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n. 6-2002 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 6 giugno 2002 n. 3187 - Pres. Quaranta, Est. Allegretta - Tessarin (Avv. G. Minieri) c. Comune di Melegnano (Avv. M. Locati) e Zuccottin (n.c.) - (conferma T.A.R. Lombardia-Milano, Sez. II, 31 luglio 2001, n. 5329).

1. Comune e Provincia - Consiglio comunale - Natura di organo di rappresentativo del Comune - Presenza di regole di carattere neutrale atte a garantire il rispetto dei diritti della maggioranza e della minoranza - Necessità.

2. Comune e Provincia - Consiglio comunale - Presidente - Funzioni - Vanno svolte in modo neutrale, in modo tale da garantire il corretto funzionamento dell'organo collegiale.

3. Comune e Provincia - Consiglio comunale - Presidente - Revoca - Motivazione - Cattivo esercizio della funzione - Necessità Cessazione del rapporto di fiduciarietà politica - Insufficienza.

1. A differenza della Giunta municipale, il Consiglio comunale è l'organo rappresentativo del Comune nel quale sono presenti maggioranza e minoranza e nel cui seno si deve equilibrare l'esercizio di due distinti diritti: quello della maggioranza, all'attuazione dell'indirizzo politico sancito dal corpo elettorale, e quello della minoranza, a rappresentare e svolgere la propria opposizione. Questo equilibrio, posto a garanzia della corretta dialettica tra le parti, richiede un sistema di regole a carattere neutrale e dal contenuto essenzialmente procedurale volte a consentire l'attività del Consiglio nella sua unitaria funzione istituzionale, indipendentemente dalle decisioni ch'esso in concreto esprima.

2. La funzione del presidente del Consiglio comunale non è strumentale all'attuazione di un determinato indirizzo politico, bensì al corretto funzionamento dell'istituzione in quanto tale; essa è, quindi, neutrale; né il contenuto della funzione muta per il fatto che il presidente sia eletto dall'assemblea, dovendo egli sempre operare in un ambito estraneo alla politica di parte.

3. La revoca del presidente del Consiglio comunale può essere disposta solo nel caso di cattivo esercizio della funzione, in quanto ne sia viziata la neutralità e deve essere motivata con esclusivo riferimento a tale parametro e non al venire meno del rapporto di fiduciarietà politica con la maggioranza che l'ha eletto; occorre, quindi, che le ragioni della revoca attengano all'esercizio della funzione propria dell'Ufficio e siano atte a giustificarne l'adozione (1).

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(1) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 25 novembre 1999, n. 1983, in questa Rivista Internet, pag. http://www.giustamm.it/private/cds/cds5_1999-1983.htm

Nella specie, come risulta dalla motivazione della sentenza in rassegna, lo statuto comunale prevedeva che: "Il Consiglio Comunale su richiesta motivata di un terzo dei Consiglieri assegnati può revocare, con deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei propri membri, l'incarico al Presidente e/o Vice Presidente eleggendo nella prima seduta valida successiva il relativo sostituto".

Tale norma statutaria, secondo la Sez. V, non può essere intesa nel senso che a sorreggere il provvedimento di revoca sia sufficiente una qualsiasi motivazione e, dunque, anche una di natura meramente politica; occorre, invece, che le ragioni della revoca attengano all'esercizio della funzione propria dell'Ufficio e siano atte a giustificarne l'adozione.

Non è stato invece ritenuto condivisibile, l'assunto dell'appellante, il quale, pur ammettendo la rimozione del presidente al fine di garantire l'interesse pubblico sotteso al regolare funzionamento del Consiglio Comunale, ha sostenuto che può farsi luogo alla revoca unicamente laddove la violazione, da parte dell'interessato, dei propri obblighi istituzionali risulti grave e reiterata.

Il giudizio in ordine alla opportunità o necessità di provvedere non può che essere rimesso alla valutazione ampiamente discrezionale della maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio comunale, peraltro, non necessariamente coincidente con la maggioranza politica.

Nella specie è stata ritenuta sufficiente, ai fini della legittimità della revoca, la motivazione addotta nella relativa delibera secondo cui il presidente del Consiglio comunale non era rimasto neutrale, ma "si è avvalso e si avvale della carica per assecondare e comunque condividere un ruolo di opposizione da cui dovrebbe astenersi"; si è dimostrato, "incapace di garantire un sereno e proficuo svolgimento dei lavori" ed ha, invece, alimentato "la conflittualità, la sterile polemica, e in definitiva il malfunzionamento del principale organo collegiale del Comune".

 

 

FATTO

Il ricorrente, nominato presidente del Consiglio Comunale di Melegnano, è stato revocato dalla propria carica con deliberazione consiliare n. 54 del 28 aprile 2000, che egli ha impugnato innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia deducendo: violazione e falsa applicazione di legge (art. 31, comma 3 bis, della legge n. 142 del 1990; art. 26, commi 1, 4, 5 e 6, art. 27, commi 1 e 2, e art. 28, comma 4, dello Statuto Comunale; artt. 1 e 2 del Regolamento del Consiglio Comunale); difetto di motivazione; eccesso di potere per sviamento, irrazionalità e ingiustizia manifeste; perplessità procedimentale; falsa rappresentazione dei presupposti di fatto e di diritto.

Il ricorrente, premesso che la rimozione del presidente del Consiglio Comunale può conseguire solo alla violazione degli obblighi statutari inerenti alla carica, ha dedotto che le motivazioni sulle quali si fonda il provvedimento impugnato e gli episodi in esso addotti ai fini della revoca non dimostrano tale violazione.

Con motivi aggiunti egli ha impugnato anche la successiva deliberazione di nomina del nuovo presidente del Consiglio Comunale, rilevandone l'illegittimità derivata dai vizi inficianti la presupposta deliberazione di revoca n. 54/2001, nonché il vizio di eccesso di potere per sviamento.

Il Tribunale ha respinto il ricorso con sentenza n. 5329 del 31 luglio 2001, contro la quale l'interessato ha proposto l'appello in esame, chiedendone l'annullamento alla stregua delle censure di primo grado e sostanzialmente riprodotte.

Si è costituito in giudizio il Comune di Melegnano, il quale ha rinnovato l'eccezione di inammissibilità dell'originario ricorso, ha controdedotto all'appello e ne ha chiesto il rigetto in quanto infondato; con vittoria di spese e competenze del doppio grado di giudizio.

Respinta la domanda di sospensione della sentenza appellata con ordinanza n. del, la causa è stata trattata all'udienza pubblica del 14 dicembre 2001, nella quale, sentiti i difensori presenti, il Collegio si è riservata la decisione.

DIRITTO

L'appello è manifestamente infondato e, pertanto, può prescindersi dall'esame dei profili d'inammissibilità sollevati dalla difesa dell'Amministrazione resistente.

Si controverte della legittimità della deliberazione con la quale il Consiglio comunale di Melegnano ha revocato l'incarico di suo presidente a suo tempo conferito al ricorrente.

In tema di revoca del presidente del Consiglio comunale, questa Sezione ha avuto occasione di pronunciarsi, recentemente, con decisione 25 novembre 1999 n. 1983.

Si è rilevato che, a differenza della Giunta municipale, il Consiglio comunale è l'organo rappresentativo del Comune nel quale sono presenti maggioranza e minoranza e nel cui seno si deve equilibrare l'esercizio di due distinti diritti, quello della maggioranza, all'attuazione dell'indirizzo politico sancito dal corpo elettorale, e quello della minoranza, a rappresentare e svolgere la propria opposizione.

Questo equilibrio, posto a garanzia della corretta dialettica tra le parti, richiede un sistema di regole volto a consentire l'attività del Consiglio nella sua unitaria funzione istituzionale, indipendentemente dalle decisioni ch'esso in concreto esprima. Regole, quindi, a carattere neutrale e dal contenuto essenzialmente procedurale quali sono, tipicamente, quelle sull'organizzazione dei lavori e lo svolgimento della discussione e delle votazioni, e la cui applicazione è coerente con la funzione di garanzia che per esse si concreta soltanto se svolta supra partes e da un soggetto a ciò istituzionalmente preposto. Questi non può che essere, anzitutto, il presidente dell'assemblea, in quanto presidente di tutto il collegio, nella sua unità istituzionale, e suo rappresentante.

La funzione del presidente del Consiglio comunale, pertanto, non è strumentale all'attuazione di un determinato indirizzo politico, bensì al corretto funzionamento dell'istituzione in quanto tale; essa è, quindi, neutrale. Né il contenuto della funzione muta per il fatto che il presidente sia eletto dall'assemblea, dovendo egli sempre operare in un ambito estraneo alla politica di parte.

Di qui il corollario, dal quale non si ha motivo di dissentire, che la revoca del presidente del Consiglio comunale non può essere causata che dal cattivo esercizio della funzione, in quanto ne sia viziata la neutralità, e dev'essere motivata perciò con esclusivo riferimento a tale parametro e non ad un rapporto di fiduciarietà politica.

Nel caso in esame, la materia trova la sua disciplina nell'art. 26, quinto comma, dello statuto comunale, secondo il quale "Il Consiglio Comunale su richiesta motivata di un terzo dei Consiglieri assegnati può revocare, con deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei propri membri, l'incarico al Presidente e/o Vice Presidente eleggendo nella prima seduta valida successiva il relativo sostituto".

La norma, peraltro, non può essere intesa nel senso che a sorreggere il provvedimento di revoca sia sufficiente una qualsiasi motivazione e, dunque, anche una di natura meramente politica. Alla luce dei principi sopra enunciati, occorre, in ogni caso, che le ragioni della revoca attengano all'esercizio della funzione propria dell'Ufficio e siano atte a giustificarne l'adozione.

Nessun'altra prescrizione essendo dettata in proposito dalla norma statutaria, inoltre, il giudizio in ordine alla opportunità o necessità di provvedere non può che essere rimesso alla valutazione ampiamente discrezionale della maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio comunale, peraltro, non necessariamente coincidente con la maggioranza politica.

Non è condivisibile, pertanto, l'assunto dell'appellante, il quale, pur ammettendo la rimozione del presidente al fine di garantire l'interesse pubblico sotteso al regolare funzionamento del Consiglio Comunale, sostiene che può farsi luogo alla revoca unicamente laddove la violazione, da parte dell'interessato, dei propri obblighi istituzionali risulti grave e reiterata.

Del pari infondata è l'opinione che l'atto di rimozione impugnato sia assolutamente inidoneo a dimostrare il venir meno del rapporto fiduciario con il Consiglio Comunale che lo ha eletto, in quanto assunto con la maggioranza di un solo voto, per di più espresso dal Sindaco. Ribadita l'estraneità della qualificazione fiduciaria dal rapporto intercorrente tra l'organo collegiale ed il suo presidente, infatti, il numero dei voti favorevoli alla revoca perde rilevanza in presenza, come nella fattispecie, della maggioranza prescritta dalla norma.

Il provvedimento, inoltre, ad avviso dell'appellante, non sarebbe sorretto da congrua motivazione, atta a manifestare la sussistenza di un interesse generale alla sua adozione, bensì da una motivazione politica, solo pretestuosamente riferita ad una serie di fatti ed episodi assolutamente inidonei a dimostrare che il ruolo di garante e tutore del buon andamento dei lavori del Consiglio Comunale non sarebbe stato svolto dal ricorrente in conformità a legge e regolamento. Tali fatti e gli argomenti sulla base di essi addotti dai proponenti la revoca sarebbero stati assunti in modo assolutamente acritico dal Consiglio Comunale, il quale si sarebbe limitato ad un mero recepimento dei contenuti della proposta.

Anche queste censure risultano destituite di fondamento. La motivazione che sorregge la contestata revoca, infatti, è nel giudizio che il Consiglio comunale ha dato del comportamento fino allora tenuto dall'appellante proprio nell'esercizio della sua funzione. La maggioranza consiliare, legittimamente facendo proprie le ragioni addotte dai proponenti, ha ritenuto che il presidente del Consiglio comunale non è rimasto neutrale, ma "si è avvalso e si avvale della carica per assecondare e comunque condividere un ruolo di opposizione da cui dovrebbe astenersi"; si è dimostrato, "incapace di garantire un sereno e proficuo svolgimento dei lavori" ed ha, invece, alimentato "la conflittualità, la sterile polemica, e in definitiva il mal funzionamento del principale organo collegiale del Comune".

Atteso il carattere latamente discrezionale di questo giudizio e, quindi, di quello presupposto relativo all'idoneità a giustificarlo dei fatti addotti nella proposta di revoca, il sindacato di legittimità non può spingersi, tuttavia, oltre la manifesta illogicità ed ingiustizia e l'evidente travisamento del fatto, che, nel caso di specie, non appaiono sussistere.

Per le considerazioni tutte che precedono, l'appello va, in conclusione, respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti in causa spese e competenze del secondo grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l'appello in epigrafe.

Compensa tra le parti spese e competenze del secondo grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, nella camera di consiglio del 14 dicembre 2001 con l'intervento dei Signori:

Alfonso Quaranta Presidente

Corrado Allegretta Consigliere rel. est.

Paolo Buonvino Consigliere

Goffredo Zaccardi Consigliere

Filoreto D'Agostino Consigliere

L'ESTENSORE             IL PRESIDENTE

f.to Corrado Allegretta f.to Alfonso Quaranta

Depositata in segretaria il 6 giugno 2002.

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