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n. 7/8-2001 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Sentenza 26 giugno 2001 n. 3452 - Pres. Giovannini, Est. De Nictolis - Ciampolillo (Avv. Scoca) c. Università degli studi di Bari (Avv. Racco) - (conferma T.A.R. Puglia - sede di Bari, sez. I, 22 luglio 2000, n. 3088).

Pubblico impiego - Dipendenti Università - Tecnici laureati - Inquadramento nei ruoli dei ricercatori - Impossibilità - Art. 8, comma 10, L. n. 370/1999 - Interpretazione - Limiti della norma.

Anche se è in atto una progressiva assimilazione, nel disegno legislativo, dei tecnici laureati ai ricercatori universitari, quanto a mansioni (assistenziali e didattiche) e a status, tuttavia la definitiva unificazione dei due ruoli, ovvero la soppressione del ruolo dei tecnici con inserzione degli stessi in quello dei ricercatori, è operazione che necessita di una chiara ed espressa previsione legislativa, e che non può derivare da disposizioni normative dal significato equivoco ed opinabile (1).

L'art. 8, comma 10, L. 19 ottobre 1999, n. 370 (il quale dispone che «al personale di cui all'articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 12, commi 1, 2, 3, 4, 6 e 7, della legge 19 novembre 1990, n. 341. Il suddetto personale è ricompreso nelle dizioni previste dall'articolo 16, comma 1, della legge 19 novembre 1990, n. 341, e successive modificazioni. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato») non può essere inteso nel senso di prevedere un inquadramento automatico dei tecnici laureati nel ruolo dei ricercatori, ma solo nel suo significato letterale di consentire anche ai tecnici laureati l'attività didattica, mediante il rinvio all'art. 12, L. n. 341 del 1990.

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(1) Ha aggiunto la Sez. VI che l'inquadramento automatico dei tecnici laureati nel ruolo dei ricercatori universitari non può essere operato perché:

a) manca una verifica dei costi della operazione e dunque la necessaria copertura finanziaria, che solo la legge può prevedere;

b) detta operazione comporterebbe lo svuotamento del ruolo dei tecnici laureati e la soppressione dello stesso e del relativo concorso, il che, del pari, necessita di previsione legislativa.

Sulla questione v. da ult. TAR LAZIO, SEZ. III - Ordinanza 10 maggio 2001* , pubblicata in questa rivista n. 6-2001, pag. http://www.giustamm.it/private/tar/tarlazio3_2001-4050o.htm che ha sollevato q.l.c. dell'art. 8 della L. n. 370/99 nella parte in cui non prevede l'inquadramento dei tecnici laureati medici nel ruolo dei ricercatori.

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 8454/2000, proposto da Anna Ciampolillo, rappresentata e difesa dall'avv. Franco Gaetano Scoca, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo, in Roma, via Paisiello, n. 55;

contro

Università degli studi di Bari, in persona del Rettore in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Mario Racco, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo, in Roma, viale Mazzini, n. 114/B e rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato e domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per la riforma, previa sospensione,

della sentenza del T.A.R. della Puglia - sede di Bari, sez. I, 22 luglio 2000, n. 3088, resa tra le parti e avente per oggetto inquadramento di tecnico laureato nel ruolo dei ricercatori universitari.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Università appellata;

viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

visti tutti gli atti della causa;

relatore alla pubblica udienza del 20 aprile 2001 il consigliere Rosanna De Nictolis e uditi l'avvocato Scoca per l'appellante, l'avvocato dello Stato Russo e l'avvocato Racco per l'Università appellata;

ritenuto e considerato quanto segue.

FATTO E DIRITTO

1. Con istanza del febbraio 2000 l'attuale appellante, avente qualifica di tecnico laureato in servizio presso la facoltà di medicina e chirurgia dell'Università degli studi di Bari, chiedeva al Rettore l'inquadramento nel ruolo dei ricercatori universitari, invocando a sostegno della pretesa l'art. 8, comma 10, L. 19 ottobre 1999, n. 370.

La richiesta si basava sul presupposto che la norma invocata rappresenterebbe l'ultimo e definitivo passaggio di una complessa evoluzione normativa, volta ad una totale assimilazione, anche sul piano del trattamento giuridico, dei tecnici laureati ai ricercatori universitari.

Il Rettore dell'Università di Bari, con nota del marzo 2000, respingeva l'istanza in questione.

1.1. Avverso detta nota, l'attuale appellante proponeva ricorso al T.A.R. Puglia - Bari, che respingeva la impugnazione con la sentenza in epigrafe.

Il T.A.R. ha interpretato l'art. 8, co. 10, L. n. 370 del 1999, nel senso che lo stesso si limita ad estendere ai tecnici laureati la possibilità di svolgimento di attività didattica, riconosciuta ai ricercatori universitari dalla L. n. 341 del 1990, senza tuttavia operare un inquadramento dei primi nel ruolo dei secondi.

1.2. Contro la sentenza ha proposto appello l'originario ricorrente.

L'Università appellata si è costituita in giudizio eccependo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e contestando, nel merito, la tesi dell'appellante.

2. In via pregiudiziale, occorre esaminare l'eccezione di difetto di giurisdizione.

2.1. Si lamenta che in base al D.Lgs. n. 29 del 1993 le università rientrano nel novero delle pubbliche amministrazioni e che in materia di rapporto di pubblico impiego la giurisdizione spetta al giudice ordinario.

2.2. L'eccezione è infondata.

La c.d. privatizzazione del rapporto di pubblico impiego, operata dal D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, non riguarda, allo stato, i professori e i ricercatori universitari, atteso che l'art. 2, co. 5, D.Lgs. citato, stabilisce che il rapporto di impiego dei professori e ricercatori universitari resta disciplinato dalle disposizioni rispettivamente vigenti, in attesa della specifica disciplina che la regoli in modo organico.

Il successivo art. 68, co. 1, D.Lgs. n. 29 del 1993, devolve alla giurisdizione del giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, sancendo però, al successivo comma 4, che restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nonché, in sede di giurisdizione esclusiva, le controversie relative ai rapporti di lavoro di cui all'articolo 2 commi 4 e 5.

Le controversie relative al rapporto di impiego dei ricercatori universitari competono, dunque, al giudice amministrativo.

Vero è che, nella specie, il contenzioso verte sulla pretesa di tecnico laureato ad essere inquadrato nel ruolo dei ricercatori universitari, e dunque, a rigori, su una questione di pubblico impiego universitario diverso dal rapporto di lavoro di ricercatori e professori.

Ma la causa petendi attiene all'accertamento di un preteso inquadramento ope legis nel ruolo dei ricercatori, e dunque della sussistenza di un rapporto di impiego quale ricercatore.

Deve pertanto farsi applicazione, nella specie, del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui allorché la domanda giudiziale attenga all'accertamento di un rapporto di pubblico impiego, la giurisdizione si determina sulla base della causa petendi e del risultato finale appetito, a prescindere da ogni indagine sulla fondatezza nel merito della pretesa, sicché la controversia rientra pur sempre nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sul pubblico impiego.

Ex plurimis, si ricorda il dictum di Cass., sez. un., 16 giugno 1983, n. 4109, secondo cui <<il principio, secondo cui la questione di giurisdizione va definita alla stregua dei fatti allegati ed a prescindere da ogni indagine nel merito, comporta che la domanda inerente a prestazioni lavorative subordinate in favore della pubblica amministrazione, la quale risulti fondata su situazioni astrattamente riconducibili nell'ambito di un rapporto di pubblico impiego, per concorso dei relativi requisiti, ivi compreso l'atto costitutivo del rapporto stesso, resta devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, indipendentemente dall'eventuale ricorrenza di vizi di detto atto costitutivo, salvo che gli stessi siano di per sé tali da precludere, anche in astratto, la configurabilità di tale requisito, e, quindi, di un rapporto di pubblico impiego>>.

Deve perciò concludersi che a norma dell'art. 2, co. 5, e 68, D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulle controversie relative al rapporto di impiego dei ricercatori universitari, anche quando il petitum e la causa petendi della domanda consistano nella richiesta di inquadramento nel ruolo dei ricercatori di dipendente che non vi appartenga, atteso che la giurisdizione si determina in base all'astratta configurabilità di un dato rapporto di impiego, a prescindere dalla fondatezza, nel merito, della domanda.

3. Passando all'esame del merito, va osservato che l'appellante critica la sentenza osservando che:

- il Rettore dell'Università degli studi <<la Sapienza>> di Roma, a differenza di quello dell'Università di Bari, ha accolto la richiesta di inquadramento nel ruolo dei ricercatori universitari di oltre 500 tecnici laureati, con decreto in relazione al quale il Consiglio di Stato in sede consultiva ha ritenuto opinabile la possibilità di annullamento governativo;

- l'art. 8, co. 10, L. n. 370 del 1999 avrebbe operato l'inquadramento ope legis dei tecnici laureati nel ruolo dei ricercatori, quale frutto di una complessa evoluzione normativa:

a. sin da tempi non recenti i tecnici laureati delle facoltà di medicina svolgono attività assistenziali, sì da percepire l'indennità di cui all'art. 31, D.P.R. n. 761 del 1979;

b. in prosieguo l'art. 6, co. 5, D.Lgs. n. 502 del 1992 ha espressamente attribuito a tale categoria le funzioni assistenziali;

c. l'art. 73, co. 2, D.Lgs. n. 29 del 1993, consente ai tecnici laureati, al pari del personale docente universitario, e a differenza del personale universitario non docente, la possibilità di iscrizione nell'ordine professionale;

d. con il D.Lgs. n. 517 del 1993 il ruolo dei tecnici laureati sarebbe di fatto stato reso ad esaurimento, con conseguente necessità di inquadramento nel ruolo dei ricercatori;

e. l'art. 6, co. 1, L. 23 dicembre 1996, n. 662, ha consentito ai tecnici laureati, al pari del personale universitario docente, la facoltà di opzione tra libera professione intra muraria ed extra muraria;

f. per il personale medico universitario sono inscindibili le funzioni di assistenza, didattiche e di ricerca scientifica, come ha riconosciuto pure la Corte costituzione (Corte cost., n. 103 del 1977): siffatta inscindibilità si avrebbe anche per i tecnici laureati, che non avrebbero più mansioni tecniche, bensì mansioni assistenziali;

g. i tecnici laureati presso le facoltà di medicina avrebbero un trattamento economico, un orario di servizio, mansioni e funzioni e in definitiva uno status coincidenti con quelli dei ricercatori universitari;

h. i compiti didattici assegnati ai tecnici laureati ne imporrebbero l'inquadramento nel ruolo dei ricercatori, perché la didattica sarebbe imprescindibilmente legata allo status di ricercatore;

i. i tecnici laureati sono stati espressamente compresi nella dizione di ricercatore, ai sensi dell'art. 16, co. 1, L. n. 341 del 1990;

l. erroneo sarebbe l'argomento ostativo all'inquadramento che la sentenza di primo grado pretende trarre dalla circostanza che l'art. 8, co. 10, L. n. 370 del 1999 esclude che dall'attribuzione di funzioni didattiche ai tecnici laureati possano derivare oneri a carico del bilancio statale, in quanto già attualmente i tecnici laureati percepirebbero lo stesso trattamento economico dei ricercatori.

4. L'appello è infondato.

4.1. In termini generali deve osservarsi che se anche può condividersi l'assunto della progressiva assimilazione, nel disegno legislativo, dei tecnici laureati ai ricercatori universitari, quanto a mansioni (assistenziali e didattiche) e a status, tuttavia la definitiva unificazione dei due ruoli, ovvero la soppressione del ruolo dei tecnici con inserzione degli stessi in quello dei ricercatori, è operazione che necessita di una chiara ed espressa previsione legislativa, e che non può derivare da disposizioni normative dal significato equivoco ed opinabile.

L'operazione pretesa dall'appellante, di inquadramento dei tecnici laureati nel ruolo dei ricercatori universitari, in virtù di una disposizione legislativa e di un disegno legislativo implicito, non può essere operata perché:

manca una verifica dei costi della operazione e dunque la necessaria copertura finanziaria, che solo la legge può prevedere;

detta operazione comporterebbe lo svuotamento del ruolo dei tecnici laureati e la soppressione dello stesso e del relativo concorso, il che, del pari, necessita di previsione legislativa.

4.2. Tanto premesso in termini generali, occorre ricostruire il quadro normativo ed esaminare analiticamente gli argomenti giuridici che inducono ad escludere l'inquadramento automatico dei tecnici laureati nel ruolo dei ricercatori.

Occorre muovere dall'esegesi dell'art. 8, comma 10, L. 19 ottobre 1999, n. 370, che è il testo normativo su cui si fonda la pretesa di inquadramento ope legis.

L'art. 8, comma 10, in commento, dispone che <<Al personale di cui all'articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 12, commi 1, 2, 3, 4, 6 e 7, della legge 19 novembre 1990, n. 341. Il suddetto personale è ricompreso nelle dizioni previste dall'articolo 16, comma 1, della legge 19 novembre 1990, n. 341, e successive modificazioni. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato>>.

La norma in commento, non può essere intesa nel senso cui aspira l'appellante, di inquadramento automatico dei tecnici laureati nel ruolo dei ricercatori, ma solo nel suo significato letterale di consentire anche ai tecnici laureati l'attività didattica, mediante il rinvio all'art. 12, L. n. 341 del 1990.

Quanto all'ulteriore norma, contenuta nell'art. 8, comma 10 in commento, secondo cui <<Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato>>, la stessa va letta in un duplice significato:

da un lato, il primo e più chiaro significato della norma è che il riconoscimento della possibilità di svolgimento di attività didattica da parte dei tecnici laureati, non deve comportare per gli stessi un incremento retributivo che sia fonte di nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato;

dall'altro lato, l'estensione dei compiti didattici non si traduce in un nuovo e diverso inquadramento, che del pari comporterebbe un aggravio di costi per la collettività.

Su quest'ultimo punto, il T.A.R. ha statuito che allo stato attuale i tecnici laureati hanno un trattamento economico differenziato e inferiore rispetto a quello dei ricercatori, e tale capo di sentenza è stato contestato dall'appellante con asserzioni generiche, sfornite di supporto probatorio.

Le contestazioni dell'appellante, pertanto, in difetto di assolvimento dell'onere della prova, non possono in questa sede essere prese in considerazione.

L'art. 8, co. 10, in commento, contiene una ulteriore norma da cui si pretende trarre argomento a sostegno dell'inquadramento automatico; in particolare, la norma secondo cui i tecnici laureati sono compresi <<nelle dizioni previste dall'articolo 16, comma 1, della legge 19 novembre 1990, n. 341>>.

Ora, l'art. 16, comma 1, L. 19 novembre 1990, n. 341, stabilisce che <<1. Nella presente legge, nelle dizioni «ricercatori» o «ricercatori confermati» si intendono comprese anche quelle di «assistenti di ruolo ad esaurimento» e di «tecnici laureati in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, alla data di entrata in vigore del predetto decreto»>>.

La norma dell'art. 16, L. n. 341 del 1990, comprende dunque alcune categorie di personale nelle dizioni <<ricercatori>> o <<ricercatori confermati>>.

Ma da tale ricomprensione, non può desumersi un inquadramento automatico, perché la stessa è operata espressamente solo ai fini della L. n. 341 del 1990, e non in termini generali.

La tesi dell'appellante, poi, prova troppo, perché se fosse esatta, già in base alla sola L. n. 341 del 1990 si sarebbe potuto operare un inquadramento automatico dei tecnici laureati nel ruolo dei ricercatori: e, invero, l'art. 16, co. 1, L. n. 341 del 1990, già ricomprende nella dizione di ricercatori alcune categorie di tecnici laureati.

4.3. Procedendo, ora, ad una lettura sistematica dell'art. 8, co. 10, L. n. 370 del 1999, alla luce delle altre disposizioni relative ai tecnici laureati, del pari non emergono argomenti convincenti a sostegno della tesi dell'inquadramento automatico.

4.3.1. In particolare, sebbene i tecnici laureati svolgano funzioni assistenziali come i ricercatori (art. 31, D.P.R. n. 761 del 1979; art. 6, co. 5, D.Lgs. n. 502 del 1992), e come gli stessi possono iscriversi agli albi professionali (art. 73, co. 2, D.Lgs. n. 29 del 1993) ed optare per la libera professione intra muraria o extra muraria (art. 6, co. 1, L. n. 662 del 1996), tutti tali dati sono indici di una progressiva assimilazione delle due categorie, ma non ancora di una perfetta osmosi e della possibilità di soppressione implicita del ruolo dei tecnici laureati, in assenza di espressa e chiara previsione legislativa in tal senso.

4.3.2. Quanto all'assunto di parte appellante, secondo cui il ruolo dei tecnici laureati è stato di fatto trasformato in ruolo ad esaurimento, attraverso il divieto di assunzione in detto ruolo di personale laureato, giova ricordare che l'art. 6, co. 5, D.Lgs. n. 502 del 1992, come modificato dall'art. 7, D.Lgs. 7 dicembre 1993, n. 517, stabilisce che << Nelle strutture delle facoltà di medicina e chirurgia il personale laureato medico ed odontoiatra di ruolo, in servizio alla data del 31 ottobre 1992, dell'area tecnico - scientifica e socio - sanitaria, svolge anche le funzioni assistenziali. In tal senso è modificato il contenuto delle attribuzioni dei profili del collaboratore e del funzionario tecnico socio - sanitario in possesso del diploma di laurea in medicina e chirurgia ed in odontoiatria. È fatto divieto alle università di assumere nei profili indicati i laureati in medicina e chirurgia ed in odontoiatria>>.

La norma in commento attribuisce le funzioni assistenziali ai tecnici laureati, stabilendo che in tal modo vengono modificate le mansioni degli stessi, ma non per questo arriva a inquadrarli nel ruolo dei ricercatori. Né il ruolo dei tecnici diventa un ruolo ad esaurimento, bensì un ruolo in cui continuano a rimanere inquadrati i tecnici laureati già assunti, mentre per il futuro ne faranno parte tecnici non laureati.

4.3.3. Giova ancora considerare che poco prima della entrata in vigore della L. n. 370 del 1999, l'art. 1, L. 14 gennaio 1999, n. 4, ha consentito alle Università di bandire concorsi per l'accesso al ruolo dei ricercatori, riservati proprio ai tecnici laureati, con ciò mostrando un favor per l'ingresso di tale categoria nel ruolo dei ricercatori, ma senza derogare alla regola del pubblico concorso. Sembra contraddittorio che in un medesimo contesto temporale, da un lato si prevede l'indizione di concorsi riservati ai tecnici laureati, e subito dopo si afferma di poter prescindere dal concorso, sostituendo lo stesso con un inquadramento automatico.

4.3.4. Quanto, ancora, alla circostanza che il Rettore dell'Università degli studi di Roma <<La Sapienza>> ha accolto l'istanza di inquadramento nel ruolo dei ricercatori di oltre cinquecento tecnici laureati, operando in maniera differente dal Rettore dell'Università di Bari, si tratta di un dato di fatto e storico che non inficia la legittimità del provvedimento di diniego oggetto del presente giudizio, sia perché non è ipotizzabile il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento con riferimento a provvedimenti di altre autorità, sia perché il decreto del Rettore dell'Università di Roma è ancora sub judice, sicché la sua stessa legittimità non è definitivamente comprovata.

Anzi, allo stato lo stesso risulta annullato con provvedimento governativo, provvedimento, quest'ultimo, impugnato dall'Università <<la Sapienza>> e non sospeso dal giudice amministrativo (C. Stato, sez. VI, 10 aprile 2001, n. 2259, ord.).

4.3.5. Quanto, infine, a possibili dubbi di costituzionalità dell'art. 8, co. 10, L. n. 370 del 1999, se interpretato nel senso che non prevede l'inquadramento automatico, deve replicarsi che la contraria interpretazione proposta dall'appellante non è l'unica conforme a Costituzione e, anzi, non è a sua volta immune da profili di illogicità e disparità di trattamento.

5. Per quanto esposto, l'appello va respinto.

La novità delle questioni induce a compensare le spese, i diritti e gli onorari di lite in relazione al presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Compensa interamente tra le parti le spese, i diritti e gli onorari di lite.

Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 aprile 2001, con la partecipazione di:

Giorgio Giovannini - Presidente

Chiarenza Millemaggi Cogliani - Consigliere

Pietro Falcone - Consigliere

Giuseppe Romeo - Consigliere

Rosanna De Nictolis - Cons. Rel. ed est.

Il Presidente

L'Estensore Il Segretario

Depositata il 26 giugno 2001.

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