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n. 6-2002 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Sentenza 18 giugno 2002 n. 3332 - Pres. Giovannini, Est. Chieppa - Cavarzere Produzioni Industriali s.p.a. ed altro (Avv.ti F. Sette, A. Lucchesi e S. Panunzio) c. Ministero delle politiche agricole e forestali ed altro (Avv.ra Gen. Stato) - (in parte respinge e in parte dichiara inammissibile il ricorso di esecuzione del giudicato formatosi sulla sent. del Cons. Stato, Sez. VI, 10 maggio 1996, n. 652).

1. Giustizia amministrativa - Risarcimento dei danni - Per lesione di interessi legittimi - Domanda avanzata per la prima volta con ricorso per esecuzione del giudicato - Inammissibilità - Ragioni.

2. Giustizia amministrativa - Esecuzione del giudicato - Potere del giudice dell'ottemperanza - In materia di risarcimento dei danni - E' principalmente quello di dettare misure esecutive - Potere di conoscere oltre il quantum anche l'an dell'azione di risarcimento - Non sussiste.

3. Giustizia amministrativa - Risarcimento dei danni - Per lesione di interessi legittimi - Domanda avanzata per la prima volta con ricorso per esecuzione del giudicato - Conversione del ricorso per ottemperanza in ricorso ordinario - Possibilità - Condizioni - Sussistenza dei requisiti formali previsti per quest'ultimo ricorso.

1. E' inammissibile una domanda di risarcimento del danno che, sebbene conseguente ad una pronuncia di annullamento, venga proposta per la prima volta in sede di giudizio di ottemperanza (1).

2. E' da ritenere, anche ai sensi dell'art. 35 del D. Lgs. n. 80/1998, che il giudice dell'ottemperanza in materia di risarcimento dei danni derivanti da lesione di interessi legittimi sia chiamato ad un intervento principalmente esecutivo del contenuto del giudicato formatosi nel corso del giudizio di cognizione;  più precisamente, il giudizio di ottemperanza è idoneo ad aggiungere un ulteriore contenuto cognitivo (cioè sostanziale) al giudicato già formatosi, solo entro limitati ambiti, che riguardano solo il quantum e non anche l'an del risarcimento (2).

3. E' da ritenere ammissibile un ricorso cumulativo contenente sia la richiesta di esecuzione del giudicato sia la domanda risarcitoria a condizione che, in applicazione del principio di conservazione e di conversione degli atti processuali, sussistano i presupposti di contenuto e forma previsti per un'ordinaria azione cognitoria, quale quella risarcitoria (nel senso di verificare il rispetto per entrambe le domande, nella forma e nella sostanza, delle disposizioni processuali di riferimento) (3).

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(1) Cfr. Cons. Stato, IV, 1 febbraio 2001, n. 396, in questa Rivista, pag. http://www.giustamm.it/private/cds/cds4_2001-396.htm; id., 8 ottobre 2001, n. 5312.

(2) Cfr. Cons. Stato, IV, 1 febbraio 2001, n. 396, in questa Rivista, pag. http://www.giustamm.it/private/cds/cds4_2001-396.htm.

Ha osservato in proposito la Sez. VI con la sentenza in rassegna che le divergenze rispetto al giudizio risarcitorio civile consistono, dunque, nella possibilità che il Giudice amministrativo, in sede di cognizione (una volta che abbia accertato la sussistenza dell'an debeatur), anziché liquidare precisamente il quantum del risarcimento dovuto dall'Amministrazione si limiti a stabilire i criteri sulla cui base dovrà poi essere liquidato il danno risarcibile. Tali divergenze, tuttavia, non possono giungere fino al punto di comportare la traslazione in sede di ottemperanza di tutto il giudizio risarcitorio, indifferentemente per l'an e per il quantum.

Non potendosi certo pretermettere la verifica di sussumibilità della situazione concreta nell'astratta fattispecie complessa di cui all'art. 2043 cod. civ., e se non si voglia stravolgere immotivatamente il ruolo del giudizio esecutivo rispetto a quello cognitivo, deve necessariamente affermarsi la competenza funzionale del giudice della cognizione; non importa se ciò avvenga nell'ambito dello stesso giudizio annullatorio, ovvero in separata sede nel limite di prescrizione del diritto, ma comunque pur sempre nell'ambito di un giudizio ordinario articolato sul doppio grado ed a cognizione piena sull'an nonché, se possibile, sul quantum delle pretese risarcitorie del danneggiato."

L'inammissibilità dell'azione risarcitoria proposta in sede di ottemperanza viene fatta derivare quindi non solo dal rispetto del doppio grado del giudizio, ma anche dalla necessità di una cognizione piena almeno sull'an della pretesa risarcitoria.

Come lealmente si dà atto nella motivazione della sentenza in rassegna, esiste un orientamento favorevole all'ammissibilità della proposizione davanti al Tar della domanda risarcitoria cumulativamente con la domanda alternativa di esecuzione del giudicato (T.A.R. Campania - Napoli, Sez. I, sent. 4 ottobre 2001 n. 4485, in questa Rivista, pag. http://www.giustamm.it/private/tar/tarcapna1_2001-10-04-1.htm).

Tale orientamento del T.A.R. campano fonda la tesi sulla necessità di una riconsiderazione del rapporto tra ottemperanza e risarcimento del danno per equivalente, non più in termini di incompatibilità, ma di coordinamento.

Afferma il T.A.R. Campania che, pur essendo possibile che il combinato disposto dell'effetto caducatorio e di quello conformativo non sortiscano un risultato finale di piena soddisfazione dell'interesse sostanziale del ricorrente vincitore, deve essere data la logica precedenza alla domanda di esecuzione in forma specifica rispetto a quella risarcitoria, con la conseguenza che solo il giudice dell'ottemperanza, con i suoi ampi poteri di cognizione estesi anche nel merito, è in grado di sciogliere l'alternativa tra la via dell'esecuzione in forma specifica - se ancora possibile - e quella risarcitoria per equivalente, nel caso in cui la prosecuzione dell'azione amministrativa abbia ormai impedito la prima strada.

Secondo tale orientamento l'esame della domanda risarcitoria deve, quindi, ritenersi subordinato al previo esame della richiesta di esecuzione, il cui accoglimento può in alcuni casi elidere del tutto l'area del danno risarcibile (la funzione sussidiaria del risarcimento rispetto alla tutela giurisdizionale accordata con l'annullamento dell'atto impugnato è stata peraltro rimarcata anche da Cons. Stato, IV, n. 3169 del 14-6-2001).

Il rispetto del principio del doppio grado del giudizio costituisce però un limite invalicabile nell'esame della prospettata questione con la conseguenza che deve confermarsi l'inammissibilità di una domanda risarcitoria proposta per la prima volta in sede di giudizio di ottemperanza di una decisione del Consiglio di Stato e quindi in un unico grado di giudizio (v. anche Cons. Stato, V, n. 4239 del 6-8-2001, che, pur in assenza di un pronunciamento espresso sulla questione, sembra propendere per una preclusiva inammissibilità di una domanda risarcitoria proposta in sede di giudizio di ottemperanza solo per domande proposte direttamente davanti al Consiglio di Stato).

Sulla base delle precedenti considerazioni, deve quindi essere dichiarata l'inammissibilità della domanda, con cui i ricorrenti chiedono il risarcimento dei danni derivati dal provvedimento annullato con la sentenza da eseguire, in quanto si tratta di domanda risarcitoria a contenuto cognitorio introdotta per la prima volta davanti al Consiglio di Stato in sede di giudizio di ottemperanza.

(3) V. in tal senso in questa Rivista T.A.R. Campania - Napoli, Sez. I, sent. 4 ottobre 2001 n. 4485.

 

V. in argomento in questa Rivista:

TAR CAMPANIA-NAPOLI, SEZ. I - Sentenza 4 ottobre 2001 n. 4485

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 1 febbraio 2001 n. 396

S. GIACCHETTI, La risarcibilità degli interessi legittimi è "in coltivazione".

S. GIACCHETTI, Il giudizio di ottemperanza nella giurisprudenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa.

N. SAITTA, Evoluzione o crisi di identità del giudizio di ottemperanza?

E. CASETTA, Le trasformazioni del processo amministrativo.

 

F A T T O

Con il ricorso in epigrafe Cavarzene Produzioni Industriali s.p.a. e Saccarifera del Rendina s.p.a. hanno chiesto l'esecuzione della sentenza passata in giudicato del Consiglio di Stato, VI, n. 652/96 pubblicata il 10-5-96.

si è costituita in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso.

Con ordinanza n. 38/2002 questa Sezione ha ritenuto necessario, ai fini del decidere, acquisire dal Ministero delle politiche agricole e forestali la seguente documentazione:

a) copia del D.M. 27-2-87 e del precedente decreto ministeriale che regolava l'assegnazione delle quote prima dell'adozione del D.M. annullato;

b) una relazione dell'amministrazione riguardo la controversia in esame, contenente anche precisazioni circa i seguenti punti:

b1) in base a quale decreto sarebbero state assegnate le quote di produzione in assenza del D.M. annullato (precisando se in base al D.M. relativo alla precedente campagna, e in questo caso in base a quale normativa veniva applicato il precedente decreto);

b2) quale sarebbe stata la quota di produzione di zucchero spettante al Gruppo Saccarifero Veneto in ipotesi di non adozione del D.M. annullato, precisando in caso di differenza con la quota effettivamente assegnata quali sarebbero stati gli importi dovuti alle società ricorrenti dalla Cassa Conguaglio Zucchero;

b3) indicare se sia possibile una rideterminazione degli importi corrisposti dalla Cassa Conguaglio Zuccheri senza incidere sugli importi corrisposti dalla Cassa ad altre imprese;

c) ogni altro elemento utile ai fini del decidere.

Dopo il deposito da parte dell'amministrazione della documentazione richiesta, all'odierna camera di consiglio la causa è stata trattenuta in decisione.

D I R I T T O

1. Le società ricorrenti poste in amministrazione straordinaria nel dicembre del 1983 e facenti parte del Gruppo Saccarifero Veneto (GSV), chiedono l'esecuzione della sentenza sopraindicata, con cui il Consiglio di Stato ha annullato il D.M. 27-2-1987, con cui, ai sensi dell'art. 25, paragrafo II, comma 2 del Regolamento CEE del Consiglio n. 934/86 del 24-3-1986, sono state variate le quote di produzione di zucchero spettanti alle imprese nazionali.

Le società ricorrenti espongono di aver richiesto per la campagna di produzione dello zucchero 1987-88 un aumento rispetto alla campagna precedente delle quote A e B, ma che con il citato D.M. 27-2-87 l'amministrazione avrebbe immotivatamente negato il suddetto aumento, confermando invece le quote di produzione della campagna precedente ed aumentando invece le quote di altre imprese.

Essendo stato il citato decreto annullato con la sentenza, di cui oggi si domanda l'esecuzione, le ricorrenti chiedono che venga ordinato all'amministrazione di ottemperare al giudicato, emanando sia pure "figurativamente" un nuovo decreto ministeriale di rideterminazione delle quote spettanti per la campagna 1987-88.

In base a detto nuovo decreto dovrebbero poi essere computate:

a) le somme dovute alle ricorrenti da parte della cassa Conguaglio Zucchero, consistenti nella differenza tra i contributi netti dovuti in base al nuovo decreto e quelli effettivamente corrisposti;

b) il calcolo dei minori ricavi netti conseguiti nella campagna 1987-88 dalle società ricorrenti in conseguenza della minore produzione di quota A e B, da vendere all'interno del mercato europeo e della necessità di vendere le eccedenze di produzione al di fuori del mercato comune.

Le stesse ricorrenti precisano che l'adozione del nuovo decreto non deve avere lo scopo di rimettere in discussione le quote a suo tempo attribuite ad altre imprese, riconoscendo la difficoltà di incidere retroattivamente su posizioni ormai consolidate, ma che il decreto si rende necessario per calcolare i suddetti importi, che comunque sono stati quantificati in Lire 1.376.424.300.

2. Preliminare all'esame dell'istanza di esecuzione in questione appare l'individuazione dell'esatto contenuto della sentenza da eseguire.

Con la decisione n. 652/1996 questa Sezione, per quanto qui interessa, ha annullato il D.M. 27-2-1987 accogliendo le seguenti censure:

a) difetto di motivazione circa l'aumento delle quote di produzione concesso all'ISI e il diniego di aumento richiesto dalle ricorrenti, tenuto anche conto che il potere esercitato dal Ministero è stato quello previsto dall'art. 25, paragrafo II, comma 2 del Regolamento CEE del Consiglio n. 934/86 del 24-3-1986, che richiede per il superamento dell'ordinario margine di manovra il riferimento a progetti riguardanti l'intero settore saccarifero in ambito nazionale o regionale, mentre sono irrilevanti i progetti specifici riguardanti le singole aziende produttrici, su cui era invece fondato il D.M. impugnato;

b) mancanza di proporzionalità nella ripartizione degli oneri necessari per realizzare il piano di settore, considerata l'irrilevanza a tal fine della mancanza di specifici piani aziendali di ristrutturazione per il gruppo GSV;

c) tardività dell'impugnato D.M., che, ai sensi dell'art. 7 del regolamento CEE del Consiglio n. 193/82 del 26-1-1982, doveva far conoscere entro il 1° marzo le quote di produzione sulle quali gli operatori del settore possono contare per concludere in tempo utile i contratti di acquisto di barbabietole.

Ciò premesso, si tratta ora di verificare se la citata decisione rientri nella categoria delle c.d. sentenze autoapplicative, cioè immediatamente satisfattive senza che occorra alcun comportamento attuativo da parte dell'amministrazione o nella diversa categoria delle sentenze che per essere satisfattive necessitano del concorso di un'attività esecutiva da parte della P.a.

I vizi di cui ai precedenti punti a) e b) indurrebbero a ritenere che si tratti di una decisione del secondo tipo, in quanto gli stessi si incentrano sul difetto di motivazione e sull'assenza di proporzionalità in ordine al mancato aumento delle quote spettanti alle ricorrenti.

L'annullamento del D.M. è stato però disposto anche per il profilo della tardività con affermazione dell'impossibilità (e dell'illegittimità) di rideterminare le quote di produzione dopo la scadenza del termine annuale del 1° marzo, dovendo ogni operatore economico del settore conoscere con anticipo le quote al fine di effettuare le proprie scelte imprenditoriali.

L'accoglimento del ricorso anche sotto tale aspetto comporta che dal giudicato non derivi alcun obbligo di rideterminare le quote con nuovo D.M., considerato anche che il sistema delle quote - zucchero non consente di isolare la posizione di una singola impresa intervenendo sulla quota di questa, ma comporta una necessaria rideterminazione di tutte le quote.

L'amministrazione non doveva, né avrebbe potuto nel 1996, quindi rideterminare ex post le quote spettanti per la campagna 1987-88.

Il ricorso deve quindi essere respinto ove inteso ad imporre l'adozione di un nuovo decreto in esecuzione della predetta decisione.

3. In realtà, deve però essere rilevato che le stesse società ricorrenti riconoscono quanto meno la difficoltà di intervenire ex post sulle quote già attribuite e su situazioni da tempo consolidate ed, infatti, chiedono l'adozione di un c.d. decreto "figurativo", avente il solo scopo di quantificare le somme dovute alle ricorrenti stesse.

Nella sostanza, si tratterebbe non già dell'adozione di un nuovo D.M. in esecuzione della decisione, ma della sola ipotetica rideterminazione delle quote per il calcolo degli importi dovuti (una sorta di decreto emesso a fini istruttori e non con valenza giuridica autonoma).

L'ammissibilità della richiesta non deve essere valutata in astratto, ma con specifico riferimento al titolo in base a cui vengono richiesti gli importi, da quantificare solo a seguito dell'adozione del D.M. "figurativo".

Si ricorda che le imprese richiedono:

a) i maggiori importi dovuti dalla Cassa Conguaglio Zucchero;

b) il ristoro per i minori ricavi perla minore produzione in quote A e B e per aver conseguentemente dovuto vendere al di fuori del mercato comune.

Si osserva che si tratta in entrambi i casi di voci richieste a titolo di danno, come peraltro riconosciuto dalle stesse ricorrenti sia nel ricorso che nella memoria del 19-3-2002.

Si legge in quest'ultima che "l'esecuzione della sentenza richiede soltanto - ed è questo ciò che le imprese ricorrenti hanno chiesto in sede di giudizio di ottemperanza - che l'amministrazione corrisponda alle imprese quanto ad esse dovuto, risarcendole del grave danno economico da esse subito a causa del suo illegittimo comportamento" (pag. 8 e pag. 12 della memoria).

Si evidenzia che in risposta alla ordinanza istruttoria della Sezione l'amministrazione ha comunicato che in assenza del D.M. 27-2-87, annullato, le quote applicabili per la campagna 1987-88 deriverebbero dal D.M. 30-11-81, che comporterebbe nel complesso maggiori oneri economici per le ricorrenti, pur ribadendo l'impossibilità di correggere retroattivamente il livello delle quote, dopo che queste hanno già "assolto al loro compito istituzionale".

Anche a prescindere dalla verifica dell'esattezza del dato relativo agli effetti dell'applicazione del D.M. 30-11-1981, si osserva che le stesse ricorrenti, a pagina 10 della citata memoria, hanno escluso che la loro richiesta di esecuzione fosse quella di applicare il D.M. del 1981, ribadendo che l'amministrazione avrebbe all'epoca dovuto determinare in modo diverso le quote, tenendo conto delle richieste di aumento da parte delle ricorrenti.

In definitiva, ciò che le imprese chiedono con la presente istanza di esecuzione è il risarcimento del danno loro derivato a causa dell'illegittima adozione del D.M. 27-2-87, poi annullato dal Consiglio di Stato

4. Deve quindi essere verificata l'ammissibilità di una domanda di risarcimento del danno, che sebbene conseguente ad una pronuncia di annullamento, venga proposta per la prima volta in sede di giudizio di ottemperanza di una decisione del Consiglio di Stato.

La Sezione ritiene che una tale domanda sia inammissibile.

Recentemente la IV Sezione del Consiglio di Stato ha affermato l'inammissibilità dell'azione risarcitoria proposta in sede di ottemperanza (Cons. Stato, IV, n. 396 del 1-2-2001; v. anche, IV, n. 5312, 8-10-2001).

Con la citata decisione n. 396/2001 è stato evidenziato che il giudice dell'ottemperanza, anche ai sensi dell'artt. 35 del D. Lgs. n. 80/1998 recentemente introdotto nell'ordinamento italiano, è chiamato ad un intervento primieramente esecutivo del contenuto del giudicato formatosi nel corso del giudizio di cognizione; solo entro limitati ambiti il giudizio di ottemperanza è idoneo ad aggiungere un ulteriore contenuto cognitivo (cioè sostanziale) al giudicato già formatosi, peraltro limitato al quantum e non anche all'an del risarcimento.

Le divergenze introdotte dal legislatore rispetto al giudizio risarcitorio civile consistono, dunque, nella possibilità che il giudice, in sede di cognizione (una volta che abbia accertato la sussistenza dell'an debeatur), anziché liquidare precisamente il quantum del risarcimento dovuto dall'Amministrazione si limiti a stabilire i criteri sulla cui base dovrà poi essere liquidato il danno risarcibile. Tali divergenze, tuttavia, non possono giungere fino al punto di comportare la traslazione in sede di ottemperanza di tutto il giudizio risarcitorio, indifferentemente per l'an e per il quantum.

Infatti, rileva ancora la IV Sezione, non potendosi certo pretermettere la verifica di sussumibilità della situazione concreta nell'astratta fattispecie complessa di cui all'art. 2043 cod. civ., e se non si voglia stravolgere immotivatamente il ruolo del giudizio esecutivo rispetto a quello cognitivo, deve necessariamente affermarsi la competenza funzionale del giudice della cognizione; non importa se ciò avvenga nell'ambito dello stesso giudizio annullatorio, ovvero in separata sede nel limite di prescrizione del diritto, ma comunque pur sempre nell'ambito di un giudizio ordinario articolato sul doppio grado ed a cognizione piena sull'an nonché, se possibile, sul quantum delle pretese risarcitorie del danneggiato."

Nel citato precedente della IV Sezione, l'inammissibilità dell'azione risarcitoria proposta in sede di ottemperanza viene fatta derivare quindi non solo dal rispetto del doppio grado del giudizio, ma anche dalla necessità di una cognizione piena almeno sull'an della pretesa risarcitoria.

Sul punto si deve anche rilevare la presenza di un orientamento favorevole all'ammissibilità della proposizione davanti al Tar della domanda risarcitoria cumulativamente con la domanda alternativa di esecuzione del giudicato (Tar Campania - Napoli, Sez. I - Sentenza 4 ottobre 2001 n. 4485).

Il Tar fonda la tesi sulla necessità di una riconsiderazione del rapporto tra ottemperanza e risarcimento del danno per equivalente, non più in termini di incompatibilità, ma di coordinamento.

Afferma il Tar che, pur essendo possibile che il combinato disposto dell'effetto caducatorio e di quello conformativo non sortiscano un risultato finale di piena soddisfazione dell'interesse sostanziale del ricorrente vincitore, deve essere data la logica precedenza alla domanda di esecuzione in forma specifica rispetto a quella risarcitoria, con la conseguenza che solo il giudice dell'ottemperanza, con i suoi ampi poteri di cognizione estesi anche nel merito, è in grado di sciogliere l'alternativa tra la via dell'esecuzione in forma specifica - se ancora possibile - e quella risarcitoria per equivalente, nel caso in cui la prosecuzione dell'azione amministrativa abbia ormai impedito la prima strada.

Secondo tale orientamento l'esame della domanda risarcitoria deve, quindi, ritenersi subordinato al previo esame della richiesta di esecuzione, il cui accoglimento può in alcuni casi elidere del tutto l'area del danno risarcibile (la funzione sussidiaria del risarcimento rispetto alla tutela giurisdizionale accordata con l'annullamento dell'atto impugnato è stata peraltro rimarcata anche da Cons. Stato, IV, n. 3169 del 14-6-2001).

Questo Collegio ritiene che le apprezzabili considerazioni, svolte nella citata decisione del Tar Campania, possano anche condurre ad una rivalutazione della questione dell'ammissibilità di un ricorso cumulativo contenente sia la richiesta di esecuzione del giudicato sia la domanda risarcitoria a condizione che, in applicazione del principio di conservazione e di conversione degli atti processuali, sussistano i presupposti di contenuto e forma previsti per un'ordinaria azione cognitoria, quale quella risarcitoria (nel senso di verificare il rispetto per entrambe le domande, nella forma e nella sostanza, delle disposizioni processuali di riferimento).

Il rispetto del principio del doppio grado del giudizio costituisce però un limite invalicabile nell'esame della prospettata questione con la conseguenza che deve confermarsi l'inammissibilità di una domanda risarcitoria proposta per la prima volta in sede di giudizio di ottemperanza di una decisione del Consiglio di Stato e quindi in un unico grado di giudizio (v. anche Cons. Stato, V, n. 4239 del 6-8-2001, che, pur in assenza di un pronunciamento espresso sulla questione, sembra propendere per una preclusiva inammissibilità di una domanda risarcitoria proposta in sede di giudizio di ottemperanza solo per domande proposte direttamente davanti al Consiglio di Stato).

Sulla base delle precedenti considerazioni, deve quindi essere dichiarata l'inammissibilità della domanda, con cui le ricorrenti chiedono il risarcimento dei danni derivati dal provvedimento annullato con la sentenza da eseguire, in quanto si tratta di domanda risarcitoria a contenuto cognitorio introdotta per la prima volta davanti al Consiglio di Stato in sede di giudizio di ottemperanza.

5. In conclusione, il ricorso deve essere in parte respinto e in parte dichiarato inammissibile nei sensi di cui sopra.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, in parte respinge e in parte dichiara inammissibile il ricorso indicato in epigrafe.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 7-5-2002 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

Giorgio Giovannini Presidente

Alessandro Pajno Consigliere

Giuseppe Romeo Consigliere

Giuseppe Minicone Consigliere

Roberto Chieppa Consigliere Est

Il Presidente

L'Estensore

Depositata in cancelleria il 18 giugno 2002.

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