CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Sentenza 20 gennaio 2003 n. 204 - Pres. Ruoppolo, Est. Millemaggi Cogliani - Ministero beni culturali e Soprintendenza per i beni ambientali di Sassari e Nuoro (Avv. Stato Fiengo) c. I.T.A.L.M.A.R. S.r.l. (Avv.ti Guarino, Alpeggiani, Castelli, Congiu) - (conferma T.A.R. Sardegna, 18 gennaio 2002, n. 11).
1. Ambiente - Autorizzazione paesaggistica - Potere statale di annullamento - Comporta esercizio di poteri di amministrazione attiva riguardanti la "cogestione dei valori paesistici" - Verifica in sede statale - Costituisce una ulteriore fase del procedimento.
2. Ambiente - Autorizzazione paesaggistica - Conseguimento del titolo autorizzativo e del relativo bene di vita - Si realizza al momento in cui si è esaurita la fase di verifica in sede statale.
3. Ambiente - Autorizzazione paesaggistica - Potere statale di annullamento - Per violazione di legge od eccesso di potere - Legittimità - Per considerazioni tecnico-discrezionali riguardanti il progetto presentato - Illegittimità.
4. Ambiente - Autorizzazione paesaggistica - Potere statale di annullamento - Adeguata istruttoria e congrua motivazione - Necessità.
5. Ambiente - Autorizzazione paesaggistica - Potere statale di annullamento - Motivazione del provvedimento di annullamento - Va valutata anche in relazione all'attività istruttoria svolta.
6. Ambiente - Autorizzazione paesaggistica - Potere statale di annullamento - Posizione giuridica dell'interessato - Non è di interesse oppositivo ma di interesse pretensivo.
7. Giustizia amministrativa - Risarcimento del danno - Per lesione di interessi legittimi - Nel caso di lesione di interessi di tipo pretensivo - Configurabilità della responsabilità della P.A. in termini di responsabilità precontrattuale e di responsabilità per inadempimento delle obbligazioni.
8. Giustizia amministrativa - Risarcimento del danno - Per lesione di interessi legittimi - Presupposto soggettivo della colpa - Inversione dell'onere della prova - Si produce - Sussistenza di circostanze esimenti - Nel caso scusabilità dell'errore in cui sia incorsa l'Amministrazione nell'adottare il provvedimento illegittimo - Configurabilità - Fattispecie.
1. Il potere esercitato dall'Amministrazione statale sulla autorizzazione paesaggistica rilasciata dall'autorità regionale (o dalle autorità subdelegate) va definito in termini di "cogestione dei valori paesistici", nel senso che esso costituisce espressione di amministrazione attiva, nell'ambito di un unitario procedimento complesso nel quale la conclusione del procedimento è appannaggio esclusivo all'amministrazione regionale (o a quella delegata da quest'ultima) soltanto nella ipotesi di diniego di autorizzazione, mentre, al contrario, ove l'autorizzazione sia accordata, essa costituisce il presupposto formale la cui comunicazione al Ministero attiva il necessario riesame del contenuto dell'autorizzazione (che, nell'inerzia dell'autorità emanante, lo stesso richiedente può sollecitare) e dà avvio, dunque, ad un'altra fase necessaria e non autonoma, nella quale il Ministero può annullare entro il prescritto termine di sessanta giorni (1).
2. Nel caso di edificazione di un immobile in zona soggetta a tutela paesaggistica, la mutazione dello stato dei luoghi non è consentita fintanto che l'autorità statale non abbia esercitato o consumato (con l'inerzia protratta oltre un certo termine) il proprio potere ed il bene della vita cui l'amministrato aspira non può ritenersi conseguito alla sfera giuridica del richiedente fintanto che non si sia concluso il procedimento.
3. L'Autorità statale può annullare l'autorizzazione paesistica (oltre che per il vizio di violazione di legge in senso stretto e per quello di incompetenza) anche quando risulti un suo profilo di eccesso di potere (per sviamento, insufficiente motivazione, difetto di istruttoria, illogicità manifesta); la medesima Autorità non può, viceversa, annullare l'autorizzazione paesistica sulla base di proprie considerazioni tecnico-discrezionali, contrarie a quelle effettuate dalla Regione o dall'Ente subdelegato (2).
4. L'esame della domanda di autorizzazione paesaggistica da parte dell'Autorità statale deve essere coerente con il piano paesistico (ove sia stato emanato), si deve basare su un'idonea istruttoria e deve rendere un'adeguata motivazione (da cui devono risultare le ragioni poste a base della affermata prevalenza di un interesse diverso da quello tutelato in via primaria) e deve tenere conto del principio di leale cooperazione che in materia domina i rapporti tra il Ministero e le Regioni.
5. La congruità della motivazione del provvedimento di annullamento statale del nulla osta paesaggistico rilasciato in sede regionale deve essere valutata ed apprezzata con riferimento non soltanto al provvedimento finale, ma anche, essenzialmente, allo svolgimento dei poteri istruttori che hanno connotato il procedimento, nell'arco di tre anni, dalla presentazione del primo originario progetto.
6. La posizione giuridica soggettiva dell'amministrato, rispetto al potere statale di annullamento del nulla osta rilasciato in sede regionale, non è qualificabile come interesse oppositivo (quasi che esso determini una sorta di degradazione o affievolimento di quanto già acquisito alla sua sfera giuridico-patrimoniale), ma come un interesse pretensivo, sostenuto, per effetto del provvedimento regionale favorevole, dall'affidamento sul buon esito del procedimento, dal momento che l'autorizzazione regionale non lo conclude, ma costituisce il presupposto dell'esercizio del potere statale, nell'ambito della cura del medesimo interesse pubblico.
7. Allorché il privato sia titolare di un interesse legittimo di natura pretensiva, il contatto che si stabilisce fra lui e l'Amministrazione dà vita ad una relazione giuridica di tipo relativo, nel cui ambito il diritto al risarcimento del danno ingiusto, derivante dall'adozione di provvedimenti illegittimi, presenta una fisionomia sui generis, non riducibile al modello aquiliano dell'articolo 2043 cod.civ., ma che è caratterizzata da alcuni tratti della responsabilità precontrattuale e di quella per inadempimento delle obbligazioni (3).
8. Al fine della configurazione della responsabilità dell'amministrazione per il danno conseguente alla adozione del provvedimento illegittimo, assume grande rilevanza l'elemento soggettivo, ancorché, specifiche regole inducano, sul piano processuale, all'inversione dell'onere della prova (è il debitore dovere fornire la prova negativa dell'elemento soggettivo e non, il creditore, quella della sua esistenza); tali regole, peraltro, non escludono, in radice, la possibilità di esimenti, quali la scusabilità dell'errore in cui sia incorsa l'Amministrazione nell'adottare il provvedimento illegittimo (il debitore, infatti, non risponde dell'inadempimento se dovuto a causa a lui non imputabile) (4).
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(1-2) Cfr. Cons. Stato, Ad. plen.,14 dicembre 2001, n. 9, in questa Rivista n. 12-2001, con commento di G. BACOSI, Limiti del potere statale di annullamento del nulla osta paesaggistico rilasciato in sede regionale.
(3) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 6 agosto 2001 n. 4239, in Riv. amm. R. It. 2001, p. 701 ss., con nota di BUONVINO, secondo cui i problemi posti dal mancato conseguimento del bene della vita su cui insiste l'interesse pretensivo, per effetto dell'illegittimo esercizio del potere da parte dell'amministrazione, finisce rendere applicabili principi e regole più vicini alla responsabilità contrattuale che a quella aquiliana.
(4) Nella specie è stata riconosciuta una valida esimente nell'erronea, ma giustificabile, convinzione dell'Amministrazione statale di potere estendere le proprie valutazioni al merito dell'ipotesi progettuale, confrontandone le scelte con i valori paesaggistici tutelati, al fine di massimizzarne la tutela e non anche di doversi limitare ad accertare che tali valori fossero stati legittimamente tenuti presenti dalla Regione, nella decisione di consentire l'intervento.
Essendosi in presenza di un'esimente che esclude l'elemento soggettivo (sulla base dei parametri che devono governare l'azione delle pubbliche amministrazioni), conformemente a quanto ritenuto dai giudici di primo grado, è stata respinta la domanda di condanna generica al risarcimento del danno.
FATTO
1. Con sentenza n.11 del 18 gennaio 2002, il Tribunale Amministrativo della Sardegna ha accolto il ricorso proposto dal Soc. I.T.A.L.M.A.R., (s.r.l. in liquidazione), per l'annullamento del decreto del Soprintendente per i beni ambientali, architettonici, artistici e storici di Sassari e Nuoro, n.351 del 12 settembre 2001, con il quale è stata annullata l'autorizzazione paesaggistica regionale (rilasciata dal Direttore del Servizio tutela paesaggio di Sassari e Nuoro, con determinazione del 9 maggio 2001 a norma dell'art.151 del D.Lgs. 29 ottobre 1999 n.40) per la realizzazione di un edificio alberghiero in località "Barrabisa", in Comune di Palau, nell'ambito di un P.L. residenziale-alberghiero, approvato nel 1975 dalla Regione Sardegna e convenzionato nel 1977, nonché di tutti gli ulteriori atti presupposti, conseguenti o, comunque, connessi con quello impugnato, ivi compresa la nota dello stesso Soprintendente n.9770 del 21 maggio 2001, contente la richiesta di integrazione di documentazione diretta alla Regione e per conoscenza alla stessa società interessata ed al Comune di Palau.
Il Tribunale Amministrativo Regionale, accogliendo i motivi dal terzo al quinto, del ricorso introduttivo del giudizio, ha ritenuto che il Sovrintendente, nel disporre l'annullamento dell'autorizzazione paesaggistica sulla base della negata compatibilità della costruzione progettata (concernente la realizzazione di una struttura ricettiva alberghiera) avrebbe illegittimamente compiuto una sostanziale rivalutazione - nel merito - della proposta progettuale presentata dalla società richiedente. Ed invero, è stata riconosciuta - in contrasto con il provvedimento impugnato - l'adeguatezza dell'istruttoria espletata dall'Autorità regionale, come comprovato dal fatto che la società ha dovuto provvedere a modificare il progetto originario con la previsione di modalità costruttive diverse, rispettose delle curve di livello e dell'andamento naturale del terreno, nonché l'avvenuto apprezzamento, da parte dell'Autorità regionale, della coerenza della trasformazione dell'area, mediante una realizzazione a destinazione alberghiera con quanto assentito con il piano di fabbricazione e della sua compatibilità con le previsioni del p.t.p. n.1 della Gallura ed infine l'esaustività della motivazione, da rinvenire non soltanto nel provvedimento finale, ma anche nel complesso degli apprezzamenti (anche impliciti) che hanno accompagnato lo svolgimento dei poteri istruttori che hanno connotato l'intero procedimento e nel cui ambito assume significativo rilievo la circostanza che l'adozione del provvedimento finale è stata procrastinata e condizionata a modificazioni progettuali espressamente richieste per un più corretto inserimento paesaggistico dell'intervento.
Il giudice di primo grado ha invece respinto la domanda di risarcimento del danno sulla considerazione della mancanza di prova sull'elemento soggettivo, il quale, nella specie, resterebbe escluso dalla scusabilità dell'errore in cui è incorsa l'Amministrazione statale, nel riconsiderare, nel merito, la compatibilità dell'intervento, con i valori paesistici tutelati.
2. Avverso l'anzidetta sentenza ha proposto appello l'Amministrazione statale, con atto notificato il 7 maggio 2002, affermando l'ingiustizia e lesività della decisione sulla considerazione della incongruità dell'autorizzazione rispetto alla individuazione delle valenze paesistiche effettuate con il D.M. 12 maggio 1966, che ha imposto il vincolo di cui alla legge n.1497 del 1939 e con le conseguenti disposizioni di attuazione poste con il p.t.p. n.1 del territorio della Gallura. In particolare, sottolinea l'appellante che l'area interessata è compresa nella zona 2b del suddetto piano territoriale paesistico, nel cui ambito sarebbero ammesse soltanto limitate modifiche dello stato dei luoghi, mentre l'intervento in oggetto comporterebbe, al contrario, un'incisiva alterazione della percezione paesistica dei luoghi, per l'impatto gravante su tutto il territorio circostante (in forza della visibilità dell'intervento anche da punti panoramici pubblici), per l'irreversibile trasformazione della originale configurazione della flora (specificamente tutelata dal D.M. 12 maggio 1966) e per le modalità edificatorie, che stravolgerebbero il passato costruttivo della zona.
La Soprintendenza non avrebbe fatto altro, dunque, che richiamarsi alle scelte compiute con il citato decreto impositivo del vincolo, rese con maggiore chiarezza dal piano territoriale paesistico, nella formula "limitate modifiche dello stato dei luoghi", senza che assuma rilievo, per i fini che interessano la circostanza che il piano di lottizzazione del quale la struttura alberghiera costituisce completamento sia stato approvato nel lontano 1975, dal momento che l'art. 4 del piano territoriale paesistico più volte citato ammetterebbe soltanto gli interventi conformi, oltre che ai previgenti strumenti urbanistici, anche alle previsioni del suddetto piano.
Quanto alla motivazione del provvedimento di autorizzazione, in esso si rinverrebbero soltanto generiche, apodittiche ed autoreferenziali affermazioni sulla compatibilità del progetto con gli elementi di pregio paesistico tutelati, inidonee a rendere conto dell'effettivo apprezzamento di tutte le circostanze di fatto esistenti e della non manifesta irragionevolezza della scelta effettuata.
3. L'originaria ricorrente, con atto notificato il 30 maggio 2002 - oltre a resistere all'appello dell'amministrazione, deducendone, la mancanza di fondamento nel merito e, sotto vari profili, l'inammissibilità - propone, a sua volta, appello incidentale per i primi due capi della originaria impugnazione (che la sentenza appellata ha sostanzialmente ritenuto infondati) ed, autonomo, per il capo della sentenza che respinge la domanda di risarcimento del danno.
4. Successivamente la causa, chiamata alla pubblica udienza del 22 ottobre 2002, è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.1. L'appello principale è infondato.
1.2. Può prescindersi dai profili di inammissibilità eccepiti dalla resistente.
L'assenza, nei motivi di appello, di considerazioni critiche che investano, direttamente, il procedimento logico seguito dal giudice di primo grado e le argomentazioni sulle quali poggia il giudizio di invalidità del provvedimento di annullamento, resta, infatti, interamente assorbita dalla mancanza di fondamento, nel merito, delle ragioni che l'appellante deduce a sostegno della legittimità del proprio operato.
1.3. La questione all'esame della Sezione investe, come precisato in narrativa, l'autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di una struttura recettiva alberghiera di circa mc. 28.960, nell'ambito di un piano di lottizzazione approvato nel 1975 e convenzionato con atto notarile del 1977, già quasi completamente attuato (quanto alle infrastrutture, al formale trasferimento di tutti gli standars di cessione al Comune ed alle edificazioni destinate all'insediamento di residenza privata, anch'esse comprese nel piano), in territorio insistente in zona 2b del piano territoriale paesistico n. 1 della Gallura, nel cui ambito sono comprese "aree che, pur costituendo sistemi naturali o seminaturali di rilevante valore paesistico, ambientale, archeologico e scientifico, ammettono limitate modifiche dello stato dei luoghi, anche al fine di una loro migliore utilizzazione".
Il piano in questione, all'art.4 fa salvi gli interventi conformi ai previgenti strumenti urbanistici ed alle previsioni di detto piano.
La primitiva elaborazione del progetto, presentata alla competente autorità regionale già nell'aprile del 1998, veniva modificata nella tipologia e negli elementi architettonici, a seguito di richiesta (in data 8 marzo 2000) dell'Ufficio tutela paesaggio, voluta per limitarne l'impatto, "con integrazione in maniera armoniosa nel contesto paesaggistico.
L'elaborato progettuale successivo si articola in un blocco "servizi" (corpo A), 4 blocchi di alloggi alberghieri (corpi B,C,D,E,), ciascuno disegnato in modo tale da creare al proprio interno un piccolo parco privato, con percorsi a passeggiata ed, infine una zona sportiva all'aperto ed una superficie di 35.575 mq di verde privato alberghiero; i parcheggi sono stati previsti all'esterno del complesso alberghiero, in area adiacente alla strada di lottizzazione (già realizzata).
E' fuori discussione la conformità dell'intervento agli strumenti urbanistici previgenti (la destinazione di zona consentiva infatti la realizzazione della struttura alberghiera, con un indice di fabbricabilità di 0,5 mc/mq ed un volume massimo realizzabile di 29.020 mq).
Sul nuovo progetto la Commissione delizia ha rilasciato il proprio parere favorevole in data 10 aprile 2001, non rilevando contrasti con il programma di fabbricazione, con il piano di lottizzazione e con il piano territoriale paesistico, e la Regione (con determinazione n.655 del 9 maggio 2001, del Direttore del Servizio regionale tutela paesaggio di Sassari e Nuoro) ha infine rilasciato autorizzazione a norma dell'art. 1 della L. 8 ottobre 1997 n.352, sulla considerazione che la nuova proposta progettuale poteva ritenersi compatibile con il decreto di vincolo del 12 aprile 1966, nel quale "non sono contenute prescrizioni specifiche di tutela in ordine al particolare ambito di intervento interessato" e l'opera in progetto "non incide direttamente con gli elementi di pregio paesistico descritti negli allegati al decreto di vincolo.
1.4. Con il provvedimento impugnato in primo grado la Sovrintendenza ha annullato il provvedimento regionale ritenendolo viziato per violazione di legge (o meglio, per carenza di motivazione), sussistendo la "necessità di conservare l'integrità dei valori paesistici riconosciuti all'area", sul rilievo che "l'aggregazione volumetrica proposta non si configura come un esempio di architettura.congruente e coerente con il passato storico costruttivo dell'area in questione, nella quale l'edificazione avveniva o per sommatoria di volumi semplici oppure per creazione di fabbriche isolate, raramente aggregate e soprattutto non secondo le modalità e l'articolazione planovolumetrica proposta" e che, in definitiva, "il provvedimento regionale comporterebbe la realizzazione di opere non compatibili con le imprescindibili esigenze di tutela e conservazione dei generali valori paesistici riconosciuti dal D.M. di vincolo".
Il giudice di primo grado, in accoglimento delle censure proposte dalla società interessata nei motivi di appello dal terzo al quinto, ha invece ritenuto che la Sovrintendenza, «lungi dal limitarsi ad una valutazione di mera legittimità dell'autorizzazione regionale rilasciata alla società interessata» abbia, al contrario, svolto «un vero e proprio controllo di "merito"sul progetto presentato che si prefiggeva il completamento del piano di lottizzazione, coerentemente con la "specifica" destinazione alberghiera attribuita dal piano di fabbricazione ed in coerenza con le previsioni del PTP n.1 della Gallura».
Le conclusioni che precedono devono essere condivise, sia pure con talune precisazioni sulla natura del potere esercitato dall'Autorità statale.
Giova, infatti, ricordare che in materia è intervenuta la decisione dell'Adunanza plenaria n.9 del 14 dicembre 2001, con la quale è stato definito in termini di "cogestione dei valori paesistici", il potere esercitato dall'Amministrazione statale sulla autorizzazione rilasciata dall'autorità regionale (o dalle autorità subdelegate), nel senso che esso costituisce espressione di amministrazione attiva, nell'ambito di un unitario procedimento complesso nel quale la conclusione del procedimento è appannaggio esclusivo all'amministrazione regionale (o a quella delegata da quest'ultima) soltanto nella ipotesi di diniego di autorizzazione, mentre, al contrario, ove l'autorizzazione sia accordata, essa costituisce "il presupposto formale.la cui comunicazione al Ministero attiva il necessario riesame del contenuto dell'autorizzazione (che, nell'inerzia dell'autorità emanante, lo stesso richiedente può sollecitare)" e dà avvio, dunque, ad un'altra fase "necessaria e non autonoma, nella quale il Ministero può annullare.entro il prescritto termine di sessanta giorni".
Tale precisazione (che smentisce la sentenza appellata nella parte in cui configura l'annullamento statale quale espressione di vigilanza e controllo su di un assetto degli interessi già definito con il provvedimento regionale) implica, da un lato che la mutazione dello stato dei luoghi non è consentita fintanto che l'autorità statale non abbia esercitato o consumato (con l'inerzia protratta oltre un certo termine) il potere di cogestione e dall'altro che il bene della vita cui l'amministrato aspira non può ritenersi conseguito alla sfera giuridica del richiedente fintanto che non si siano verificate le evenienze sopra specificate.
Trattasi tuttavia di argomento che, per quanto concerne il caso di specie - se pure non è privo di riflessi significativi sulla pretesa risarcitoria riformulata con l'appello incidentale dalla società interessata - non incide sulle conclusioni alle quali è pervenuto il giudice di primo grado circa l'invalidità dell'annullamento di cui si tratta.
La pacifica giurisprudenza secondo cui l'Autorità statale "può annullare l'autorizzazione paesistica (oltre che il vizio di violazione di legge in senso stretto e quello di incompetenza) anche quando risulti un suo profilo di eccesso di potere (per sviamento, insufficiente motivazione, difetto di istruttoria, illogicità manifesta)", deve coniugarsi con l'altrettanto pacifico orientamento, ora avallato dalla citata decisione dell'Adunanza plenaria, che nega la possibilità che tale Autorità annulli l'autorizzazione paesistica sulla base di proprie considerazioni tecnico-discrezionali, contrarie a quelle effettuate dalla Regione o dall'Ente subdelegato, allorché l'autorizzazione anzidetta si riveli rispettosa dei principi la stessa Adunanza plenaria ha messo a fuoco.
In particolare è stato osservato che l'atto che esamina la domanda di autorizzazione deve essere coerente con il piano paesistico (ove, come nella specie, sia stato emanato), si deve basare su un'idonea istruttoria e deve rendere un'adeguata motivazione (da cui devono risultare le ragioni poste a base della affermata prevalenza di un interesse diverso da quello tutelato in via primaria) e deve tenere conto del principio di leale cooperazione che in materia domina i rapporti tra il Ministero e le Regioni.
1.5. Alla luce dei citati principi, la considerazione del giudice di primo grado, secondo cui la carenza della motivazione, posta alla base del provvedimento impugnato in primo grado, non sarebbe altro che un espediente del quale la Sovrintendenza si è avvalsa "per affermare una diversa volontà ed una diversa lettura del progetto più che un vizio reale inquadrabile nella tipica trilogia delle censure di legittimità", è avvalorata, in concreto, dalla constatazione che nel caso in esame l'autorizzazione costituisce l'espressione di una scelta e di una volontà formatesi in esito ad una compiuta ed adeguata istruttoria, che ha visto, l'apposito Ufficio regionale pervenire alla adozione del provvedimento favorevole soltanto dopo che la richiedente è pervenuta alla radicale revisione dell'originario progetto, al fine - indicato dal medesimo Ufficio regionale - di formulare un'ipotesi di intervento sul territorio non soltanto conforme al piano di lottizzazione ed al programma di fabbricazione, ma anche appagante dei valori paesistici preservati, dal decreto di vincolo e dall'apposito piano paesistico, in conformità alle indicazioni del suddetto Ufficio.
Ed infatti l'esame del progetto (presentato nell'aprile del 1998) è stato dapprima sospeso fino alla presentazione di una nuova soluzione maggiormente rispettosa dei valori paesaggistici (nota dell'8 marzo 2000) e solo successivamente di è pervenuti all'autorizzazione della realizzazione alberghiere, riformulata appunto secondo le indicazioni regionali, la quale nel rinviarne l'esame aveva già, dunque, espresso un giudizio di valore, che deve necessariamente fondersi con la motivazione del successivo provvedimento favorevole, una volta constatato che il nuovo progetto ha rappresentato modalità costruttive differenti da quelle originariamente previste, nel rispetto delle curve di livello e dell'andamento naturale del terreno.
Corretto è il rilievo della sentenza appellata secondo cui la congruità della motivazione deve essere valutata ed apprezzata con riferimento non soltanto al provvedimento finale, ma anche, essenzialmente, allo svolgimento dei poteri istruttori che hanno connotato il procedimento, nell'arco di tre anni, dalla presentazione del primo originario progetto.
E, in effetti, la sinteticità delle espressioni adoperate non qualifica di per sé come "generiche" ed "apodittiche" le ragioni poste a fondamento del provvedimento favorevole (come denunciato dall'appellante), una volta che, come nella specie, esse esprimano riassuntivamente apprezzamenti e considerazione che, nel corso dell'istruttoria, hanno costituito la linea giuda dell'amministrato-richiedente, per pervenire alla formulazione di un progetto che - secondo le stesse indicazioni della Regione - potesse essere ritenuto compatibile con i valori ambientali preservati, nel quadro di una leale collaborazione fra amministrazione e interessato.
La stessa pretesa dell'Autorità statale di ottenere un fascicolo completo di tutta la documentazione in forma chiara e leggibile (con documentazione originale, qualora le copie - come nel caso delle simulazioni fotografiche non fossero risultate sufficientemente chiare) - pretesa contestata dalla società interessata, con apposito motivo di impugnazione, trasferito in questa sede quale motivo di appello incidentale - rende conto di come la Sovrintendenza sia stata posta nelle condizioni di avere contezza sia dell'iter istruttorio, nella sua compiutezza, sia della carenza del procedimento logico seguito dell'Autorità regionale nell'autorizzare l'intervento (nella sua progettazione finale, che limita le alterazioni delle quote di sedime ed i movimenti di terra, rispettando l'andamento del terreno e con una dislocazione delle costruzioni positivamente valutata dall'apposito Ufficio regionale).
Ove, dunque, si consideri che la soluzione progettuale oggetto dell'autorizzazione è la risultante di una revisione richiesta dalla stessa autorità emanante, appare palese che entrano nel merito della valutazione compiuta dalla Regione e la sostituisce, il differente apprezzamento secondo cui "l'aggregazione volumetrica proposta non si configura come un esempio di architettura che può ritenersi congruente con il passato storico costruttivo dell'area in questione, nella quale l'edificazione avveniva per sommatoria di volumi semplici oppure per creazione di fabbriche isolate, raramente aggregate e soprattutto non secondo le modalità e l'articolazione planovolumentrica proposta" e la conclusione secondo cui il provvedimento regionale "comporterebbe la realizzazione di opere non compatibili con le imprescindibili esigenze di tutela e conservazione dei generali valori paesistici riconosciuti dal DM di vincolo".
Come é stato correttamente osservato dal giudice di primo grado, le indicazioni contenute nella motivazione del provvedimento impugnato implicano la volontà di operare un sostanziale depotenziamento della realizzazione alberghiera, nonostante che si tratti di un'opera volta al completamento di un previgente piano di lottizzazione, coerente con la "specifica" destinazione attribuita all'area dal piano di fabbricazione, in assenza di concrete limitazioni derivanti dal vincolo o dal piano paesistico alla utilizzabilità del territorio.
E ciò costituisce espressione di un indubbio apprezzamento di merito della Sovrintendenza, in contrasto con i limiti che derivano dalla fonte primaria, all'esercizio del potere di cogestione attribuito, in materia, all'amministrazione statale.
1.6. Sulla base delle considerazioni che precedono, l'appello principale deve essere respinto, restando assorbite le questioni incidentalmente dedotte, al riguardo, dalla società appellata, alla quale non può essere riconosciuto un interesse autonomo alla decisione, in questa sede di appello, dei primi due motivi del ricorso originario.
2. L'appello incidentale è infondato, nella parte in cui è, autonomamente volto ad impugnare il capo della sentenza con il quale è respinta la richiesta di condanna generica dell'amministrazione al risarcimento del danno.
La domanda muove dal presupposto che ai fini della condanna generica al risarcimento del danno sia sufficiente l'esistenza potenziale dello stesso (che dovrà poi essere determinato o anche escluso dal giudice della liquidazione) sulla base della lesione dell'interesse legittimo della richiedente, per il solo fatto della adozione del provvedimento invalido, sul presupposto che l'illegittimità dell'atto determini di per sé la responsabilità civile dell'amministrazione (responsabilità oggettiva o colpa ex se).
Si osserva, al contrario, che - dalla natura del potere spettante nella materia all'Amministrazione statale e dalla configurazione del suo esercizio in termini di cogestione del potere medesimo, allorché si tratti di intervenire su opere incidenti sul bene tutelato - consegue che la posizione soggettiva dell'amministrato, rispetto all'annullamento statale del nulla-osta regionale, non si qualifichi in termini di interesse oppositivo (quasi che esso determini una sorta di degradazione o affievolimento di quanto già acquisito alla sua sfera giuridico-patrimoniale), ma di un interesse pretensivo, sostenuto, per effetto del provvedimento regionale favorevole, dall'affidamento sul buon esito del procedimento, dal momento che (come affermato dell'Adunanza plenaria con la decisione più volte citata) l'autorizzazione regionale non lo conclude, ma costituisce il presupposto dell'esercizio del potere statale, nell'ambito della cura del medesimo interesse pubblico.
Siffatta constatazione non è priva di conseguenze sul piano della configurabilità di una responsabilità oggettiva dell'amministrazione, che, nel caso di specie, è stata correttamente negata dal giudice di primo grado.
E' stato osservato, in giurisprudenza, come i problemi posti dal mancato conseguimento del bene della vita su cui insiste l'interesse pretensivo, per effetto dell'illegittimo esercizio del potere da parte dell'amministrazione, pone problemi che per certi aspetti configurano l'applicabilità di principi e regole più vicini alla responsabilità contrattuale che a quella aquiliana (Sez.V, 6 agosto 2001 n.4239).
In altri termini, allorché il privato sia titolare di un interesse legittimo di natura pretensiva, il contatto che si stabilisce fra lui e l'Amministrazione dà vita ad una relazione giuridica di tipo relativo, nel cui ambito, il diritto al risarcimento del danno ingiusto, derivante dall'adozione di provvedimenti illegittimi presenta una fisionomia sui generis, non riducibile al modello aquiliano dell'articolo 2043 del codice civile, in quanto, al contrario, caratterizzata da alcuni tratti della responsabilità precontrattuale e di quella per inadempimento delle obbligazioni.
Non può, dunque, negarsi la rilevanza dell'elemento soggettivo - al fine della configurazione della responsabilità dell'amministrazione per il danno conseguente alla adozione del provvedimento illegittimo - ancorché, specifiche regole inducano, sul piano processuale, all'inversione dell'onere della prova (è il debitore dovere fornire la prova negativa dell'elemento soggettivo e non, il creditore, quella della sua esistenza).
Tali regole, peraltro, non escludono, in radice, la possibilità di esimenti, quali la scusabilità dell'errore in cui sia incorsa l'Amministrazione nell'adottare il provvedimento illegittimo (il debitore, infatti, non risponde dell'inadempimento se dovuto a causa a lui non imputabile).
Orbene, significativo è, nel caso di specie, che al tempo della adozione del provvedimento impugnato l'Amministrazione statale si muovesse ancora nell'ottica di un'interpretazione estensiva della normativa che le attribuisce il potere di cogestione dei valori paesaggistici, nel senso, cioè, che le fosse dato di sovrapporre proprie valutazioni di merito sul progetto assentito.
Al tempo della decisione di primo grado (come è stato osservato dal giudice di primo grado) questa stessa Sezione, che pure aveva espresso in passato un prevalente orientamento di segno opposto, aveva avvertito l'esigenza di una rivisitazione dell'istituto, tanto che ne aveva rimesso l'esame all'Adunanza speciale, con ordinanza n.4639 del 4 settembre 2001.
La complessa ricostruzione esegetica attraverso cui il Supremo consesso è pervenuto (con la citata decisione n.9 del 2001) alla conclusione secondo cui il nono comma dell'art.82 del decreto legislativo 616 del 1977 (come modificato della legge n.431 del 1985), pur attribuendo ampi poteri al Ministero, non consente, tuttavia, all'autorità statale di sovrapporre le proprie determinazioni e quelle della Regione o dell'Ente da questo subdelegato, rende ragione delle difficoltà interpretative che si accompagnano alla configurazione di un potere di "amministrazione attiva", quale è stato delineato nella decisione più volte citata, che tuttavia si esprima senza possibilità di effettuare scelte discrezionali, se non in limiti estremamente angusti (è stato detto, ad esempio, che l'Amministrazione statale più non annullare il provvedimento affetto da vizio formale, quando riconosca in concreto la compatibilità dell'intervento con i valori tutelati).
Dalla ricostruzione normativa compiuta dall'Adunanza plenaria emerge un indiscusso potere di "amministrazione attiva" che tuttavia può esprimersi soltanto attraverso lo strumento conclusivo tipico della funzione di controllo (di legittimità), sia pure, quanto si voglia, penetrante.
Il modello normativo appare, dunque, esso stesso espressione della difficoltà, per il legislatore nazione, di coniugare la conservazione, in capo allo Stato, della titolarità dei valori paesaggistici, con l'esigenza della cogestione dei medesimi da parte delle Regioni.
Non stupisce, pertanto, se nella sede attuativa, vi sia stata difficoltà di percezione dei limiti che ineriscono a questa forma sui generis di "amministrazione attiva", limiti che invero, moduli procedimentali di recente introduzione tendo a risolvere in radice su un piano di preventiva cooperazione e composizione.
Nella descritta situazione e con riferimento al tempo nel quale il provvedimento illegittimo è stato adottato, la Sezione ritiene di dovere condividere le conclusioni alle quali è pervenuto il giudice di primo grado, in quanto, come è stato affermato nella sentenza impugnata, può riconoscersi una valida esimente nell'erronea, ma giustificabile, convinzione dell'Amministrazione di potere estendere le proprie valutazioni al merito dell'ipotesi progettuale, confrontandone le scelte con i valori paesaggistici tutelati, al fine di massimizzarne la tutela e non anche di doversi limitare ad accertare che tali valori fossero stati legittimamente tenuti presenti dalla Regione, nella decisione di consentire l'intervento.
Si è pertanto, in presenza di un'esimente che esclude l'elemento soggettivo (sulla base dei parametri che devono governare l'azione delle pubbliche amministrazioni) con la conseguenza che deve essere respinta la domanda di condanna generica al risarcimento del danno, anche in ciò confermando la sentenza appellata..
L'appello incidentale, pertanto, per questa parte, deve essere respinto.
3. Le spese del giudizio devono essere interamente compensate fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, respinge l'appello principale e per quanto di ragione, quello incidentale;
Compensa interamente fra le parti le spese del giudizio;
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 22 ottobre 2002, dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez.VI) riunito in camera di consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati:
Giovanni RUOPPOLO Presidente
Sergio SANTORO Consigliere
Carmine VOLPE Consigliere
Chiarenza MILLEMAGGI COGLIANI Consigliere Est.
Lanfranco BALUCANI Consigliere
Depositata in segreteria in data 20 gennaio 2003.