CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 29 novembre 2002 n. 6546 - Pres. Varrone, Est. Lipari - Provincia di Piacenza (Avv.ti Castellazzi e Guarino) c. Neva Iseco s.r.l. (Avv. Martella) e Comune di Agazzano (Avv.ti Fantigrossi, Rueca e Travi) - (annulla T.A.R. Emilia Romagna - Parma, 19 dicembre 1995, n. 4464).
1. Giustizia amministrativa - Ricorso giurisdizionale - Controinteressato - Configurabilità - Presupposti - Posizione di interesse qualificato alla conservazione del provvedimento impugnato ed indicazione nominativa od agevole individuabilità - Necessità - Soggetti incisi solo di riflesso dal provvedimento impugnato - Non sono controinteressati.
2. Giustizia amministrativa - Ricorso giurisdizionale - Controinteressato - Impugnativa del provvedimento di diniego di approvazione del progetto di localizzazione di un impianto di smaltimento di rifiuti industriali - Comuni viciniori - Non sono controinteressati - Circostanza che i Comuni stessi abbiano partecipato al procedimento - Irrilevanza.
3. Comune e Provincia - Competenza - Adozione di piani territoriali e urbanistici, programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione e di pareri relativi - Ex art. 32 L. n. 142/90 - Appartiene al Consiglio comunale - Potere della Giunta di sostituirsi al Consiglio per l'adozione di una variante - Non sussiste.
4. Comune e Provincia - Competenza - Ratifica di una delibera di localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti - Spetta al Consiglio comunale - Ragioni.
5. Comune e Provincia - Competenza - Legislazione sulla c.d. emergenza ambientale - Disciplina prevista dall'art. 3 bis della L. n. 441/1987 - Riguarda solo le modalità procedimentali - Riparto delle competenze tra Giunta e Consiglio comunale - Non è stato mutato.
1. Nell'ambito del processo amministrativo, la qualità di controinteressato in senso tecnico deve essere riconosciuta a coloro che, da un lato, siano portatori di un interesse qualificato alla conservazione del provvedimento impugnato, di natura eguale e contraria a quello del ricorrente (c.d. elemento sostanziale) e che, dall'altro, siano nominativamente indicati nel provvedimento stesso o comunque siano agevolmente individuabili in base ad esso (c.d. elemento formale) (1); viceversa, non sono qualificabili come controinteressati i soggetti la cui posizione sia incisa dal provvedimento impugnato solo in modo indiretto e riflesso (2).
2. Nel caso di impugnazione del diniego regionale del progetto di impianto di smaltimento di rifiuti industriali, i Comuni viciniori rispetto a quello sul cui territorio l'impianto dovrà sorgere, non sono contraddittori necessari, essendo irrilevante la loro partecipazione al procedimento, atteso che detta partecipazione è istituzionalmente finalizzata alla migliore tutela dell'interesse pubblico di cui è portatrice l'autorità emanante il provvedimento finale (3).
3. Ai sensi dell'art. 32 della legge 8 giugno 1990 n. 142, rientra nella competenza del Consiglio comunale l'adozione di piani territoriali e urbanistici, programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione, le eventuali deroghe ad essi nonché i pareri da rendere nelle dette materie; pertanto, la Giunta comunale non può sostituirsi al Consiglio nel deliberare una variante al piano regolatore generale, neppure trattandosi di variante parziale e di rito abbreviato ai sensi della legge 3 gennaio 1978 n. 1, dato che persino le semplici "deroghe" sono riservate al Consiglio comunale (4).
4. Anche dopo la riforma recata dalla legge 8 giugno 1990 n. 142, la competenza a ratificare gli atti adottati in materia di localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti spetta al Consiglio comunale e non alla Giunta. Non vi è dubbio infatti che la realizzazione e l'esercizio di una discarica si innesta in un preciso ambito programmatorio, che coinvolge una pluralità di interessi (ambientali, urbanistici, paesisitici, ecc.); da qui l'esigenza di un intervento dell'organo consiliare, chiamato a definire i contenuti essenziali dell'attività.
4. L'art. 3 bis della legge 29 ottobre 1987 n. 441 (secondo cui l'approvazione dei progetti, ai sensi del comma 1 - ossia nell'ambito della conferenza di servizi - sostituisce, ad ogni effetto, visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di competenza di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante dello strumento urbanistico generale e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori), non riguarda la ripartizione delle competenze tra Giunta e Consiglio comunale, ma mira ad operare un coordinamento tra le attività procedimentali di amministrazioni diverse. Pertanto, al di fuori del percorso della conferenza di servizi, il riparto di competenze tra gli organi dell'Ente comunale resta fissato dalle regole generali.
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(1) Cons. Stato, sez. V, 1° dicembre 1999, n. 2032; v. anche sez. IV, 24 febbraio 2000, n. 981, secondo cui sussiste l'esigenza di evocare in giudizio un controinteressato allorché sia individuabile, in base al tenore del provvedimento impugnato, un soggetto, al quale l'atto direttamente si riferisce, sia nel caso di espressa menzione di un soggetto interessato al mantenimento in vita dell'atto sia nell'ipotesi d'individuabilità in base ad un'indicazione logico-deduttiva delle statuizioni contenute nell'atto stesso.
Sull'elemento formale e su quello sostanziale necessari per la configurabilità di una situazione di controinteresse v. da ult. Cons. Stato, Sez. IV, 20 febbraio 2002 n. 1031, in questa Rivista n. 2-2002.
(2) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 6 aprile 2000, n. 1982.
(3) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 28 novembre 1994, n. 968.
(4) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 3 novembre 1994, n. 850.
FATTO
La sentenza appellata ha accolto i ricorsi proposti dalla Neva Iseco s.r.l., per l'annullamento dei provvedimenti adottati dalla Provincia di Piacenza, concernenti l'approvazione e la realizzazione di una discarica di rifiuti nel territorio comunale di Agazzano.
La Provincia di Piacenza deduce l'infondatezza e l'inammissibilità degli originari ricorsi.
Il Comune di Agazzano, propone un appello incidentale, con il quale articola censure sostanzialmente analoghe a quelle esposte dalla Provincia.
La Neva Iveco s.r.l. resiste agli appelli.
DIRITTO
Con delibera n. 555/1992, in data 13 aprile 1990, la Giunta provinciale di Piacenza approvava, in via di urgenza e con i poteri del consiglio, il progetto per la realizzazione di una discarica di II^ categoria di tipo B, per rifiuti speciali, ubicata nella località Rivasso, del comune di Agazzano. La delibera autorizzava la società Maserati, presentatrice del progetto, a realizzare l'impianto.
Con delibera n. 1150, in data 26 luglio 1990, la Giunta provinciale intestava l'autorizzazione per la realizzazione della discarica alla società Neva Iseco s.r.l., in sostituzione della società Maserati, accogliendo la congiunta richiesta presentata dalle due imprese interessate alla volturazione del titolo.
Con delibera in data 11 aprile 1991, il consiglio provinciale stabiliva di non ratificare la delibera di urgenza adottata dalla giunta, richiedendo contestualmente al Ministero dell'Ambiente se occorresse espletare la procedura di valutazione di impatto ambientale.
Con delibera in data 22 aprile 1993, il consiglio decideva di non ratificare l'operato della giunta, osservando che era mutato "il quadro normativo relativo alle localizzazioni delle discariche ed in particolare allo smaltimento delle terre di lavaggio provenienti da zuccherifici per il quale il sopraddetto impianto era stato principalmente concepito".
A sua volta, la giunta provinciale, in data 27 marzo 1993 e in data 24 gennaio 1994, stabiliva di sospendere gli effetti della delibera del 13 aprile 1990.
Il consiglio provinciale, nella seduta del 17 febbraio 1994, stabiliva definitivamente di non ratificare la delibera di urgenza adottata dalla giunta.
Quindi, in data 1 dicembre 1994, la giunta, nel prendere atto della non avvenuta ratifica della delibera da parte del consiglio, dichiarava la "caducazione, anche ai fini della programmazione di settore, dei relativi effetti e delle deliberazioni ad essa connessi e conseguenti".
Con separati ricorsi, la srl Neva Iseco impugnava i provvedimenti concernenti la mancata ratifica della delibera di urgenza adottata dalla giunta.
Con la sentenza appellata, il TAR, previa riunione, ha accolto i due ricorsi, disattendendo le eccezioni preliminari svolte dalle amministrazioni e ritenendo fondate ed assorbenti le censure di incompetenza.
La sentenza è impugnata dalla Provincia di Piacenza (con l'appello principale) e dal comune di Agazzano (con l'appello incidentale).
Con un primo motivo, comune ad entrambi gli appelli, si sostiene che i ricorsi di primo grado avrebbero dovuto essere notificati al comune di Agazzano, quale soggetto controinteressato.
La censura è priva di pregio.
Secondo la giurisprudenza di questo Consiglio, l'esigenza d'invocare in giudizio un controinteressato si prospetta allorché sia individuabile, in base al tenore del provvedimento impugnato, un soggetto, al quale l'atto direttamente si riferisce, sia nel caso di espressa menzione di un soggetto interessato al mantenimento in vita dell'atto sia nell'ipotesi d'individuabilità in base ad un'indicazione logico-deduttiva delle statuizioni contenute nell'atto stesso (C. Stato, sez. IV, 24-02-2000, n. 981).
In senso analogo, la Sezione (C. Stato, sez. V, 01-12-1999, n. 2032) ha ripetutamente chiarito che, nel processo amministrativo, la qualità di controinteressato in senso tecnico deve essere riconosciuta a coloro che da un lato siano portatori di un interesse qualificato alla conservazione del provvedimento impugnato, di natura eguale e contraria a quello del ricorrente (c.d. elemento sostanziale), e dall'altro siano nominativamente indicati nel provvedimento stesso o comunque siano agevolmente individuabili in base ad esso (c.d. elemento formale).
Per contro, non sono qualificabili come controinteressati i soggetti la cui posizione è incisa dal provvedimento impugnato solo in modo indiretto e riflesso (C. Stato, sez. IV, 06-04-2000, n. 1982).
È appena il caso di osservare che in caso di impugnazione del diniego regionale del progetto di impianto di smaltimento di rifiuti industriali, i comuni viciniori a quello sul cui territorio l'impianto dovrà sorgere, non sono contraddittori necessari, essendo irrilevante la loro partecipazione al procedimento, atteso che detta partecipazione è istituzionalmente finalizzata alla migliore tutela dell'interesse pubblico di cui è portatrice l'autorità emanante il provvedimento finale (C. Stato, sez. IV, 28-11-1994, n. 968).
Con un secondo gruppo di motivi, gli appelli contestano, nel merito, la pronuncia di primo grado, assumendo che non sussiste, nella specie, il vizio di incompetenza accertato dal tribunale.
La sentenza di primo grado sostiene che l'originaria delibera n. 555/92, assunta con carattere di urgenza dalla giunta provinciale, prima dell'entrata in vigore della legge n. 142/1990, è soggetta a ratifica della stessa giunta. A dire del tribunale, poi, la definitiva conferma dell'atto è contenuta nella delibera n. 1150 del 26 luglio 1990. Ne consegue l'illegittimità delle successive determinazioni impugnate.
La conclusione raggiunta dalla sentenza si basa sui seguenti argomenti essenziali:
la delibera della giunta, adottata in via di urgenza prima dell'entrata in vigore della riforma delle autonomie locali (legge n. 142/1990), deve essere ratificata dall'organo competente;
a tal fine, occorre verificare se, dopo la riforma, la competenza in materia spetta alla giunta oppure al consiglio;
nell'assetto conseguente alla riforma delle autonomie locali (legge n. 142/1990), la competenza ad approvare i progetti di insediamento e di realizzazione degli impianti di discariche di rifiuti spetta alla giunta e non al consiglio, atteso il carattere non programmatorio della relativa determinazione;
tale riparto di attribuzioni non è modificato o derogato dalla normativa speciale in materia di rifiuti;
in ogni caso, in concreto, la delibera n. 1150, adottata dalla giunta, presenta tutti i tratti caratteristici dell'atto definitivo di ratifica: ne consegue l'illegittimità delle determinazioni assunte dal consiglio e dalla stessa giunta, volte ad esprimere la volontà di non ratificare.
Le parti appellanti non contestano la premessa del ragionamento svolto dal tribunale, ritenendo che, nella fase transitoria di attuazione della riforma, la delibera giuntale adottata in via di urgenza debba essere ratificata dall'organo competente (il consiglio o la stessa giunta), in base al nuovo riparto delineato dalla legge n. 142/1990.
Peraltro, secondo le amministrazioni appellanti:
la competenza in materia spetta al consiglio e non alla giunta;
in ogni caso, la giunta non ha espresso alcun atto esplicito di ratifica della precedente determinazione d'urgenza, con la conseguenza che l'ultima delibera deve ritenersi idonea ad esprimere, stabilmente, la volontà della giunta di non confermare gli effetti dell'originario atto, conformemente agli indirizzi formulati dal consiglio.
Gli appelli sono fondati, in relazione ad entrambi i profili.
In primo luogo, non è condivisibile la tesi del tribunale, secondo il quale la delibera della giunta n. 1150/21 del 26 luglio 1990 (successiva all'entrata in vigore della legge n. 142/1990) esprimerebbe la volontà di confermare la determinazione di urgenza.
Infatti, la nuova delibera ha un contenuto precettivo assolutamente univoco e delimitato, consistente nella modificazione soggettiva del destinatario del provvedimento.
Contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale, poi, proprio le espressioni utilizzate nelle premesse della delibera esprimono con chiarezza il contenuto meramente modificativo ed integrativo della delibera di urgenza. Infatti, nel lasciare fermo quant'altro previsto e prescritto nell'atto autorizzativo medesimo, si puntualizza che la determinazione resta ancora collocata nell'ambito dell'iniziativa urgente in precedenza adottata.
Non assume peso nemmeno la circostanza che la giunta abbia sottoposto la delibera al controllo del comitato regionale di controllo.
Infatti, a parte ogni considerazione sulla effettiva giustificazione dell'invio al controllo (che potrebbe dipendere, verosimilmente, dalla difficoltà di percepire l'esatta portata innovativa delle norme in materia di riduzione dei controlli all'epoca appena entrate in vigore), occorre considerare che l'articolo 45 della legge n. 142 esclude dal controllo di legittimità solo le delibere esecutive.
Ora, nel caso di specie, la determinazione di intestare la concessione ad un nuovo soggetto non risulta costituire l'esecuzione di alcuna precedente determinazione. Infatti, il carattere esecutivo di una delibera non equivale alla mera connessione tra diversi provvedimenti.
Nel caso di specie, la volturazione del titolo concessorio rappresenta un nuovo provvedimento che modifica in modo apprezzabile la precedente scelta del soggetto incaricato di realizzare e gestire l'opera pubblica.
Ne deriva, quindi, che la sottoposizione della delibera al controllo non pare preclusa dall'articolo 45 della legge n. 142/1990 e, comunque, non comporta alcuna significativa indicazione circa l'attitudine a ratificare la precedente determinazione della giunta.
Non assume rilievo determinante nemmeno la successiva delibera della giunta datata 1 dicembre 1994.
Questa, al secondo capoverso delle premesse, contiene il seguente passo: "successivamente la Giunta provinciale con deliberazione 26 luglio 1990 n. 1150/21, su conforme richiesta, confermava in capo alla Ditta Neva iseco s.r.l., quale nuova intestataria, l'autorizzazione alla realizzazione della succitata discarica."
A dire del tribunale, l'espressione utilizzata implicherebbe che sia la stessa Giunta ad "auto-qualificare" il proprio atto.
Detta interpretazione non è condivisibile. A parte i dubbi sull'attitudine della deliberazione 1 dicembre 1994 a fornire una interpretazione autentica del precedente atto, è decisivo il rilievo che la frase citata assume una collocazione del tutto incidentale nel contesto della nuova delibera. Inoltre, il riferimento alla conferma appare atecnico e generico e non pare idoneo a riconoscere la piena capacità della delibera a ratificare l'atto di urgenza.
Sotto altro profilo, occorre considerare che, diversamente da quanto statuito dalla sentenza appellata, la competenza a ratificare gli atti adottati dalla giunta in materia di localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti spetta al consiglio e non alla giunta, anche dopo la riforma recata dalla legge n. 142/1990.
Al riguardo, la giurisprudenza del Consiglio ha chiarito che ai sensi dell'art. 32 della legge 8 giugno 1990 n. 142, rientra nella competenza del Consiglio comunale l'adozione di piani territoriali e urbanistici, programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione, le eventuali deroghe ad essi nonché i pareri da rendere nelle dette materie. Pertanto, la Giunta comunale non può sostituirsi al Consiglio nel deliberare una variante al piano regolatore generale, neppure trattandosi di variante parziale e di rito abbreviato ai sensi della legge 3 gennaio 1978 n. 1 dato che persino le semplici "deroghe" sono riservate al Consiglio (Sez. IV, sent. n. 850 del 03-11-1994).
Non vi è dubbio che la realizzazione e l'esercizio di una discarica si innesta in un preciso ambito programmatorio, che coinvolge una pluralità di interessi (ambientali, urbanistici, paesisitici, ecc.).
Da qui l'esigenza di un intervento dell'organo consiliare, chiamato a definire i contenuti essenziali dell'attività.
In senso contrario, non vale affermare che la legislazione dell'emergenza ambientale (articoli 3 bis della legge 29 ottobre 1987 n. 441 e 15 ter della legge regionale n. 6/1986) consentirebbe di derogare al riparto ordinario di competenze.
La norma statale richiamata (ora abrogata, ma applicabile, ratione temporis, alla fattispecie in esame) stabilisce che l'approvazione dei progetti, ai sensi del comma 1 (ossia nell'ambito della conferenza di servizi), sostituisce, ad ogni effetto, visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di competenza di organi regionali, provinciali e comunali; costituisce, ove occorra, variante dello strumento urbanistico generale e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori.
La disposizione non riguarda la ripartizione delle competenze tra giunta e consiglio, ma mira ad operare un coordinamento tra le attività procedimentali di amministrazioni diverse.
Pertanto, al di fuori del percorso della conferenza di servizi, il riparto di competenze tra gli organi dell'ente comunale resta fissato dalle regole generali.
In definitiva, quindi, gli appelli devono essere accolti.
Le spese possono essere compensate.
Per Questi Motivi
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie gli appelli, compensando le spese;
per l'effetto, in riforma dell'impugnata sentenza, respinge i ricorsi di primo grado;
ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 18 giugno 2002, con l'intervento dei signori:
Claudio Varrone - Presidente
Corrado Allegretta - Consigliere
Paolo Buonvino - Consigliere
Filoreto D'Agostino - Consigliere
Marco Lipari - Consigliere Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Marco Lipari f.to Claudio Varrone
Depositata in segreteria in data 29 novembre 2002.