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n. 11-2002 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 13 novembre 2002 n. 6293 - Pres. Varrone. Est. Fera - Tolomeo e c.ti (Avv.ti Torchia e Rizzello) c. Comune di Maierato (Avv. Marchese) - (conferma T.A.R. Calabria-Catanzaro, sez. II, 8 novembre 2001, n. 1660).

1. Atto amministrativo - Diritto di accesso - Dei consiglieri comunali e provinciali - Ex art. 31, comma 5, L. n. 142/1990 - Indicazione dei motivi della richiesta - Non occorre.

2. Atto amministrativo - Diritto di accesso - Dei consiglieri comunali e provinciali - Ex art. 31, comma 5, L. n. 142/1990 - Indicazione specifica degli atti richiesti - Necessità - Indicazione generica - Inammissibilità.

1. Il consigliere comunale o provinciale che esercita il diritto di accesso previsto dall'articolo 31, comma 5, della legge 8 giugno 1990, n. 142 (il quale attribuisce ai consiglieri comunali e provinciali il "diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato"), non è tenuto a specificare i motivi della richiesta, né gli organi burocratici dell'ente hanno titolo a richiederlo, perché in caso contrario questi ultimi sarebbero arbitri di stabilire l'estensione del controllo sul loro operato (1).

2. La richiesta di accesso ai documenti della pubblica amministrazione, anche nel caso in cui essa sia stata avanzata da un consigliere comunale o provinciale ex art. 31 comma 5 della legge 8 giugno 1990 n. 142, deve essere determinata e non generica, secondo quanto prescrive l'art. 3 comma 2 D.P.R. 27 giugno 1992 n. 352 (2), dovendosi precisare, a pena di inammissibilità, gli atti nei confronti dei quali viene esercitato il diritto di accesso (3) (alla stregua del principio nella specie è stato ritenuto legittimo il diniego di accesso opposto ad alcuni consiglieri comunali di minoranza che avevano chiesto di accedere a tutti gli atti adottati successivamente ad una determinata data ed a quelli ancora da adottare, distinti solo per tipologia; tale richiesta di accesso è stata ritenuta inammissibile, in quanto priva della individuazione specifica dell'oggetto su cui avrebbe dovuto esercitarsi il diritto di accesso).

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(1) Cons. Stato, sez. V, 26 novembre 2000, n. 5109.

(2) Cons. Stato, sez. V, 8 settembre 1994, n. 976.

(3) Cons. Stato, sez. V, 6 dicembre 1999, n. 2046.

Sul diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali v. in questa Rivista:

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 2 aprile 2001 n. 1893

TAR VENETO, SEZ. II - Sentenza 9 gennaio 2002 n. 60

A. PALOMBA, Il diritto di accesso dei consiglieri comunali e tutela della riservatezza dei terzi



 

FATTO

Gli appellanti, nella qualità di consiglieri comunali di minoranza, impugnarono davanti al tribunale della Calabria, ai sensi dell'articolo 25 della legge n. 241 del 1990, la nota 3038/3260 del 16 luglio 2001 con la quale il sindaco di Maierato aveva respinto la richiesta di accesso a documenti amministrativi (bilancio preventivo, deliberazioni commissariali e giuntali, determine del responsabile dei servizi, provvedimenti sindacali di nomina del responsabile dei servizi) da loro avanzata con due separate istanze del 2 e del 13 luglio 2001. Il primo giudice ha respinto il ricorso.

Gli appellanti contestano la motivazione della sentenza e denunciano la violazione dell'articolo 25 della legge n. 241 del 1990, in relazione agli artt. 7 e 31 della legge n. 142 del 1990, dell'articolo 24 della legge n. 116 nel 1985 e dell'articolo 43 del decreto legislativo n. 267 del 2000. Denunciano, inoltre, l'insufficienza, perplessità e contraddittorietà della motivazione nonché l'errata applicazione dell'articolo 10 del regolamento comunale approvato con delibera n. 22 del 27 giugno 1996. Concludono chiedendo la riforma della sentenza di primo grado.

Resiste all'appello il comune di Maierato, il quale contesta le argomentazioni di controparte conclude per il rigetto del ricorso.

DIRITTO

L'appello è infondato.

Il tribunale amministrativo della Calabria, nel respingere il ricorso proposto da consiglieri di minoranza del comune di Maierato che chiedevano l'accertamento, ai sensi dell'articolo 25 della legge n. 241 del 1990, del diritto di accesso a documenti amministrativi (bilancio preventivo, deliberazioni commissariali e giuntali, determine del responsabile dei servizi, provvedimenti sindacali di nomina del responsabile dei servizi) ha ritenuto che la generica indicazione "al fine dello svolgimento del mandato", apposta sull'istanza rivolta all'amministrazione, non fosse tale da esternare "l'interesse giuridicamente rilevante", richiesto dall'articolo 10 b) del regolamento comunale per l'accesso quale presupposto per l'esercizio del diritto.

Gli appellanti sostengono che la norma regolamentare non richiedeva alcuna specifica impugnazione, in quanto essa avrebbe dovuto essere disapplicata dal giudice in quanto in contrasto con la legge n. 241 del 1990. Che comunque il fine di agire "nell'espletamento del proprio mandato" è sufficiente, per i consiglieri comunali, a rappresentare sia la motivazione della richiesta che l'interesse giuridicamente rilevante posto a fondamento della stessa.

L'assunto, con riferimento alla fattispecie concreta, non può essere seguito.

Occorre premettere che la fattispecie non è disciplinata solo dal capo V e della legge 7 agosto 1990, n. 241, che riconosce a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti il diritto di accesso ai documenti amministrativi, ma anche dall'articolo 31, comma 5, della legge 8 giugno 1990, n. 142, che attribuisce ai consiglieri comunali e provinciali il "diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato."

Ora, non v'è dubbio che il consigliere comunale che esercita il diritto di accesso "non è tenuto a specificare i motivi della richiesta, né gli organi burocratici dell'ente hanno titolo a richiederlo, perché in caso contrario questi ultimi sarebbero arbitri di stabilire l'estensione del controllo sul loro operato" (Consiglio di Stato, sezione quinta, 26 novembre 2000, n. 5109). E che "gli atti normativi secondari possono essere disapplicati nel caso deciso, allorché rechino deroga a norme di fonte primaria, sebbene non impugnati." ( Consiglio di Stato, sezione sesta, 26 gennaio 1999, n. 59). Ma è altrettanto vero di tutto ciò non riguarda, se non marginalmente, la fattispecie in esame.

Nel caso che ci riguarda, infatti, il rifiuto opposto dal sindaco di Maierato è motivato in via principale dalla considerazione che "richieste generiche ed indiscriminate non possono essere accettate; ciò anche perché questo tipo di richieste, oltre a poter apparire meramente emulative e comprendere atti chiaramente e palesemente inutili ai fini dell'espletamento del mandato, possono comportare intralcio e/o disservizio agli uffici nonché costi elevati ed ingiustificati per l'ente." Cioè è motivato con il richiamo ad un principio affermato dalla giurisprudenza di questa Consiglio di Stato che ha già avuto modo di rilevare come, anche con riferimento alla richiesta di un consigliere comunale avanzata ex art. 31 comma 5 della legge 8 giugno 1990 n. 142, " la richiesta di accesso ai documenti della pubblica amministrazione deve essere determinata e non generica, secondo quanto prescrive l'art. 3 comma 2 D.P.R. 27 giugno 1992 n. 352" (Consiglio di Stato, sezione quinta, 8 settembre 1994, n. 976). Ed inoltre, sempre con riferimento all'attività istituzionale del consigliere comunale, come siano necessarie "per fondarne la legittimazione all'accesso l'esternazione di tale qualifica, insieme alla precisazione degli atti cui accedere" (Consiglio di Stato, sezione quinta, 6 dicembre 1999, n. 2046).

Nel caso di specie, non vi è dubbio che le richieste, essendo riferite a tutti gli atti adottati successivamente al primo gennaio 2001 ed a quelli ancora da adottare, distinti solo per tipologia, erano inammissibili in quanto prive della individuazione specifica dell'oggetto su cui avrebbe dovuto esercitarsi il diritto di accesso.

Per questi motivi il ricorso in appello deve essere respinto.

Appare tuttavia equo compensare tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quinta, respinge l'appello.

Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 21 maggio 2002, con l'intervento dei signori:

Claudio Varrone Presidente

Corrado Allegretta Consigliere

Aldo Fera Est. Consigliere

Marco Lipari Consigliere

Marzio Branca Consigliere

L'ESTENSORE                IL PRESIDENTE

F.to Aldo Fera         F.to Claudio Varrone

Depositata in segreteria in data 13 novembre 2002.

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