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n. 6-1999 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA - Decisione 24 giugno 1999 n. 16 - Pres. Laschena, Est. Maruotti - S.p.A. Autostrade Concessioni e Costruzioni Autostrade (Avv. Scozzafava) c. Bove (Avv.ti Rienzi, Saporito e Montaldo) - (annulla con rinvio T.A.R. Lazio, Sez. II, 24 settembre 1997, n. 1559 - la questione era stata rimessa con ordinanza della Sez. VI, 25 marzo 1999, n. 332).

Atto amministrativo - Diritto di accesso - Ricorso ex art. 25 L. n. 241/90 - Nel caso in cui vi siano terzi ai quali il documento si riferisce - Notifica del ricorso a questi ultimi - Necessità - Mancanza - Inammissibilità.

Atto amministrativo - Diritto di accesso - Natura giuridica - Individuazione.

Vanno considerati come controinteressati i soggetti determinati cui si riferiscono i documenti richiesti con la domanda di accesso (1). Tale principio si applica altresì quando si impugni un rifiuto di accesso a documenti riguardanti un soggetto determinato: la posizione formale di controinteressato sussiste anche quando col ricorso sia censurata l'inerzia dell'Amministrazione nell'adottare un provvedimento dal contenuto sfavorevole per un terzo (2) e, a maggior ragione, qualora in sede giurisdizionale sia chiesto al giudice amministrativo di ordinare direttamente l'esibizione di documenti, in luogo dell'Amministrazione (o del concessionario di un pubblico servizio) che non abbia provveduto sull'originaria istanza (3). Pertanto, chi ricorre al giudice amministrativo per accedere a documenti amministrativi che coinvolgano aspetti di riservatezza di un altro soggetto, deve - a pena di inammissibilità - notificare il ricorso anche a quest'ultimo, ai sensi dell'art. 21, primo comma, della legge n. 1034 del 1971 (4).

In generale è ravvisabile una posizione di interesse legittimo, tutelata dall'art. 103 della Costituzione, quando un provvedimento amministrativo è impugnabile di regola entro un termine perentorio, pure se esso incide su posizioni che, nel linguaggio comune, sono più spesso definite come di "diritto". Va quindi considerato atecnico il riferimento contenuto nella L.n. 241/90 al "diritto" di accesso, tenuto conto che la relativa pretesa (cui non è correlativo un obbligo o un comportamento dovuto) non è esercitabile senz'altro nei confronti dell'Amministrazione o del gestore del pubblico servizio, ma è soggetta ad un termine di decadenza. Invero, il legislatore, pur avendo qualificato come "diritto" la posizione di chi ha titolo ad accedere ai documenti (articoli da 22 a 25 della legge n. 241 del 1990), in considerazione degli interessi pubblici coinvolti ha disposto all'art. 25, comma 5, un termine perentorio entro il quale è proponibile il ricorso "contro le determinazioni amministrative concernenti il diritto di accesso".

Deve pertanto ritenersi che il c.d. diritto di accesso abbia natura e consistenza di interesse legittimo e che il giudizio previsto dall'art. 25 della legge n. 241 del 1990 (salve le deroghe da esso espressamente previste) è sottoposto alla generale disciplina del processo amministrativo (5).

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(1) Cons. Stato, Sez. V, 2 dicembre 1998, n. 1725, Sez. VI, 8 luglio 19977 n. 1117; Sez. IV, 11 giugno 19975 n. 643; Sez. VI, 5 ottobre 1995, n. 1085, Sez. VI, 20 maggio 1995, n. 506; Sez. VI, 6 febbraio 1995, n. 71; Sez. IV, 15 settembre 1994, n. 713; Sez. IV, 7 marzo 1994, n. 216.

(2) Cons. Stato, Sez. V, 26 novembre 1994, n. 1381; Sez. IV, 26 novembre 1993, n. 1036.

(3) Cons. Stato, Sez. IV, 15 settembre 1994, n. 713.

(4) Nella specie tuttavia l'Adunanza Plenaria, "tenuto conto dei diversi orientamenti seguiti dalla giurisprudenza in materia di mancata notifica al controinteressato del ricorso per l'accesso", ha ritenuto di concedere il beneficio della rimessione in termini, per errore scusabile. Tale istituto - ha aggiunto l'Ad. Plen. - "ha carattere generale ed e applicabile anche d'ufficio nel corso del giudizio di appello (Ad. Plen., 27 maggio 1999, n. 13; 23 marzo 1979, n. 9)".

(5) Cfr. Sez. VI, 16 dicembre 1998, n. 1683; Sez. VI, 8 luglio 19987 n. 1051, Sez. VI, 10 febbraio 1996, n. 184.

N.B.: per leggere la ordinanza di rimessione, clicca qui.

 

 

Visto l'atto di appello con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'appellata, depositato in data 1° dicembre 1997, integrato da una memoria difensiva depositata in data 10 dicembre 1997,

Vista l'ordinanza n. 332 del 25 marzo 1999, con cui la Sesta Sezione ha rimesso l'appello all'esame dell'Adunanza Plenaria;

Vista 1a memoria deposita in data 25 maggio 1999 dall'appellante;

Vista la memoria depositata in data 27 maggio l999 dalla signora Bove, nonché la sua procura speciale alle liti, depositata in data 7 giugno 1999;

Visti gli atti tutti del giudizio;

Udita la relazione del Consigliere di Stato Luigi Maruotti, alla camera di consiglio del 7 giugno 1999;

Uditi l'avvocato Guido Sirianni, su delega dell'avvocato Oberdan Tommaso Scozzafava per la società appellante e gli avvocati Guglielmo Saporito e Paolo Montaldo per la signora Maria Rosaria Bove;

Considerato in fatto e in diritto quanto segue:

PREMESSO IN FATTO

 1. La s.p.a. Autostrade Concessioni e Costruzioni Autostrade, in data 24 luglio l995, ha invitato la signora Maria Rosaria Bove al pagamento di lire 6.300, non essendovi stato il pagamento del pedaggio autostradale di lire 1.300 in data 9 aprile 1995.

In data 14 marzo 1997, la Ni.Vi. Credit (incaricata dalla s.p.a. Autostrade per il recupero del credito) ha inviato alla signora Bove un sollecito del pagamento, per l'importo complessivo di lire 18.200

2. Con una domanda di data 22 aprile 1997, proposta ai sensi dell'art. 25 della legge 8 giugno 1990, n. 241, la signora Bove ha chiesto alla s.p.a. Autostrade ed alla Ni.Vi.Credit di avere copia:

a) del contratto concluso tra la s.p.a. Autostrade e la Ni.Vi. Credit, riguardante il recupero del credito;

b) della procura speciale a rogito notaio Castellini n. 6855;

c) del rapporto di mancato pagamento, corredato del nome del responsabile del procedimento;

d) della specifica delle somme ricevute, corredata dai documenti comprovanti la spesa effettuata per "visione" e per "spese sostenute".

Col ricorso n. 9627 del 1997, proposto al TAR per il Lazio, la signora Bove ha impugnato il silenzio serbato dalla s.p.a. Autostrade ed ha chiesto che le sia ordinato di rilasciare la copia dei documenti richiesti.

Il TAR, con la sentenza della Seconda Sezione n. 1559 del 24 settembre 1997, ha accolto il ricorso ed ha compensato tra le parti le spese e onorari del giudizio.

3. Con l'appello in esame, la s.p.a. Autostrade ha chiesto che il ricorso di primo grado sia dichiarato inammissibile (per mancata notifica alla Ni.Vi. Credit) e che comunque esso sia respinto, perché infondato.

La signora Bove si è costituita un giudizio ed ha chiesto che l'appello sia respinto.

4. La Sesta Sezione, con l'ordinanza n. 332 del 25 marzo 1999, ha rimesso l'appello all'esame dell'Adunanza Plenaria, rilevando un contrasto di giurisprudenza sulle seguenti questioni:

a) se sia ammissibile il ricorso proposto ai sensi dell'art. 25 della legge n. 241 del 1990 e non notificato al controinteressato, ovvero se vada ordinata l'integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 102 del codice di procedura civile;

b) se possa esercitarsi il diritto d'accesso nei confronti dell'attività privatistica della pubblica amministrazione e del concessionario di un pubblico servizio.

Le parti hanno depositato memorie difensive, con cui hanno illustrato le proprie deduzioni ed hanno insistito nelle già formulate conclusioni.

5. Alla camera di consiglio del 7 giugno 1999 la causa è stata trattenuta per la decisione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il TAR per il Lazio, con la sentenza impugnata, ha accolto il ricorso proposto dall'odierna appellata ai sensi dell'art. 25 della legge 8 giugno 1990, n. 241, ed ha ordinato alla s.p.a. Autostrade Concessioni e Costruzioni Autostrade (in prosieguo: s.p.a. Autostrade) di consentirle l'accesso:

- agli atti da cui si evince che ella non ha pagato una somma a titolo di pedaggio autostradale;

- agli atti che hanno consentito alla Società Ni.Vi. Credit di sollecitare il pagamento del pedaggio e delle spese di riscossione, per conto della medesima s.p.a. Autostrade.

Con l'appello in esame, la s.p.a. Autostrade ha chiesto che il ricorso di primo grado sia dichiarato inammissibile (per mancata notifica alla società Ni.Vi. Credit) e che comunque esso sia respinto, perché infondato.

La Sesta Sezione, con l'ordinanza n. 332 del 1999, ha rimesso l'appello all'esame dell'Adunanza Plenaria, rilevando un contrasto di giurisprudenza sulle seguenti questioni:

a) se sia ammissibile il ricorso proposto ai sensi dell'art. 25 della legge n. 241 del 1990 e che non sia stato notificato al controinteressato, ovvero se vada ordinata l'integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 102 del codice di procedura civile.

b) se possa esercitarsi il diritto d'accesso nei confronti dell'attività privatistica della pubblica amministrazione e del concessionario di un pubblico servizio.

2. Ritiene 1'Adunanza Plenaria che abbia un rilievo preliminare ed assorbente l'esame del primo motivo d'appello, con cui è stato dedotto che la sentenza impugnata è stata pronunciata a contraddittorio non integro, poiché la società Ni.Vi. Credit va qualificata come controinteressata in senso tecnico, cui doveva essere notificato il ricorso di primo grado.

2.1. Tale censura è fondata e va accolta.

Per la pacifica giurisprudenza di questo Consiglio, vanno considerati come controinteressati i soggetti determinati cui si riferiscono i documenti richiesti con la domanda di accesso (Sez. V, 2 dicembre 1998, n. 1725, Sez. VI, 8 luglio 1997 n. 1117; Sez. IV, 11 giugno 19975 n. 643; Sez. VI, 5 ottobre 1995, n. 1085, Sez. VI, 20 maggio 1995, n. 506; Sez. VI, 6 febbraio 1995, n. 71; Sez. IV, 15 settembre 1994, n. 713; Sez. IV, 7 marzo 1994, n. 216).

Tale orientamento va ribadito in questa sede, poiché:

- l'art. 8, lettera d), del d.P.R. 27 giugno 1992, n. 352 (emanato in attuazione dell'art. 24 della legge n. 241 del 1990), ha disposto che i documenti "possono essere sottratti all'accesso" quando, tra l'altro, riguardino "la riservatezza di persone fisiche, di persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, ... professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari";

- il giudice amministrativo può valutare la fondatezza del ricorso, proposto ai sensi dell'art. 25 della legge n. 241 del 1990 per ottenere il rilascio di documenti che coinvolgono tali interessi, solo quando il suo titolare sia stato posto in grado di difendersi ed abbia potuto esporre le ragioni che possano fare eventualmente ritenere prevalenti le sue esigenze rispetto alle pretese del richiedente (poiché l'art. 24 della Costituzione non consente che una pronuncia del giudice amministrativo arrechi diretto

pregiudizio a chi non si sia potuto difendere: Sez. V, 28 febbraio 1995, n. 304; Sez. V, 7 maggio 1994, n. 447; Sez. IV, 28 febbraio 1992, n. 209).

Tale principio si applica altresì quando (come è avvenuto col ricorso di primo grado) si impugni un rifiuto di accesso a documenti riguardanti il soggetto determinato: la posizione formale di controinteressato sussiste anche quando col ricorso sia censurata l'inerzia dell'Amministrazione nell'adottare un provvedimento dal contenuto sfavorevole per un terzo (Sez. V, 26 novembre 1994, n. 1381; Sez. IV, 26 novembre 1993, n. 1036) e, a maggior ragione, qualora in sede giurisdizionale sia chiesto al giudice amministrativo di ordinare direttamente l'esibizione di documenti, in luogo dell'Amministrazione (o del concessionario di un pubblico servizio) che non abbia provveduto sull'originaria istanza (Sez. IV, 15 settembre 1994, n. 713). Chi ricorre al giudice amministrativo per accedere a documenti amministrativi che coinvolgano aspetti di riservatezza di un altro soggetto, deve notificargli il ricorso, ai sensi dell'art. 21, primo comma, della legge n. 1034 del 1971.

2.2. Nel caso di specie, con l'originaria domanda di accesso e col successivo ricorso giurisdizionale, l'appellata ha chiesto anche la copia di documenti direttamente riguardanti l'attività finanziaria e commerciale della società Ni.Vi. Credit, cui avrebbe dovuto quindi notificare il ricorso, per consentirle di potere eventualmente contrastare la pretesa di accedere ai documenti, o a parti di essi, in considerazione delle sue esigenze di riservatezza.

3. Ciò premesso, l'Adunanza Plenaria deve pronunciarsi sulla questione se sia o meno ammissibile il ricorso proposto ai sensi dell'art. 25 della legge n. 241 del 1990 e non notificato all'unico controinteressato.

3.1. Come ha evidenziato l'ordinanza di rimessione, sul punto vi sono due orientamenti giurisprudenziali.

Per il primo, il giudizio proposto contro il diniego di accesso alla documentazione ha natura impugnatoria, sicché e inammissibile il ricorso non notificato ad almeno un controinteressato (cfr. Sez. V, 2 dicembre 1998, n. 1725, che ha ritenuto che il diniego di accesso incide su un interesse legittimo; Sez. IV, 6 febbraio 1995, n. 71; Sez. IV, 15 settembre 1994, n. 713; Sez. IV, 7 marzo 1994, n. 216) ed è inammissibile il ricorso contro un diniego di accesso meramente confermativo di precedente espresso diniego (Sez. V, 17 dicembre 1997, n. 1537).

Per il secondo, il diritto di accesso va qualificato come un diritto in senso tecnico, sicché il ricorso proposto per la sua tutela va inteso non come impugnativa di un provvedimento amministrativo, ma come diretto all'accertamento del diritto ed alla condanna del soggetto obbligato ad esibire i documenti richiesti (cfr. Sez. IV, 16 aprile 1998, n. 641; Sez. IV; 20 febbraio 1995, n. 108; Sez. IV, 20 settembre 1994, n. 758; Sez. IV, 30 luglio 1994): pertanto, può trovare applicazione l'art. 102 del codice di procedura civile, che disciplina l'istituto del litisconsorzio necessario, configurabile quando il rapporto controverso è comune a più parti e necessita di una pronuncia inscindibile (Sez. IV, 9 luglio 1998, n. 1079; Sez. IV, 11 giugno 1997, n. 643), ed è impugnabile un diniego di accesso meramente confermativo di un diniego precedente (Sez. IV, 22 gennaio 1999, n. 56).

L'ordinanza di rimessione ha rilevato che potrebbe ritenersi preferibile quest'ultimo orientamento, poiché in materia vi sarebbe una controversia su diritti soggettivi contrapposti (diritto di accesso del richiedente e diritto alla riservatezza del contraddittore necessario)

3.2. Ritiene l'Adunanza Plenaria che vada fatta applicazione del principio per cui il giudizio previsto dall'art. 25 della legge n. 241 del 1990 (salve le deroghe da esso espressamente previste) è sottoposto alla generale disciplina del processo amministrativo (cfr. Sez. VI, 16 dicembre 1998, n. 1683; Sez. VI, 8 luglio 19987 n. 1051, Sez. VI, 10 febbraio 1996, n. 184).

Tra i principi generali del processo amministrativo, vi è quello sancito dall'art. 21, primo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (per il quale "il ricorso deve essere notificato tanto all'organo che ha emanato l'atto impugnato quanto ai controinteressati ai quali l'atto direttamente si riferisce, o almeno uno tra essi").

Tale regola (tipica del processo dí impugnazione di provvedimenti autoritativi, di per sé idonei a divenire inoppugnabili se non impugnati tempestivamente e incidenti su interessi legittimi) è coerente col giudizio sull'accesso e con la posizione giuridica fatta valere col ricorso ex art. 25 della legge n. 241 del 1990.

Il legislatore, pur avendo qualificato come "diritto" la posizione di chi ha titolo ad accedere ai documenti (articoli da 22 a 25 della legge n. 241 del 1990), in considerazione degli interessi pubblici coinvolti ha disposto all'art. 25, comma 5, un termine perentorio entro il quale è proponibile il ricorso "contro le determinazioni amministrative concernenti il diritto di accesso".

In tal modo, il legislatore:

- in un'ottica di controllo democratico dell'attività della pubblica Amministrazione e dei concessionari dei servizi pubblici, ha enfaticamente rimarcato il fondamento costituzionale e la notevole dignità sostanziale della posizione di chi formula l'istanza di accesso (il più delle volte riferibile a una posizione direttamente tutelabile ai sensi dell'articolo 24 della Costituzione, oppure riconducibile all'esigenza di essere informati sul contenuto dei documenti e sugli aspetti attinenti alla legalità, alla trasparenza ed all'imparzialità dell'azione amministrativa, in attuazione dei valori espressi dagli articoli 21 e 97 della Costituzione),

- ha tenuto in considerazione tutti gli interessi in conflitto (del richiedente, dell'amministrazione o del concessionario pubblico che detiene gli atti, dell'eventuale terzo cui gli atti richiesti si riferiscono);

- ha disposto che sull'istanza di accesso debba provvedersi con un atto motivato (art. 25, comma 3), idoneo a determinare uno stabile assetto degli interessi coinvolti con l'istanza, modificabile in sede giurisdizionale solo nel caso di tempestiva impugnazione

innanzi al tribunale amministrativo regionale entro il termine perentorio di trenta giorni (art. 25, comma 5).

La tutela del diritto di accesso è stata così riferita all'impugnazione di un provvedimento autoritativo (o dell'inerzia) dell'Amministrazione (cui l'art. 23 della legge n. 241 del 1990 ha equiparato, anche ai fini processuali, la determinazione del gestore di un pubblico servizio: cfr. Ad. Plen., 22 aprile 1999, n. 4 e 5; Sez. V, 20 dicembre 1996; n. 1577)

3.3. Il termine "diritto" più volte adoperato nel suo senso più generico dal legislatore nei richiamati articoli da 22 a 25, va interpretato alla luce della norma che prescrive il termine perentorio per la proposizione del ricorso, nonché delle regole generali del processo amministrativo di legittimità, compatibili con il rito speciale previsto dall'articolo 25.

Sussiste una notevole similitudine tra i principi riguardanti altri settori del diritto amministrativo (e delle correlative regole processuali) e quelli concernenti la tutela del diritto d'accesso: chi aspira a concludere un contratto di appalto con la pubblica amministrazione o ad essere proclamato eletto in una competizione elettorale (anche al Parlamento europeo: art. 42 della legge 21 gennaio 1979, n. 18) ne ha "diritto" secondo il linguaggio comune, ma sul piano giuridico può impugnare innanzi al giudice amministrativo, entro il prescritto termine di decadenza, il provvedimento concretamente lesivo che abbia disconosciuto tale posizione, da qualificare come interesse legittimo.

Più in generale (e tranne i casi in cui una legge compatibile con la Costituzione determini la giurisdizione ordinaria), è ravvisabile la posizione di interesse legittimo, tutelata dall'art. 103 della Costituzione, quando un provvedimento amministrativo è impugnabile come di regola entro un termine perentorio, pure se esso incide su posizioni che, nel linguaggio comune, sono più spesso definite come di "diritto".

Ad esempio, per l'ordinamento (sia sul piano sostanziale che ai fini del riparto delle giurisdizioni) hanno natura di interessi legittimi il "diritto" di concludere il contratto da parte di chi ritenga di dovere risultare vincitore di una gara d'appalto, il "diritto" del candidato di essere proclamato eletto in una competizione elettorale, il "diritto" di svolgere una certa attività, economica, professionale o costruttiva da parte di chi ritenga che sia illegittimo un diniego di licenza di autorizzazione o di concessione, il "diritto" di essere nominato pubblico dipendente all'esito di un concorso per la nomina, il "diritto" di non essere estradato in un Paese ove è eseguibile la pena di morte (Corte Cost. 25 giugno 1996, n. 223), il "diritto" all'attivazione di impianti radioelevisivi (Corte Cost., 2 marzo 1990, n. 102), gli altri "diritti" richiamati dalla Sez. V con la decisione 2 dicembre 1998, n. 1725.

In tutti tali settori (in cui le leggi attribuiscono all'Amministrazione il potere di natura pubblicistica di valutare tutti gli interessi coinvolti e di incidere unilateralmente col provvedimento autoritativo sull'altrui sfera giuridica), la posizione del soggetto leso dall'atto è presa in considerazione dalle specifiche norme costituzionali che regolano i settori, è qualificata come interesse legittimo (v. articoli 24, 103 e 113 della Costituzione) ed è pienamente tutelata in sede giurisdizionale con un giudizio di impugnazione del provvedimento lesivo, nel corso del quale può verificarsi se l'atto sia affetto non solo da vizi formali, ma anche da profili di eccesso di potere.

Come per la tutela del diritto di accesso, le normative riferibili ai richiamati settori mirano al soddisfacimento dell'interesse individuale, nell'ambito del contestuale e coessenziale soddisfacimento dell'interesse pubblico.

3.4. Neppure può ritenersi (come ha ipotizzato l'ordinanza di rimessione) che in materia di accesso siano ravvisabili controversie su "diritti soggettivi contrapposti", quali il diritto di accesso del richiedente e il diritto alla riservatezza del contraddittore necessario.

Come in materia di accesso, quando l'Amministrazione emana provvedimenti che incidono su più soggetti, con effetti favorevoli per alcuni e sfavorevoli per altri (come nel caso di rilascio di una concessione di un bene pubblico o di aggiudicazione di un appalto o di nomina al pubblico impiego, in favore di un soggetto in luogo di un altro), non sono riscontrabili "diritti" contrapposti, ma "interessi legittimi" contrapposti; l'interesse del soggetto leso dall'atto giustifica il ricorso giurisdizionale e la sua legittimazione, mentre l'interesse del soggetto non leso dall'atto, ma che lo sarebbe nel caso di accoglimento del ricorso, comporta la sussistenza di un contromteressato in senso tecnico.

Del resto, la posizione di diritto o di interesse va determinata tenendo conto della incidenza che ha il provvedimento lesivo, e non comparando le contrapposte posizioni dei soggetti che, rispettivamente, siano lesi o favoriti dall'atto medesimo. Inoltre, nella materia dell'accesso le controversie vanno decise tenendo conto delle varie posizioni coinvolte e sulla base di giudizi di prevalenza (cfr. Ad. Plen., 28 aprile 1999, n 6; 22 aprile 1999, nn. 4 e 5, 4 febbraio 1997, n. 5). Va quindi considerato atecnico il riferimento al "diritto", poiché la pretesa (cui non è correlativo un obbligo o un comportamento dovuto) non è esercitabile senz'altro nei confionti dell'Amministrazione o del gestore del pubblico servizio: la sua fondatezza va verificata di volta in volta dapprima in sede amministrativa e poi, nel caso di tempestiva impugnazione della determinazione in sede giurisdizionale, esaminando l'eventuale preminenza delle ragioni di chi abbia chiesto l'accesso, rispetto a quelle riscontrate nel diniego o alle esigenze di riservatezza del terzo cui si riferiscono i documenti.

3.4. Quanto precede comporta che:

- va considerata come controinteressata la società Ni.Vi. Credit, quale soggetto determinato cui si riferiscono i documenti richiesti con la domanda di accesso;

- il ricorso previsto dall'articolo 25, comma 5, della legge n. 241 del 1990 andava notificato alla medesima società, ai sensi dell'art. 21, primo comma, della legge n. 1034 del 1971;

- va annullata la sentenza di primo grado, che ha accolto l'originario ricorso ed ha ordinato l'esibizione dei documenti.

4. Tenuto conto dei diversi orientamenti seguiti dalla giurisprudenza in materia di mancata notifica al controinteressato del ricorso per l'accesso, ritiene 1'Adunanza Plenaria che vada accolta l'istanza dell'appellata (formulata in via subordinata nel corso della camera di consiglio, per il caso di accertata fondatezza del primo motivo d'appello), volta alla concessione del beneficio della rimessione in termini, per errore scusabile.

Tale istituto, infatti, ha carattere generale ed e applicabile anche d'ufficio nel corso del giudizio di appello (Ad. Plen., 27 maggio 1999, n. 13; 23 marzo 1979, n. 9).

Pertanto, il ricorso di primo grado non va dichiarato inammissibile, potendo essere integrato il contraddittorio, come previsto dall'art. 21, primo comma, della legge n. 1034 del 1971.

5. Trova pertanto applicazione nel presente giudizio l'articolo 35, primo comma, della medesima legge n. 1034 del 1971, per il quale, "se il Consiglio di Stato accoglie il ricorso per difetto di procedura o per vizio di forma della decisione di primo grado, annulla la sentenza impugnata e rinvia la controversia al tribunale amministrativo regionale".

Questa Adunanza ha già avuto modo di chiarire, con argomentazioni che il collegio condivide e fa proprie, che la mancata integrazione del contraddittorio in primo grado

costituisce un "difetto di procedura" che comporta in appello l'annullamento della sentenza con rinvio al TAR (Ad. Plen., 17 ottobre 1994, n. 13).

Pertanto, ai sensi dell'art. 35 della legge n. 1034 del 1971 la sentenza impugnata va annullata con rinvio al TAR del Lazio.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese e gli onorari dei due gradi del giudizio.

Per questi motivi

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria) accoglie l'appello e per l'effetto, ai sensi dell'art. 35 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, annulla con rinvio la impugnata sentenza n. 1559 del 1997 della Seconda Sezione del TAR per il Lazio.

Compensa tra le parti le spese e gli onorari dei due gradi del giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità amministrativa.

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