CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 2 maggio 2002 n. 2333 - Pres. Elefante, Est. Deodato - Pace (Avv. A. Pace), Pagano (Avv.ti Mangiameli e Colalillo) e Menna (Avv. Crisci) c. Di Rosa (Avv.ti Buzzelli e Cerulli Irelli), Regione Abruzzo (Avv. Favara) Salini ed altri (n.c.) e Generoso ed altri (Avv.ti Di Tonno e Di Silvestre) - (annulla Tar Abruzzo - L'Aquila, sentenza 17 gennaio 2002 n. 7, in questa Rivista, pag. http://www.giustamm.it/private/tar/tarabruzzolaquila_2002-01-17.htm).
1. Elezioni - Elezioni regionali - Elezione del Presidente della Regione - Partecipazione alla competizione elettorale di un soggetto incandidabile - Non comporta l'illegittimità dell'intera consultazione elettorale - Riferimento alla disciplina prevista dall'art. 15, 4° comma, della L. n. 55/90.
2. Elezioni - Elezioni regionali - Disciplina della surroga - Prevista dal combinato disposto degli artt. 1 e 16 L. n. 108/68 e 76 D.P.R. n. 570/60 - Per l'attribuzione del seggio rimasto vacante - Applicabilità anche alle ipotesi non espressamente previste.
3. Elezioni - Elezioni regionali - Espressione del voto - Disciplina prevista dall'art. 2 L. 23 febbraio 1995 n. 43 - Finisce per contemplare una sostanziale autonomia del voto di lista rispetto a quello di preferenza.
4. Elezioni - Elezioni regionali - Espressione del voto - Disciplina prevista dall'art. 2 L. 23 febbraio 1995 n. 43 - Autonomia del voto di lista rispetto a quello di preferenza - Conseguenze - Immunità del voto assegnato alla lista rispetto al vizio che inficia la validità della preferenza, a causa dell'incandidabilità del soggetto votato - Sussiste.
5. Elezioni - Elezioni regionali - Elezione del Presidente della Regione - Di un soggetto incandidabile - Conseguenze - Principi espressi in materia elezione di un Sindaco incandidabile - Non possono essere estesi al caso di elezione di consiglieri regionali incandidabili.
1. L'art. 15, 4° comma, della L. n. 55/90, stabilendo chiaramente che, nelle elezioni regionali, l'elezione di un soggetto incandidabile è nulla e che l'organo che ha deliberato la convalida dell'elezione è tenuto a revocarla, sanziona espressamente con la nullità la sola elezione del candidato che si trova in una delle condizioni ostative contemplate dal I comma e circoscrive, dunque, la portata delle conseguenze invalidanti riconducibili a tale fattispecie alla radicale invalidità dell'elezione del solo soggetto incandidabile. L'elezione dell'incadidabile, nelle elezioni del Presidente della Regione, non comporta pertanto l'illegittimità dell'intera consultazione elettorale, quale effetto dell'indebita partecipazione di un candidato privo della relativa capacità.
2. Il combinato disposto degli artt. 1 e 16 L. n. 108/68 e 76 D.P.R. n. 570/60, nel prevedere espressamente l'attribuzione del seggio rimasto vacante (per qualsiasi causa, ivi compresa la nullità, anche se sopravvenuta) al candidato che, nella stessa lista e circoscrizione, segue immediatamente l'ultimo eletto, impedisce ogni lettura che escluda dalla possibilità di surroga situazioni di fatto non espressamente contemplate come estranee all'ambito applicativo della previsione considerata.
3. Dalla disciplina dettata dall'art. 2 L. 23 febbraio 1995 n. 43 per le elezioni regionali si ricava una sostanziale autonomia del voto di lista rispetto a quello di preferenza, dato che, da un lato, autorizza anche il c.d. voto disgiunto e cioè l'espressione di un voto per una lista regionale non collegata a quella provinciale votata e, dall'altro, prevede che l'indicazione del solo voto di preferenza (od a favore della lista provinciale) comporta l'automatica valida espressione del voto a favore della lista regionale collegata; il voto espresso dall'elettore, quindi, quando risulta assegnata una preferenza, si compone necessariamente di una duplice, distinta, manifestazione di volontà: quella, necessariamente esplicita, diretta alla scelta del candidato nella lista provinciale (e quindi a quest'ultima) e quella, esplicita od implicita, intesa alla scelta della lista regionale (e quindi al suo capolista, candidato Presidente).
Si tratta, in sostanza, di due scelte contestuali ma distinte, una, di ordine personale, a favore del candidato ed una, di natura politica, a favore del partito o della coalizione concretamente (anche se presuntivamente) prescelti, che concorrono entrambe, sotto due diversi profili, a palesare la volontà dell'elettore complessivamente riassunta nella compilazione della scheda.
4. Dai principi di autonomia del voto di lista rispetto a quello di preferenza e prevalenza, comunque, del primo sul secondo, ricavabili dall'art. 2 L. 23 febbraio 1995 n. 43, per le elezioni regionali, consegue che, con qualsiasi modalità l'elettore abbia compilato la scheda, il voto assegnato alla lista resta immune dal vizio che inficia la validità della preferenza, a causa dell'incandidabilità del soggetto votato.
5. L'indirizzo giurisprudenziale affermato in materia di elezioni comunali, secondo cui l'incandidabilità del Sindaco comporta la radicale illegittimità dell'intera competizione elettorale in quanto viziata, con conseguente obbligo di rinnovazione della consultazione (v. in tal senso Cons. Stato, Sez. V, 13 settembre 1999 n. 1052, Cons. Stato, Sez. V, 15 giugno 2000, n. 3338), non è applicabile alle elezioni regionali, in considerazione della sostanziale differenza tra la posizione assunta dal candidato Sindaco nelle elezioni comunali e quella rivestita dal candidato consigliere regionale nel maggioritario. Mentre, infatti, per espressa disposizione legislativa, l'indicazione del candidato Sindaco costituisce un elemento essenziale della valida presentazione della lista, attesa la rilevanza attribuita alla posizione di quello nel vigente sistema delle elezioni comunali, in quelle regionali, ancorchè la quota maggioritaria risulti riservata anche ai candidati nel listino, la medesima funzione costitutiva della valida presentazione della lista regionale può essere riconosciuta al solo candidato alla Presidenza della Giunta Regionale, unicamente indicato nella scheda quale capolista.
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R. D'ADDONA, Una dimenticanza del legislatore: l'annullamento delle elezioni del Consiglio regionale
S. CINNERA MARTINO, La partecipazione dell'"incandidabile" alle elezioni per il rinnovo dei consigli comunali (e provinciali): nullità dei voti o delle elezioni? (osservazioni a margine di C.G.A., Sentenza 14 marzo 2000 n. 113; TAR SICILIA-CATANIA, SEZ. II - Sentenza 27 maggio 1999 n. 1021; TRIBUNALE DI PATTI - Sentenza 12 ottobre 1998 n. 577).
FATTO
Con la sentenza appellata il T.A.R. per l'Abruzzo - L'Aquila, in accoglimento del ricorso proposto da Angelo Di Rosa e Maurizio Acerbo, annullava l'atto di proclamazione degli eletti alla carica di Presidente della Giunta Regionale e di Consigliere Regionale adottato in esito alle elezioni regionali tenutesi in data 16 aprile 2000.
Avverso la predetta sentenza proponevano rituale appello Giovanni Pace (R.G. n.873/2002), Nazario Pagano ed altri (R.G. n.901/2002), Rocco Salini (R.G. n.915/2002), Antonio Menna ed altri (R.G. n.949/2002) e la Regione Abruzzo (R.G. n.1002/2002), denunciando l'erroneità delle statuizioni reiettive delle diverse eccezioni pregiudiziali e preliminari formulate nelle difese svolte in primo grado, contestando la correttezza del convincimento espresso dal T.A.R. circa l'efficacia invalidante dell'intera competizione elettorale riconosciuta alla illegittima partecipazione alla stessa di un candidato ed invocando l'annullamento della decisione impugnata.
Resistevano in tutti i ricorsi, con distinte costituzioni, Angelo di Rosa, unitamente a Maurizio Acerbo, e Melilla Generoso ed altri, contestando la fondatezza dei motivi dedotti a sostegno degli appelli e concludendo per la loro reiezione.
In accoglimento delle istanze cautelari formulate dagli appellanti, veniva sospesa (con le ordinanze rese nella Camera di Consiglio del 19 febbraio 2002) l'esecuzione della sentenza appellata, con espressa limitazione delle funzioni esercitabili dagli organi regionali all'ordinaria amministrazione ed alla trattazione degli affari indifferibili ed urgenti.
Con istanza cautelare ritualmente notificata, i resistenti Di Rosa e Acerbo domandavano, in caso di reiezione dell'appello, l'adozione di misure idonee a definire i limiti dei poteri degli organi regionali nelle more della costituzione, a seguito della rinnovazione delle elezioni, del nuovo Consiglio.
Le parti illustravano ulteriormente le loro tesi mediante il deposito di memorie difensive.
Alla pubblica udienza del 16 aprile 2002 i ricorsi venivano trattenuti in decisione.
DIRITTO
1.- L'identità della sentenza impugnata con i cinque ricorsi indicati in epigrafe impone la riunione dei relativi appelli e la loro trattazione congiunta.
2.- Le parti controvertono sulla validità delle elezioni regionali dell'Abruzzo, tenutesi in data 16 aprile 2002, all'esito delle quali è stato proclamato Presidente della Regione il Dott. Giovanni Pace, con vittoria della lista n.1 definita "Per l'Abruzzo".
La disamina dell'anzidetta questione impone una preliminare, ancorchè sintetica, ricognizione della vicenda, sostanziale e processuale, controversa.
2.1- Con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. per l'Abruzzo, Angelo Di Rosa e Maurizio Acerbo, nella duplice veste di cittadini elettori e di candidati, non eletti, nella lista soccombente, impugnavano gli atti di proclamazione degli eletti alla carica di Presidente della Giunta Regionale e di Consigliere Regionale adottati dai diversi Uffici centrali circoscrizionali e dall'Ufficio centrale regionale nonché gli atti presupposti, e segnatamente la determinazione ammissiva della candidatura del Dott. Salini, e successivi, e in particolare gli atti di convocazione del Consiglio Regionale e quelli relativi alla seduta del 22 maggio 2000.
Premettevano i ricorrenti che all'esito della consultazione per l'elezione del Presidente della Giunta e del Consiglio Regionale dell'Abruzzo, tenutasi il 16 aprile 2000, era risultava vincitrice la lista n.1 denominata "Per l'Abruzzo" con 382.353 voti su quella n.2 definita "Abruzzo Democratico" che aveva ottenuto 378.739 voti e che, conseguentemente, era stato proclamato eletto, in data 29 aprile 2000, alla carica di Presidente della Giunta Regionale l'On.le Giovanni Pace, quale candidato capolista della lista vincitrice, insieme ai sette candidati del c.d. listino (lista regionale a base maggioritaria) tra i quali figurava il Dott. Rocco Salini.
Sul presupposto che quest'ultimo, candidato sia nella lista regionale che in quella provinciale di Teramo, si trovava nella situazione di "incandidabilità" prevista dall'art. 15 L. 19.3.1990 n.55, per essere stato condannato con sentenza irrevocabile alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione per il reato di falso ideologico in atti pubblici (art. 479 c.p.), i ricorrenti deducevano l'invalidità dell'intera consultazione elettorale in quanto inficiata dalla illegittima partecipazione alla relativa competizione di un candidato che rivestiva una posizione particolarmente rilevante, in quanto inserito nel c.d. listino (lista regionale), e che aveva conseguito un numero particolarmente elevato di preferenze nella lista provinciale di Teramo (12.972).
2.2- Resistevano in giudizio la Regione Abruzzo, il Presidente della Giunta Regionale On.le Giovanni Pace, il Dott. Rocco Salini ed altri Consiglieri eletti nella lista regionale n.1 eccependo, sotto diversi profili, l'inammissibilità e l'irricevibilità del ricorso, negando la sussistenza della causa di incandidabilità assunta a fondamento del gravame, deducendo l'illegittimità costituzionale dell'art.15 L. n.55/90, e contestando, da ultimo, il presunto effetto invalidante dell'intera consultazione elettorale attribuito dai ricorrenti alla partecipazione di un soggetto incandidabile.
2.3 Si costituivano anche Melilla Generoso ed altri Consiglieri eletti nella lista n.2, aderendo alle difese svolte nel ricorso ed invocando l'accoglimento delle relative domande.
2.4- Con la decisione appellata il T.A.R. disattendeva tutte le eccezioni pregiudiziali e preliminari dedotte dalle parti resistenti e controinteressate, negava l'invocata rimessione alla Corte Costituzionale della questione di costituzionalità dell'art.15 L. n.55/90, accertava incidentalmente la sussistenza dell'incandidabilità del Dott. Rocco Salini e giudicava la competizione elettorale radicalmente viziata dalla partecipazione alla stessa del predetto candidato, privo del diritto di elettorato passivo, con conseguente obbligo di ripetizione della consultazione per l'elezione del Presidente della Giunta e del Consiglio Regionale dell'Abruzzo.
2.5- Avverso l'anzidetta decisione sono stati proposti gli appelli descritti in epigrafe.
Si premette che la sostanziale identità delle questioni di diritto introdotte con i relativi ricorsi (nonostante le trascurabili differenze registrabili tra le relative prospettazioni difensive) ne consente una trattazione congiunta.
3.- Va preliminarmente esaminata l'eccezione, formulata oralmente dagli appellati nel corso dell'udienza di discussione, di inammissibilità dell'appello in quanto introdotto con la notificazione del relativo ricorso agli appellati anziché con il tempestivo deposito in segreteria, con, conseguente, asserita violazione dell'art.83/11 D.P.R., 16 maggio 1960, n.570.
L'eccezione è infondata e va respinta.
Ai sensi del combinato disposto degli artt.83/12 D.P.R. n.570/60 e 29 L. n.1034/71, che dettano la disciplina del giudizio di appello nelle controversie elettorali, quest'ultimo si svolge, infatti, in deroga alla procedura speciale stabilita per quello di primo grado, secondo le regole ordinarie del processo dinanzi al Consiglio di Stato, ivi comprese quelle relative all'instaurazione del contraddittorio, di talchè l'introduzione del ricorso per mezzo della sua notificazione alle controparti, in quanto conforme al regime procedurale applicabile alla presente fase, si appalesa del tutto rituale ed immune dal vizio denunciato con l'eccezione esaminata.
4.- Gli appellanti, di contro, ripropongono le eccezioni preliminari, meglio di seguito illustrate, disattese con la decisione appellata.
Si premette che merita dare conto del contenuto delle relative eccezioni pregiudiziali, ancorchè non esaminate per le ragioni appresso precisate, al fine di chiarire il percorso logico che ha condotto alla decisione di prescindere dalla loro disamina.
4.1- Le questioni processuali attengono essenzialmente alla rituale introduzione del giudizio in primo grado.
Viene dedotta, innanzitutto, l'inammissibilità del ricorso originario per omessa notifica all'On.le Giovanni Pace ed alla Regione Abruzzo nonchè agli Uffici elettorali, circoscrizionale e centrale, ritenuti parti necessarie.
Si assume, inoltre, l'irricevibilità del ricorso in quanto tardivamente depositato sia rispetto all'ammissione del Dott. Salini alla competizione elettorale (in relazione alla quale il termine doveva computarsi a far data dalla pubblicazione delle liste o, al più tardi, dallo svolgimento delle elezioni) sia con riferimento alla proclamazione degli eletti da parte dell'ufficio elettorale circoscrizionale di Teramo.
I ricorrenti eccepiscono, ancora, l'inammissibilità del ricorso in primo grado per difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo in ordine alla cognizione, in via incidentale, della questione relativa all'incandidabilità del Dott. Salini, giacchè riservata alla giurisdizione del Giudice Ordinario e sottratta alla delibazione incidenter tantum da parte del T.A.R. ai sensi dell'art.8 L. n.1034/71 (in quanto asseritamente relativa allo stato o alla capacità delle persone).
4.2- Oltre a contestare la ritualità dell'introduzione del giudizio in primo grado, gli appellanti, ancora in via preliminare, assumono l'inapplicabilità al caso di specie dell'art. 15 L. n.55/90 e successive modificazioni e ne sostengono, comunque, l'incostituzionalità.
Viene, innanzitutto, dedotta l'intervenuta abrogazione esplicita, per effetto dell'art.274 lett.v) D. Lgs. n.267/00, degli artt.1 e 4 II comma L.n.16/1992, modificativi e sostitutivi dell'art.15 L. n.55/90, e, quindi, il difetto della vigenza della disposizione in base alla quale è stata ritenuta l'incandidabilità del Salini.
Alcuni ricorrenti, inoltre, contestano l'applicabilità al caso di specie della causa impeditiva sancita dalla norma citata deducendo, a sostegno di siffatto assunto, il rilievo dell'intervenuta sospensione della condanna penale e della equiparabilità del divieto in questione alle pene accessorie, e segnatamente all'interdizione dai pubblici uffici.
Tutti gli appellanti eccepiscono, ancora, l'incostituzionalità dell'art.15 L. n.55/90, sotto diversi profili, ed invocano la rimessione della questione all'esame del Giudice delle leggi.
Si prospetta, in proposito, l'ingiustificata disparità di trattamento tra i candidati alla carica di consigliere regionale che si trovano in una delle condizioni di cui al comma 1 dell'art.15 L. n.55/90 ed i candidati alla carica di parlamentare, ai quali non si applica il medesimo divieto.
Gli appellanti denunciano, poi, la violazione dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità della disposizione citata nella parte in cui stabilisce il medesimo impedimento quale conseguenza di condanne per reati tra loro non comparabili od equiparabili quanto a gravità e disvalore sociale.
Si critica, infine, la sentenza appellata nella parte in cui non ha pronunciato la cessazione della materia del contendere quale conseguenza delle sopravvenute dimissioni del Dott. Salini dalla carica di consigliere regionale, per avere medio tempore conseguito quella di senatore, e della conforme statuizione della Corte d'Appello dell'Aquila (specificamente investita dell'accertamento dell'incandidabilità).
4.3- Le parti appellate difendono il convincimento espresso dai primi giudici circa l'infondatezza di tutte le eccezioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, invocandone la reiezione.
4.4- In sintesi, gli odierni ricorrenti insistono nelle eccezioni intese ad ottenere la declaratoria dell'inammissibilità o dell'irricevibilità del ricorso originario, per il difetto di uno dei presupposti processuali sopra indicati, negando contestualmente, con le diverse tesi appena illustrate, l'applicabilità al caso di specie dell'ipotesi di incandidabilità accertata in prime cure in capo al Dott. Salini.
Il Collegio, ben consapevole della natura logicamente antecedente, nella disamina degli appelli, delle questioni dianzi riassunte, reputa, tuttavia, di prescindere dal loro scrutinio e di definire la controversia nel merito, anche tenuto conto della rilevanza degli interessi pubblici sottesi al dibattito, affrontando e risolvendo la questione centrale della legittimità delle elezioni controverse.
Anche ammettendo, infatti, la (peraltro dubbia) ritualità dell'introduzione del giudizio in primo grado e riconoscendo la sussistenza della situazione di incandidabilità del Dott. Salini, si perviene, comunque, alla reiezione, per come appresso argomentata, dell'azione proposta in primo grado ed intesa ad ottenere l'invalidazione dell'intera consultazione elettorale.
Tenuto, pertanto, conto dell'economia del percorso argomentativo sotteso alla presente decisione nonché degli interessi relativi alle posizioni processuali contrapposte, il Collegio ritiene che l'infondatezza del ricorso originario lo esima dalla delibazione delle eccezioni preliminari, senza che siffatta omissione pregiudichi alcuna delle parti in causa.
5.- Nel merito, la questione controversa può riassumersi nei seguenti termini.
Ammessa l'illegittimità della partecipazione del Dott. Salini alla competizione elettorale, le parti dibattono sulla misura delle conseguenze invalidanti riconducibili all'anzidetta incandidabilità.
Mentre, infatti, gli originari ricorrenti assumono che la partecipazione alle elezioni di un soggetto incandidabile è idonea ad alterare la regolarità dell'intera consultazione e, quindi, ad inficiarne la validità (vitiatur et vitiat), gli appellanti contestano tale assunto, sostenendo, di contro, che l'elezione di un candidato privo, ai sensi dell'art.15 L. n.55/90, del diritto di elettorato passivo si risolve nella nullità della stessa elezione, senza ulteriori effetti invalidanti (vitiatur sed non vitiat).
Così definite le tesi difensive contrapposte, si devono illustrare le ragioni addotte dalle parti a sostegno dei rispettivi assunti.
5.1 Gli appellanti sostengono, in estrema sintesi, che la decisione appellata è fondata su congetture, di natura politologica e, perciò, metagiuridica, sfornite di qualsivoglia riscontro probatorio (risolvendosi, così, in un inammissibile "processo alle intenzioni" dell'elettore); assumono, altresì, che la preferenza data al Salini nella lista provinciale si estende, per legge, alla lista regionale maggioritaria e che, quindi, la nullità della prima non si riverbera sulla validità del voto dato alla seconda; deducono, ancora, che, comunque, neanche la presenza del Dott. Salini nel c.d. listino è idonea ad invalidare il voto nel maggioritario, in considerazione della esclusiva visibilità politica del candidato Presidente, e, da ultimo, che non è stata adeguatamente esaminata l'incidenza sul risultato finale del c.d. "voto disgiunto".
I ricorrenti negano, inoltre, rilevando le differenze tra le diverse fattispecie, l'applicabilità alla presente vicenda dell'orientamento giurisprudenziale, richiamato dalle controparti, formatosi in tema di nullità delle elezioni comunali nei casi di incandidabilità del Sindaco nonché dei principi affermati da questa Sezione in occasione dell'esame del noto caso delle elezioni regionali del Molise. Invocano, da ultimo, l'istituto della surroga, previsto dall'art.16 L. n.108/68 e diretto a disciplinare il caso di seggio rimasto vacante.
5.2 I resistenti difendono il convincimento espresso dal T.A.R., negando, in particolare, l'applicabilità al caso di specie della surroga, richiamando i precedenti giurisprudenziali sopra ricordati, ribadendo la configurabilità dell'effetto inquinante dedotto a sostegno del ricorso originario e deducendo la correttezza della valutazione compiuta dai primi giudici circa la nullità dell'ammissione della candidatura del Salini e l'invalidità radicale di tutti gli atti conseguenti del procedimento elettorale, ivi compresa la proclamazione degli eletti.
5.3 Così definiti i limiti del merito della controversia, si deve osservare che il T.A.R. ha fondato il giudizio di illegittimità delle elezioni in contestazione sul rilievo della nullità della determinazione ammissiva della candidatura del Salini per violazione dell'art.10 L.n.108/98, sull'accertamento dell'invalidità, derivata, degli atti conseguenti (ivi compresa la presentazione della lista regionale), sull'esclusione dell'ammissibilità della surroga invocata dai resistenti e, da ultimo, sulla verifica dell'effetto di "trascinamento" desunto dal numero di preferenze conseguito dal Salini nella lista provinciale nonchè dall'esiguità del distacco tra le due coalizioni contendenti.
6.- Come già rilevato, ammessa la sussistenza della presupposta situazione di incandidabilità del Dott. Salini, la controversia è circoscritta alla disamina della natura degli effetti invalidanti prodotti dalla indebita partecipazione alla competizione elettorale, nella lista provinciale ed in quella regionale, di un candidato sprovvisto della relativa legittimazione e della necessaria capacità.
La questione, per la sua complessità, esige una preliminare, ancorchè sintetica, ricognizione delle modalità di svolgimento, per quanto qui rilevano, delle elezioni del Presidente della Giunta Regionale e del Consiglio Regionale, per come definite dal combinato disposto degli artt. 1 e ss. L. 23 febbraio 1995 n. 43 e 5 L. Cost. 22 novembre 1999 n.1.
6.1- Il sistema regolato dalla normativa citata prevede un duplice meccanismo di elezione dei Consiglieri Regionali; distinguendosi una quota di seggi (quattro quinti) assegnati sulla base di liste provinciali concorrenti, secondo le disposizioni dettate nella L. n.108/68, dalla porzione residua (un quinto) attribuita con sistema maggioritario, sulla base di liste regionali concorrenti.
Tra una o più liste provinciali e una lista regionale deve essere dichiarato il collegamento al momento della presentazione della seconda.
La votazione avviene su un'unica scheda nella quale sono riportati sia i simboli delle liste provinciali, a fianco dei quali è riservato uno spazio per l'indicazione di un'eventuale preferenza, sia i contrassegni di quelle regionali collegate, con la relativa indicazione del capolista (candidato alla Presidenza della Giunta Regionale).
Quanto alle modalità di voto, è previsto che l'elettore esprime la propria scelta per una lista provinciale, indicando, se lo ritiene, la relativa preferenza; che si può votare anche per una lista regionale non collegata con quella provinciale prescelta e, da ultimo, che, se il voto è limitato alla sola lista provinciale, lo stesso si intende validamente espresso anche a favore della lista regionale collegata.
L'elezione alla carica di Presidente della Giunta Regionale si svolge contestualmente a quella per il rinnovo dei rispettivi Consigli. Viene, infine, proclamato eletto alla suddetta carica il candidato capolista della lista regionale che ha conseguito il maggior numero di voti in ambito regionale.
6.2- Così sinteticamente descritta la disciplina legislativa delle elezioni contestate, si deve esaminare la questione dell'ampiezza dell'invalidità determinata dall'abusiva partecipazione alla competizione di un candidato compreso in entrambe le liste (proporzionale e maggioritaria) sopra indicate.
7.- Rileva, innanzitutto, il Collegio, esaminando la principale censura svolta dagli appellanti, che il ricorso a processi logici sforniti di adeguato sostegno normativo è ammissibile nei soli casi in cui la fattispecie considerata non sia specificamente prevista e regolata da una disposizione di legge. Viceversa, nelle ipotesi in cui il caso controverso risulti riconducibile ad una fattispecie astratta positivamente disciplinata, il giudizio va formulato in applicazione del relativo regime normativo.
7.1 In coerenza con tale premessa metodologica e con il relativo criterio di indagine, si osserva che gli effetti dell'illegittima elezione di un soggetto che si trova in una delle condizioni (che determina l'incandidabilità) previste dall'art.15 I comma L. n.55/90 risultano, a ben vedere, espressamente contemplati e definiti dall'ordinamento sicchè la risoluzione della questione controversa non può prescindere dall'esegesi e dalla conseguente applicazione delle disposizioni specificamente dirette a regolare il caso contestato.
L'art.15 IV comma L. n.55/90 stabilisce, infatti, chiaramente che l'elezione di un soggetto incandidabile è nulla, aggiungendo che l'organo che ha deliberato la convalida dell'elezione è tenuto a revocarla.
L'anzidetta disposizione, incontestabilmente applicabile al caso in esame, sanziona espressamente con la nullità la sola elezione del candidato che si trova in una delle condizioni ostative contemplate dal I comma e circoscrive, dunque, la portata delle conseguenze invalidanti riconducibili a tale fattispecie alla radicale invalidità dell'elezione del solo soggetto incandidabile.
L'ipotizzata illegittimità dell'intera consultazione elettorale, quale effetto dell'indebita partecipazione di un candidato privo della relativa capacità, risulta, pertanto, chiaramente, sebbene implicitamente, esclusa dal Legislatore (con scelta, libera, certamente meditata nelle sue conseguenze e, perciò, vincolante per l'interprete) là dove, occupandosi di regolare le conseguenze della situazione considerata, ha limitato la sanzione della nullità alla sola elezione dell'incandidabile ed ha prescritto all'organo che ne ha deliberato la convalida di provvedere alla sua revoca.
7.2- In ordine a quest'ultima parte del precetto esaminato, appare chiaro, secondo un'agevole ed univoca lettura logico-sistematica della norma, che l'attribuzione all'organo che ha convalidato l'elezione del soggetto incandidabile, e cioè allo stesso Consiglio Regionale contestualmente eletto (al quale è riservata la convalida dell'elezione dei propri componenti ai sensi dell'art.17 L. n.108/68), del potere di provvedere alla revoca di quest'ultima postula indefettibilmente la validità della costituzione dell'organo elettivo, in quanto titolare della competenza assegnatagli dalla norma, ed esclude, al contempo, qualsivoglia dubbio circa la configurabilità della nullità delle intere elezioni (posto che, se si ammettesse questa possibilità, la disposizione risulterebbe priva di senso).
7.3- Il regime dianzi delineato, procedendo alla necessaria disamina della sua ratio, risulta precipuamente diretto a realizzare i preminenti interessi pubblici agevolmente ravvisabili nell'esigenza di garantire la stabilità degli organi elettivi, di favorire il rispetto della volontà degli elettori, di assicurare la certezza dei risultati elettorali, di conservare l'efficacia degli atti del procedimento elettorale non direttamente incisi dall'elezione dell'incandidabile e di ripristinare la situazione di legalità, vulnerata da quest'ultima, per mezzo dell'esclusione ex post del solo soggetto illegittimamente eletto e la surroga, come chiarito appresso, del seggio divenuto vacante.
Diversamente opinando, ammettendo, cioè, che la partecipazione di un soggetto incandidabile possa alterare la regolarità della competizione e determinare, quindi, la sua invalidità, si impedirebbe la realizzazione degli interessi pubblici connessi alla certezza ed alla stabilità degli effetti prodotti dalla competizione elettorale, con inammissibile violazione della norma richiamata, per come intesa in relazione alla ratio evidenziata.
La partecipazione di un incandidabile, accedendo alla tesi prospettata dagli originari ricorrenti ed accolta dal T.A.R., determinerebbe, invero, l'inaccettabile conseguenza di esporre i risultati elettorali, e, quindi, i relativi organi elettivi, ad una situazione di precarietà ed incertezza e l'attribuzione al Giudice Amministrativo di una potestà valutativa arbitraria (in quanto basata su parametri metagiuridici) in ordine alla regolarità della consultazione, con conseguente grave nocumento del rigore richiesto dall'esercizio della giurisdizione di legittimità.
7.4 L'esame della disciplina positiva della situazione controversa conduce, inoltre, al rinvenimento nell'ordinamento della soluzione stabilita per il superamento della situazione di stallo creatasi a seguito della revoca dell'incandidabile eletto.
Non solo, infatti, il legislatore ha provveduto a circoscrivere la portata invalidante dell'elezione del soggetto incandidabile, ma, con diverse disposizioni, ha anche dettato le regole per l'assegnazione del seggio divenuto vacante a seguito della revoca dell'elezione invalida.
Il combinato disposto degli artt.1 e 16 L.n.108/68 e 76 D.P.R. n.570/60 prevede, infatti, espressamente l'attribuzione del seggio rimasto vacante (per qualsiasi causa, ivi compresa la nullità, anche se sopravvenuta) al candidato che, nella stessa lista e circoscrizione, segue immediatamente l'ultimo eletto.
L'univoca formulazione letterale delle disposizioni richiamate, unitamente alla loro portata generale, impone un'esegesi aderente al relativo dato testuale, in coerenza con il noto canone ermeneutico in claris non fit interpretatio, ed impedisce, di conseguenza, ogni lettura che escluda dalla possibilità di surroga situazioni di fatto non espressamente contemplate come estranee all'ambito applicativo della previsione considerata.
In particolare, l'espressione, contenuta nell'art.16 L. n.108/68, "per qualsiasi causa, anche se sopravvenuta" indica la chiara volontà del legislatore di dettare una regola generale per tutte le situazioni nelle quali, in seguito alle elezioni, il seggio, originariamente assegnato, sia rimasto vacante, garantendo così il funzionamento e l'integrità dell'organo elettivo.
7.5 Non possono perciò condividersi le ragioni addotte dagli originari ricorrenti e dal T.A.R. a sostegno della ritenuta inammissibilità della surroga prevista dall'art.16 L. n.108/68.
Con la decisione appellata è stato, al riguardo, circoscritto l'ambito applicativo della disposizione citata ai soli casi in cui il consigliere da sostituire sia stato legittimamente eletto, con conseguente esclusione delle ipotesi, quale quella in esame, in cui il soggetto da surrogare sia privo del diritto di elettorato passivo.
Gli appellati deducono, a sostegno dell'anzidetta tesi, il rilievo che la possibilità della surroga si rivela confliggente con la specifica funzione della norma, indicata nell'esigenza di evitare che soggetti ritenuti indegni possano ricoprire cariche elettive, nonchè suscettibile di utilizzazioni strumentali e fraudolente, quale la candidatura di un soggetto privo della relativa capacità e la successiva sua surroga con altro candidato, incapace di conseguire lo stesso numero di preferenze del primo.
La suddetta tesi ed i presupposti argomenti appena illustrati, tuttavia, si rivelano incompatibili e confliggenti con il chiaro dettato della disposizione che, autorizzando la sostituzione in tutti i casi in cui "per qualunque causa, anche se sopravvenuta" il seggio sia rimasto vacante, disciplina palesemente anche le situazioni nelle quali la vacanza sia ascrivibile a cause antecedenti l'elezione (quale ad esempio l'incandidabilità).
7.6 Le medesime deduzioni appaiono, inoltre, afflitte da un insanabile vizio logico.
Gli odierni resistenti assumono, infatti, a fondamento della tesi dell'inapplicabilità dell'art.16 l. cit. (e quale principale argomento contrario) che il riconoscimento dell'ammissibilità della surroga si risolverebbe nella vanificazione dello scopo della norma di impedire l'elezione del soggetto incandidabile.
Senonchè, la disposizione controversa risulta proprio diretta a regolare il caso in cui il candidato, ancorchè privo della relativa legittimazione, sia stato eventualmente eletto, sicchè l'elezione dell'incandidabile non costituisce un effetto dell'applicazione dell'art.16 l. cit., ma la stessa fattispecie disciplinata.
Negando la possibilità della surroga dell'incandidabile non si evita, quindi, che questi possa essere eletto, ma si impedisce l'attuazione del meccanismo di sostituzione del seggio rimasto vacante in seguito alla prescritta revoca e si predilige una lettura della norma che determina, quale grave ed inaccettabile effetto, una incolmabile lacuna nella disciplina della predetta situazione.
Quanto, poi, alle paventate utilizzazioni distorsive della sostituzione successiva, è sufficiente rilevare che l'ordinamento appresta strumenti idonei ad evitare la partecipazione dell'incandidabile alla competizione elettorale (quali l'esercizio dei poteri istruttori attribuiti agli Uffici Elettorali sulla verifica del possesso dei requisiti di capacità dei candidati e l'immediata, tempestiva, impugnazione giurisdizionale degli atti ammissivi della candidatura illegittima) e che la possibile strumentalizzazione fraudolenta (e cioè per fini, illeciti, diversi da quelli perseguiti dal Legislatore) di una norma di legge non può, in ogni caso, costituire argomento idoneo ad escluderne l'applicazione a situazioni palesemente comprese nel relativo ambito applicativo.
7.8- Il T.A.R. ha, infine, escluso l'ammissibilità della surroga anche sulla base del rilievo, ritenuto a quei fini ostativo, della insanabilità degli atti giuridici nulli.
Detto argomento va respinto in quanto frutto di un palese errore logico nell'analisi della fattispecie considerata.
Con la sostituzione del soggetto rimosso, infatti, non si provvede, come erroneamente ritenuto dal T.A.R., a sanare la situazione colpita dalla sanzione dell'invalidità assoluta (ciò che sarebbe accaduto esclusivamente nel diverso caso della conferma dell'elezione dell'incandidabile) ma solo a garantire la produzione dei (necessari) effetti sostitutivi di quelli che l'atto nullo è inidoneo a costituire (e cioè la copertura del seggio originariamente assegnato all'incandidabile eletto).
7.9- Va, da ultimo, ricordato che questa Sezione ha già accertato, seppur incidentalmente, l'ammissibilità della sostituzione di un candidato consigliere comunale che si trovi in una delle condizioni previste dall'art. 15 I comma l. cit. (Cons. Stato, Sez. V, 13 settembre 1999, n.1052) e non si ravvisano ragioni, anche tenuto conto dell'univoco significato dell'art.16 L. n. 106/68, per mutare il convincimento già espresso nella citata decisione.
7.10- Così individuata, interpretata e definita la normativa diretta a disciplinare gli effetti dell'elezione di un candidato privo della relativa capacità, si deve rilevare che ha errato il T.A.R. ad estendere la nullità a tutto il procedimento elettorale, e quindi anche ad atti diversi ed ulteriori rispetto a quelli direttamente colpiti dalla relativa sanzione, anziché attenersi alla puntuale applicazione del regime normativo al caso controverso.
I primi giudici hanno, in particolare, dedotto dalla nullità dell'elezione del Dott. Salini e da quella, presupposta, dell'ammissione della sua candidatura, per violazione dell'art.10 L. n.108/68 (là dove prescrive agli Uffici elettorali la cancellazione dalle liste dei nomi degli incandidabili) la radicale invalidità derivata di tutti gli atti conseguenti del procedimento elettorale, ivi compreso il risultato finale.
Senonchè siffatto procedimento logico, seppure astrattamente corretto nei casi in cui la legge non regola le conseguenze degli atti invalidi, si appalesa del tutto errato e censurabile nelle ipotesi, quale quella in esame, nelle quali gli effetti invalidanti sugli atti procedimentali successivi sono espressamente disciplinati.
7.11- Si deve, in conclusione, giudicare errata la decisione appellata nelle parte in cui, omettendo la puntuale applicazione degli artt. 15 IV comma L. n.55/90 e 16 L. n.108/68, ha accertato l'invalidità dell'intera consultazione elettorale controversa, quale diretta conseguenza della illegittima partecipazione alla stessa del Dott. Salini, e ha negato la possibilità della sostituzione del candidato invalidamente eletto.
Le considerazioni sopra espresse appaiono sufficienti, in definitiva, ad accogliere l'appello e, in riforma della decisione impugnata, a respingere il ricorso proposto in primo grado.
8.- Il Collegio ritiene, ancora, utile chiarire, ad abundantiam rispetto alle dirimenti considerazioni già svolte, come ad analoghe conclusioni si perverrebbe anche seguendo il diverso iter argomentativo (percorso dal T.A.R.) fondato sull'analisi del voto. Quand'anche, infatti, si intendesse procedere, prescindendo dall'applicazione del dettato dell'art.15 IV comma L. n.55/90, alla disamina dell'incidenza della indebita partecipazione del Dott. Salini sulla regolarità delle elezioni, secondo gli ordinari parametri di valutazione della legittimità delle competizioni elettorali, si giungerebbe, comunque, al convincimento della validità del risultato contestato .
8.1- Procedendo a tale indagine il T.A.R. ha, in particolare, verificato, sulla base del presupposto esame dell'incidenza della candidatura del Dott. Salini nel c.d. listino (lista regionale su base maggioritaria) nonchè dell'apprezzamento del brillante risultato da lui conseguito nella lista provinciale (su base proporzionale), la sussistenza, in conseguenza di un non meglio definito effetto di "trascinamento", dell'inquinamento delle intere operazioni elettorali.
A sostegno di tale conclusione viene, inoltre, richiamato, per presunta analogia, l'orientamento giurisprudenziale (come si vedrà, inconferente) formatosi in tema di invalidità delle elezioni comunali nei casi di incandidabilità del Sindaco.
Le parti controvertono sulla correttezza di siffatto giudizio, sostenendo, con dovizia di argomentazioni, le rispettive tesi.
8.2- Ai fini della risoluzione del problema appena illustrato, giova premettere una sintetica analisi della decisiva questione dei rapporti, secondo il vigente sistema delle elezioni regionali, tra il voto di preferenza (attribuito nella lista provinciale) e quello assegnato alla lista regionale (c.d. listino).
Posto, infatti, che, nel caso in esame, risulta sicuramente viziato il voto di preferenza assegnato al Salini, vanno definiti gli effetti di quest'ultimo su quello contestualmente attribuito alla lista regionale collegata (la cui validità si appalesa determinante nella formulazione del giudizio di legittimità del risultato elettorale).
8.3 Dalla disciplina dettata dall'art. 2 L. 23 febbraio 1995 n.43 si ricava, innanzitutto, che il voto espresso dall'elettore, quando risulta assegnata una preferenza, si compone necessariamente di una duplice, distinta, manifestazione di volontà: quella, necessariamente esplicita, diretta alla scelta del candidato nella lista provinciale (e quindi a quest'ultima) e quella, esplicita od implicita, intesa alla scelta della lista regionale (e quindi al suo capolista, candidato Presidente).
Va, ancora, rilevato che il voto alla lista regionale si considera sempre espresso e che, per presunzione legale (cfr. ultimo periodo dell'art.2 l. cit.), qualora l'elettore abbia votato solo per la lista provinciale, la scelta si intende validamente manifestata anche a favore della lista regionale collegata.
Si ricorda, da ultimo, che l'art.2 l. cit. autorizza anche il c.d. voto disgiunto, e cioè l'espressione di un voto per una lista regionale non collegata a quella provinciale votata.
8.4- Dal regime di voto appena descritto, si ricava, innanzitutto, una sostanziale autonomia del voto di lista rispetto a quello di preferenza.
Là dove, infatti, il legislatore stabilisce che l'indicazione del solo voto di preferenza (od a favore della lista provinciale) comporta l'automatica valida espressione del voto a favore della lista regionale collegata, presume, evidentemente, (con insindacabile valutazione astratta) che, con l'indicazione manifestata sulla scheda, l'elettore abbia inteso effettivamente, ancorchè tacitamente, scegliere anche la lista regionale ed il suo capolista quale conseguenza della preferenza accordata ad un candidato in una lista provinciale a quella collegata.
La stessa possibilità del voto disgiunto conferma ed avvalora, inoltre, il convincimento circa l'autonomia del voto di lista rispetto a quello di preferenza.
Si tratta, in sostanza, di due scelte contestuali ma distinte, una, di ordine personale, a favore del candidato ed una, di natura politica, a favore del partito o della coalizione concretamente (anche se presuntivamente) prescelti, che concorrono entrambe, sotto due diversi profili, a palesare la volontà dell'elettore complessivamente riassunta nella compilazione della scheda.
8.5- I rapporti tra le modalità di voto considerate vanno ulteriormente chiariti evidenziando la prevalenza del voto di lista su quello di preferenza.
Argomentando dal disposto dell'art.57 VII comma D.P.R. n.570/60, richiamato per le elezioni regionali dall'art.1 L. n.108/68 (non abrogato dalla L. n.43/95), che sancisce l'inefficacia della preferenza attribuita a candidati compresi in una lista diversa da quella votata e che conferma, implicitamente, la validità del voto di lista, questo Giudice ha, infatti, affermato, con univoco orientamento, il principio della preminenza di quest'ultimo su quello di preferenza (Cons. Stato, Sez. V, 31 dicembre 1998, n.2002, Cons. Stato, Sez.V, 27 settembre 1996, n.1176, Cons. Stato, Sez. V, 2 maggio 1996, n.503).
Tale orientamento, ancorchè relativo ad una fattispecie diversa da quella in esame (preferenza assegnata a candidato compreso in lista diversa da quella votata), indica, tuttavia, il principio generale della preminente importanza del voto di lista (in conformità alla chiara volontà legislativa ricavabile dalla disposizione sopra richiamata), in applicazione del quale, in presenza dell'indicazione di un'espressione di voto contraddittoria ed incoerente, viene accordata prevalenza al voto di lista rispetto a quello, difforme, di preferenza (che resta, così, inefficace).
8.6- Dagli anzidetti principi generali (autonomia del voto di lista rispetto a quello di preferenza e prevalenza, comunque, del primo sul secondo) consegue che, con qualsiasi modalità l'elettore abbia compilato la scheda, il voto assegnato alla lista resta immune dal vizio che inficia la validità della preferenza, a causa dell'incandidabilità del soggetto votato.
Non si pone, innanzitutto, alcun problema, ai fini che qui rilevano, di validità ed efficacia del voto di lista nei casi in cui l'elettore abbia espressamente votato la lista regionale, vuoi quella avversaria (con il c.d. voto disgiunto) vuoi quella collegata. Mentre, infatti, nella prima ipotesi l'eventuale nullità della scheda risulta certamente ininfluente, non avendo concorso quel voto al contestato successo della lista n.1, nel secondo caso la manifesta, ed autonoma, volontà di votare il capolista della lista collegata impedisce di ritenere invalida siffatta scelta.
Anche, comunque, nel caso, meno semplice, in cui l'elettore abbia indicato la sola preferenza per il Dott. Salini nella lista provinciale, l'invalidità del voto dato alla lista collegata va esclusa in considerazione della già rilevata autonomia di quest'ultimo. La ricordata presunzione legale di estensione del voto impone, infatti, di giudicare la tacita scelta della lista collegata come distinta dalla preferenza e, conseguentemente, efficace, nonostante l'invalidità di quest'ultima.
8.7- Né tale conclusione risulta inficiata dal rilievo, assunto a sostegno della decisione appellata, che la candidatura del Dott. Salini anche nella lista regionale determina, per l'inscindibilità di quest'ultima, l'invalidità del voto dato al listino a prescindere dalle concrete modalità di espressione dello stesso (in maniera esplicita o per presunzione legale).
Dall'osservazione dell'astratta possibilità di attrazione di voti, ad opera del Dott. Salini, a favore del candidato Presidente (capolista del c.d. listino) e dalla verifica delle convergenti indicazioni probatorie desunte dall'esigua misura dello scarto tra le due coalizioni e dalla maggiore entità delle preferenze ottenute dal suddetto candidato nel proporzionale, il T.A.R. ha ricavato la prova dell'alterazione della regolarità del procedimento elettorale, sotto il profilo della lesione della necessaria trasparenza, e, quindi, dell'inquinamento della consultazione.
Secondo i primi giudici, in definitiva, il mero sospetto che l'illegittima partecipazione del Dott. Salini alla competizione nella quota maggioritaria possa aver determinato, in forza di un decisivo trascinamento del consenso personale in favore della lista regionale, la vittoria della coalizione denominata "Per l'Abruzzo", pur nella riconosciuta impossibilità di verificare, nel listino, quale parte dei voti ottenuti dal capolista sia stata effettivamente determinata dalla sua presenza, autorizzerebbe ed, anzi, imporrebbe la declaratoria dell'invalidità dell'intera consultazione elettorale e l'obbligo della sua rinnovazione.
8.8- Siffatto assunto non può essere condiviso in quanto privo di ogni fondamento normativo o, comunque, logico.
Premesso, infatti, che, ai sensi dell'art. 5 L. Cost. n.1/99, "è proclamato eletto Presidente della Giunta Regionale il candidato che ha conseguito il maggior numero di voti validi in ambito regionale", che, in virtù dell'art.2 L. n.43/95, sull'unica scheda per l'elezione dei Consigli Regionali viene indicato, nella parte riservata alla lista regionale, il contrassegno di quest'ultima ed il nome e cognome del suo capolista (quale candidato alla Presidenza della Giunta Regionale) e che, quindi, sulla scheda non figurano i nomi dei candidati nel listino, si osserva che il voto dato, espressamente o presuntivamente, alla lista maggioritaria si intende dato, per esplicita previsione legislativa, al candidato Presidente e, comunque, alla coalizione politica di riferimento. Ne discende che va esclusa ogni rilevanza della ragione psicologica (ritenuta, ai nostri fini, indifferente dallo stesso legislatore) che ha determinato l'elettore ad assegnare il voto in questione.
L'indicazione normativa del beneficiario di quest'ultimo preclude, infatti, qualsiasi indagine (in quanto ininfluente) dell'effettiva intenzione (soggettiva) dell'elettore, posto che il significato (oggettivo) del voto esaminato è già stato definito in via astratta dal legislatore.
Nella situazione appena descritta, in definitiva, si deve presumere che l'elettore che ha votato il Dott. Pace intendeva votare proprio l'anzidetto capolista, palesando con siffatta manifestazione di volontà l'adesione al programma proposto dalla relativa coalizione e, soprattutto, la scelta personale del menzionato candidato quale guida politica della Regione.
8.9- In ogni caso, la rilevata incertezza circa i motivi che hanno indotto l'elettore a formarsi la volontà concretamente manifestata, se sia, cioè, prevalsa l'intenzione di favorire il candidato o la lista, e l'eventuale dubbio in ordine alla validità del voto dovrebbero, a tutto voler concedere, indurre all'applicazione del principio della conservazione degli atti giuridici (codificato dall'art.1367 c.c. in materia di interpretazione del contratto ma da intendersi quale canone di carattere generale), che impone di intendere un atto dal significato equivoco nel senso in cui può produrre qualche effetto anziché in quello secondo cui sarebbe inefficace, ovvero di quello del favor voti (di formazione giurisprudenziale e dal carattere specifico), che, nel dubbio circa la validità del voto, accorda preferenza, a tutela della salvezza della volontà dell'elettore, alla legittimità dello stesso (cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. V, 7 febbraio 2000, n.673).
In applicazione di tali principi generali, in conclusione, il mero sospetto del c.d. inquinamento della consultazione, in mancanza di un qualsivoglia riscontro probatorio e nella pacifica impossibilità di ricostruire dall'esterno il processo psicologico formativo della volontà dell'elettore, non solo non consente la caducazione del risultato elettorale, ma impone la conservazione degli atti del procedimento elettorale non direttamente colpiti dall'invalidità dell'elezione del singolo candidato e, nel dubbio circa l'incidenza della candidatura di questi sull'esito delle elezioni, la conferma della legittimità della consultazione.
8.10- Diversamente opinando, infatti, si perverrebbe all'inaccettabile conclusione di eliminare gli atti di un procedimento elettorale e di negare la valida costituzione di un Consiglio Regionale sulla base di considerazioni di carattere meramente induttivo o presuntivo, la cui esattezza non risulta, quindi, controllabile, e nonostante la presunta legittimità del voto, prettamente politico, dato alla coalizione vincente ed al suo capolista (da valersi, questo sì, quale unico candidato visibile e trainante della lista regionale).
9.- L'analisi appena svolta del funzionamento delle elezioni regionali e dei rapporti tra il voto di preferenza e quello dato alla lista consente, da ultimo, di negare la sussistenza della dedotta analogia del caso di specie con altre fattispecie decise da questo Giudice nel senso dell'invalidazione dell'intera consultazione, con conseguente obbligo di rinnovo delle elezioni, e di disattendere, quindi, gli argomenti con i quali viene invocata l'applicazione alla presente controversia dei principi affermati con gli orientamenti richiamati.
9.1- Si tratta, innanzitutto, del caso delle elezioni comunali nelle quali il candidato Sindaco sia risultato privo, in seguito alle elezioni, della relativa capacità giuridica, per come definita dall'art.15 L n.55/90.
Con diverse decisioni, è stata, invero, ritenuta la radicale illegittimità dell'intera competizione elettorale in quanto viziata dall'incandidabilità del Sindaco (Cons. Stato, Sez. V, 13 settembre 1999 n.1052, Cons. Stato, Sez. V, 15 giugno 2000, n.3338), con conseguente obbligo di rinnovazione della consultazione.
Il predetto giudizio risulta, in particolare, espressamente fondato sul rilievo della peculiare funzione della candidatura del Sindaco nelle elezioni comunali e della conseguente incidenza della regolarità di questa ultima sulla legittima presentazione della lista dei candidati al consiglio comunale, per come definita e disciplinata dall'art.3 V comma L. 25 marzo 1993 n.81.
Il T.A.R., richiamando l'anzidetto indirizzo giurisprudenziale, ha ritenuto applicabile alla presente vicenda gli stessi principi enunciati con i precedenti citati, giudicando il caso oggi controverso analogo alle fattispecie ivi considerate.
Se, invero, l'annullamento delle elezioni comunali a causa della partecipazione di un candidato Sindaco incandidabile è stato motivato con riferimento alla violazione dell'art.3 V comma L. n.81/93, che impone la presentazione, insieme alla lista dei candidati al consiglio comunale, anche del nome e cognome del candidato alla carica di Sindaco e del relativo programma amministrativo, e, quindi, alla ritenuta invalidità della presentazione della lista, anche tenuto conto del carattere unitario di questa e del rapporto di integrazione tra il candidato Sindaco e la lista collegata, il T.A.R. ha reputato equiparabile alla fattispecie appena descritta quella dell'inserimento nel c.d. listino di un soggetto incandidabile.
Le ragioni della ritenuta analogia sono state individuate nell'inscindibilità ed unitarietà della lista regionale, nel rapporto di integrazione tra il candidato Presidente ed i candidati nel listino e nella conseguente illegittimità della presentazione di quest'ultimo in quanto composto da un soggetto incandidabile.
9.2- L'assunto dell'analogia tra le due fattispecie non può essere condiviso.
Premesso che non pare dubitabile la correttezza dell'orientamento richiamato, la sostanziale differenza tra la posizione assunta dal candidato Sindaco nelle elezioni comunali e quella rivestita dal candidato consigliere regionale nel maggioritario impedisce di riconoscere alcuna analogia tra le due situazioni.
Mentre, infatti, per espressa disposizione legislativa, l'indicazione del candidato Sindaco costituisce un elemento essenziale della valida presentazione della lista, attesa la rilevanza attribuita alla posizione di quello nel vigente sistema delle elezioni comunali, in quelle regionali, ancorchè la quota maggioritaria risulti riservata anche ai candidati nel listino, la medesima funzione costitutiva della valida presentazione della lista regionale può essere riconosciuta al solo candidato alla Presidenza della Giunta Regionale, unicamente indicato nella scheda quale capolista.
Posto, pertanto, che, in entrambi i sistemi, l'elezione dell'organo di vertice avviene con il metodo dell'elezione diretta del relativo candidato, non può non convenirsi che solo la situazione di incandidabilità di quest'ultimo, per la sua esclusiva visibilità politica e per la funzione essenziale della sua candidatura, può determinare la nullità dell'intera consultazione elettorale.
9.3- Né tale conclusione può ritenersi inficiata dall'obiezione che nelle elezioni regionali, a differenze che in quelle comunali, il candidato Presidente è solo il capolista di una lista formata da altri candidati nella quota maggioritaria e che, quindi, il voto dato al primo si intende espresso in favore dell'intera lista regionale.
Come già osservato, infatti, l'art.5 L. Cost. n.1/91 attribuisce esclusiva rilevanza, all'interno della lista regionale, alla posizione del candidato Presidente, definendo espressamente i voti espressi in ambito regionale come preferenze al capolista, sicchè la natura unitaria ed inscindibile del listino non vale a smentire il convincimento, avvalorato dall'anzidetta disposizione, della preminente ed essenziale funzione assolta dalla candidatura del Presidente nella regolarità della competizione su base maggioritaria.
La normativa di riferimento indica, in definitiva, la chiara volontà legislativa di valorizzare l'aspetto personale della candidatura alla carica di Presidente, concentrando su di essa l'attenzione politica della contesa, e di assegnare alla lista regionale una funzione meramente strumentale e secondaria (si veda, in proposito, Cons. Stato, Sez. V, 29 ottobre 2001, n.5643, relativamente ad un caso nel quale è stata esclusa, nell'ipotesi di dimissioni del candidato Presidente appartenente alla lista perdente, l'ammissibilità della surroga con il primo dei candidati non eletti della medesima lista).
9.4- Va, quindi, negata l'applicabilità, invocata dagli appellati, dei principi enunciati in tema di invalidità delle elezioni comunali per l'incandidabilità del Sindaco.
9.5- I resistenti affermano, inoltre, l'analogia della presente fattispecie con quella delle elezioni regionali del Molise, là dove la partecipazione alla consultazione di due liste illegittimamente ammesse aveva indotto questa Sezione ad accertare l'invalidità della competizione ed a stabilire l'obbligo della sua rinnovazione (Cons. Stato, Sez. V, 18 giugno 2001, n.3212).
Si sostiene, al riguardo, che la partecipazione senza titolo di un candidato nel maggioritario appare parimenti idonea, rispetto all'illegittima competizione di una lista, a pregiudicare la regolarità della consultazione elettorale.
9.6- L'asserita analogia tra i due casi è, tuttavia, smentita dal decisivo rilievo della diversa incidenza dell'indebita partecipazione di una lista o di un candidato, per quanto capace di attirare consenso, sulla determinazione degli equilibri politici, sulla correttezza della competizione e, in definitiva, sul suo esito.
La rilevata prevalenza, nella formazione della volontà dell'elettore, della scelta della lista, rispetto a quella del candidato, e la conseguente maggiore rilevanza dei partiti o delle loro coalizioni, rispetto ai singoli candidati (escluso, beninteso, il candidato Presidente nelle elezioni regionali ed il candidato Sindaco in quelle comunali), nelle dinamiche di una competizione politica impediscono, invero, di ritenere l'illegittima ammissione di un candidato alle elezioni idonea a turbare e ad alterare il regolare svolgimento di queste in misura tale da determinare la radicale invalidità dei risultati e da imporre il loro rinnovamento.
Diversamente, l'abusiva partecipazione alla competizione di una o più liste, come nel caso delle elezioni regionali del Molise, risulta senz'altro capace, squilibrando gli assetti politici delle coalizioni contrapposte, ad incidere sulla regolarità del voto, legittima il fondato sospetto che gli esiti della consultazione, in assenza delle liste da escludere, avrebbero potuto essere diversi ed impone, di conseguenza, la ripetizione delle elezioni.
9.7- Mentre, inoltre, le conseguenze dell'illegittima ammissione delle liste non risultano regolate dalla legge (né si vede come potrebbero esserlo, non essendo immaginabile un meccanismo analogo a quello della surroga del candidato invalidamente eletto), gli effetti dell'elezione dell'incandidabile sono, di contro, espressamente disciplinati. Se, quindi, le conclusioni raggiunte nel caso delle elezioni molisane erano autorizzate dall'assenza di uno specifico regime normativo, che legittimava il ricorso alle diverse valutazioni logiche ivi svolte, quelle invocate nella presente fattispecie non trovano analoga giustificazione.
9.8- Le segnalate, decisive, differenze tra il caso in esame e quello delle elezioni regionali del Molise inducono, pertanto, a negare l'applicabilità alla situazione dedotta nel presente giudizio dei principi affermati da questa Sezione con la decisione menzionata.
10.- Vanno, in definitiva, accolti gli appelli, riuniti, indicati in epigrafe e, in riforma della decisione impugnata, va, quindi, respinto il ricorso proposto in primo grado.
L'annullamento della sentenza impugnata esime, da ultimo, il Collegio dalla pronuncia sull'istanza cautelare proposta dagli appellati Di Rosa ed Acerbo, in quanto espressamente formulata per la sola ipotesi di reiezione degli appelli.
11.- La novità della questione principalmente controversa giustifica la compensazione delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, disattesa ogni diversa istanza, eccezione e deduzione, accoglie i ricorsi, contestualmente riuniti, indicati in epigrafe, e, per l'effetto, in riforma della sentenza del T.A.R. Abruzzo -L'Aquila n.7/2002 in data 9.1/17.1.2002, respinge il ricorso proposto in primo grado da Angelo di Rosa e Maurizio Acerbo;
dichiara compensate le spese processuali di entrambi i gradi di giudizio;
ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 16 aprile 2002, con l'intervento dei signori:
Agostino Elefante - Presidente
Paolo Buonvino - Consigliere
Francesco D'ottavi - Consigliere
Marzio Branca - Consigliere
Carlo Deodato - Consigliere Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Carlo Deodato f.to Agostino Elefante
Depositata in segreteria il 2 maggio 2002.