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n. 6-2002 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 6 giugno 2002 n. 3184 - Pres. Frascione, Est. De Ioanna - Sajetto ed altri (Avv.ti Alberti, Maoli e Di Gioia) e Comune di Imperia (Avv.ti Cocchi e Romanelli) c. Lovesio (Avv. Rubino), Gambetta ed altro (Avv.ti Pizzorno e Villani) e Comune di Imperia (n.c.) - (previa riunione di due appelli, annulla T.A.R. Liguria, Sez. II, 13 aprile 2001, n.380).

1. Concorso - Commissioni - Composizione - Tutela della parità uomo-donna - Art. 9 del d.P.R. n. 487/94 - Riserva di un terzo dei posti delle commissioni alle donne - Funzione - Individuazione.

2. Concorso - Commissioni - Composizione - Tutela della parità uomo-donna - Art. 9 del d.P.R. n. 487/94 - Riserva di un terzo dei posti delle commissioni alle donne - Violazione - Conseguenze - Individuazione.

3. Concorso - Prove orali - Verbalizzazione - Obbligo - Non sussiste.

4. Concorso - Prove scritte - Valutazione - Espressa in forma numerica - In mancanza di un autovincolo della commissione giudicatrice - Sufficienza.

1. L'art. 9 del d.P.R. 9 maggio 1994 n. 487 - il quale prescrive che almeno un terzo dei posti nella composizione delle commissione di concorso deve essere riservata alle donne, salva motivata impossibilità - si pone come attuativo, a livello regolamentare, dell'art. 36 del decreto legislativo n. 29 del 1993, ora trasfuso negli articoli 35 e 36 del Testo Unico approvato con decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 ed ha lo scopo di porre rimedio ad una prassi di "sotto-rappresentazione" delle donne negli organismi collegiali e, per tale profilo, costituisce una deroga di carattere eccezionale, che lo stesso ordinamento comunitario sembra consentire in funzione di riequilibrio, in vista della realizzazione degli obiettivi di pari opportunità indicati agli stati membri (1).

2. L'art. 9 del d.P.R. 9 maggio 1994 n. 487 non attribuisce in via autonoma un interesse alle candidate donne a far valere ex se la sua non osservanza da parte della P.A.; a meno che tale inosservanza non sia assumibile come un sintomo, da valutare in un più ampio contesto, che evidenzi un comportamento dell'Amministrazione globalmente inteso ad attuare illegittime pratiche discriminatorie ai danni delle concorrenti (2).

3. Nella vigente normativa non si rinviene alcuna disposizione che imponga la verbalizzazione delle risposte dei concorrenti nelle prove orali.

4. Nelle procedure selettive, a meno che sia la stessa Commissione di concorso ad autovincolare la propria discrezionalità, preordinando in modo esplicito ulteriori elementi di verbalizzazione e conoscenza dei passaggi del proprio interno processo decisionale-valutativo, l'attribuzione di un punteggio numerico è da sola sufficiente a rappresentare in forma sintetica la valutazione compiuta dalla commissione di concorso (3).

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(1-2) Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, sent. n. 1757 del 2000 e Cons Stato, Comm. spec. per il pubblico impiego, parere 5 novembre 2001, n. 495/2001.

Ha osservato la Sez. V che la tutela apprestata dall'art. 9 del d.P.R. 9 maggio 1994 n.487 è rivolta a presidiare un interesse diretto dello Stato comunità alla effettiva partecipazione delle donne ai processi decisionali pubblici: si tratta dunque di creare le condizioni di fatto che impediscano atteggiamenti discriminatori nei confronti della componente femminile della società, agevolando invece tutti i comportamenti che tendano ad attuare un principio di parità.

La norma quindi ha lo scopo di porre rimedio ad una prassi "di sotto rappresentazione delle donne negli organismi collegiali e, per tale profilo, costituisce una deroga di carattere eccezionale, che lo stesso ordinamento comunitario sembra consentire in funzione di riequilibrio , in vista della realizzazione degli obiettivi di pari opportunità indicati agli stati membri" (cfr. parere 495/2001, Comm. Spec. Pubblico Imp.).

L'attuale formulazione della norma e la sua funzione nell'ordinamento fanno ritenere non fondata una prospettazione che attribuisca in via autonoma un interesse alle candidate donne a far valere ex se la sua non osservanza da parte della P.A.; a meno che tale inosservanza non sia assumibile come un sintomo , da valutare in un più ampio contesto, "che evidenzi un comportamento dell'Amministrazione globalmente inteso ad attuare illegittime pratiche discriminatorie ai danni delle concorrenti".

Non è stata invece accolta la tesi del Comune di Imperia, secondo cui la norma in questione non si applica direttamente, ma deve trovare attuazione attraverso l'integrazione con i contratti nazionali di categoria, in base all'art. 61 del decreto legislativo n. 29/1993, atteso che:

a) l'integrazione della disciplina legislativa con quella contrattuale è volta a lasciare il campo aperto a soluzioni eventualmente più favorevoli alla parità uomo-donna, ma non certo ad attribuire un carattere meramente programmatico alla disposizione di legge, per cui essa risulterebbe non applicabile se non integrata dalla disciplina contrattuale;

b) inoltre, nel caso di specie, la disposizione si trovava riprodotta anche nel regolamento del personale dell'ente locale e, quindi, certamente si applicava allo svolgimento del concorso de quo.

(3) Sulla valutazione in forma numerica delle prove scritte dei concorsi pubblici v. da ult. in questa Rivista Internet Cons. Stato, Sez. IV. sent. 15 maggio 2002, n. 2601, pag. http://www.giustamm.it/private/cds/cds4_2002-05-15-3.htm ed ivi ult. riferimenti.

 

 

FATTO

Simonetta Lovesio impugnava, chiedendone l'annullamento, il giudizio di non sufficienza a lei attribuito alle prove orali del concorso per titoli ed esami ad otto posti di funzionario di area amministrativa presso il Comune di Imperia: in conseguenza chiedeva l'annullamento del suo risultato finale di non idoneità e del suo mancato inserimento nella graduatoria finale del concorso .

Il TAR della Liguria, con sentenza n. 380 dell'8 marzo 2001, accoglieva il ricorso con specifico riferimento al motivo costituito dall'assenza di un componente femminile all'interno della commissione esaminatrice: per l'effetto, la sentenza de qua annullava il giudizio della commissione relativo alla sola Lovesio, mentre lasciava impregiudicato, allo stato, l'atto di approvazione della graduatoria.

Ad avviso del giudice di prime cure, l'art.9 del DPR 9 maggio 1994,n.487, così come il regolamento interno del Comune di Imperia, prescrivono che almeno un terzo dei posti nella composizione delle commissione di concorso debba essere riservata alle donne, salva motivata impossibilità. Tale disposizione, la cui vigenza risulta pienamente confermata anche alla luce del tenore del'art:43 del decreto legislativo n.80 del 1998 , che ha novellato l'art.61,c.1, lett.a) del decreto legislativo n.29 del 1993, sarebbe stata violata nel caso in esame: la commissione d'esame è infatti composta da soli uomini e la sostituzione della dott.ssa De Felice, inizialmente inserita nella composizione della commissione, con un componente di sesso maschile, sarebbe stata deliberata senza alcuna valida motivazione.

La sentenza è stata impugnata , con distinti appelli, dal Comune di Imperia e da Sajetto, Bonjean, Gobello, Filippi, Medici e Grassi, risultati vincitori del concorso, insieme a Gambetta ed Aicardi. Gli appelli sono stati trattenuti per la decisione nella pubblica udienza del 18 dicembre 2001.

DIRITTO

1.In disparte da ogni considerazione sulla posizione differenziata dei controinteressati , a fronte di una eventuale ricomposizione della graduatoria che vedesse l'inserimento della ricorrente in primo grado, nell'economia del percorso decisionale conviene esaminare in via preliminare il motivo centrale su cui si fonda l'accoglimento del ricorso in primo grado.

2. Il punto cruciale della causa sta nel mettere a fuoco la portata della norma che in via generale stabilisce la riserva alle donne di almeno un terzo dei posti di componente delle commissioni giudicatrici nei concorsi per l'accesso a rapporti di impiego con le amministrazioni pubbliche.

La norma de qua è l'art.9 del DPR 9 maggio 1994 n.487, che si pone come attuativa, a livello regolamentare, dell'art.36 del decreto legislativo n.29 del 1993, ora trasfuso negli articoli 35 e 36 del Testo Unico approvato con decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165.

La norma di livello legislativo stabilisce , in via generale, che le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si conformano , tra gli altri, al principio del rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori.

La tesi, prospettata dal Comune di Imperia, secondo cui la norma in questione non si applica direttamente, ma deve trovare attuazione attraverso l'integrazione con i contratti nazionali di categoria, in base all'art.61 del decreto legislativo n.29/1993, non ha pregio , in via generale e nel caso di specie.

In via generale, in quanto l'integrazione della disciplina legislativa con quella contrattuale è volta a lasciare il campo aperto a soluzioni eventualmente più favorevoli alla parità uomo-donna, ma non certo ad attribuire un carattere meramente programmatico alla disposizione di legge , per cui essa risulterebbe non applicabile se non integrata dalla disciplina contrattuale..

Inoltre , nel caso di specie, la disposizione si trova riprodotta anche nel regolamento del personale dell'ente locale e quindi certamente si applica allo svolgimento del concorso de quo.

3.La questione della portata della norma in causa , è stata di recente esaminata dalla Sezione VI del Consiglio di Stato (dec.n.1757 del 2000) e poi , ancora più recentemente, in sede consultiva, sez. II, nell'adunanza del 5 novembre della Commissione speciale per il pubblico impiego.

Non vi è dubbio che la tutela apprestata dalla norma è rivolta a presidiare un interesse diretto dello Stato comunità alla effettiva partecipazione delle donne ai processi decisionali pubblici: si tratta dunque di creare le condizioni di fatto che impediscano atteggiamenti discriminatori nei confronti della componente femminile della società , agevolando invece tutti i comportamenti che tendano ad attuare un principio di parità.

La norma quindi ha lo scopo di porre rimedio ad una prassi "di sotto rappresentazione delle donne negli organismi collegiali e, per tale profilo, costituisce una deroga di carattere eccezionale, che lo stesso ordinamento comunitario sembra consentire in funzione di riequilibrio , in vista della realizzazione degli obiettivi di pari opportunità indicati agli stati membri" (cfr.dec.495/2001,Comm.Spec.Pubblico Imp.).

La norma , che in via diretta esprime un'esigenza strategica di politica legislativa, in via indiretta, tutela l'interesse delle donne ad essere chiamate a far parte delle commissioni di concorso, come è dato evincere dall'obbligo imposto all'Amministrazione di motivare circa l'impossibilità di costituire collegi nei quali sia rispettata la riserva in questione.

Si tratta allora di valutare se l'assenza di una componente donna nella commissione di concorso possa assumere un rilievo autonomo in ordine alla posizione delle singole partecipanti di sesso femminile , alla specifica procedura concorsuale nella quale tale riserva risulti non rispettata.

4.Se la funzione di politica legislativa della norma de qua è quella di creare le condizioni per una effettiva partecipazione delle donne ai processi decisionali pubblici e se ad essa, d'altra parte . per considerazioni di carattere sistemico, non sembra possano attribuirsi funzioni di rappresentanza ex lege di uno dei due gruppi di concorrenti (appunto le donne) in quanto tale , si tratta allora di chiedersi se la sua funzione , al di là degli intenti di indirizzo, promozione e stimolo nei confronti della PA, consenta anche di disegnare un interesse, sia pure indiretto, delle concorrenti di sesso femminile alla presenza di almeno un commissario donna su tre.

Ora la funzione e le attribuzioni delle Commissioni di concorso sono comunque ispirate a criteri costituzionali di trasparenza ed imparzialità la cui portata e il cui significato sono talmente pervasivi dell'ordinamento da escludere che la sola mancanza di una componente di sesso femminile, da sola, metta in forse tali profili.

Si tratta allora di valutare se l'obbligo di motivare la mancata nomina di componenti femminili, configuri un autonomo interesse delle candidate , attivabile ex se in caso di mancata dimostrazione da parte della PA di aver assolto in modo puntuale a tale obbligo.

L'attuale formulazione della norma e la sua funzione nell'ordinamento fanno ritenere non fondata una prospettazione che attribuisca in via autonoma un interesse alle candidate donne a far valere ex se la sua non osservanza da parte della P.A.; a meno che tale inosservanza non sia assumibile come un sintomo , da valutare in un più ampio contesto, "che evidenzi un comportamento dell'Amministrazione globalmente inteso ad attuare illegittime pratiche discriminatorie ai danni delle concorrenti".

Dunque da questo punto di vista il motivo dedotto dal Comune di Imperia e da Sajetto ed altri è fondato.

5.Anche le altre censure , respinte in primo grado, ed ora in parte riproposte non hanno pregio e vanno disattese per gli stessi fondati motivi svolti nella sentenza impugnata..

In particolare , l'appellata si duole del fatto che la Commissione non avrebbe predeterminato criteri specifici di valutazione delle prove orali.

Va invece rilevato che la Commissione ha predeterminato criteri generali di valutazione sia dei titoli che delle prove scritte: tutto ciò appare più che sufficiente per fissare un quadro obiettivo di valutazioni di riferimento , al cui interno far svolgere le prove, secondo quanto prescritto dall'art.12 del DPR n.487 del 1994 e negli articoli 13, comma 3, lett.b) e 14 , comma 2, lett.a) del regolamento dei concorsi del Comune di Imperia e nello stesso bando di concorso

Come osserva il giudice di primo grado, nella vigente normativa non si rinviene alcuna disposizione che imponga la verbalizzazione delle risposte dei concorrenti nelle prove orali.

Nelle procedure selettive , a meno che sia la stessa Commissione di concorso ad autovincolare la propria discrezionalità, preordinando in modo esplicito ulteriori elementi di verbalizzazione e conoscenza dei passaggi del proprio interno processo decisionale-valutativo, l'attribuzione di un punteggio numerico è da sola sufficiente a rappresentare in forma sintetica la valutazione compiuta dall'organo che giudica.

Mentre il quadro di criteri preventivamente stabilito dalla Commissione appare dunque idoneo a porre i candidati su un piede di parità, con l'attribuzione di un voto numerico la Commissione ha espresso, sia pure in via di sintesi, un valutazione dei candidati che ne ha consentito una comparazione finale, utile ai fini del legittimo espletamento della procedura concorsuale.

6.Per le considerazioni svolte, i due appelli , previa loro riunione, trattandosi di questioni oggettivamente e soggettivamente connesse, devono essere accolti. Sussistono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sugli appelli in epigrafe, dopo averli riuniti, li accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso in primo grado.

Spese di lite interamente compensate tra le parti.

Ordina che la Pubblica Amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.

Così deciso in Roma , nella Camera di Consiglio del 18 dicembre 2001,con la partecipazione di:

Emidio Frascione Presidente

Giuseppe Farina Consigliere

Paolo Buonvino Consigliere

Goffredo Zaccardi Consigliere

Paolo De Ioanna Consigliere estensore.

L'ESTENSORE             IL PRESIDENTE

f.to Paolo De Ioanna f.to Emidio Frascione

Depositata in segreteria il 6 giugno 2002.

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