CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 3 giugno 2002 n. 3064 - Pres. Elefante, Est. Farina - Azienda provinciale per i servizi sanitari della Provincia autonoma di Trento (Avv.ti Romano e Pellizzer) e s.r.l. Euroservizi, (Avv.ti Moscarini e Paparelle) c. UNIPOL s.p.a. (Avv. Tamborra e Porcacchia) e Assitalia s.p.a. (n.c.) - (previa riunione di due appelli, conferma T.R.G.A. Trentino-Alto Adige, Sede di Trento, sent. 26 marzo 2001, n. 245).
1. Giustizia amministrativa - Ricorso giurisdizionale - Legittimazione attiva - Nel caso di associazioni temporanee di imprese - Spetta a tutte le imprese facenti parte dell'associazione.
2. Contratti della P.A. - Gara - Esclusione - Annullamento in s.g. - Effetti - Si riverberano su tutte le ulteriori fasi della procedura - Impugnativa degli atti successivi all'esclusione - Non occorre.
3. Giustizia amministrativa - Ricorso giurisdizionale - Legittimazione attiva - Dell'agente di un'impresa di assicurazione - Di impugnare i provvedimenti con i quali l'amministrazione si determina in favore di altra società - Sussiste.
4. Professioni - Mediatore di assicurazione - Natura dell'attività prestata - Individuazione.
5. Professioni - Mediatore di assicurazione - Disciplina prevista dalla legge 28 novembre 1984, n. 792 - Divieto di vincoli con le imprese di assicurazione - Natura ed effetti.
6. Contratti della P.A. - Bando - Per l'appalto di servizi assicurativi - Clausola che impone, a pena d'esclusione, la sottoscrizione preventiva di un "accordo economico e gestionale" con un broker - Illegittimità ex art. 1 L. n. 792/1984.
1. Ciascuna impresa, già associata o in costituenda associazione, è titolare di un autonomo interesse ed in quanto tale è legittimata anche da sola ad impugnare gli atti di una gara d'appalto, in quanto titolare di un altrettanto autonomo interesse legittimo ad un corretto svolgimento della procedura ad evidenza pubblica (1).
2. Un provvedimento di esclusione dalla gara si configura come atto endo-procedimentale soltanto se si ha riguardo alla sua collocazione nella sequenza delle operazioni concorsuali, mentre non può essere considerato tale se si ha riguardo al carattere costitutivo degli effetti che vi si ricollegano, ancorché il modulo procedimentale contempli ulteriori fasi per il completamento della procedura. Deve pertanto ritenersi che l'annullamento di un provvedimento di esclusione da una pubblica gara si riverbera, in via conseguenziale e caducante, su tutte le successive fasi della sequenza, perchè svoltesi illegittimamente, non occorrendo, a tal fine, l'impugnazione di tutti i possibili susseguenti atti del procedimento.
3. L'agente di un'impresa di assicurazione, in quanto titolare di un diritto di provvigione nei confronti della medesima impresa, è anche titolare del correlativo interesse legittimo a pervenire alla stipulazione del contratto e, quindi, ad impugnare, in sede giurisdizionale, i provvedimenti con i quali l'amministrazione si determina in favore di altra società. Pertanto, ben può quindi gravarsi contro il provvedimento di esclusione da una gara dell'impresa cui è legata dal rapporto di agenzia (2).
4. Il mediatore di assicurazione, ai sensi della legge 28 novembre 1984, n. 792 (che regola la professione del mediatore di assicurazione o broker), è colui che esercita professionalmente un'attività volta a mettere in diretta relazione con imprese di assicurazione dei soggetti, che intendano assicurarsi per qualsiasi rischio. A questi presta assistenza nel definire il contenuto del contratto e con essi può, eventualmente, collaborare per la loro esecuzione.
5. Ai sensi dell'art. 1 della legge 28 novembre 1984, n. 792, il mediatore non deve essere "vincolato da impegni di sorta" con le imprese di assicurazione. L'esclusione di vincoli derivanti da impegni di sorta comporta l'inibizione di rapporti contrattuali fra mediatore ed impresa assicuratrice, relativamente al contratto di assicurazione il cui contenuto partecipa a definire, perché assiste il cliente - cioè opera nel suo interesse - e perché può collaborare, poi, alla "gestione ed esecuzione" del contratto, sempre nell'interesse dell'assicurato.
6. E' illegittima, perchè contraria ad una norma imperativa di legge (art. 1 L. n. 792/1984 cit), una clausola di un bando la quale impone che prima dell'offerta - e a pena di nullità, e quindi di non ammissione alla gara - la compagnia di assicurazione, che intenda produrre un'offerta, sottoscriva un "accordo economico e gestionale" con il mediatore (3).
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(1) Nel senso di ritenere che all'impugnazione di atti relativi ad un procedimento di gara sono legittimate sia le singole imprese riunite in associazione temporanea, sia la stessa a.t.i., in persona della capogruppo v. da ult. Cons. Stato, Sez. V, 28 dicembre 2001 n. 6451, in questa Rivista Internet, pag. http://www.giustamm.it/private/cds/cds5_2001-12-28-2.htm; v. anche C.G.A., 23 aprile 2001, n. 192; Cons. Stato, Sez. VI, 31 maggio 1999, n. 702; Sez. IV, 1° febbraio 1994, n. 83.
(2) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 12 novembre 1992, n. 1270; C.G.A., 19 dicembre 1980, n. 80.
(3) Alla stregua del principio nella specie la Sez. V ha ritenuto illegittima la condizione posta dall'Amministrazione appellante della previa sottoscrizione di un accordo, comportante obbligazioni a carico delle imprese assicuratrici direttamente nei riguardi del mediatore di assicurazione della stessa Amministrazione assicuranda.
Tale clausola è stata ritenuta in contrasto con quanto previsto dalla legge 28 novembre 1984, n. 792, ed in particolare con il divieto previsto dall'art. 1 di quest'ultima legge, il quale ha lo scopo di evitare l'insorgenza di un conflitto di interessi, e cioè che sul mediatore si concentrino la cura di quelli dell'assicurato e, sia pure in parte o indirettamente, quelli dell'assicuratore.
FATTO
1. Il ricorso n. 5019/2001, proposto dall'Azienda provinciale per i servizi sanitari della Provincia autonoma di Trento, è stato notificato l'otto maggio 2001 e depositato il 16 maggio.
E' chiesta la riforma della sentenza n. 245/01 del 26 marzo 2001, notificata il 10 aprile, con la quale il Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige, sede di Trento, ha annullato in parte qua :bando di gara, norme di partecipazione, provvedimento di esclusione della s.p.a. Unipol e gli atti connessi, relativi ad un appalto per servizi assicurativi, per il periodo 31 dicembre 1999 - 31 dicembre 2002.
Queste le censure:
violazione dei principi in materia di interesse e legittimazione processuale;
perplessa ed erronea ricostruzione della figura del broker assicurativo, come definito dall'art. 1 della legge n. 792 del 1984. Erronea qualificazione dei rapporti fra assicurato, broker e compagnie assicuratrici. Erronea definizione dell'ambito di autonomia contrattuale delle amministrazioni pubbliche;
falsa applicazione del citato art. 1 della l. n. 792/84. Erronea interpretazione degli atti impugnati;
inesatta configurazione dei rapporti fra l'A.P.S.S., il broker e le compagnie di assicurazione;
inesatta configurazione del rapporto di mediazione assicurativa. Inammissibile censura di profili di merito amministrativo.
Con memoria depositata il 28 dicembre 2001, sono stati illustrati ulteriormente i profili di ingiustizia della decisione dedotti con l'appello.
Il 28 maggio 2001 si è costituita in giudizio la Euroservizi s.r.l., la quale conclude per l'accoglimento dell'appello. Ha illustrato, con memoria depositata il 20 dicembre 2001, le ragioni a sostegno delle sue conclusioni
L'appellata s.p.a. Unipol si è costituita, per resistere al ricorso, con memoria del 5 giugno 2001.
2. Il ricorso n. 5058/2001, proposto dalla s.r.l. Euroservizi, è stato notificato il 7 maggio 2001 e depositato il successivo 17.
E' chiesta la riforma della medesima sentenza n. 245/01 del T.R.G.A.
Queste le censure:
difetto di legittimazione dell'agente dell'Unipol, sig. Uez;
erroneità della premessa del ragionamento del primo giudice, circa l'onerosità del contratto di brokeraggio assicurativo. Questa attività non genera ipso facto un aumento del premio di polizza e manca la prova relativa da parte di Unipol;
la clausola impugnata non viola la l. n. 792 del 1984;
non c'è stato snaturamento dell'onerosità;
la forzatura del testo legislativo, affermata dal T.A.R., non è stata spiegata dal primo giudice;
sembra adombrare un vizio di ultrapetizione l'invito rivolto all'Amministrazione di estendere la statuizione della sentenza agli altri lotti messi a gara.
L'appellante ha illustrato, con memoria del 29 novembre 2001, le sue tesi.
L'A.P.S.S., costituitasi il 15 giugno 2001, ha poi svolto ulteriori considerazioni in vista dell'udienza di discussione.
L'appellata Unipol si è costituita il 22 maggio 2001. Con memorie depositate il 28 maggio ed il 21 dicembre 2001, confuta tutte le tesi delle altre parti e conclude per la reiezione dell'appello.
3. All'udienza dell'otto gennaio 2002, dopo la discussione, i due ricorsi, congiuntamente trattati, sono stati trattenuti in decisione.
DIRITTO
1. I due ricorsi in esame sono proposti avverso la medesima sentenza. Vanno perciò riuniti, per pronunciare su di essi con un'unica decisione.
2. La complessità delle censure proposte, basate su una ricostruzione dei fatti che non appare del tutto condivisibile, esige che siano, in primo luogo, indicati gli elementi di fatto rilevanti ai fini del giudizio, le parti degli atti impugnati dei quali si è discusso in prime cure e sui quali si controverte in questa sede, la norma della cui applicazione si tratta, il contenuto della decisione impugnata.
2.1. L'Azienda provinciale appellante ha bandito una gara per l'appalto di servizi assicurativi. Si trattava di sei "lotti". In sostanza, di sei separati contratti triennali di assicurazione da stipulare, e perciò di sei separate aggiudicazioni.
La gara è stata indetta con la procedura del pubblico incanto.
Al punto 16 del bando è stato precisato che l'Azienda si avvale dell'assistenza della società, che ha proposto il secondo appello in esame, iscritta nell'albo dei mediatori di assicurazione - cosiddetti broker - ed è stato disposto che le compagnie di assicurazione, che intendevano partecipare alle gare, dovevano "accettare, pena la nullità delle offerte presentate, l'inserimento nei contratti della «clausola broker» a favore" della predetta società.
2.2. Nella norme di partecipazione è stato, al contempo, stabilito:
l'aggiudicazione al corrispettivo più basso richiesto, secondo il criterio previsto dall'art. 23, comma 1, lett. a, del d. lgs. 17 marzo 1995, n. 157;
la remunerazione del mediatore "per il tramite delle compagnie di assicurazione con le quali" sarebbero stati stipulati i contratti, "sulla base di accordi economici e gestionali con le stesse sottoscritti anteriormente alla data di presentazione delle offerte". Il compenso per il mediatore, si specificava ancora, non avrebbe potuto "quindi, in ogni caso, rappresentare un costo aggiuntivo per l'Amministrazione assicurata".
2.3. Nel capitolato speciale, al n. 3.1.18, è stata riportata la "clausola broker". Per effetto di essa, alla società di mediazione restava affidata "la gestione e l'esecuzione" dell'assicurazione "in qualità di broker" (le clausole successive recano ulteriori specificazioni di questa).
3. La società ricorrente in primo grado ha presentato l'offerta per il lotto n. 1, dichiarando di non accettare la clausola broker. Per effetto di ciò è stata esclusa dalla gara. Ha perciò impugnato il bando, le norme di partecipazione, il capitolato speciale, nella parte che si è riferita per ciascuno di essi, nonché il provvedimento di esclusione e gli atti connessi e consequenziali.
4. Il T.R.G.A. ha respinto le eccezioni pregiudiziali: sulla carenza di interesse, per avere la ricorrente partecipato soltanto al lotto n. 1; sulla carenza di legittimazione a ricorrere in proprio, anziché come capogruppo di un'associazione temporanea di imprese; sull'omessa impugnazione della deliberazione di aggiudicazione ad altra offerente; sul difetto di legittimazione a ricorrere dell'agente generale per Trento e procuratore speciale della società esclusa.
Ha accolto il ricorso, stabilendo che non era in discussione la possibilità del rapporto di brokeraggio per le amministrazioni pubbliche, ma che la clausola, nei termini formulati sopra, è illegittima per tre ordini di ragioni:
- perché impone vincoli giuridici ed economici fra le imprese assicuratrici ed il mediatore, in violazione dell'art. 1 della legge 28 novembre 1984, n. 792;
- perché elimina qualsiasi onere economico a carico dell'assicurata Azienda provinciale, snaturando il carattere tipicamente oneroso del rapporto di brokeraggio. Circostanza che assume rilievo anche con riferimento al criterio di aggiudicazione al prezzo più basso;
- perché rende incerto il contenuto dell'offerta in termini comparativi, in relazione all'indeterminatezza, o comunque alla variabilità, degli accordi da stipulare con il broker.
5. Preliminarmente vanno esaminate le censure relative ai profili di inammissibilità del ricorso introduttivo.
5.1. L'Azienda P.S.S. nega la legittimazione della società assicuratrice, "con riferimento agli atti e procedimenti volti all'affidamento dei lotti per i quali" essa non ha presentato offerta. E ciò in considerazione del fatto che, con il ricorso di primo grado, è stato chiesto l'annullamento della clausola in discussione.
La censura è priva di pregio.
L'impugnazione, tenuto conto del tenore e delle conclusioni dell'atto introduttivo, andava intesa, ed è stata correttamente intesa dal primo giudice, come limitata alla parte in cui la clausola operava per il lotto, o per la gara, cui partecipava la ricorrente. Gli atti sono stati annullati in parte qua, come è reso palese dall'esplicito dispositivo della sentenza appellata e da una corretta lettura della sua motivazione.
Il primo giudice ha espressamente precisato (par. n. 4, in fine) che l'Amministrazione, se le era possibile e se lo riteneva opportuno, avrebbe potuto estendere agli altri lotti quanto disposto, con la decisione stessa, in merito alla causola in discussione.
Per le stesse ragioni va respinto il sesto motivo del secondo appello in esame, con il quale si adombra, in forma ipotetica non usuale, un possibile vizio di ultrapetizione della decisione impugnata, con riguardo all'invito (che non è affatto tale e, tanto meno, è una statuizione) di estendere il giudicato.
La chiara formulazione del dispositivo e la precisazione contenuta in motivazione impediscono di affermare che il primo giudice abbia travalicato i limiti della domanda.
5.2. Ancora, l'A.P.S.S. contesta la legittimazione della società assicuratrice ricorrente in primo grado, per la ragione che, avendo presentato offerta in costituendo raggruppamento (o in coassicurazione) con altra compagnia, anche per la presentazione del ricorso "avrebbe dovuto ottenere specifico mandato o abilitazione dalla stessa coassicuratrice".
Anche questo motivo va disatteso, con conferma della decisione in esame.
Il T.A.R. ha fondatamente osservato che all'impugnazione di atti relativi ad un procedimento di gara sono legittimate sia le singole imprese riunite in associazione temporanea, sia la stessa a.t.i., in persona della capogruppo. In proposito questa Sezione ha recentemente confermato (n. 6451 del 28 dicembre 2001) l'orientamento interpretativo secondo il quale ciascuna impresa, già associata o in costituenda associazione, è titolare di un autonomo interesse all'impugnazione degli atti di una gara (C. si. 23 aprile 2001, n. 192; VI, 31 maggio 1999, n. 702; IV, 1° febbraio 1994, n. 83), in quanto titolare di un altrettanto autonomo interesse legittimo ad un corretto svolgimento della procedura.
5.3. Sempre l'A.P.S.S. sostiene che l'impugnazione del verbale col quale è stata pronunciata l'esclusione della società ricorrente in primo grado, che essa qualifica come atto meramente endoprocedimentale, non esime dall'onere, non osservato, di autonoma impugnazione del provvedimento conclusivo di aggiudicazione.
Egualmente privo di fondamento è questo motivo.
Invero, il ricorso introduttivo reca la domanda di annullamento anche degli atti conseguenziali all'esclusione ed è stato notificato all'impresa assicuratrice provvisoriamente aggiudicataria. Si è inteso, perciò, anche impugnare, il provvedimento di aggiudicazione. Un'interpretazione sostanziale dell'impugnazione induce a concludere che questa notificazione trovava la sua ragione nel fatto che, ove fosse stato pronunciato l'accoglimento del ricorso, sarebbero rimaste viziate tutte le successive fasi del procedimento, a causa della mancata partecipazione di un concorrente illegittimamente escluso, e perciò anche il provvedimento che si pone a suo compimento.
Per altro verso, l'esclusione da una gara si configura come atto endo-procedimentale soltanto se si ha riguardo alla sua collocazione nella sequenza delle operazioni concorsuali. Non può essere considerato tale, se si ha riguardo al carattere costitutivo degli effetti che vi si ricollegano, ancorché il modulo procedimentale contempli ulteriori fasi per il completamento della procedura. E l'annullamento dell'estromissione, e quindi dei suoi effetti, si riverbera, in via conseguenziale e caducante, su tutte le successive fasi della sequenza, perchè svoltesi illegittimamente. Non occorreva, di conseguenza l'impugnazione di tutti i possibili susseguenti atti del procedimento.
5.4. Secondo la società che ha proposto il secondo appello in esame, il ricorso introduttivo sarebbe inammissibile in quanto prodotto dalla persona, che, non essendo offerente, si configura come ricorrente nella sua veste di agente, per la zona, della compagnia assicuratrice esclusa.
Neppure questa eccezione merita adesione.
Si può trascurare il fatto che, pur essendo stata riportata testualmente la considerazione del primo giudice sull'interesse dell'agente ad impugnare, questa non è stata affatto confutata. E', invero, da ricordare che, come è stato da tempo statuito (cfr. V Sez., 12 novembre 1992, n. 1270; C. si. 19 dicembre 1980, n. 80), l'agente di un'impresa di assicurazione, in quanto titolare di un diritto di provvigione nei confronti della medesima impresa, è anche titolare del correlativo interesse legittimo a pervenire alla stipulazione del contratto e, quindi, ad impugnare, in sede giurisdizionale, i provvedimenti con i quali l'amministrazione si determina in favore di altra società. Per quanto si è sopra considerato, ben può quindi gravarsi contro il provvedimento di esclusione da una gara dell'impresa cui è legata dal rapporto di agenzia.
E non va dimenticato che, ancora più recentemente (Cass. 26 agosto 1998, n. 8467), è stato ritenuto che, atteso che il broker di assicurazione non può essere assimilato all'agente - della qual questione si tratterà in seguito -, i contratti di assicurazione, stipulati per il suo tramite, sono da ricomprendere fra gli affari direttamente conclusi dalla compagnia e, come tali, non sottoposti al regime di esclusiva previsto dall'<accordo nazionale agenti di assicurazione>.
Non può disconoscersi, perciò, l'interesse dell'agente ad impugnare la clausola in esame, perché suscettibile di mettere in discussione il suo compenso per la stipulazione e, poi, per l'esecuzione del contratto.
6. E' la legge 28 novembre 1984, n. 792, che regola la professione del mediatore di assicurazione o broker, definendone la figura (art. 1), i modi di esercizio dell'attività (artt. 2, 8, 15), l'obbligo di iscrizione in apposito albo (artt. 2, 3 e segg.).
Il mediatore di assicurazione è colui che esercita professionalmente un'attività volta a mettere in diretta relazione con imprese di assicurazione dei soggetti, che intendano assicurarsi per qualsiasi rischio. A questi presta assistenza nel definire il contenuto del contratto e con essi può, eventualmente, collaborare per la loro esecuzione (art. 1 citato). La norma prescrive esplicitamente che il mediatore "non sia vincolato da impegni di sorta " con le imprese di assicurazione.
6.1. Il divieto recato dalla legge è chiaro. L'esclusione di vincoli derivanti da impegni di sorta comporta l'inibizione di rapporti contrattuali fra mediatore ed impresa assicuratrice, relativamente al contratto di assicurazione il cui contenuto partecipa a definire, perché assiste il cliente -cioè opera nel suo interesse- e perché può collaborare, poi, alla "gestione ed esecuzione" del contratto, sempre nell'interesse dell'assicurato.
La clausola broker in esame - nel suo composito contenuto derivante da bando, norme di partecipazione e capitolato speciale - impone che prima dell'offerta - e a pena di nullità, e quindi di non ammissione alla gara - la compagnia di assicurazione, che intenda produrre un'offerta, sottoscriva un "accordo economico e gestionale" con il mediatore. Impone, perciò, una condizione contraria alla legge.
La sottoscrizione dell'accordo nient'altro è, tenuto conto degli artt. 1325 sgg. Cod. civ., che la stipulazione di un contratto. E questo, per il suo contenuto e per i soggetti fra i quali è concluso, si configura come un impegno che vincola mediatore ed impresa assicuratrice, in spregio alla norma in esame.
Nella specie, tenuto conto dell'esibito contratto di brokeraggio che lega le due appellanti, si deve ritenere che la società di mediazione ha prestato assistenza per definire il contenuto del contratto da stipulare, per prescegliere il procedimento di gara più idoneo per individuare l'impresa di assicurazione e, successivamente, curerà tutti gli adempimenti connessi alla sua esecuzione. L'assistenza copre, in conclusione, tutta la gamma delle attività consentite dalla legge al mediatore.
6.2. Se compito dell'interprete è quello di individuare anche la ratio della legge di cui deve fare applicazione, è allora da osservare che il divieto recato dalla legge n. 792/1984 ha un suo fondamento sostanziale.
La legge - come risulta dagli atti parlamentari (IX legislatura: A.C. 598, A:S: 817) - dà esecuzione alla direttiva 77/92/CEE del 13 dicembre 1976. Questa concerneva misure destinate a facilitare l'effettivo esercizio della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi per le attività di agente e di mediatore di assicurazioni.
Nell'ordinamento interno l'attività di agente era regolata dalla l. 7 febbraio 1979, n. 48, cui l'art. 16 della stessa l. 792/1984 ha apportato modifiche di coordinamento. L'attività di mediatore, prima non disciplinata specificamente, e quindi riconducibile sotto i principi generali della mediazione, è stata perciò regolata con la predetta legge di recepimento.
Nella direttiva sono fissati i caratteri distintivi delle due figure e delle relative attività.
Quella degli agenti è definita come l'attività professionale di coloro che, in virtù di "contratto o mandato", presentano, propongono, preparano, concludono contratti di assicurazione o collaborano alla loro esecuzione, particolarmente, ma non sempre, ovviamente, in caso di sinistri, "a nome e per conto o soltanto per conto di società di assicurazione". Così l'art. 2, par. 1, lett. b, e par. 2, lett. b, della dir. 77/92.
Quella dei mediatori è definita come l'attività di coloro che "mettono in relazione contraenti e società di assicurazione . senza essere vincolati nella scelta fra queste", preparano la stipulazione dei contratti di assicurazione e collaborano eventualmente alla loro gestione ed esecuzione, "particolarmente in caso di sinistro". Così l'art. 2, par. 1, lett. a, e par. 2, lett.a.
Ne discende una precisa separazione fra le due attività. L'agente cura gli interessi di una o più società di assicurazione; il mediatore assiste l'altro contraente, e perciò ne cura i contrapposti interessi, per ottenere le condizioni migliori . Anche se il carattere prevalente della sua opera sembra quello mediatizio (art. 1754 cod. civ.), non sono da trascurare i profili di assistenza esclusiva nei riguardi dell'assicurando, prima, e dell'assicurato, poi, dopo la stipulazione. L'interesse del cliente del mediatore è, come si è detto, contrapposto a quello dell'impresa assicuratrice, sia in fase di trattativa, sia nella fase di esecuzione del contratto, e da ciò trae giustificazione il divieto per il mediatore di vincolarsi alle compagnie di assicurazione con impegni "di sorta".
Nell'ordinamento interno, con il recepimento della direttiva in esame, la l. 792/1984, con l'art. 16, ha modificato l'art. 3 della l. 7 febbraio 1979, n. 48, istitutiva dell'albo degli agenti di assicurazione. Questa norma vieta ai broker l'esercizio diretto o indiretto dell'attività di agente di assicurazione, e cioè di essere legato a qualsiasi compagnia di assicurazione, non solo a quelle che mette in relazione con i propri clienti, per quanto riguarda il procacciamento degli affari o la collaborazione all'esecuzione dei contratti, che sono le due tipiche attività degli agenti.
Tutte le norme in esame mirano, in conclusione, ad evitare l'insorgenza di un conflitto di interessi, e cioè che sul mediatore - si possono qui indicare, per un'agevole comprensione, le questioni che sorgano dal pagamento dei premi o in sede di riconoscimento di sinistri risarcibili e di liquidazione delle indennità conseguenti - si concentrino la cura di quelli dell'assicurato e, sia pure in parte o indirettamente, quelli dell'assicuratore.
Per tutte le considerazioni esposte, deve perciò riconoscersi come illegittima la condizione posta dall'Amministrazione appellante della previa sottoscrizione di un accordo, comportante obbligazioni a carico delle imprese assicuratrici direttamente nei riguardi del mediatore di assicurazione della stessa Amministrazione assicuranda.
7. Ne segue che vanno dichiarate infondate le censure di entrambe le appellanti, volte a sostenere la legittimità della clausola in discussione. In particolare:
7.1. Non è fondato il secondo motivo dell'appello di A.P.S.S..
Con esso si sostiene, in primo luogo, l'ammissibilità di prestazioni di consulenza del broker nella procedura in questione. Ma ciò il T.A.R. non ha disconosciuto, poiché ha premesso che non viene in discussione la possibilità del rapporto di brokeraggio per le Amministrazioni pubbliche, ma l'uso che di tale istituto è stato fatto nel rapporto in controversia.
In secondo luogo, si espone la tesi che il concreto atteggiarsi della fattispecie sarebbe legittimo, il che si è visto, non è da condividere, con riguardo alla specifica clausola impugnata. Il fatto che l'onere concreto per il servizio di assistenza del mediatore possa ricadere sulla compagnia di assicurazione, come si sostiene al punto 2.5 dell'appello, potrebbe essere un risultato materialmente derivante dallo specifico rapporto contrattuale instaurato fra assicuratore ed assicurato (ma si veda quanto si considera sub 7.3.), non già da un rapporto giuridico diretto fra assicuratore e mediatore, che è invece vietato dalla legge.
7.2. E' infondato il terzo motivo dell'appello, con cui si afferma che, nella specie, appare insussistente l'attività tipica di mediazione. Ma si omette di rilevare che l'attività del broker è anche quella di prestare assistenza sia prima, sia dopo la conclusione del contratto. Sicché, quando si riconosce che la ratio del divieto è quella di scongiurare il pericolo che l'attività del broker possa agevolare una delle parti del rapporto contrattuale (che si è qui sopra indicato come situazione di conflitto di interessi), si deve anche riconoscere che questa ratio permane per tutta l'esecuzione del contratto, e perciò con riguardo a tutte le controversie che ne possono sorgere.
Quanto, poi, all'assoluta identità dei contratti stipulati con le singole imprese offerenti, perché redatti sulla base di uno schema unico, vanno esplicitate le seguenti osservazioni:
- che ciò non esclude la violazione dell'art. 1 della legge n. 792, per le considerazioni già fatte. Lo schema contiene una serie di impegni della società di assicurazione verso il mediatore, come quelle di curare con lui il perfezionamento delle polizze, di provvedere all'esazione delle rate di premio, di perfezionare con lui le appendici di variazione, il rinnovo, le regolazioni di premio "od altro", di vincolo di trasferire all'eventuale broker subentrante le obbligazioni dello stesso accordo ai sensi dell'art. 1381 cod. civ. (promessa dell'obbligazione o del fatto di un terzo, con insorgenza di un obbligo di indennizzo, in caso di inadempienza). Sono tutti obblighi ulteriori, rispetto a quello del pagamento del compenso per il mediatore;
- che dell'unicità dello schema di contratto e dell'unicità dell'imposizione della provvigione percentuale non è data alcuna prescrizione o garanzia negli atti contestati (bando, norme di partecipazione, capitolato), sicché non può che condividersi la tesi del primo giudice, circa il vulnus al principio della parità di trattamento dei concorrenti, denunciato con il primo motivo del ricorso introduttivo. Questa conclusione non sarebbe stata possibile, se fosse stata introdotta la clausola, suggerita dal broker all'Amministrazione, di cui al doc. n. 4 della produzione di primo grado, con la quale, senza prevedere un accordo diretto, si stabiliva esplicitamente ed unicamente il compenso in percentuale del premio (7% o 15%, a seconda dei contratti).
Né si può affermare che gravasse sulla diligenza dell'impresa offerente l'onere di verificare che, nei riguardi di tutte, la remunerazione era imposta in misura eguale, sia perché era illegittima la soluzione dell'accordo diretto, stabilita dall'A.P.S.S., che non ha seguito quanto il consulente - broker le proponeva, sia perché, si ripete, i tre atti sopra menzionati non recavano la precisazione o la prescrizione necessaria dell'identità del compenso, sia, infine, perché non le sarebbe stato possibile acquisire notizie sugli accordi stipulati dalle sue concorrenti.
7.3. Il quarto motivo dell'appello di A.P.S.S., nella parte in cui fa rilevare che le compagnie si sono viste applicare la medesima misura di provvigione, non assume rilevanza, ai fini che si sono precisati sub 7.2.
E' poi da disattendere, nella parte in cui afferma che la clausola non trasferisce "tout court l'onere di corresponsione della provvigione sull'Assicurazione, ma semplicemente rende l'impresa titolare dell'obbligo al relativo pagamento che . grava in ogni caso (e per larga parte) sull'A.P.S.S. in virtù del cosiddetto caricamento".
Invero, essere obbligati ad eseguire una determinata prestazione patrimoniale significa vedersi trasferire giuridicamente, a proprio carico, uno specifico onere. Che, poi, la "traslazione", per effetto del meccanismo del caricamento dei costi sul premio, onerasse materialmente l'A.P.S.S., tenuta appunto a corrispondere il premio, è questione, in punto di fatto, di piana comprensione, ma intrinsecamente contraddittoria con la clausola che imponeva una determinazione del premio stesso, cioè dell'offerta, al netto della provvigione (perchè questa doveva essere oggetto di un separato contratto). Giuridicamente la soluzione imposta si pone in contrasto con l'art. 1 della l. 792/1984, ed ha lo scopo di non far apparire che il costo dell'assistenza del broker gravasse sull'Azienda assicurata. Materialmente, però, non essendo possibile presumere che un'impresa operi senza ricavarne la copertura di tutti i costi che deve affrontare, il compenso in questione sarebbe stato egualmente sopportato dall'assicurato, rientrando nel c.d. caricamento, e perciò nel premio da corrispondere.
Se, dunque, materialmente l'operazione è esattamente analizzata, cionondimeno la soluzione che ad essa si è voluta dare contrasta con la legge, che vieta l'assunzione di un'obbligazione, giuridicamente rilevante, dell'impresa di assicurazione verso il broker.
7.4. Neppure ha fondamento la censura dedotta con il quinto motivo, con la quale si contesta l'affermazione del primo giudice, il quale ha rilevato una "certa forzatura del testo legislativo, perché si è affidata in toto (e non in via di mera collaborazione) alla società di brokeraggio la gestione del rapporto assicurativo".
Invero, nella sentenza impugnata si rileva che si tratta di un "aspetto meno pregnante", che comunque concorre a rafforzare la tesi di non conformità della clausola alla legge, sicché la critica dell'argomentazione sarebbe ammissibile soltanto se le precedenti censure fossero state riconosciute fondate.
Tuttavia, si deve anche sottolineare che una collaborazione, consistente nell'affidamento di tutti gli incombenti relativi all'esecuzione del contratto, evidenzia meglio, con riguardo alla cosiddetta "gestione dei sinistri", e perciò alla cura degli interessi dell'assicurato, il conflitto con la ratio del divieto legislativo. In questi casi, infatti, il broker tratta con un'impresa con la quale è vincolato contrattualmente e dalla quale è remunerato, con i potenziali pregiudizi paventati dall'appellante con il terzo motivo. E' dai sinistri avverati, riconosciuti e liquidati o non riconosciuti, che i premi subiscono influenza, sicché l'interesse del broker è in palese conflitto, se il riconoscimento di un sinistro risarcibile è, da un lato, ragione di maggiore o minore indennità per l'assicurato, ma, dall'altro lato, anche previsione di un maggiore o minor compenso sui premi futuri, se questi vengono ad aumentare o diminuire, con conseguente vantaggio o svantaggio per l'assicurato.
L'insieme di queste considerazioni vale anche nei riguardi dell'analoga censura, dedotta con il quinto motivo del secondo appello in esame.
8. Di questo ulteriore ricorso, occorre ora far luogo all'esame del secondo motivo, essendo stati già analizzati il primo, quinto e sesto.
8.1. Si sostiene che il costo relativo all'attività del broker da compensare non genererebbe ipso facto un aumento del premio.
Le ragioni dell'infondatezza di questa tesi sono state già espresse sub 7.3, con riguardo ai costi sopportati direttamente o indirettamente dall'impresa assicuratrice. Sul piano economico l'assunto è destituito di pregio.
Sul piano giuridico, è corretta la ricostruzione, fatta dal T.A.R. della volontà di rimettere ad un separato contratto l'onere in questione - che costituisce un costo, perciò, per l'impresa assicuratrice, che non si vede perché questa non debba coprire con il corrispettivo dell'altro contratto cui afferisce.
Ed esattamente è stato rilevato che tale soluzione viola l'art. 1 della legge n. 792. La tesi in esame prescinde anche dalla lettura del contratto di brokeraggio e dello schema di "accordo libero" esibiti, nei quali è quantificato il costo, gravante in misura percentuale sui premi concordati.
8.2. Non ha pregio il terzo motivo del secondo ricorso, col quale si afferma che l'accordo prescritto dal bando non mira a costituire alcun vincolo fra le parti, argomento dal quale si è dissentito sub 6.3. Né ha pregio, in considerazione della contraddizione in termini rilevabile dall'affermazione che "le lettere di libera collaborazione" (scilicet: l'accordo prescritto) "integrano gli estremi di un contratto normativo . senza determinare alcun vincolo giuridico o economico tra il broker e la singola compagnia di assicurazioni".
Né ha, ancora, ha pregio nella parte in cui si sofferma sull'entità del costo predeterminato per tutti, per le ragioni esposte sub 7.2.
Né, infine, è da condividere la tesi, secondo la quale il divieto di intrattenere "impegni di sorta" si riferirebbe soltanto a quelli comportanti "rapporti di dipendenza o di rappresentanza". Questa limitazione è, infatti, arbitraria, sia con riguardo alla lettera della legge, sia con riguardo alla sua ratio, della quale si è fatto sopra cenno.
8.3. Col quarto motivo, l'appellante società si sofferma, per contrastarla, sulla tesi dell'onerosità del contratto di brokeraggio intercorrente con l'assicurato. La premessa del ragionamento del ricorrente fa perno esplicito sul già esaminato secondo motivo (par. 7.5). Rilevata l'infondatezza di questo, ne deriva anche la mancanza di pregio del motivo in esame.
Né ha maggiore consistenza la tesi circa l'insussistenza di un'incertezza del contenuto dell'offerta in termini comparativi e di violazione della par condicio, per quanto si è osservato, con riguardo allo specifico caso, sub 7.2, lett. b.
8.4. Poiché i successivi motivi quinto e sesto sono stati già esaminati e disattesi (sub 7.4 e 5.1), conclusivamente anche il secondo ricorso in appello non merita adesione.
9. Le spese, secondo il criterio della soccombenza, vanno poste a carico dei due appellanti in solido e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), riuniti i ricorsi, li respinge.
Condanna le parti appellanti, in solido, al pagamento, in favore della società appellata, delle spese del grado, che liquida in seimila euro.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), nella camera di consiglio dell'otto gennaio 2002, con l'intervento dei Signori:
Agostino Elefante Presidente
Giuseppe Farina Consigliere rel. est.
Goffredo Zaccardi Consigliere
Aldo Fera Consigliere
Filoreto D'Agostino Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Giuseppe Farina f.to Agostino Elefante
IL SEGRETARIO
f.to Franca Provenziani
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 3 giugno 2002.