Giustamm.it

Giurisprudenza
n. 9-2002 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 5 settembre 2002 n. 4460 - Pres. Varrone, Est. Mastrandrea - Azienda ospedaliera Ospedale Niguarda Cà Granda (Avv. Avolio) c. Impresa Longoni Giovanni (Avv.ti Ferrari e Pelliccia) - (annulla T.A.R. Lombardia-Milano, Sez. III, 8 ottobre 2001, n. 6665).

1. Contratti della P.A. - Gara  - Annullamento o revoca dell'intera procedura - Condizioni - Nel caso in cui il potere di autotutela sia esercitato dopo l'aggiudicazione definitiva - Puntuale motivazione sui vizi di legittimità o sulle gravi ragioni di inopportunità nonché sui motivi di interesse pubblico - Necessità.

2. Contratti della P.A. - Gara  - Revoca dell'intera procedura - Condizioni - Nel caso in cui il potere di autotutela sia esercitato prima della aggiudicazione definitiva - Puntuale motivazione sulle gravi ragioni di inopportunità - Non occorre - Indicazione dei motivi di interesse pubblico che giustificano la revoca - Sufficienza - Fattispecie.

1. I provvedimenti di annullamento o di revoca di una procedura di gara che si è ormai perfezionata debbono contenere in motivazione una precisa individuazione dei vizi di legittimità dell'atto da annullare o delle gravi ragioni di inopportunità dell'atto da revocare, nonché dell'interesse pubblico alla rimozione stessa; nell'ipotesi considerata, infatti, poiché il potere di autotutela finisce per incidere su aspettative del contraente ormai consolidate, tale potere può essere legittimamente esercitato soltanto se imposto da gravi motivi di legittimità o di opportunità e se attuato in modo da ledere in minor misura possibile le dette aspettative, comparando le aspettative stesse con l'interesse pubblico all'adozione dell'atto di autotutela.

2. Nel caso in cui, invece, il provvedimento di revoca della procedura di gara sia stato adottato in un momento in cui l'aggiudicazione non si è ancora perfezionata, sono inapplicabili i rigorosi principi elaborati dalla giurisprudenza circa l'esercizio del potere discrezionale di revoca dell'indizione di una gara pubblica, mentre risulta applicabile la regola generale secondo cui, in materia di pubbliche gare, lo svolgimento della procedura di scelta del contraente non comporta l'obbligo di concludere, in ogni caso, il contratto se questo non è più considerato rispondente all'interesse pubblico successivamente all'avvenuta aggiudicazione (1).

-----------------------

(1) Alla stregua del principio nella specie la Sez. V, constatato che la revoca dell'aggiudicazione era stata disposta allorché l'aggiudicazione non si era ancora perfezionata, ha ritenuto che erano inapplicabili i rigorosi principi affermati dalla giurisprudenza circa l'esercizio del potere discrezionale di revoca dell'indizione di una gara pubblica, successivamente all'avvenuta aggiudicazione (secondo i quali, come è noto, proprio per la sua incidenza su aspettative del contraente ormai consolidate, tale potere può essere legittimamente esercitato soltanto se imposto da gravi motivi di opportunità e se attuato in modo da ledere in minor misura possibile le dette aspettative). 

Nell'ipotesi di revoca disposta allorché l'aggiudicazione non sia divenuta definitiva, risulta invece applicabile la regola generale che vuole, in materia di pubbliche gare, che lo svolgimento della procedura di scelta del contraente non comporti l'obbligo di concludere, in ogni caso, il contratto se questo non è più considerato rispondente all'interesse pubblico (cfr., in giurisprudenza, per l'affermazione che in tema di contratti della Pubblica amministrazione la determinazione di non procedere all'aggiudicazione è sufficientemente motivata, ad esempio, con riferimento al venir meno delle disponibilità finanziarie necessarie all'esecuzione dei lavori, Cons. Stato, sez. VI, 19 ottobre 1995, n. 1188).

Nel caso in questione l'Amministrazione appaltante aveva disposto la revoca dell'aggiudicazione provvisoria della gara (che riguardava l'affidamento del servizio di smaltimento dei rifiuti speciali e pericolosi di origine ospedaliera), per tre motivi:

a) l'imminente emanazione del d.m. attuativo dell'art. 45 del d.lg. 22/97, che avrebbe ridefinito le norme tecniche per il trattamento dei rifiuti sanitari pericolosi;

b) la preferenza accordata dal capitolato speciale all'utilizzo di contenitori riciclabili, che aveva irragionevolmente limitato l'accesso alla gara;

c) la contraddittorietà delle norme del capitolato speciale che, da un lato, imponevano all'impresa aggiudicataria di occuparsi dell'esecuzione del servizio in ogni sua fase, ma dall'altro, consentivano di ricorrere, per lo smaltimento, ad impianti convenzionati (di qui i dubbi di ammissibilità dell'offerta dell'originaria ricorrente).

La Sez. V ha ritenuto che la prima ragione addotta era già in grado di sorreggere autonomamente il provvedimento di revoca.

La motivazione addotta circa l'inopportunità di vincolare per un periodo non breve (tre anni) l'Amministrazione - nell'imminenza dell'adozione, o meglio ormai della pubblicazione, del decreto ministeriale di attuazione dell'art. 45 d.lgs. 22/97 - ad uno schema contrattuale predisposto nell'ambito di un quadro normativo in procinto di ridefinizione dal punto di vista tecnico-regolamentare, non è infatti apparsa priva di connotati di congruità.

Le esposte circostanze legittimavano, infatti, secondo la Sez. V, l'operato dell'Amministrazione appaltante, che aveva ritenuto, per motivi di interesse pubblico e dandone adeguata contezza, inopportuno vincolarsi per un triennio ad un contratto concepito secondo schemi che di lì a poco avrebbero potuto trovare smentita quanto al non secondario aspetto delle prescrizioni tecniche attuative in materia di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti sanitari, ritenendo in conclusione più rispondente al medesimo interesse pubblico porsi nelle condizioni di poter ripensare le regole contrattuali alla luce della normativa tecnica che avrebbe finalmente regolamentato la gestione dei rifiuti di origine sanitaria.

V. in precedenza in questa Rivista:

CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA, SEZ. GIURISDIZIONALE - Sentenza 20 luglio 1999 n. 365, secondo cui, dopo l'espletamento della gara d'appalto ma in un momento ancora precedente alla effettiva stipulazione del contratto con la impresa aggiudicataria, l'amministrazione conserva intatti tutti i poteri e le facoltà che le competono ed ovviamente anche quelli inerenti la possibile revoca o annullamento degli atti amministrativi precedentemente posti in essere.

V. anche:

CONS. STATO, SEZ V, sentenza 19 maggio 1998, n. 633, in Foro amm. 1998, 1432, secondo cui "fino quando non sia intervenuta l'aggiudicazione dell'appalto pubblico - momento, questo, che segna, con l'incontro della volontà delle parti, il sorgere di una posizione di diritto soggettivo perfetto in capo all'impresa aggiudicataria - rientra nella potestà discrezionale della stazione appaltante disporre la revoca del bando di concorso e degli atti successivi, secondo gli ordinari canoni dell'autotutela, qualora vi siano concreti motivi d'interesse pubblico, tali da rendere inopportuna la prosecuzione della gara".

CONS. STATO, SEZ. V, sentenza 22 novembre 1996, n. 1396, in Foro amm. 1996, 3282, secondo cui "è legittimo il provvedimento di revoca dell'indizione della gara, relativamente a un appalto pubblico per lo smaltimento di rifiuti ospedalieri, il quale espliciti i motivi di fatto e la maggior unità derivanti all'interesse pubblico dagli obbiettivi così perseguiti, soprattutto se la revoca è assunta prima dell'espletamento della gara predetta, quando, cioè, alla p.a. appaltante è consentita, in linea di principio, la ritrattazione dell'eventuale aggiudicazione ed è attribuito un più ampio margine d'apprezzamento, in considerazione della minore consistenza delle posizioni giuridiche incise dalla revoca stessa".

CONS. STATO, SEZ V, sentenza 17 ottobre 1995, n. 1433, in Foro amm. 1995, 2199, secondo cui "non costituisce atto elusivo del giudicato amministrativo, relativo all'annullamento dell'aggiudicazione di un appalto-concorso per la costruzione di un'opera pubblica, la revoca da parte della p.a. soccombente del provvedimento con cui era stata indetta tale gara, laddove la p.a. stessa ritenga di non voler procedere alla realizzazione dell'opera, in quanto siffatta rinuncia ed il completamento della procedura d'aggiudicazione dell'appalto pubblico, pur ponendosi astrattamente su piani giuridici diversi, sono tuttavia legati da un rapporto di presupposizione, per cui il venir meno dell'opera non può non travolgere, in sede amministrativa, tutte le iniziative concernenti le procedure per la di lei realizzazione, con l'ovvia esclusione dell'esperimento dei mezzi di tutela avverso l'atto di ritiro. Nè al riguardo avrebbe rilevanza alcuna la validità, o meno delle ragioni giustificative della rinuncia all'opera pubblica o, addirittura, l'eventuale intento emulativo della p.a. appaltante di sottrarsi alla stipulazione di un contratto con un'impresa sgradita, posto che il venir meno dell'oggetto dell'appalto neutralizza di per sè la pretesa di tale impresa alla realizzazione dell'opera stessa".

TAR SICILIA-PALERMO, SEZ I, sentenza 13 maggio 1988, n. 286, in Giur. amm. sic., fasc. 3/88, p. 206, secondo cui "nell'ambito del procedimento per la formazione dei contratti della P.A., perchè la revoca degli atti di gara possa ritenersi legittima è necessario e sufficiente che sussistano fondati motivi di pubblico interesse, da indicare nel provvedimento, che sconsiglino la prosecuzione dell'iter concorsuale, rendendone evidente l'inopportunità"; con la medesima sentenza in particolare è stato ritenuto che "è legittima la revoca di un appalto concorso motivata con riferimento ad alcuni fatti delittuosi (nella specie assassinio del Presidente della Regione) che, quantunque abbiano dato luogo ad un procedimento penale e ad una inchiesta amministrativa nelle quali il legale rappresentante di una delle ditte partecipanti è stato completamento scagionato, non escludono ex se presumibili effetti psicologici, incidenti sulla serenità di giudizio degli organi pubblici che avrebbero dovuto intervenire nel procedimento concorsuale ancora in itinere" e che "è altresì legittima la revoca di un appalto concorso non ancora concluso, rimasto sospeso per un certo tempo, a causa di un procedimento penale e di una inchiesta amministrativa avviata dall'amministrazione, motivata con riferimento alla lievitazione dei prezzi medio tempore verificatasi, che non consente la realizzazione dell'opera nell'ambito del finanziamento ricevuto".

 

 

FATTO

1. Con deliberazione del 22 giugno 1999, l'Azienda ospedaliera ricorrente in appello indiceva una gara per l'affidamento del servizio di smaltimento dei rifiuti speciali non pericolosi e dei rifiuti speciali pericolosi di origine sanitaria, alla quale partecipavano l'impresa Giovanni Longoni, l'ATI capeggiata dalla Waste Management Italia s.p.a. e la D.D.S. Sanificazione s.r.l.

Nella seduta del 16 novembre 1999, la Commissione di gara, viste le offerte economiche delle partecipanti, stilava la graduatoria delle offerte, che vedeva collocata al primo posto la ditta Longoni e poi, a seguire, l'ATI Waste M.

Tuttavia, in quella stessa seduta, la seconda classificata eccepiva l'inammissibilità dell'offerta Longoni, in quanto la ditta non era titolare di alcun impianto di trattamento dei rifiuti (per assicurare detto servizio la concorrente, infatti, si sarebbe avvalsa di altre ditte che si erano impegnate nei suoi confronti ad accettare presso i propri impianti di stoccaggio e smaltimento i rifiuti prodotti dall'Azienda ospedaliera). L'Amministrazione, così, dandone comunicazione all'interessata, avviava il procedimento per l'esclusione di detta offerta, con conseguente aggiudicazione alla Waste.

2. Nelle more l'Azienda ospedaliera, anche a seguito di una relazione del Direttore sanitario, revocava l'intera gara con la deliberazione n. 1153 del 31 luglio 2000, contestata in prime cure, non senza aver previamente dato avviso di avvio del relativo procedimento ai soggetti interessati ed aver acquisito le deduzioni da parte delle imprese concorrenti.

A fondamento e sostegno di tale iniziativa provvedimentale venivano poste, in sintesi, le tre seguenti considerazioni:

a) l'imminente emanazione del d.m. attuativo dell'art. 45 del d.lg. 22/97, che avrebbe ridefinito le norme tecniche per il trattamento dei rifiuti sanitari pericolosi;

b) la preferenza accordata dal capitolato speciale all'utilizzo di contenitori riciclabili, che aveva irragionevolmente limitato l'accesso alla gara;

c) la contraddittorietà delle norme del capitolato speciale che, da un lato, imponevano all'impresa aggiudicataria di occuparsi dell'esecuzione del servizio in ogni sua fase, ma dall'altro, consentivano di ricorrere, per lo smaltimento, ad impianti convenzionati (di qui i dubbi di ammissibilità dell'offerta dell'originaria ricorrente).

3. Avverso tale deliberazione proponeva ricorso la ditta Longoni, sostanzialmente deducendo l'inconsistenza delle ragioni poste dall'Azienda alla base dell'impugnata revoca.

Con la sentenza impugnata, in epigrafe indicata, Il TAR adito, disattesa l'eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dall'Amministrazione, accogliendo in parte il gravame, annullava la deliberazione originariamente impugnata per vizi attinenti alla motivazione, ritenuta illogica, incongrua, carente. Rigettava, invece, la connessa domanda risarcitoria.

4. L'Azienda ospedaliera ha interposto l'appello in trattazione.

5. La ditta appellata si è costituita in giudizio per resistere all'appello, difendendo le argomentazioni rese dai primi giudici.

Alla pubblica udienza del 12 febbraio 2002 il ricorso in appello è stato introitato per la decisione.

DIRITTO

1. L'appello merita accoglimento, nei termini appresso indicati.

Come esposto in narrativa, con il provvedimento dirigenziale impugnato in prime cure l'Azienda ospedaliera appellante, dopo averne dato previo avviso alle ditte interessate (tra cui l'appellata, risultata la migliore offerente), disponeva la revoca, quando non si era ancora addivenuti ad aggiudicazione, della procedura di gara - per pubblico incanto - per l'affidamento del servizio di smaltimento dei rifiuti speciali e pericolosi di origine ospedaliera, indetta con delibera n. 837, in data 22 giugno 1999.

La deliberazione di revoca si basava su una triplice serie di argomentazioni:

a) l'imminente emanazione del d.m. attuativo dell'art. 45 del d.lg. 22/97, destinato a definire le norme tecniche per il trattamento dei rifiuti sanitari pericolosi, e, altresì, ad individuare le frazioni di rifiuti sanitari assimilati agli urbati, nonché eventuali ulteriori categorie di rifiuti sanitari che richiedono particolari sistemi di smaltimento;

b) la preferenza accordata dal capitolato speciale all'utilizzo di contenitori riciclabili, a discapito dei contenitori monouso a perdere, che aveva indebitamente limitato l'accesso alla gara, incidendo sulla concorrenzialità delle offerte pervenute;

c) l'emergere della contraddittorietà di alcune norme del capitolato speciale che, ad esempio, se da un lato, imponevano all'impresa aggiudicataria di occuparsi dell'esecuzione del servizio in ogni sua fase, dall'altro, consentivano di ricorrere, per lo smaltimento, ad impianti convenzionati (di qui i dubbi di ammissibilità dell'offerta dell'originaria ricorrente).

Sono apparse, in definitiva, evidenti, attesa anche la prevista durata del servizio, le ragioni di opportunità che sconsigliavano all'Amministrazione di assumere obbligazioni contrattuali destinate a spiegare effetti in un contesto normativo di imminente ridefinizione.

2. Tanto premesso, non si appalesano pretestuose le ragioni che hanno indotto l'Azienda ospedaliera alla revoca della procedura di gara.

Giova ribadire, fin da subito, come del resto evidenziato nella stessa pronunzia impugnata, che il provvedimento di revoca contestato è sopravvenuto ad aggiudicazione non ancora perfezionata, il che comporta l'inapplicabilità di quei rigorosi principi maturati in giurisprudenza circa l'esercizio del potere discrezionale di revoca dell'indizione di una gara pubblica, successivamente all'avvenuta aggiudicazione, secondo cui, come è noto, proprio per la sua incidenza su aspettative del contraente ormai consolidate, tale potere può essere legittimamente esercitato soltanto se imposto da gravi motivi di opportunità e se attuato in modo da ledere in minor misura possibile le dette aspettative. Più in generale, va affermato che i provvedimenti emanati in sede di autotutela a fini di rimozione degli effetti di una procedura ormai perfezionata debbono contenere in motivazione una precisa individuazione dei vizi di legittimità dell'atto da annullare, o delle gravi ragioni di inopportunità dell'atto da revocare, nonché dell'interesse pubblico alla rimozione stessa.

Nel caso di specie, invece, non si ravvisano posizioni consolidate da tutelarsi nei modi anzidetti, e può trovare legittimamente spazio la regola generale che vuole, in materia di pubbliche gare, che lo svolgimento della procedura di scelta del contraente non comporti l'obbligo di concludere, in ogni caso, il contratto se questo non è più considerato rispondente all'interesse pubblico (cfr., in giurisprudenza, per l'affermazione che in tema di contratti della Pubblica amministrazione la determinazione di non procedere all'aggiudicazione è sufficientemente motivata, ad esempio, con riferimento al venir meno delle disponibilità finanziarie necessarie all'esecuzione dei lavori, Cons. Stato, VI, 19 ottobre 1995, n. 1188).

Resta inteso che la fase della procedura che precede la conclusione della gara e la successiva conclusione del contratto è retta dai principi pubblicistici che regolano l'esercizio legittimo dell'attività discrezionale della p.a.. Pertanto l'interesse sostanziale del contraente di portare a termine la procedura in corso rileva nella misura in cui appare compatibile con l'interesse di settore della p.a..

3. I primi giudici, a conclusione dell'ampio excursus effettuato in ordine ai presupposti e ai limiti, anche procedurali, dell'esercizio del potere di autotutela, individuati nell'obbligo di motivazione, nella presenza di concrete ragioni di pubblico interesse, non riducibili alla mera esigenza di ripristino della legalità, nella valutazione dell'affidamento delle parti private destinatarie del provvedimento oggetto di riesame, tenendo conto del tempo trascorso dalla sua adozione, nel rispetto delle regole del contraddittorio procedimentale ed infine nell'adeguata istruttoria, hanno, del resto, giustamente distinto tra ritiro dell'atto prima o dopo la conclusione del procedimento, e quindi, nella specie, prima o dopo il perfezionamento dell'impegno assunto con il partecipante alla gara risultato aggiudicatario, nonché tra esercizio del potere di ritiro mediante provvedimento di auto-annullamento ovvero di revoca.

Orbene, lo stesso Tribunale ha riconosciuto che nell'ipotesi in cui non vi sia stata ancora l'aggiudicazione della gara l'Amministrazione ha, obiettivamente, uno spazio di manovra più ampio, in disparte gli eventuali profili di responsabilità pre-contrattuale. Ciò non toglie, tuttavia, sempre ad avviso dell'Organo di prime cure, che anche in questo caso l'azione amministrativa sia sottoposta ai limiti procedimentali sopra indicati e, quindi, alle valutazioni inerenti sia all'interesse pubblico da tutelare che all'affidamento dei partecipanti.

4. Ciò posto, in disparte il profilo dell'esatta qualificazione del provvedimento di ritiro impugnato, che non sembra in effetti involgere solo profili di sopravvenuta non conformità all'interesse pubblico, come sarebbe conferente per un provvedimento di revoca, risulta al Collegio, in linea con le censure della parte pubblica appellante, che il Tribunale di prima istanza abbia fatto, in concreto, troppo rigorosa applicazione dei principi generali evidenziati, non tenendo adeguatamente conto delle peculiarità connesse al momento in cui è intervenuto il provvedimento contestato, ovvero a procedura di gara non perfezionata.

In tal senso va detto che la motivazione resa circa l'inopportunità di vincolare per un periodo non breve (tre anni) l'Amministrazione - nell'imminenza dell'adozione, o meglio ormai della pubblicazione, del decreto ministeriale di attuazione dell'art. 45 d.lg. 22/97 - ad uno schema contrattuale predisposto nell'ambito di un quadro normativo in procinto di ridefinizione dal punto di vista tecnico-regolamentare, non appare priva di connotati di congruità; e questo pur tenendosi conto della clausola del capitolato, che, operando però su un piano esclusivamente contrattuale, sanciva l'impegno delle parti a garantire l'adeguamento ad un eventuale contesto normativo sopravveniente.

Né il problema può essere considerato risolto mediante una semplice valutazione di compatibilità ex post delle disposizioni del capitolato con le norme del finalmente intervenuto d.m. 219/00.

In definitiva, le esposte circostanze legittimavano, alla luce degli stessi principi enucleati dal TAR in materia di esercizio del potere di autotutela, l'operato dell'Azienda ospedaliera, che ha ritenuto, per motivi di interesse pubblico, e dandone adeguata contezza, inopportuno vincolarsi per un triennio ad un contratto concepito secondo schemi che di lì a poco avrebbero potuto trovare smentita quanto al non secondario aspetto delle prescrizioni tecniche attuative in materia di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti sanitari, ritenendo in conclusione più rispondente al medesimo interesse pubblico porsi nelle condizioni di poter ripensare le regole contrattuali alla luce della normativa tecnica che avrebbe finalmente regolamentato la gestione dei rifiuti di origine sanitaria.

5. Tale motivo è in grado di sorreggere autonomamente il provvedimento di revoca, contestato in prime cure.

Ma occorre riconoscere che, in un più ampio quadro di rivalutazione della legittimità ed opportunità dell'operazione, anche la circostanza che il capitolato speciale non contemplasse espressamente la possibilità di utilizzare, ai fini dello smaltimento, contenitori monouso a perdere (cfr. art. 4, ove si fa espressamente cenno alla sostituzione degli appositi contenitori con altri vuoti disinfettati e/o sterilizzati) poteva contribuire a legittimare l'intervento da parte dell'Amministrazione committente, nell'evidente perseguimento dell'interesse dell'Ente volto a selezionare, alle migliori condizioni, il soggetto più idoneo tra una più vasta platea di imprese in competizione, senza irragionevoli restrizioni alla concorrenza.

Né, fatto salvo quanto sopra osservato, può riconoscersi in concreto, e con precipuo riferimento a questo punto specifico, la sussistenza di un affidamento tutelabile in capo al concorrente reclamante in prime cure, ad aggiudicazione ancora non sopravvenuta.

6. Quanto, infine, al terzo motivo di revoca occorre, invece, convenire con la valutazione resa dai giudici di prime cure, atteso che, in effetti, l'Amministrazione non ha chiaramente dato conto degli elementi di contraddittorietà contenuti nel capitolato speciale; elementi e discrasie che peraltro erano comunque emersi, al punto di dubitare dell'ammissibilità proprio dell'offerta della ditta Longoni, originariamente ricorrente, che, non disponendo di impianti di trattamento dei rifiuti, si sarebbe all'uopo avvalsa di ditte terze convenzionate.

7. Le considerazioni sopra riportate risultano comunque sufficienti a far sì che il Collegio renda pronunzia di accoglimento del gravame in appello di cui in epigrafe, con conseguente reiezione del ricorso di prime cure proposto dall'impresa appellata, in riforma dell'impugnata sentenza.

Sussistono, nondimeno, i motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di lite, con riferimento ad entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello in epigrafe, lo accoglie e per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso proposto in prime cure dall'Impresa Longoni.

Spese di lite compensate tra le parti, relativamente ad entrambi i gradi di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2002, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), in camera di consiglio, con l'intervento dei seguenti Magistrati:

Claudio Varrone Presidente

Paolo Buonvino Consigliere

Francesco D'Ottavi Consigliere

Marco Lipari Consigliere

Gerardo Mastrandrea Consigliere est.

L'ESTENSORE                               IL PRESIDENTE

F.to Gerardo Mastrandrea         F.to Claudio Varrone

Depositata in segretaria in data 5 settembre 2002.

Copertina Clicca qui per segnalare la pagina ad un amico