CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Sentenza 30 aprile 2003 n. 2331- Pres. Schinaia, Est. Garofoli - Università degli Studi di Reggio Calabria, Università degli Studi di Catanzaro, Ministro dell'Università e della ricerca, Commissione giudicatrice del concorso a 5 posti di ricercatore universitario - gruppo di discipline E 05, Facoltà di medicina dell'Università di Reggio Calabria e Facoltà di Medicina dell'Università di Catanzaro (Avv. Gen. Stato) c. Foti (Avv. Barone) e Mancini, Cuda, Bond, Turco, Tassone e De Magistris (n.c.) - (respinge l'appello e conferma T.A.R. Calabria, Sez. Reggio Calabria, 23 novembre 2002, n. 1965).
Concorso - Prove - Valutazione - In forma numerica - Nel caso in cui non siano stati preventivamente determinati rigidi criteri di valutazione - Insufficienza - Motivazione specifica - Necessità - Sussiste - Assenza - Illegittimità della valutazione - Si configura.
In base al principio di trasparenza, cui l'intera attività amministrativa deve conformarsi, deve ritenersi che, nel caso in cui in una procedura concorsuale non siano stati predeterminati rigidamente i criteri di valutazione delle prove, deve essere imposto alle commissioni esaminatrici, a pena di illegittimità, di rendere percepibile l'iter logico seguito nell'attribuzione del punteggio, se non attraverso diffuse esternazioni relative al contenuto delle prove, quanto meno mediante taluni elementi che concorrano ad integrare e chiarire la valenza del punteggio, esternando le ragioni dell'apprezzamento sinteticamente espresso con l'indicazione numerica.
Invero, l'obbligo imposto alla commissione di concorso di stabilire i criteri di valutazione delle prove, così autolimitando il proprio potere di apprezzamento delle prove medesime, non avrebbe ragion d'essere se non fosse parimenti e conseguentemente imposto di motivare, sia pure in modo sintetico, le modalità di concreta applicazione dei criteri stessi.
Commento di
OTTAVIO CARPARELLI
Revirement
di Palazzo Spada: il solo punteggio numerico attribuito alle prove concorsuali non è più idoneo a costituire adempimento dell'obbligo di motivazione imposto alle PP.AA, dall'art. 3 l.n. 241/1990.L'appellata partecipava a concorso pubblico a cinque posti di ricercatore universitario- Gruppo di discipline E05 (biochimica e biologia applicata) presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Reggio Calabria.
Espletate le prove scritte, la Commissione attribuiva punti 10 e 14 (in tutto 24) rispettivamente al primo ed al secondo elaborato. Detto punteggio, nonostante elevato, non era, tuttavia, ritenuto sufficiente per l'ammissione della candidata alle prove orali; sicché la stessa veniva esclusa dall'ulteriore fase della selezione.
La concorrente reagiva avverso detto provvedimento negativo, e lo impugnava tempestivamente innanzi al T.A.R. Calabria, evidenziando l'illegittimità dell'operato dell'Amministrazione, sotto il profilo dell'inidoneità della mera indicazione numerica - operata dalla Commissione giudicatrice in sede di valutazione degli elaborati concorsuali - a soddisfare il requisito dell'obbligo motivazionale di cui all'art.3 della legge n.241/1990.
L'impugnazione aveva successo. Il T.A.R Calabria, infatti, con sentenza n.1965 del 23 2000, accoglieva il ricorso giurisdizionale, e annullava il giudizio negativo formulato dalla Commissione di concorso nei confronti dell'appellata.
Avverso tale sentenza proponevano appello le Amministrazioni soccombenti in prime cure.
Il Massimo Organo di Giustizia Amministrativa, con la sentenza che si annota, in chiara ed improvvisa difformità da quanto sempre sostenuto in precedenza - anche dalla stessa Sezione - ha respinto l'appello, ed ha confermato la decisione di primo grado.
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Nel corredo motivazionale, i Giudici di Palazzo Spada hanno dapprima dato atto che questione centrale della controversia era quella della sufficienza o insufficienza del solo punteggio numerico attribuito ad un elaborato concorsuale a costituire esatto adempimento dell'obbligo di motivazione previsto dall'art.3 l.n.241/1990.
Al riguardo, hanno precisato che si tratta di questione, da tempo, al centro di un acceso dibattito dottrinale e giurisprudenziale (come noto la diversità di pensiero, sino ad oggi, è stata più marcata tra sentenze pronunciate in primo grado, e decisioni emesse in grado di appello) ed hanno dato ulteriormente atto dell'esistenza di due contrapposti indirizzi, fornendo esemplificazione.
La VI Sezione del Consiglio di Stato, inoltre, nel respingere l'appello, ha sostanzialmente seguìto e confermato l'orientamento intermedio del primo Giudice, secondo cui un'apposita motivazione, che renda contezza dell'iter valutativo negativo delle prove di concorso, è necessaria, essendo insufficiente, al riguardo, la mera valutazione espressa in termini numerici; e ciò, in particolare, quando i criteri di valutazione delle prove, predeterminati dalla commissione giudicatrice coincidano con espressioni affette da genericità.
Più in dettaglio, il Collegio - anche alla stregua delle peculiarità della procedura concorsuale sindacata - ha osservato che, in tema di valutazione di prove di concorsi pubblici, la questione connessa alla utilizzazione del solo punteggio numerico ovvero della necessità di meglio esternare le motivazioni e/o le ragioni sottese alle valutazioni negative effettuate dalla Commissione, deve essere risolta avuto riguardo alla rigida predeterminazione dei criteri di valutazione. E, conseguentemente, ove detti criteri non siano stati così determinati, è necessario, in ossequio al principio di trasparenza dell'attività amministrativa, corroborare il punteggio numerico con elementi che integrino e chiariscano la valenza del punteggio stesso.
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La sentenza è particolarmente innovativa nella parte in cui, richiamando l'ineludibile principio della trasparenza cui l'attività amministrativa deve conformarsi (art.22 l.n.241/1990), afferma che, al fine di adempiere l'obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi, ex art.3 l.n.241/1990, deve essere ". imposto alle Commissione esaminatrici di rendere percepibile l'iter logico seguito nell'attribuzione del punteggio."; e ciò ". se non attraverso diffuse esternazioni verbali relative al contenuto delle prove, quanto meno quanto meno mediante taluni elementi che concorrano ad integrare e chiarire la valenza del punteggio, esternando le ragioni dell'apprezzamento sinteticamente espresso con l'indicazione numerica".
Con tale affermazione, infatti, l'Organo giurisdizionale limita, sostanzialmente, la portata degli "interna corporis" delle commissioni giudicatrici di pubblici concorsi, nel senso che impone alle stesse, da un lato, di predeterminare correttamente, rigidamente e specificamente, dettagliati criteri di valutazione, e, dall'altro, di esternare gli accertamenti effettuati nel segmento procedimentale di correzione degli elaborati, in ordine alla puntuale attinenza ed effettiva rispondenza della valutazione delle prove effettuata ai criteri stessi. E ciò, evidentemente, a garanzia della tutela non soltanto del principio di trasparenza, ma anche e soprattutto del principio di imparzialità ex art.97 Cost.
Il Massimo Consesso di Giustizia Amministrativa, inoltre, facendo, per un verso, specifico riferimento al principio di rango costituzionale, della ragionevolezza, coerenza e logicità cui le valutazioni effettuate nei pubblici concorsi devono ispirarsi, e non tralasciando, per altro verso, di preoccuparsi delle esigenze di speditezza e/o snellezza delle operazioni concorsuali - specie quando si tratta di procedure con elevato numero di candidati - offre anche una soluzione concreta alla vexata questio.
Indica, infatti, che l'obbligo motivazionale di cui all'art.3 della legge n.241/1990, potrebbe verosimilmente ritenersi adempiuto dalla Commissione, corroborando il punteggio numerico con ulteriori elementi alla cui stregua poter agevolmente ricostruire, dall'esterno, l'iter del giudizio valutativo (ad es. apposizione di note a margine dell'elaborato, uso di segni grafici per indicare aspetti della prova considerati negativamente dalla Commissione, sottolineatura dei brani censurati, indicazione sommaria delle parti dell'elaborato ove sono stati ravvisati, lacune, errori o inesattezze).
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Le soluzioni fornite dal Massimo Organo di Giustizia Amministrativa con la decisione in rassegna, non possono non essere favorevolmente considerate, se si valuta, tra l'altro, che gli effetti della pronuncia annotata - in disparte la piena conferma del principio di trasparenza dell'attività amministrativa, coerente con il più generale quadro di modernizzazione degli apparati pubblici - potrebbero essere, verosimilmente, nel senso del contenimento del contenzioso in materia di concorsi pubblici, atteso che, come pure evidenziato dai Giudici, la conoscenza, da parte del candidato degli errori, inesattezze o lacune del proprio elaborato, consentirebbe di meglio valutare ".la fruibilità di un ricorso giurisdizionale".
v., in materia, in questa Rivista, n. 2-2003, CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA - Sentenza 27 febbraio 2003*
v. anche, in questa Rivista n. 2-2003, CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 25 gennaio 2003*
FATTO
In primo grado l'odierna appellata, premesso di aver partecipato al concorso pubblico a cinque posti di ricercatore universitario -Gruppo di discipline E05 (biochimica e biologia applicata) presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Reggio Calabria, ha impugnato il provvedimento con cui la Commissione ha attribuito punti 10 e 14 (in totale 24) alla prima e seconda prova scritta dalla stessa redatte, così non ammettendola alla prova orale.
Ha dedotto, tra l'altro, la ritenuta violazione dell'art. 3, l. n. 241/90, sul rilievo dell'inidoneità della mera indicazione numerica ad assolvere l'obbligo motivazionale.
Avverso la sentenza con cui è stato in prima istanza accolto il ricorso suddetto insorgono le Amministrazioni appellanti sostenendone l'erroneità e chiedendone, quindi, l'annullamento.
All'udienza del 18 febbraio 2003, la causa è stata ritenuta per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e va pertanto respinto.
Con l'unico motivo di appello si contesta l'opzione interpretativa seguita dal primo Giudice in merito alla questione, da tempo al centro di un vivace dibattito dottrinale e giurisprudenziale, relativa alla idoneità del solo punteggio numerico a costituire adempimento dell'obbligo motivazionale imposto all'amministrazione dall'art. 3, l. n. 241/1990.
Giova dare atto, al riguardo, dell'esistenza di due contrapposti indirizzi.
Alla stregua del primo, è necessaria una apposita motivazione per la valutazione negativa delle prove di concorso attesa la ritenuta insufficienza della mera valutazione numerica; si tratta di orientamento di frequente sostenuto dalla giurisprudenza amministrativa di primo grado, spesso propensa a rimarcare che il punteggio numerico costituisce esternazione del risultato e non già della motivazione del giudizio valutativo, mostrandosi inadeguato a porre il candidato in condizioni di conoscere i motivi sottesi al giudizio di segno negativo (ex plurimis, T.a.r. Veneto, sez. I, 21 gennaio 2002, n. 137).
Su altro fronte, invece, l'orientamento, prevalentemente seguito dai Giudici amministrativi di seconda istanza, in forza del quale l'onere della motivazione dei giudizi inerenti alle prove scritte e orali è sufficientemente adempiuto con l'attribuzione di un punteggio numerico, configurandosi quest'ultimo come formula sintetica, ma non per questo non eloquente, di esternazione della valutazione tecnica compiuta dalla commissione esaminatrice, peraltro asseritamente priva di valenza schiettamente provvedimentale (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 1 febbraio 2001, n. 367; 29 ottobre 2001, n. 5635).
Al primo indirizzo, sia pure stemperato nella concreta portata applicativa, ha aderito il primo Giudice secondo cui la questione relativa alla idoneità del punteggio numerico a soddisfare il requisito della motivazione va risolto, non già in astratto, ma in concreto, "avendo riguardo ad una serie di aspetti, tra cui soprattutto alla tipologia dei criteri di massima fissati dalla Commissione, risultando sufficiente il punteggio soltanto ove i criteri siano predeterminati rigidamente e insufficiente nel caso in cui si risolvano in espressioni generiche".
Ritiene il Collegio di dover aderire a questo orientamento intermedio anche in considerazione della peculiarità della procedura selettiva cui si riferisce la presente vicenda processuale, connotata dalla evidente necessità di far luogo al raffronto tra le posizioni dei diversi candidati cui va, quindi, assicurata, quanto meno in forma sintetica, l'esternazione delle ragioni sottese alle valutazioni della Commissione.
In difformità da quanto già sostenuto anche da questa Sezione, ritiene il Collegio che, in procedure siffatte, sia imposto alle Commissioni esaminatrici di rendere percepibile l'iter logico seguito nell'attribuzione del punteggio, se non attraverso diffuse esternazioni verbali relative al contenuto delle prove, quanto meno mediante taluni elementi che concorrano ad integrare e chiarire la valenza del punteggio, esternando le ragioni dell'apprezzamento sinteticamente espresso con l'indicazione numerica.
E' quanto desumibile in primo luogo dall'ineludibile principio di trasparenza cui l'intera attività amministrativa deve conformarsi.
Si consideri, al riguardo, che ai sensi dell'art. 3, comma 1, l. n. 241/1990, "ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti.lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato": né pare risolutiva la considerazione relativa alla natura non provvedimentale dei giudizi valutativi, atteso che i provvedimenti finali dei procedimenti concorsuali sono motivati con il solo richiamo agli atti del procedimento, sicché escludere l'obbligo di motivazione dei giudizi valutativi equivarrebbe ad espungere la motivazione dall'intero ambito di questi procedimenti, in difformità dalla menzione esplicita dei procedimenti concorsuali che il legislatore ha voluto per evitare incertezze applicative ed interpretative.
Si consideri, inoltre, che a mente dell'art. 12, comma 1, d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, come modificato dall'art. 10 del d.P.R. 30 ottobre 1996, n. 693, "le commissioni esaminatrici, alla prima riunione, stabiliscono i criteri e le modalità di valutazione delle prove concorsuali, da formalizzare nei relativi verbali, al fine di assegnare i punteggi attribuiti alle singole prove": orbene, l'obbligo imposto alla Commissione di stabilire i criteri di valutazione delle prove concorsuali, così autolimitando il proprio potere di apprezzamento delle prove concorsuali, non avrebbe ragion d'essere se non fosse parimenti e conseguentemente imposto di motivare, sia pure in modo sintetico, circa le modalità di concreta applicazione dei criteri stessi.
Su altro versante, l'obbligo di far luogo alla motivazione delle valutazioni concorsuali è imposto dalla necessità di tener fede al principio, presidiato sul piano costituzionale, che vuole sempre garantita la possibilità di un sindacato della ragionevolezza, della coerenza e della logicità delle stesse valutazioni concorsuali: controllo difficile da assicurare in presenza del solo punteggio numerico e in assenza, quindi, di una pur sintetica o implicita esternazione delle ragioni che hanno indotto la Commissione alla formulazione di un giudizio di segno negativo.
Al candidato va, infatti, assicurato il diritto di conoscere gli errori, le inesattezze o le lacune in cui la Commissione ritiene sia incorso, sì da poter valutare la fruibilità di un ricorso giurisdizionale.
Il rispetto dei principi suddetti impone, allora -tanto più in seno a procedure aventi le connotazioni illustrate, rispetto alle quali non è peraltro neanche consentito invocare insormontabili ragioni pratiche di speditezza- che al punteggio numerico si accompagnino quanto meno ulteriori elementi sulla scorta dei quali sia consentito ricostruire ab externo la motivazione del giudizio valutativo; tra questi, in specie, in uno alla formulazione dettagliata e puntuale dei criteri di valutazione fissati preliminarmente dalla Commissione, l'apposizione di note a margine dell'elaborato, o, comunque, l'uso di segni grafici che consentano di individuare gli aspetti della prova non valutati positivamente dalla Commissione.
Si tratta di soluzione intermedia che pare coniugare con il rispetto dei principi enunciati le pur importanti ragioni di natura pratica, spesso addotte a sostegno dell'orientamento che considera sufficiente il mero punteggio numerico: ragioni come noto relative alla speditezza delle operazioni concorsuali ed idoneative, spesso connotate dal numero elevato dei partecipanti.
Ed invero, la mera sottolineatura dei brani censurati o l'indicazione succinta delle parti della prova contenenti lacune, inesattezze o errori non pare rappresentare, infatti, anche nelle procedure caratterizzate dall'elevato numero dei candidati, un comportamento inesigibile dai componenti delle commissioni giudicatrici.
Trasponendo le esposte coordinate al caso di specie, va confermato quindi il giudizio espresso dal Giudice di prime cure, attesa, da un lato, la genericità dei criteri di valutazione formulati dalla Commissione di concorso nella seduta del 7 aprile 1997, dall'altro, l'assenza di qualsiasi nota, segno grafico o ulteriore elemento esplicativo, idoneo a consentire una ricostruzione delle ragioni per le quali la Commissione ha escluso dall'ulteriore fase della selezione una candidata alla quale, peraltro, era stata assegnata una elevata votazione in sede di valutazione dei titoli.
Alla stregua delle osservazioni svolte va, dunque, respinto il ricorso.
Sussistono giustificate ragioni per dichiarare compensate tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge il ricorso.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 18 febbraio 2003 dal Consiglio di Stato in
sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:
MARIO EGIDIO SCHINAIA Presidente
SERGIO SANTORO Consigliere
LUIGI MARUOTTI Consigliere
CARMINE VOLPE Consigliere
ROBERTO GAROFOLI Est. Consigliere
Depositata in segreteria in data 30 aprile 2003.