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n. 2-2003 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 25 febbraio 2003 n. 1077 - Pres. Elefante, Est. Fera - Comune di Cercemaggiore (Avv. Guida) c. Testa (n.c.) - (conferma T.A.R. per il Molise 22 febbraio 2002, n. 116).

Giustizia amministrativa - Esecuzione del giudicato - Potere del giudice dell'ottemperanza di condannare l'Amm.ne al risarcimento del danno - Sussiste a seguito dell'art. 7, comma 1, lett. c) della L. n. 205/2000 - Eventuale impossibilità di realizzare puntualmente il giudicato - Non preclude una pronuncia sulla domanda di risarcimento del danno - Fattispecie.

Con la nuova formulazione dell'articolo 7, terzo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, introdotta dall'articolo 7, comma 1, lettera c, della legge 21 luglio 2000, n. 205, la funzione del processo di ottemperanza, di realizzare l'assetto degli interessi delineato dalla pronuncia irrevocabile di annullamento del provvedimento amministrativo illegittimo, è stata arricchita e completata dal potere attribuito al giudice amministrativo di condannare l'amministrazione al risarcimento del danno, sia attraverso reintegrazione in forma specifica, che per equivalente. Conseguentemente, l'eventuale impossibilità di realizzare puntualmente il giudicato, per effetto di eventuali sopravvenienze di fatto o di diritto, non determina l'impossibilità in sede di ottemperanza di ristorare, sia pur per equivalente, il pregiudizio patrimoniale che è derivato dal provvedimento annullato (1).

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(1) Ha osservato in proposito la Sez. V che, la circostanza che l'amministrazione non abbia più nella sua disponibilità giuridica il bene della vita cui aspira il ricorrente non determina, di per sé sola, l'estinzione del giudizio per l'esecuzione del giudicato per sopravvenuta mancanza dell'oggetto del giudizio stesso, tenuto conto del fatto che il giudice dell'ottemperanza ha ormai anche il potere di condannare l'amministrazione al risarcimento del danno, sia attraverso reintegrazione in forma specifica, che per equivalente

Alla stregua del principio nella specie è stata confermata la sentenza di primo grado con la quale il T.A.R. Molise, in sede di esecuzione del giudicato formatosi su di una sentenza che aveva annullato una deliberazione di alienazione di un suolo di proprietà comunale, aveva imposto all'amministrazione di effettuare una comparazione tra le richieste di acquisto del suolo presentate dai controinteressati e dal ricorrente, ed operare una scelta ora per allora che tenesse eventualmente conto anche delle sopravvenienze di fatto.

A tal fine è stato ritenuto irrilevante il fatto che, nelle more del giudizio, si era perfezionato il contratto di compravendita dell'area in questione ed inoltre su di essa l'acquirente aveva realizzato un manufatto regolarmente assentito.

Nel caso di specie infatti, secondo la Sez. V, la rinnovazione del procedimento era comunque necessaria per l'esatta individuazione del pregiudizio subito dal ricorrente vittorioso nel giudizio di merito, con particolare riferimento alla considerazione se il pregiudizio debba rimanere circoscritto alla perdita di una chance procedimentale ovvero vada esteso alla perdita di utilità derivante dalla mancata acquisizione della proprietà del bene.

Sull'impossibilità di chiedere, tramite il giudizio di ottemperanza, per la prima volta il risarcimento dei danni e sull'impossibilità in ogni caso per il giudice dell'ottemperanza di determinare il quantum del risarcimento v. tuttavia Cons. Stato, Sez. VI, sent. 18 giugno 2002 n. 3332, in questa Rivista n. 6-2002.

 

FATTO

Il Tar per il Molise, in sede di ottemperanza alla propria sentenza n. 150 del 18 ottobre 2000, di annullamento della deliberazione consiliare n. 7 del 1999 nella parte concernente l'alienazione ai coniugi Pallotta / Testa di un suolo di proprietà comunale, ha imposto all'amministrazione di effettuare una comparazione tra le richieste di acquisto del suolo presentate dai contro interessati e dal ricorrente, ed operare una scelta ora per allora che tenga eventualmente conto anche delle sopravvenienze di fatto.

Con l'unico motivo di appello, l'amministrazione comunale sostiene che la rinnovazione del procedimento nel senso indicato dal Tar non sarebbe più possibile poiché non solo è stato già perfezionato il contratto di compravendita ma sull'area in contestazione sarebbe stato realizzato da parte dell'acquirente un manufatto regolarmente assentito.

L'amministrazione appellante conclude quindi chiedendo l'annullamento della impugnata sentenza di primo grado.

DIRITTO

L'appello proposto dal Comune di Cercemaggiore è infondato.

Nell'impugnare la sentenza adottata dal Tar per il Molise, in sede di esecuzione del giudicato, l'amministrazione appellante sostiene l'impossibilità di eseguire il comando contenuto nella decisione giurisdizionale, in quanto non avrebbe alcun senso procedere, ora per allora, alla comparazione tra le due offerte per la compravendita di un suolo di proprietà comunale, la cui mancanza aveva determinato l'annullamento del relativo provvedimento di autorizzazione alla vendita. L'impossibilità deriverebbe dalla circostanza che oramai è stato perfezionato il contratto di compravendita dell'area in questione ed inoltre su di essa l'acquirente avrebbe realizzato un manufatto regolarmente assentito.

L'assunto e privo di consistenza giuridica. Il fatto che l'amministrazione non abbia più nella sua disponibilità giuridica il bene della vita cui aspira il ricorrente non determina, di per sé solo, l'estinzione del giudizio per l'esecuzione del giudicato per sopravvenuta mancanza dell'oggetto del giudizio stesso. Infatti, con la nuova formulazione dell'articolo 7 , terzo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, introdotta dall'articolo 7, comma 1, lettera c, della legge 21 luglio 2000, n. 205, la funzione del processo di ottemperanza, di realizzare l'assetto degli interessi delineato dalla pronuncia irrevocabile di annullamento del provvedimento amministrativo illegittimo, è stata arricchita e completata dal potere attribuito al giudice amministrativo di condannare l'amministrazione al risarcimento del danno, sia attraverso reintegrazione in forma specifica che per equivalente. In tal modo l'impossibilità di realizzare puntualmente il giudicato, per effetto delle sopravvenienze di fatto o di diritto, non determina l'impossibilità di ristorare, sia pur per equivalente, il pregiudizio patrimoniale che derivò dal provvedimento annullato.

Nel caso di specie, quindi, la rinnovazione del procedimento è comunque necessaria per l'esatta individuazione del pregiudizio subito dal ricorrente vittorioso nel giudizio di merito, con particolare riferimento alla considerazione se il pregiudizio debba rimanere circoscritto alla perdita di una chance procedimentale ovvero vada esteso alla perdita di utilità derivante dalla mancata acquisizione della proprietà del bene.

Per questi motivi il ricorso in appello non può essere accolto.

Non essendovi costituzione di controparte, non vi è luogo a pronuncia sulle spese.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quinta, respinge l'appello.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 19 novembre 2002, con l'intervento dei signori:

Agostino Elefante Presidente

Goffredo Zaccardi Consigliere

Aldo Fera Consigliere estensore

Francesco D'Ottavi Consigliere

Claudio Marchitiello Consigliere

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

F.to Aldo Fera F.to Agostino Elefante

Depositata in segreteria in data 25.2.2003.

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