabilisce al secondo comma che l'inventario stesso si chiude con il bilancio e con il conto delle profitti e delle perdite, il quale deve dimostrare con evidenza e verità gli utili conseguiti o le perdite subite.
Significativamente, inoltre, ad avviso del Collegio, proprio il secondo comma del citato articolo 2217 stabilisce che "nelle valutazioni del bilancio l'imprenditore deve attenersi ai criteri stabiliti per i bilanci delle società per azioni, in quanto applicabile.
Non deve ingannare al riguardo la maggiore complessità della normativa riguardante le società per azioni, che ben si giustifica in relazione alla necessità di garantire non solo i soci, ma anche i suoi creditori in ragione della limitazione della responsabilità al solo fondo sociale.
Ciò implica, ad avviso della Sezione, che il richiamo operato dall'articolo 19 del D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34, agli articoli 2424 e 2425 del codice civile non è un richiamo "soggettivo", inteso cioè alle società di capitali, come unico soggetto che può essere beneficiario dellincremento, ma "oggettivo", riferito cioè alle specifiche caratteristiche ed ai puntuali contenuti dei documenti contabili delle società per azioni, che costituiscono il necessario parametro obiettivo, cui devono essere improntati anche i bilanci delle altre imprese, che non sono società di capitali, se intendono conseguire l'incremento premiale ivi previsto.
In altri termini il predetto richiamo, lungi dal voler attribuire un'inammissibile preferenza per le società di capitale, quale soggetto realizzatore di opere pubbliche (preferenza della cui legittimità costituzionale non potrebbe non dubitarsi), ha semplicemente individuato nei documenti contabili di cui si compone il bilancio della società per azioni gli elementi idonei a consentire l'apprezzamento dei requisiti e degli indici economici finanziari necessari per ottenere l'incremento premiale: pertanto tutti gli imprenditori (che non siano società per azioni) che intendono conseguire il predetto incremento premiale sono onerati di adeguare i propri documenti contabili a quelli previsti per le società per azioni.
In tal senso, la sentenza impugnata appare del tutto corretta e coerente, così che l'appello dell'amministrazione deve essere respinto.
II.3. Passando all'esame dell'appello incidentale proposto dalla S.p.A. Tecnosoa, rileva la Sezione che, essendo stato respinto l'appello principale, non può trovare ingresso l'esame di quei motivi con i quali sono state riproposte le dedotte in primo grado, in quanto dichiarate assorbite.
Deve essere invece esaminato il motivo con cui si lamenta l'erroneità della sentenza impugnata, nella parte in cui è stata respinta l'istanza risarcitoria avanzata in primo grado.
Osserva al riguardo la Sezione che l'annullamento di un atto amministrativo non è di per sé sufficiente a fondare una domanda risarcitoria, essendo per contro necessario che tra l'annullamento ed il fatto dannoso che ne è la conseguenza sussista un nesso di causalità.
Nel caso di specie, come correttamente rilevato dai primi giudici, la S.p.A. Tecnosoa ha soltanto asserito che in virtù degli atti amministrativi impugnati ha subito un danno, senza peraltro darsi carico di dimostrare né quest'ultimo, né l'esistenza del nesso di causalità tra l'asserito danno e l'attività illegittima posta in essere dall'Amministrazione.
Ciò comporta l'infondatezza della pretesa risarcitoria e di conseguenza il rigetto dell'appello incidentale ex adverso proposto.
III. In conclusione, alla stregua delle osservazioni svolte, deve essere respinto sia l'appello principale, sia quello incidentale; può disporsi la integrale compensazione delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. IV) definitivamente pronunciando sull'appello proposto dall'Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici e sull'appello incidentale proposto dalla S.p.A. Tecnosoa - Società Organismo di Attestazione avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sez. III, n. 8720 del 16 ottobre 2002, così provvede:
respinge l'appello principale e respinge, altresì, l'appello incidentale.
spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21 febbraio 2003, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori:
LIVIA BARBERIO CORSETTI - Presidente f.f.
DEDI MARINELLA RULLI - Consigliere
GIUSEPPE CARINCI - Consigliere
VITO POLI - Consigliere
CARLO SALTELLI - Consigliere est.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Depositata in cancelleria il 31 maggio 2003.