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n. 6-2002 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 3 giugno 2002 n. 3055 - Pres. Buonvino, Est. D'Ottavi - Signorini (Avv. Falchi) c. Unità Sanitaria Locale n. 21 della Sardegna - Cagliari (Avv. Contu) e Regione Sardegna ed altro (n.c.) - (conferma T.A.R. Sardegna-Cagliari, sent 19 maggio 1995, n. 744).

1. Pubblico impiego - Generalità - Riammissione in servizio - Costituisce un istituto di carattere generale che ha tuttavia natura eccezionale - Valutazione dei presupposti previsti e dell'interesse pubblico alla riammissione - Necessità.

2. Pubblico impiego - Dipendenti regionali - Riammissione in servizio - Prevista dall'art. 59, 1° comma, del D.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761 - Costituisce una facoltà dell'Amministrazione - Valutazione dell'interesse pubblico alla riammissione - Necessità.

1. L'istituto della riammissione del dipendente pubblico cessato dal servizio, pur essendo un istituto di carattere generale previsto a principale vantaggio dell'Amministrazione e (solo mediatamente) a vantaggio del dipendente, ha tuttavia carattere eccezionale rispetto alle modalità di instaurazione e di cessazione del rapporto di pubblico impiego; la riammissione di un dipendente pubblico cessato dal servizio costituisce non un obbligo ma una mera facoltà dell'Amministrazione che può essere esercitata, previa ricognizione (e motivazione) sulla sussistenza delle necessarie condizioni e, in particolare, sulla sussistenza di un interesse pubblico ad adottare il provvedimento (1).

2. L'art. 59, 1° comma, del D.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761, nel disporre che "il dipendente cessato dall'impiego per dimissioni . può essere riammesso in servizio con motivato provvedimento della Regione", prevede che la Regione non ha un obbligo giuridico alla riammissione del dipendente dimissionario, bensì la facoltà di riammettere il dipendente; tale facoltà può essere esercitata attraverso un motivato provvedimento circa l'esistenza di un interesse pubblico ad adottare una simile determinazione, stante il potere di amministrazione attiva in ipotesi riconosciuta dalla predetta norma (2).

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(1-2) Ha osservato in proposito la Sez. V che la norma contenuta nell'art. 59, primo comma, del D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, riproduce quella generale in materia di pubblico impiego (art. 132 D.P.R. n. 3/1957), la quale costituisce un vero e proprio principio di riferimento. Essa prevede solo la facoltà per l'Amministrazione di potere - sotto certe condizioni - riassumere l'impiegato dimissionario.

La generalità dell'istituto (le cui finalità principali sono per tutela e vantaggio dell'Amministrazione e, solo mediatamente, per il dipendente) nulla toglie alla sua eccezionalità rispetto alle modalità di assunzione e di dismissione del rapporto di impiego e alla conseguente mera facoltà dell'Amministrazione di procedere alla riammissione previa ricognizione (e motivazione) sulla sussistenza delle necessarie condizioni e, in particolare, sulla sussistenza di un interesse pubblico ad adottare il provvedimento.

Alla stregua del principio nella specie è stato ritenuto legittimo il provvedimento di diniego di riammissione adottato dall'Amministrazione regionale, dato che le considerazioni svolte e le ragioni addotte dovevano ritenersi idonee a sostenere il mancato esercizio dell'attività facoltativa.

Nel senso di ritenere necessaria una puntuale motivazione circa le ragioni che impediscono la riammissione v. da ult. in questa Rivista Internet TAR VENETO, SEZ. I - Sentenza 4 febbraio 2002 n. 431.

Sulla legittimità del divieto di applicazione dell'istituto della riammissione in servizio nei confronti dei magistrati ordinari v. CORTE COSTITUZIONALE - Ordinanza 30 gennaio 2002 n. 10.

Sulla disciplina prevista in materia di riammissione per i dipendenti USL v. CORTE COSTITUZIONALE - Sentenza 22 luglio 1999 n. 344.

 

 

FATTO

Con la richiamata sentenza il Tribunale Amministrativo Regionale rigettava il ricorso presentato dall'attuale appellante avverso il provvedimento di diniego della riassunzione in servizio, in quanto l'art. 59, 1° comma, del D.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761, dispone che "il dipendente cessato dall'impiego per dimissioni . può essere riammesso in servizio con motivato provvedimento della Regione".

Da tale disposizione discende in modo inequivoco, per il TAR che la Regione non ha obbligo giuridico alla riammissione del dipendente dimissionario, bensì ha la facoltà di riammettere il dipendente; facoltà che può essere esercitata attraverso un motivato provvedimento circa l'esistenza di un interesse pubblico ad adottare una simile determinazione, stante il potere di amministrazione attiva in ipotesi riconosciuta dalla predetta norma.

Sulla base di tale prospettazione il Tribunale riteneva infondate le censure prospettate dalla ricorrente.

Contro tale decisione l'istante ha proposto il presente ricorso in appello in cui, oltre a svolgere autonome riflessioni avverso il contenuto della sentenza, vengono reiterate le medesime censure (insufficienza ed illogicità della motivazione, sviamento di potere, violazione dei principi generali dell'efficienza e buon andamento della P.A., violazione di legge e (disparità di trattamento) già svolte in primo grado.

Si è costituita in giudizio, insistendo per il rigetto dell'appello, la USL appellata.

Alla pubblica udienza del 15 gennaio 2002 il ricorso veniva trattenuto in decisione su conforme istanza degli avvocati delle parti.

DIRITTO

Come riportato nella narrativa che precede con l'appello in esame viene impugnata la sentenza n. 744/95 del 5 aprile-19 maggio 1995 con cui il Tribunale Amministrativo Regionale della Sardegna ha respinto il ricorso proposto dall'attuale appellante con cui questa aveva chiesto l'annullamento del provvedimento dell'Assessore regionale all'Igiene e Sanità della Regione Sardegna di rigetto dell'istanza presentata dalla medesima originaria ricorrente per ottenere la riassunzione in servizio.

L'appellante, oltre a reiterare le censure proposte in primo grado (errata valutazione dei presupposti, illogicità, carenza di motivazione) svolge autonome critiche avverso l'impugnata sentenza soprattutto riguardo alla mancanza di ragioni che possono giustificare nella fattispecie il diniego di riassunzione in servizio.

Le censure sono infondate e l'appello va respinto.

Invero, come esattamente rilevato dal Tribunale la norma fondamentale di riferimento, l'art. 59, primo comma, del D.P.R. 20 dicembre 1979, n.761, prevede che "il dipendente cessato dall'impiego per dimissioni . possa (può) essere riammesso in servizio con motivato provvedimento della regione".

Tale disposizione (che riproduce quella generale in materia di pubblico impiego, riproduttiva di un vero e proprio principio di riferimento) ammette quindi la facoltà per l'Amministrazione di poter - sotto certe condizioni - riassumere l'impiegato dimissionario. La generalità dell'istituto (le cui finalità principali sono per tutela e vantaggio dell'Amministrazione e, solo mediatamente per il dipendente) nulla toglie alla sua eccezionalità rispetto alle modalità di assunzione e di dismissione del rapporto di impiego e alla conseguente mera facoltà dell'Amministrazione di procedere alla riammissione previa ricognizione (e motivazione) sulla sussistenza delle necessarie condizioni e, in particolare sulla sussistenza di un interesse pubblico ad adottare il provvedimento.

In tale contesto sono destituite di fondamento le censure prospettate dalla ricorrente - relative soprattutto alla carenza ed all'erroneità di motivazione - in quanto per le considerazioni svolte la motivazione (peraltro, stante la natura del provvedimento, non necessaria) deve ritenersi idonea a sostenere il mancato esercizio dell'attività facoltativa.

Conclusivamente l'appello va respinto.

Sussistono tuttavia validi motivi per disporre, tra le parti, l'integrale compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, respinge l'appello.

Spese del grado compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2002, dalla Quinta Sezione del Consiglio di Stato, riunita in Camera di consiglio con l'intervento dei Signori Magistrati:

Paolo Buonvino Presidente

Goffredo Zaccardi Consigliere

Francesco D'Ottavi Consigliere rel.

Claudio Marchitiello Consigliere

Marco Lipari Consigliere

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

f.to Francesco D'Ottavi f.to Paolo Buonvino

IL SEGRETARIO

f.to Francesco Cutrupi

Depositata il 3 giugno 2002.

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