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n. 7/8-2001 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 8 settembre 2001 n. 4683 - Pres. de Lise, Est. Mastrandrea - Degremont s.a. (Avv.ti B. G. Carbone e S. Colombo) c. Comune di Milano (Avv.ti A. Travi, M. T. Maffey, D. Parvopasso e R. Izzo), Pridesa s.a. (Avv.ti G. Salvadori del Prato, S. Generoso e R. Villata) - (annulla T.A.R. Lombardia-Milano, Sez. III, sent. 18 maggio 2001, n. 3881).

1. Contratti della P.A. - Gara - Capacità tecnica - Requisito della "esecuzione, nell'ultimo quinquennio, di uno o due lavori della categoria prevalente" - Ex art. 6 del D.P.C.M. n.55/91 - Nel caso di associazione temporanea di imprese - Frazionabilità del requisito fra le imprese dell'A.T.I. - Possibilità - Condizioni - Osservanza delle percentuali minime stabilite rispettivamente per la mandataria e le mandanti.

2. Contratti della P.A. - Gara - Capacità tecnica - Requisito della "esecuzione, nell'ultimo quinquennio, di uno o due lavori della categoria prevalente" - Ex art. 6 del D.P.C.M. n.55/91 - Nel caso di associazione temporanea di imprese - Requisito complessivo previsto nel caso di due lavori - Necessità.

3. Contratti della P.A. - Gara - Capacità tecnica - Dimostrazione - Importo dei lavori - E' quello dichiarato dalle imprese - Possibilità di aggiornare detti importi tenendo conto del tasso di cambio esistente al momento dell'esame delle offerte - Impossibilità.

1. Ai sensi degli artt. 6, comma 1, lett. d) e 8 del D.P.C.M. n. 55/91 deve ritenersi che, nel caso di partecipazione alla gara di una associazione temporanea di imprese, sia frazionabile fra le imprese partecipanti alla a.t.i. il requisito attinente agli specifici lavori eseguiti nella categoria prevalente, salva l'osservanza delle percentuali minime stabilite rispettivamente per la mandataria e le mandanti (1).

2. Va esclusa dalla gara una l'A.T.I., la quale, pur avvalendosi del frazionamento del requisito attinente agli specifici lavori eseguiti nella categoria prevalente, non abbia dimostrato di possedere comunque il requisito complessivo previsto nel caso di due lavori (2).

3. Gli importi dei lavori da considerare ai fini dell'ammissione delle offerte sono quelli dichiarati dagli stessi concorrenti, mentre le più elementari esigenze di tutela della par condicio dei partecipanti e di certezza della posizione dei predetti impongono di non prendere in considerazione ex post meccanismi rivalutativi delle somme dichiarate, non potendosi applicare il diverso tasso di cambio vigente al momento della verifica, a cura del stazione appaltante, dei certificati prodotti a riprova dei requisiti dichiarati dai concorrenti (3).

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(1) Cfr. Cons. Stato, VI, 22 marzo 2001, n. 1682, in www.giustamm.it n. 3/2001, pag. http://www.giustamm.it/private/cds/cds6_2001-1682.htm , secondo cui «l'art. 8 del D.P.C.M. n. 55/91 (secondo il quale i "requisiti finanziari e tecnici - semprechè frazionabili -.previsti nei precedenti articoli per l'impresa singola, devono essere posseduti nella misura variabile tra il 40% ed il 60% dalla capogruppo, e la restante percentuale cumulativamente dalla o dalle mandanti, a ciascuna delle quali deve essere richiesta una percentuale variabile tra un minimo del 10% ed il massimo del 20% di quanto richiesto cumulativamente") consente il frazionamento del requisito (della "esecuzione, nell'ultimo quinquennio, di uno o due lavori della categoria prevalente") di cui al precedente art. 6, 1 c., lett. d), dello stesso D.P.C.M. n.55/91, allorché alla gara partecipi un'associazione temporanea d'imprese, salva l'osservanza delle percentuali minime stabilite rispettivamente per la mandataria e per le mandanti: ognuna di queste, quindi, può far riferimento a due lavori da ciascuna eseguiti nel quinquennio precedente».

Ha osservato la Sez. V nella parte motiva della sentenza in rassegna che una lettura sistematica degli artt. 6, comma 1, lett. d) (che individua il requisito nella "esecuzione, nell'ultimo quinquennio, di uno o due lavori della categoria prevalente" il cui importo "è richiesto nella misura variabile tra 0,4 e 0,5 volte quello a base d'asta, qualora comprovato da un solo lavoro, e nella misura variabile tra 0,5 e 0,6 volte l'importo a base d'asta qualora comprovato da due lavori"; nella specie il bando aveva optato per la misura minima) e 8 (secondo cui qualora alla gara prenda parte un'associazione temporanea di imprese "i requisiti finanziari e tecnici - sempreché frazionabili - previsti nei precedenti articoli per l'impresa singola, devono essere posseduti nella misura variabile tra il 40% ed il 60% dalla capogruppo, e la restante percentuale cumulativamente dalla o dalle mandanti, a ciascuna delle quali deve essere richiesta una percentuale variabile tra un minimo del 10% ed il massimo del 20% di quanto richiesto cumulativamente") del DPCM 55/91 lascia spazio alla frazionabilità del requisito in questione in caso di partecipazione alla gara di un'associazione temporanea, salva l'osservanza delle percentuali minime stabilite rispettivamente per la mandataria e le mandanti.

I rischi paventati in ordine ai possibili effetti perversi connessi alla partecipazione di associazioni costituite da imprese singolarmente del tutto inadeguate rispetto alla consistenza dei lavori da appaltare, risultano - ad avviso della Sez. V - neutralizzati dalla previsione (art.8 DPCM n.55 del 1991) di percentuali minime che tanto la mandataria quanto le mandanti devono osservare nel dichiarare il possesso del requisito in questione. Lungi così dal consentire una polverizzazione tra una platea indefinita di imprese individualmente non dotate di una pregressa esperienza nel settore, la disposizione in questione sembra rispondere ad una logica di equilibrato bilanciamento tra le finalità sottese all'istituto dell'associazione temporanea, tra cui sicuramente il favor per la più ampia partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica, nell'interesse della concorrenza e dell'individuazione del miglior offerente, e la necessità di evitare, per l'appunto, l'ammissione alle gare di soggetti inadeguati, nella loro individualità, a garantire una corretta esecuzione dei lavori da affidare.

(2) Nella specie, mentre il bando richiedeva ai concorrenti di comprovare la realizzazione di uno o due lavori eseguiti nel quinquennio 1993-1997 nella categoria prevalente - cat. 12A ANC, impianti di depurazione - per un importo pari ad almeno 72 miliardi di lire se comprovato con un solo lavoro e ad almeno 90 miliardi se comprovato con due lavori, la A.T.I. Pridesa, pur avendo dichiarato più di un lavoro ciascuna, aveva dichiarato, in sede di prequalificazione, l'esecuzione lavori eseguiti nella categoria prevalente per un importo pari a 86 miliardi di lire.

(3) In proposito è stato richiamato il principio affermato in precedenza dalla stessa Sezione (sent. 15 maggio 2001, n. 2713), secondo cui la dichiarazione del possesso dei requisiti e la relativa verifica da parte della stazione appaltante seguono necessariamente un autonomo iter procedimentale, relativamente al quale devono essere pienamente garantiti i principi della concorsualità e della par condicio dei concorrenti, senza che possano accettarsi interferenze dell'Amministrazione; interferenze che sarebbero rappresentate anche dalla consentita integrazione di elementi a comprova del possesso di requisiti, al di fuori di quelli dichiarati dall'impresa concorrente, per il tramite di atti destinati ad altre o comunque non meglio identificate finalità.

 

 

FATTO

1. Con bando pubblicato sull'albo pretorio il 18 giugno 1998, il Comune di Milano ha indetto una gara pubblica, con il sistema dell'appalto-concorso, per la realizzazione dell'impianto di depurazione di Milano Sud, delle opere di adduzione e scarico, della viabilità di accesso e della relativa sistemazione ambientale, indicando come base d'asta per i lavori l'importo di 180 miliardi di lire e per la gestione biennale l'importo di 36 miliardi di lire.

L'oggetto della gara consisteva nella redazione di progetti definitivi sulla base del progetto preliminare approvato dall'Amministrazione.

I progetti definitivi sarebbero stati valutati da apposita Commissione, secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, con punteggi centesimali già specificati nel bando e relativi al prezzo (45 punti su 100), alle valutazioni tecniche (42 su 100), ai costi di esercizio (12 su 100) e al tempo di realizzazione (1 su 100).

La Commissione avrebbe proposto al primo classificato l'affidamento preliminare, e nei 240 giorni successivi il concorrente prescelto avrebbe dovuto produrre a propria cura e spese il progetto esecutivo, corredato da tutte le autorizzazioni, i pareri e i nulla-osta del caso.

L'aggiudicazione definitiva e la stipula del relativo contratto erano previste solo dopo l'approvazione del progetto esecutivo da parte della Giunta Comunale (ora da parte del Commissario delegato).

2. Alla gara venivano ammesse, oltre ai due raggruppamenti in causa, altre quattro associazioni temporanee facenti capo a Ansaldo, Impregilo, Snamprogetti e OTV.

All'esito della procedura, che ha visto la Commissione giudicatrice protrarre i propri lavori per quasi un anno (dal settembre 1999 all'agosto 2000), con l'effettuazione di 32 riunioni, è risultata prima in graduatoria l'associazione temporanea capeggiata dalla Pridesa s.a., con un punteggio finale di 93,400, che ha preceduto l'associazione temporanea capeggiata dalla Degremont s.a., attuale appellante, che ha conseguito il punteggio di 86,452.

3. Avverso la conseguente aggiudicazione al raggruppamento Pridesa, disposta con determinazione n.3 in data 10 agosto 2000, assunta dal Sindaco di Milano in qualità di Commissario per la realizzazione degli impianti di depurazione di Milano, l'ATI Degremont ha proposto ricorso dinanzi al TAR Lombardia, prospettando vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto molteplici profili.

Il Tribunale amministrativo, una volta esaminato per ragioni di priorità logica il ricorso incidentale proposto dalla resistente ATI aggiudicataria, peraltro ritenuto privo di fondamento, ha rigettato il ricorso principale, pur dando atto dell'apprezzabile livello argomentativo delle censure formulate dall'ATI Degremont.

4. Quest'ultima ha dunque interposto l'appello in trattazione, esperito dapprima avverso il dispositivo della sentenza impugnata, depositato il 26 aprile 2001 col numero n. 3158, e ha riproposto i sette motivi di censura respinti in primo grado, formulando altresì, in via subordinata, una istanza istruttoria relativamente alle censure esposte con il quarto, quinto e sesto motivo di ricorso; una volta conosciuta la motivazione, ha poi integrato, a norma dell'art.23-bis, comma 7, della l.1034/71, introdotto dalla l.205/00, i motivi di appello, formulando argomentazioni espressamente contrastanti con quelle rese dai primi Giudici nella sentenza indicata in epigrafe, e comunque confermando, in via gradata, la richiesta di istruttoria.

5. L'ATI Pridesa si è costituita in giudizio per resistere all'appello, ed ha altresì proposto appello incidentale, con cui è stato in sostanza reiterato il primo motivo del ricorso incidentale disatteso in primo grado, volto a dimostrare, in via pregiudiziale, la presunta illegittimità dell'ammissione alla gara dell'attuale appellante, già ricorrente principale in primo grado, e la sua conseguente carenza di interesse all'annullamento dell'aggiudicazione. Nella medesima sede è stata, altresì, riproposta anche l'eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado per nullità della notifica all'Autorità emanante, eccepita con memoria conclusiva dinanzi al Giudice di prime cure e non esaminata dal TAR alla luce dell'infondatezza, nel merito, del ricorso principale proposto dalla Degremont, attuale appellante.

Anche il Comune di Milano si è costituito in giudizio, e dopo aver parimenti eccepito, in via preliminare, l'inammissibilità del gravame di primo grado per omessa notifica all'Avvocatura dello Stato, cui ex lege spettava la rappresentanza del Commissario delegato che aveva emanato il provvedimento, ha chiesto la reiezione dell'appello per infondatezza delle censure; ha altresì aderito alla richiesta dell'appellata aggiudicataria di vedere dichiarare inammissibile per difetto di interesse il ricorso di primo grado, alla stregua dell'esame -doverosamente prioritario per ragioni di logica - del gravame incidentale.

Le parti hanno depositato memoria.

Con ordinanza della Sezione n.3130 del 5 giugno 2001, in accoglimento dell'istanza cautelare formulata dall'appellante principale, è stata sospesa l'efficacia della sentenza di primo grado.

Alla pubblica udienza del 24 luglio 2001 il ricorso in appello è stato introitato per la decisione.

DIRITTO

1. E' sottoposto all'attenzione del Collegio il contestato esito dell'appalto-concorso, bandito dal Comune intimato nel giugno 1998, per la realizzazione dell'impianto di depurazione di Milano Sud, formalizzato favorevolmente nei confronti dell'ATI capeggiata dalla Pridesa S.A., attuale appellata e appellante incidentale, con la determinazione n. 3 del 10 agosto 2000, impugnata in primo grado ed assunta dal Sindaco di Milano nella veste di Commissario delegato per la realizzazione degli impianti di depurazione della città di Milano.

Come accennato in narrativa, si richiedeva ai concorrenti, a termini del bando, la predisposizione di un progetto definitivo dell'impianto di depurazione da realizzare, redatto sulla base del progetto preliminare già elaborato dal Comune di Milano e comunque in stretta osservanza delle indicazioni previste nel Capitolato speciale d'appalto. In tal senso il bando prevedeva espressamente l'esclusione dalla gara dei progetti che presentassero carenze sostanziali tali da non garantire i risultati richiesti dal Capitolato.

2. L'ATI appellante, avente quale impresa mandataria e capogruppo la Degremont S.A., classificatasi al secondo posto nella graduatoria finale (con punti 86, 452 contro i punti 93,400 conseguiti dalla vincitrice Pridesa S.A.), ha impugnato l'ammissione dell'ATI Pridesa, nonché la successiva aggiudicazione dell'appalto alla medesima.

Il TAR ha rigettato il ricorso, dopo aver respinto anche il ricorso incidentale proposto dall'aggiudicataria, analizzato in via preventiva per ragioni di priorità logica.

Con l'appello in trattazione la Degremont ha riproposto i sette motivi del ricorso originario, disatteso dal Tribunale di prima istanza, censurando inoltre specificamente, una volta conosciute le motivazioni poste a sostegno della medesima, le argomentazioni della sentenza appellata.

Nell'ambito dell'impianto strutturale delle censure dedotte spicca indubbiamente il primo motivo, particolarmente complesso e articolato, con il quale si torna a sostenere la doverosa esclusione dell'ATI vincitrice, prendendo spunto, sempre in relazione al requisito rappresentato dai lavori eseguiti nell'ultimo quinquennio, rispettivamente: dalla questione generale della frazionabilità del requisito; dal problema della computabilità dei lavori espletati dalla soc. Necso (aderente all'ATI Pridesa) per l'impianto di depurazione di Talavera (Toledo); dalla questione della computabilità dei lavori eseguiti dalla soc. Necso per l'impianto di Besos; infine dalla computabilità dei lavori eseguiti dalla soc. Infilco (parimenti aderente all'ATI Pridesa).

Con gli altri motivi di censura, a partire dal secondo, si è fatto riferimento, nell'ordine: all'omessa sottoscrizione del progetto Pridesa da parte del progettista; alla mancata sottoscrizione da parte di tutte le imprese aderenti all'ATI Pridesa del cronoprogramma e alla rilevanza di quest'ultimo; alle pretese carenze del progetto Pridesa; alla pretesa inattendibilità dell'offerta economica Pridesa; al preteso difetto di motivazione nella valutazione dell'offerta Pridesa; alla pretesa inammissibilità, infine, dell'offerta Pridesa perché anomala.

3. Tanto premesso, evidenti ragioni di priorità di ordine logico impongono di prendere le mosse, anche in questo grado di giudizio, dal gravame incidentale proposto dal raggruppamento aggiudicatario Pridesa.

In tale ambito occorre necessariamente esaminare, avanti a tutto, l'eccepita inammissibilità del ricorso di primo grado per nullità della notifica all'Autorità emanante, su cui il TAR, vista la ritenuta infondatezza del gravame, ha ritenuto di non doversi esprimere e in merito alla quale, peraltro, il Comune di Milano ha in questa sede di giudizio manifestato piena adesione (giustamente senza proporre autonomo appello incidentale, trattandosi di eccezione di inammissibilità non respinta dal Tribunale ma dichiarata dallo stesso espressamente assorbita).

Ad avviso dell'appellante incidentale, e del Comune intimato, non può sfuggirsi alla declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto dinanzi al Giudice di prime cure, in quanto la notifica al Commissariato per la realizzazione degli impianti di depurazione di Milano, autorità che ha formalmente emanato il provvedimento di aggiudicazione contestato, è da ritenersi radicalmente nulla siccome effettuata non nei confronti dell'Avvocatura dello Stato, che tale organo (statale) rappresenta e difende in giudizio ex lege, bensì solo presso la sede del Comune di Milano, nella persona del Sindaco in qualità di Commissario.

L'organo commissariale in questione è stato istituito con DPCM 19 febbraio 2000, a seguito della dichiarazione (DPCM 21 gennaio 2000) dello stato di emergenza determinatosi nel settore della depurazione delle acque reflue urbane di Milano, ai sensi dell'art.5 della legge 24 febbraio 1992, n.225; declaratoria che è seguita all'accertata impossibilità per il Comune di realizzare il piano di depurazione delle acque nei termini indicati dal d.lg. 11 maggio 1999, n.152.

A tale organo straordinario, appositamente delegato dal Governo e assegnatario di tutti i poteri, anche in deroga alle norme vigenti, necessari per fronteggiare lo stato di emergenza e realizzare al più presto gli impianti di depurazione, era stato in origine preposto il Prefetto di Milano, poi sostituito dal Sindaco a seguito dell'ordinanza del Ministero dell'interno in data 6 luglio 2000.

L'eccezione, pur ben argomentata, non merita però di essere accolta.

Quanto avvenuto nella procedura di gara in argomento assume i connotati dell'estrema peculiarità, essendosi assistito - solo per la definitiva consacrazione dell'esito della procedura - al subentro di un altro organo, di diversa natura, ma al cui vertice era preposta la medesima persona fisica posta a sua volta a capo dell'Amministrazione territoriale fino ad allora responsabile, fin dagli esordi, di tutta la procedura di appalto.

La procedura concorrenziale è stata completamente gestita fin dall'inizio, salvo la mera formalizzazione dell'esito finale, dall'Amministrazione comunale, che comunque si è costituita e regolarmente difesa in giudizio; solo ad essa vanno in definitiva imputati gli atti e i provvedimenti adottati nell'ambito della procedura.

La circostanza che, nella forma, l'aggiudicazione definitiva dell'appalto sia stata disposta dal "dott. Gabriele Albertini", senza apposizione di alcuna qualifica, seppur su atto intestato al Commissariato per la realizzazione degli impianti di depurazione non muta, nella sostanza, il quadro.

Non risulta, difatti, che la determinazione finale di aggiudicazione sia stata adottata dal Sindaco di Milano nell'espletamento dei poteri straordinari e derogatori espressamente attribuitigli dai citati provvedimenti governativi, del cui esercizio nella fattispecie non si ravvisa alcuna traccia.

Fondata si appalesa, dunque, l'argomentazione del raggruppamento appellante, che insiste sulla riconducibilità di tutti gli atti procedurali coinvolti nella fattispecie, comprese le determinazioni finali, alla "ordinaria" sfera di imputabilità e di responsabilità del Comune di Milano, con la conseguenza che la particolare veste formale assunta dal provvedimento impugnato in primo grado non può rivestire rilevanza decisiva nel senso di distrarre, anche ai fini della rappresentanza in giudizio, l'atto dalla sfera delle attribuzioni dell'Amministrazione locale.

In ogni caso, in disparte gli altri profili, per certi versi di non immediata conferenza, dedotti dall'appellante circa le competenze del Sindaco come autorità comunale di protezione civile, a norma dell'art.15, comma 3, della legge 24 febbraio 1992, n.225, nonché circa la ritualità della notifica dell'atto presso la sede comunale nel caso di esercizio, da parte del Sindaco, di funzioni di Ufficiale di governo (ma in entrambi i casi si tratta, a differenza dell'ipotesi de qua, di funzioni assunte dal Sindaco ratione officii, dunque proprio in quanto Sindaco, e pertanto è tale circostanza a giustificare la possibilità di notificare il ricorso presso il Comune di pertinenza), ed infine in relazione alla presunta assorbente sanatoria della irritualità in virtù della costituzione e resistenza in giudizio da parte dell'Amministrazione comunale (che però ha espressamente distinto - in sede di giudizio - la propria posizione da quella del Commissario delegato), sarebbero sussistiti comunque, alla stregua anche delle considerazioni e circostanze sopra riportate, gli estremi per la concessione della rimessione in termini - per errore scusabile - in favore del raggruppamento appellante (che peraltro ha affermato di aver nel frattempo proceduto, seppur per mero tuziorismo, alla notificazione del ricorso e dei motivi di appello nei confronti dell'Avvocatura Generale dello Stato).

Come già accennato, infatti, l'appalto concorso è stato promosso, ormai oltre tre anni fa, ed espletato in tutte le sue fasi procedurali a cura del Comune di Milano.

Solo a conclusione della procedura di gara, ed al fine dell'esercizio di non meglio noti poteri eccezionali e derogatori, sarebbe intervenuto l'avvicendamento nella posizione di autorità procedente, peraltro senza mutamento della persona fisica preposta.

Di tale avvicendamento, e delle relative motivazioni e conseguenze, non risulta essere stata data, relativamente alla procedura di gara in argomento, alcuna notizia o comunicazione specifica ai raggruppamenti partecipanti. L'appellante ne ha dunque potuto prendere contezza, senza cognizione della natura e della fonte dei poteri attribuiti al Commissario, né delle modalità e dei termini del subentro, solo in occasione del provvedimento di aggiudicazione impugnato.

Non a caso, riporta la Degremont, anche il ricorso incidentale proposto in primo grado dalla Pridesa è stato notificato al Commissario in questione presso la sede comunale.

In definitiva, all'aver eseguito la notificazione del ricorso sia al Comune di Milano che al predetto Commissario delegato, in persona del medesimo legale rappresentante, presso la sede della casa comunale non può conseguire di per sé l'inammissibilità del gravame di primo grado per nullità della notifica.

4. Nel merito, l'appello incidentale proposto dal raggruppamento vincitore non merita accoglimento.

In primo grado l'ATI Pridesa aveva presentato ricorso incidentale, lamentando, con il primo motivo, che l'ATI Degremont non avrebbe adeguatamente rispettato la prescrizione di cui al punto e) del bando, imposta a pena di esclusione, secondo cui la domanda di partecipazione doveva essere corredata da "un elenco di uno o due lavori eseguiti nell'ultimo quinquennio (dal 1993 al 1997) nella categoria A.N.C. richiesta per un importo pari ad almeno 0,40 volte quello a base d'asta (180 miliardi) se comprovato con un solo lavoro e ad almeno 0,50 volte quello a base d'asta se comprovato con due lavori". Si trattava, in altre parole, dapprima di dichiarare, e poi di documentare, l'esecuzione di un lavoro per un importo di 72 miliardi di lire ovvero di due lavori per un importo di 90 miliardi di lire.

In particolare la Pridesa aveva rilevato, a carico della Degremont, la mancanza di una congrua successiva documentazione del requisito dichiarato, affidata com'era ad un certificato inadeguato.

Tale difetto di documentazione doveva comportare l'inammissibilità dell'offerta Degremont e, quindi, l'inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di interesse, non essendo tra l'altro praticabile, visto anche il numero dei partecipanti, l'ipotesi di un interesse al mero rifacimento della gara.

Il TAR, pur condividendo la necessità di esaminare con priorità il ricorso incidentale, potendo riverberare questo sull'interesse a ricorrere dell'originaria ricorrente, ha disatteso le conclusioni della Pridesa, ritenendo che la ricorrente principale avesse formalmente osservato le disposizioni della lex specialis di gara, sia per quanto concerne la presentazione dell'elenco dei lavori ai fini della qualificazione che ai fini della presentazione della certificazione richiesta dalla lettera di invito.

I primi Giudici hanno, altresì, ritenuto opportuno premettere che la procedura concorsuale di cui si discute presentava caratteristiche di eccezionale urgenza ed importanza per la città di Milano (e per alcuni dei comuni limitrofi). La complessità dell'impianto da realizzare e l'entità non certo indifferente del relativo impegno economico si rifletteva ovviamente sulla selettività dei requisiti di ammissione dei concorrenti. Se quindi era necessario, da un lato, verificare attentamente il possesso dei requisiti richiesti per assicurare la partecipazione alla gara solo di imprese e raggruppamenti pienamente affidabili e qualificati, dall'altro occorreva operare tale verifica applicando le regole della lex specialis in maniera non formalistica, privilegiando i dati sostanziali emergenti dalla complessa documentazione prodotta dalle imprese e favorendo la più ampia partecipazione di concorrenti, tanto più necessaria in considerazione del numero, inevitabilmente ristretto, dei potenziali aspiranti all'ammissione alla gara. In altre parole, secondo i Giudici di prime cure, non si poteva correre il rischio di escludere dalla procedura concorsuale, per carenza dei requisiti di ammissione, candidati dalla cui documentazione, seppur non formalmente ineccepibile, potesse comunque desumersi il possesso dei requisiti medesimi.

Con l'appello incidentale l'appellata Pridesa ha riproposto esclusivamente il mezzo di censura in questione, nella specie tornando a contestare che il certificato prodotto dalla mandataria Degremont S.A., relativo all'esecuzione del contratto di progettazione e realizzazione della "Stazione di Colombes", in raggruppamento con O.T.V. (altra società che ha partecipato quale mandataria alla gara bandita dal Comune di Milano), per un valore di 1.970.000.000 di franchi francesi incluso genio civile, fosse idoneo, sotto molteplici profili, a dimostrare il possesso del requisito richiesto.

In particolare esso non preciserebbe né la quota di partecipazione di Degremont al raggruppamento di imprese, né l'ammontare dell'importo delle generiche opere di genio civile, né, infine, la percentuale delle opere riferibili alla categoria prevalente corrispondente alla categoria A.N.C. 12A.

L'appello incidentale, relativamente al quale il Collegio condivide pienamente la necessità di un esame prioritario per i riflessi sull'interesse a ricorrere della ricorrente originaria, in questa sede appellante principale, va comunque disatteso e non tanto per le considerazioni, in parte di opportunità e di carattere metagiuridico, poste dal TAR a premessa e conforto del corredo motivazionale.

Risulta, infatti, che la Degremont, in scrupolosa osservanza delle prescrizioni del citato punto e) del bando, che non prevedeva per l'inizio la presentazione di certificati attestanti l'entità e la tipologia dei lavori eseguiti, abbia espressamente dichiarato, in sede di prequalificazione, di aver eseguito un lavoro corrispondente alla categoria A.N.C. richiesta nel periodo 1993-97 per un importo di oltre 180 miliardi di lire, ampiamente superiore dunque ai livelli minimi indicati dal bando. Di tale commessa, relativa come necessario ad un impianto di depurazione, risultano essere stati forniti gli estremi più rilevanti, ovvero stazione appaltante, natura e importo totale dell'opera, anni di inizio e fine dei lavori, acquisizione in raggruppamento con la O.T.V..

Nell'ambito di tali informazioni la Degremont ha espressamente dichiarato l'importo di sua competenza eseguito nel quinquennio di interesse.

Superata dunque positivamente la fase di prequalificazione, la Degremont è stata poi chiamata a presentare, in ottemperanza alla prescrizione di cui al punto 7 dell'Allegato A alla lettera di invito, e non quindi del bando, i "certificati in lingua italiana di buon esito di uno o due lavori dichiarati nella domanda di partecipazione ai sensi della lettera e) del bando integrale di gara".

Orbene, contrariamente a quanto sostenuto dall'appellante incidentale e aderendo alle considerazioni dei primi Giudici, il "certificato di capacità" in data 22 marzo 1999, rilasciato dalla stazione appaltante francese e relativo al lavoro suindicato, è idoneo a soddisfare la prescrizione della lettera di invito, che non richiedeva particolari ulteriori specificazioni in ordine alla natura ed all'importo dell'appalto. Non è al riguardo necessario, in disparte la sua ammissibilità, il riferimento all'ulteriore documentazione depositata da parte della Degremont in corso di giudizio, a comprova della veridicità della certificazione presentata a tempo debito.

La stazione appaltante, che nel caso della Degremont non ha ravvisato l'esigenza di formulare richiesta di chiarimenti a norma dell'art.21, comma 3, del d.lg. 406/91, era in effetti tenuta ad acquisire dai concorrenti unicamente la formale e certificata conferma dell'esecuzione e del buon esito del lavoro o dei lavori indicati in sede di prequalificazione.

Quanto alla mancata indicazione in forma separata delle opere di "genio civile" è sufficiente rilevare che tali opere, di incidenza presumibilmente irrilevante visto l'ampio margine di superamento del limite minimo di importo richiesto dal bando di gara, possono essere individuate come le opere civili accessorie all'impianto di depurazione, da ricomprendersi nell'importo dell'appalto dichiarato per la qualificazione, così come del resto avvenuto anche per le opere relative al depuratore di Milano Sud.

L'appello incidentale deve essere in definitiva respinto.

5. Con il primo dei motivi dell'appello principale la Degremont ha riproposto il primo mezzo di censura del ricorso di primo grado, relativamente alla presunta illegittimità dell'ammissione alla gara dell'offerta dell'ATI Pridesa per mancanza dei requisiti minimi di partecipazione e per falsità delle dichiarazioni rese in sede di prequalificazione.

Viene ad essere nuovamente coinvolto il citato punto e) del bando, in relazione alla necessità di comprovare l'esecuzione di uno o due lavori, per la categoria ANC 12A, di importo almeno pari, rispettivamente, a 0.40 o 0.50 volte la base d'asta (per un importo assoluto dunque di 72 ovvero di 90 miliardi).

La censura è articolata su tre profili, in parte connessi.

Con il primo profilo di doglianza l'appellante contesta in generale il principio della frazionabilità, in caso di associazione temporanea di imprese, del requisito attinente agli specifici lavori eseguiti nella categoria prevalente per determinati importi.

In effetti nessuno dei lavori dichiarati dalle imprese del costituendo raggruppamento, poi risultato vincitore, raggiungeva, nella sua singolarità, l'importo minimo di 72 miliardi richiesto dal bando di gara per un lavoro nella categoria 12A, né sommando i due lavori di importo più alto si otteneva comunque l'importo minimo di 90 miliardi, richiesto invece per due lavori nella predetta categoria.

Ad avviso dell'appellante principale il raggruppamento aggiudicatario andava quindi senz'altro escluso per difetto dei requisiti minimi di partecipazione, da valutarsi per l'intero rispetto ad ogni singola impresa associata.

La Degremont, pur insistendo nella doglianza, ha comunque preso atto che di recente questo Consesso, riformando la pronunzia di primo grado più volte richiamata dalla medesima negli atti di causa (T.R.G.A., Trento, 7 settembre 1999, n.307), ha affermato che una lettura sistematica degli artt. 6, comma 1, lett. d) (che individua il requisito nella "esecuzione, nell'ultimo quinquennio, di uno o due lavori della categoria prevalente" il cui importo "è richiesto nella misura variabile tra 0,4 e 0,5 volte quello a base d'asta, qualora comprovato da un solo lavoro, e nella misura variabile tra 0,5 e 0,6 volte l'importo a base d'asta qualora comprovato da due lavori"; nella specie il bando ha optato per la misura minima) e 8 (secondo cui qualora alla gara prenda parte un'associazione temporanea di imprese "i requisiti finanziari e tecnici - sempreché frazionabili - previsti nei precedenti articoli per l'impresa singola, devono essere posseduti nella misura variabile tra il 40% ed il 60% dalla capogruppo, e la restante percentuale cumulativamente dalla o dalle mandanti, a ciascuna delle quali deve essere richiesta una percentuale variabile tra un minimo del 10% ed il massimo del 20% di quanto richiesto cumulativamente") del DPCM 55/91 lascia spazio alla frazionabilità del requisito in questione in caso di partecipazione alla gara di un'associazione temporanea, salva l'osservanza delle percentuali minime stabilite rispettivamente per la mandataria e le mandanti (Cons. Stato, VI, 22 marzo 2001, n. 1682).

I rischi paventati dal Tribunale di prima istanza trentino, non condivisi peraltro dalla pronunzia impugnata di cui in epigrafe, relativamente ai possibili effetti perversi connessi alla partecipazione di associazioni costituite da imprese singolarmente del tutto inadeguate rispetto alla consistenza dei lavori da appaltare, risultano in effetti neutralizzati dalla previsione (art.8 DPCM n.55 del 1991) di percentuali minime che tanto la mandataria quanto le mandanti devono osservare nel dichiarare il possesso del requisito in questione. Lungi così dal consentire una polverizzazione tra una platea indefinita di imprese individualmente non dotate di una pregressa esperienza nel settore, la disposizione esaminata sembra rispondere ad una logica di equilibrato bilanciamento tra le finalità sottese all'istituto dell'associazione temporanea, tra cui sicuramente il favor per la più ampia partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica, nell'interesse della concorrenza e dell'individuazione del miglior offerente, e la necessità di evitare, per l'appunto, l'ammissione alle gare di soggetti inadeguati, nella loro individualità, a garantire una corretta esecuzione dei lavori da affidare.

Le suddette conclusioni, condivise dal Collegio, sono nella specie ulteriormente avvalorate dalla circostanza che la formulazione del bando di gara, come rilevato dai primi Giudici, era chiaramente nel senso della frazionabilità del requisito in questione, laddove precisava che "in caso di associazione temporanea di imprese i suddetti requisiti dovranno essere posseduti dalle imprese capogruppo e dalle imprese mandanti almeno nelle misure minime indicate all'art.8 del DPCM n.55 del 1991".

Una simile interpretazione appare ancor più convincente se si considera la particolare entità economico-finanziaria dell'appalto bandito nella fattispecie dal Comune di Milano, la quale fa sì che gli importi minimi determinati dall'applicazione di dette percentuali siano comunque idonei a dimostrare l'affidabilità del raggruppamento e delle singole imprese associate, senza per questo impedire un attendibile confronto concorrenziale, per lavori di così rilevante entità, in un ambito da aprirsi alla ampia partecipazione anche delle forme associative imprenditoriali.

Né si ravvisano, relativamente all'inciso "sempreché frazionabili" contenuto nell'art.8 del DPCM 55/91, ostacoli decisivi alla concreta frazionabilità dello specifico requisito in argomento, e questo non tanto in base alla previsione del bando, quanto, soprattutto, in virtù dell'intrinseca natura del requisito, che non preclude una sua frazionabilità.

Il primo profilo di lagnanza si appalesa dunque infondato.

6. Maggiore attenzione, e peraltro diversa sorte, merita il secondo profilo censorio riproposto nell'ambito del primo mezzo di appello, relativo alla presunta inammissibilità dell'offerta Pridesa per mancato raggiungimento, in concreto, degli importi minimi dei lavori eseguiti, prescritti dal bando sulla base dello schema tipo di cui al DPCM 55/91.

Appurata la frazionabilità del requisito in questione (realizzazione da parte dei concorrenti di uno o due lavori eseguiti nel quinquennio 1993-1997 nella categoria prevalente - ovvero cat. 12A ANC, impianti di depurazione - per un importo pari ad almeno 72 miliardi di lire se comprovato con un solo lavoro e ad almeno 90 miliardi se comprovato con due lavori), i Giudici di prime cure hanno precisato che la fondatezza della censura della Degremont, in questa sede riproposta, andava valutata verificando il raggiungimento, o meno, del complessivo importo di 90 miliardi di lire, avendo le imprese del raggruppamento Pridesa dichiarato più di un lavoro ciascuna.

La considerazione del Tribunale è condivisibile, come merita adesione anche la precisazione che gli importi da considerare sono quelli dichiarati dagli stessi concorrenti in sede di prequalificazione. Le più elementari esigenze di tutela della par condicio dei partecipanti e di certezza della posizione dei predetti impongono, infatti, di non prendere in considerazione ex post meccanismi rivalutativi delle somme dichiarate in prequalifica (cosicché, ad esempio, l'importo dei lavori eseguiti da Pridesa per l'impianto di Shanghai, espresso in dollari, non può lievitare alla luce del diverso tasso di cambio vigente al momento della verifica, a cura del Comune appaltante, dei certificati prodotti a riprova dei requisiti dichiarati dai concorrenti).

Tanto premesso, ha ragione l'appellante Degremont a lamentare che l'ATI Pridesa, pur avvalendosi del frazionamento del requisito in argomento, non possedeva comunque il requisito complessivo richiesto dalla lex specialis e andava dunque estromessa dalla gara.

La somma dei cinque lavori dichiarati dall'appellata in sede di prequalificazione era, infatti, pari a 86 miliardi di lire.

Non può farsi riferimento per il raggiungimento del prescritto limite minimo al sesto lavoro, relativo all'impianto di Talavera (per un importo di circa 16 miliardi), non correttamente dichiarato in sede di prequalifica ai fini della dimostrazione del requisito, ma semplicemente riportato in un'autonoma e generica dichiarazione afferente non meglio precisati "lavori in corso".

Né all'uopo possono essere richiamate, come tentato dai primi Giudici, le considerazioni di opportunità già svolte in sede di esame del ricorso incidentale di primo grado, circa l'esigenza di applicare le regole della lex specialis in modo non formalistico.

Come di recente evidenziato dalla Sezione, deve essere, infatti, preservata l'autonomia della fase di prequalificazione e di verifica del possesso dei requisiti rispetto alle fasi vere e proprie di gara, intese come espletamento del confronto concorrenziale.

La dichiarazione del possesso dei requisiti e la relativa verifica da parte della stazione appaltante seguono necessariamente un autonomo iter procedimentale, relativamente al quale devono essere pienamente garantiti i principi della concorsualità e della par condicio dei concorrenti, senza che possano accettarsi interferenze dell'Amministrazione; interferenze che sarebbero rappresentate anche dalla consentita integrazione di elementi a comprova del possesso di requisiti, al di fuori di quelli dichiarati dall'impresa concorrente, per il tramite di atti destinati ad altre o comunque non meglio identificate finalità (cfr. in tema Cons. Stato, V, 15 maggio 2001, n.2713).

7. In ogni caso, anche se si tenesse conto del sesto lavoro relativo all'impianto di Talavera, assumerebbe portata decisiva e assorbente, ai fini della inammissibilità dell'offerta Pridesa, la non conferenza del certificato EMSSA prodotto dalla mandante Necso in relazione ai lavori di Sant'Adria del Besos (per un importo di circa 18 miliardi di lire), senza i quali non verrebbe comunque raggiunta la soglia minima di 90 miliardi di lire.

Il lavoro relativo all'impianto di Besos, sulla base della certificazione presentata a tempo debito ai fini della verifica dei requisiti dichiarati in sede di prequalificazione, risulta estraneo alla categoria prevalente (12A) richiesta dal bando.

Il certificato di buona esecuzione rilasciato in data 30 novembre 1995 dalla stazione appaltante EMSSA e prodotto dalla Necso in sede di gara attesta, infatti, l'esecuzione di lavori concernenti la realizzazione di un emissario sottomarino di 2.952 metri, che nulla hanno a che vedere con un impianto di depurazione, e che non a caso nel certificato sono fatti espressamente rientrare nell'ambito della categoria F8 dell'Albo spagnolo (opere marittime), corrispondente alla categoria 13A dell'Albo italiano, e non, come necessario, nell'ambito della categoria K8 dell'Albo spagnolo, corrispondente alla categoria richiesta dal bando per l'aggiudicazione dell'appalto dei lavori di realizzazione dell'impianto di depurazione di Milano Sud (12A).

Né a tale decisiva carenza la Pridesa ha ovviato mediante il deposito in giudizio della ben più recente documentazione certificativa, rilasciata dalla EMSSA in data 12 giugno 2001, successivamente al motivato accoglimento, da parte della Sezione, dell'istanza di tutela cautelare formulata da parte dell'appellante.

In disparte la evidente inammissibilità - posta a tutela, per le motivazioni già esposte, dell'ineludibile esigenza di par condicio fra i concorrenti - di tardive (e comunque non rispondenti a richieste di chiarimenti dell'Amministrazione) integrazioni o correzioni delle certificazioni non conferenti o incomplete, relative ai requisiti dichiarati, va nondimeno sottolineato, in adesione alle osservazioni dell'appellante principale, che anche il nuovo certificato non attesta efficacemente se e in che misura l'impresa Cubiertas y Mzov (poi confluita nella Necso) abbia eseguito opere rientranti nella categoria degli impianti di depurazione (12A), richiesta a pena di esclusione dal bando.

Nel documento da ultimo citato, infatti, si attesta: che la descrizione dei lavori dell'emissario sottomarino con la ripartizione degli importi per ciascun anno, di cui al certificato in data 30 novembre 1995, fu fatta al fine di consentire la qualificazione nella categoria F8 (opere marittime); che l'impresa Cubiertas y Mzov "partecipò" sia alle opere dell'emissario che a quelle dell'impianto di pompaggio con una quota di partecipazione pari al 30% dell'importo totale dei lavori.

Entrambe le circostanze da ultimo attestate nulla di nuovo aggiungono, per quanto qui di interesse, alla certificazione prodotta in sede di gara, non essendo indicati in modo espresso i lavori eventualmente ricadenti (e per quale importo) nella categoria spagnola corrispondente alla categoria 12A richiesta dal bando.

E' allora evidente come la fattispecie non sia accostabile alla questione dell'ammissibilità dell'offerta Degremont, dedotta dall'appellata con l'appello incidentale, trattandosi non di connotati di individuazione, eventualmente insufficienti, del lavoro eseguito, ricadente però con apprezzabile certezza nella categoria richiesta, bensì di lavoro che, secondo la stessa certificazione esibita, appartiene a categoria diversa da quella prescritta a pena di esclusione dal bando.

Né l'attinenza dei lavori dichiarati e certificati può essere in extremis recuperata mediante un problematico passaggio interpretativo, come quello adottato dal Tribunale di prima istanza, che ha presunto in via residuale, senza elementi fattuali di riscontro, che la Cubiertas, e non altre ditte, abbia eseguito anche i lavori di realizzazione della stazione di pompaggio, ritenuti conferenti alla categoria pretesa dal bando del Comune di Milano.

Non può infatti dimenticarsi che le certificazioni, attesa la funzione ad un tempo dichiarativa e certativa da essi rivestita, ed in quanto tra l'altro non espressione di un potere discrezionale, vanno prese in considerazione esclusivamente in relazione al formale ed esplicito apporto di certezza che esse recano; non a caso fa fede fino a querela di falso o, comunque, fino a prova contraria quanto in esse esplicitamente riportato.

La certificazione del 30 novembre 1995, unica a potere essere presa in considerazione, dovendosi salvaguardare, a tutela di tutti i partecipanti, l'autonomia della fase di dichiarazione e verifica dei requisiti in sede di prequalificazione, attestava soltanto i lavori eseguiti dalla Cubiertas (che ha poi conferito il ramo d'azienda delle costruzioni alla dichiarante Necso) per l'emissario sottomarino (si veda chiaramente il punto 3° del certificato), lavori, come detto, non riconducibili alla categoria prescritta.

Tutto il resto, compreso l'esatto importo dei lavori eventualmente riconducibili alla categoria degli impianti di depurazione (in quanto lavori inerenti alla stazione di pompaggio), andrebbe ricavato in via indiretta e per esclusione dalla suddetta certificazione, ma questo non è ammissibile, in considerazione della funzione certativa e dichiarativa assolta dalla medesima con riferimento a quanto, e solo a quello, in essa esplicitamente riportato.

La certificazione del 12 giugno 2001 non può porre rimedio in via integrativa a tale carenza, né del resto, come accennato, riesce ad ottemperare efficacemente, nel merito, a tale scopo.

Il profilo, nella sua fondatezza, assume portata assorbente.

L'offerta dell'ATI Pridesa andava dunque esclusa.

8. Alla stregua delle considerazioni sopra riportate, potendo il Collegio ritenersi esonerato dall'analisi delle restanti censure, dedotte con il terzo profilo di doglianza - sollevato in via gradata - inserito nel primo motivo e con gli altri mezzi di appello, l'appello principale, in definitiva, merita accoglimento. Ne consegue, in riforma della sentenza impugnata, l'accoglimento del ricorso di primo grado proposto dall'attuale appellante principale e quindi l'annullamento della determinazione di aggiudicazione in favore dell'ATI Pridesa.

Le spese di lite, relativamente ad entrambi i gradi di giudizio, possono essere compensate tra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello in epigrafe, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento della determinazione di aggiudicazione dell'appalto in favore dell'ATI Pridesa.

Respinge, altresì, l'appello incidentale proposto da quest'ultima.

Compensa integralmente tra le parti le spese di lite relativamente ad entrambi i gradi di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 24 luglio 2001, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), in camera di consiglio, con l'intervento dei seguenti Magistrati:

Pasquale de Lise Presidente

Pier Giorgio Trovato Consigliere

Giuseppe Farina Consigliere

Goffredo Zaccardi Consigliere

Gerardo Mastrandrea Consigliere est.

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

f.to Gerardo Mastrandrea f.to Pasquale de Lise

Depositata l'8 settembre 2001.

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