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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Ordinanza 25 marzo 1999 n. 332 - Pres. de Roberto, Est. Zeviani Pallotta - Società Autostrade Concessioni e Costruzioni Autostrade S.p.A. (Avv. Scozzafava) c. Bove (Avv. Rienzi).

Atto amministrativo - Diritto di accesso - In ordine ad atti contenenti dati sensibili - Actio ad exhibendum ex art. 25 L. n. 241/90 - Terzi ai quali i dati si riferiscono - Natura di contraddittori necessari - Dubbio in giurisprudenza - Rimessione della questione all'Adunanza Plenaria.

Atto amministrativo - Diritto di accesso - In ordine ad atti della P.A. o dei concessionari pubblici aventi natura privata - Applicabilità o meno delle norme di cui agli artt. 22 e ss. L. n. 241/90 - Rimessione della questione all'Adunanza Plenaria.

Va rimessa all'Adunanza Plenaria, onde evitare possibili contrasti giurisprudenziali e in relazione all'importanza della materia, la questione se i terzi sul cui interesse alla riservatezza la domanda di accesso incide direttamente sono contraddittori necessari nel relativo giudizio (1).

Va pure rimessa all'Adunanza Plenaria, la questione circa l'applicabilità dei principi di trasparenza e pubblicità di cui agli artt. 22 e seguenti della L. n. 241 del 1990 e del regolamento esecutivo, all'attività di diritto privato della P.A. e dei concessionari di pubblici servizi (equiparati, a tal fine, dall'art. 23 della L. n. 241/1990). Su tale questione, assai dibattuta soprattutto con riguardo all'attività di diritto privato dalla p.a. non esiste infatti un univoco indirizzo giurisprudenziale (2).

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(1-2) Con l'ordinanza in rassegna la Sez. VI del Consiglio di Stato ha rimesso alla decisione dell'Adunanza plenaria due questioni che hanno dato luogo, specie negli ultimi tempi, a pronunce dissonanti:

a) la prima questione concerne riguarda la eventuale qualità di controinteressati da riconoscere a tutti coloro ai quali gli atti contenenti dati sensibili si riferiscono nel giudizio avverso il diniego, anche tacito, di rilascio degli atti. Anche se la questione è stata rimessa al solo fine di stabilire se i terzi ai quali i dati sensibili si riferiscono sono contraddittori necessari, la questione stessa, a mio sommesso avviso, involge e comunque offre l'occasione per esaminare il problema più generale delle modalità e dei limiti del diritto di accesso in ordine ai documenti riservati; in particolare va deciso se possa o meno condividersi l'orientamento recentemente espresso dalla stessa Sez. VI del Consiglio di Stato (sent. 26 gennaio 1999 n. 59, pubblicata in questa rivista con una mia nota critica) secondo cui, in mancanza di una norma che espressamente riconosca il diritto di accesso in deroga al diritto alla riservatezza, non è possibile accedere a documenti contenenti dati sensibili; come già rilevato nella predetta nota, infatti, occorre individuare le procedure necessarie per cercare di contemperare o comunque di apprezzare l'eventuale sussistenza di ragioni di riservatezza che impediscono il rilascio del documento, rapportandole all'interesse evidenziato dal richiedente. In questo quadro generale, quindi, l'eventuale coinvolgimento dei controinteressati nel processo, e, ancor prima, nel procedimento amministrativo tendente al rilascio del documento, può costituire la naturale procedura da seguire per cercare di apprezzare e conciliare due interessi (quello all'accesso e quello alla riservatezza) in contrasto. Staremo a vedere se l'Adunanza Plenaria saprà cogliere l'opportunità che le si offre per chiarire quali sono le modalità di accesso ai documenti contenenti dati sensibili.

b) La seconda questione che è stata rimessa all'Adunanza Plenaria non è meno spinosa della prima e riguarda la possibilità o meno di accedere agli atti aventi natura privata detenuti dalla P.A. (o dai concessionari di pubblici servizi)- v. sul punto da ultimo la sentenza della stessa Sez. VI 2 marzo 1999 n. 246, riportata in questa rivista; anche questa questione ha dato luogo, come evidenziato nell'approfondita motivazione dell'ordinanza in rassegna, a contrasti giurisprudenziali. Secondo una visione, gli atti privati detenuti dalla P.A. non mutano natura e quindi, poichè il diritto di accesso è previsto nei confronti degli atti della P.A. (e cioè nei confronti degli atti aventi contenuto e forma di atto autoritativo), tale diritto non sarebbe esercitabile nei confronti degli atti emessi dalla P.A. nell'ambito della sua capacità di diritto privato. All'opposto da parte di altri si obietta (a mio avviso fondatamente) che le norme in materia di accesso sono previste per garantire la trasparenza della P.A. ed il suo buon andamento, onde, sotto questo profilo, il diritto di accesso è esercitabile anche nei confronti degli atti aventi natura privata della P.A. Il problema, semmai, sarebbe - a mio avviso - quello di distinguere gli atti aventi natura privata formati con il concorso o con la partecipazione della P.A., dagli atti aventi la medesima natura ma semplicemente detenuti dalla P.A. Staremo a vedere che cosa deciderà in proposito l'Adunanza Plenaria.

Sulla problematica generale dei limiti del diritto di accesso agli atti amministrativi si fa rinvio all'approfondita recente monografia di F. CARINGELLA, R. GAROFOLI E M.T. SEMPREVIVA - L'accesso ai documenti amministrativi - aspetti sostanziali e processuali, pubblicata nei primi mesi di quest'anno dalla Casa editrice Giuffrè.

(G. Virga, 31-03-1999)

 

 

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sez. II 24.9.1997 n. 1559;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Maria Rosaria Bove;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 15 maggio 1998 relatore il Consigliere Franco Zeviani Pallotta. Uditi, altresì, l'Avv. Sirianni per delega dell'Avv. Scozzafava e l'Avv. Montaldo per delega dell'Avv. Rienzi;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO: La Società "Autostrade Concessioni e Costruzioni Autostrade", con lettera in data 24.7.1995, invitò Maria Rosaria Bove, proprietaria dell'autoveicolo targata AC 408 TV a pagare la somma di lire 6.300 di cui lire 1.300 di pedaggio autostradale a sua tempo non pagato il giorno 9.4.1995 e lire 5.000 per spese fisse di riscossione.

Non avendo tale lettera ricevuto riscontro, la società Autostrade affidò la pratica alla NI.VI. Credit, società affidataria del recupero crediti relativi ai mancati pagamenti dei pedaggi non contestuali, e quest'ultima, con lettera del 14.3.1997, invitò un nuovo sollecito del pagamento dell'importo di lire 6.300, maggiorato delle spese sostenute dalla NI.VI. Credit, per lire 11.900.

Maria Rosaria Bove, con lettera del 22.4.1997, inviò alla società Autostrade e alla NI.VI. Credit istanza di accesso alla documentazione amministrativa ai sensi dell'art. 25 della L. n. 241/1990, chiedendo copia, entro trenta giorni, dei seguenti documenti.

1) contratto e/o concessione fra la società NI.VI. Crediti e la società Autostrade per il recupero del credito di cui si è sollecitato il pagamento;

2) procura speciale a rogito del notaio Castellini n. 6855;

3) rapporto di mandato pagamento, corredato dal nome del responsabile del procedimento;

4) specifica delle somme dovute, corredata dai documenti comprovanti la spesa effettuata per "visione" e per "spese sostenute".

Non avendo ottenuto risposta, la Bove ha proposto ricorso davanti al T.A.R. del Lazio per la dichiarazione di illegittimità del silenzio-rifiuto e l'ordine alla società Autostrade di rilasciare copia dei documenti richiesti.

Il T.A.R. del Lazio, Sez. II, con decisione 24.9.1997 n. 1559, ha accolto il ricorso, ordinando alla società Autostrade il rilascio della documentazione richiesta.

Di tale sentenza ha chiesto l'annullamento la società Autostrade, con il ricorso in appello in epigrafe, formulando i seguenti motivi di censura:

1) Violazione del principio del contraddittorio, in quanto il ricorso non è stato notificato alla controinteressata società NI.VI. Credit e avrebbe, pertanto, dovuto essere dichiarato inammissibile.

2) Violazione ed errata applicazione delle norme del Capo V della L. n. 241/1990, in quanto il diritto di accesso alla documentazione amministrativa non è configurabile nei confronti di un soggetto privato, come la società Autostrade, che, seppure concessionario di un pubblico servizio agisce in regime di diritto privato, in particolare nella sua veste di semplice creditore dell'importo corrispondente alla tariffa di pedaggio.

Si è costituita in giudizio Maria Rosaria Bove, depositando - altresì - memoria difensiva, resistendo all'appello e chiedendone il rigetto.

DIRITTO: Con il primo motivo, che è anche pregiudiziale nell'ordine logico, l'appellante società Autostrade sostiene che il ricorso in primo grado, proposto per il riconoscimento del diritto all'accesso ai documenti amministrativi ai sensi dell'art. 25 della L. n. 241/1990, avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile in quanto non notificato all'unica controinteressata la società NI.VI. Credit.

Nella domanda di accesso ai documenti amministrativi era stata, infatti, chiesta copia del contratto fra la società autostrade e la società NI.VI. Credit per il recupero dei crediti relativi ai pedaggi autostradali, nonché della procura speciale allo scopo rilasciata alla stessa NI.VI. Credit; quest'ultima doveva, pertanto - secondo quanto nell'appello di sostiene - considerarsi controinteressata o comunque contraddittore necessario, in quanto titolare di un interesse alla riservatezza in relazione al contenuto dei documenti suindicati e del relativo rapporto contrattuale, di cui è parte.

Al riguardo, va anzitutto rilevato che la società NI.VI. Credit deve ritenersi titolare, in astratto, di un interesse alla riservatezza riguardo al contenuto degli atti negoziali che la riguardano e ciò anche ai sensi dell'art. 24 della L. 7.8.1990 n. 241 e dell'art. 8 del regolamento di attuazione approvato con D.P.R. 27.6.1992 n. 352.

Infatti l'art. 8, lett. d), del citato regolamento, nell'enunciare gli interessi giuridicamente rilevanti che possano opporsi al diritto all'accesso si riferisce, fra l'altro alla "riservatezza di persone fisiche, di persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi…professionale, finanziario, industriale e commerciale…".

Nella specie, la NI.VI. Credit è, per l'appunto, un'impresa che potrebbe avere interesse alla riservatezza sul contenuto dei contratti e degli atti negoziali riguardanti l'attività commerciale da essa stessa svolta. D'altra parte, impregiudicata la diversa questione relativa ai criteri per la risoluzione del conflitto fra diritto (o interesse) alla riservatezza e diritto all'accesso, la configurabilità di un interesse giuridicamente rilevante alla riservatezza che può essere inciso dall'accoglimento della domanda di accesso non è subordinata dalle norme relative e regolamenti suindicate all'esistenza di un concreto ed effettivo pregiudizio derivante dalla conoscenza di documenti richiesti, essendo sufficiente, a tal fine, che tali documenti "riguardino, si riferiscano, in senso ampio, alla vita privata o alla riservatezza" (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 4.2.1997 n. 5).

Ciò posto, va rilevato che la giurisprudenza del Consiglio di Stato appare finora costante nel ritenere che i terzi sul cui interesse alla riservatezza la domanda di accesso incide direttamente sono contraddittori necessari nel relativo giudizio (Cons. Stato, Sez. IV, 7.3.1994 n. 216; id. 6.2.1995 n. 71; id. 11.6.1997 n. 643; quest'ultima in fattispecie analoga a quella in esame, essendosi considerato, contraddittore necessario il terzo stipulante della convenzione della quale era stata chiesta copia; inoltre, Sez. VI, 20.5.1995 n. 506; id. 5.10.1995 n. 1085).

Riguardo alle conseguenze della mancata notificazione del ricorso giurisdizionale al terzo titolare di un interesse alla riservatezza, sussistono due orientamenti in giurisprudenza.

Un primo orientamento, meno recente, si muove nella logica del ricorso, di tipo impugnatorio, avverso il diniego di accesso alla documentazione richiesta e ritiene l'inammissibilità del ricorso in caso di mancata notificazione ad almeno un controinteressato (Cons. Stato, Sez. IV, 6.2.1995 n. 71). Nella stessa logica del ricorso di tipo impugnatorio si muove la decisione della Sez. IV, 26.11.1993 n. 1036, la quale, pur ribadendo la configurabilità del terzo titolare di un interesse astratto alla riservatezza come controinteressato, esclude l'inammissibilità del ricorso nell'ipotesi in cui quest'ultimo sia diretto contro il silenzio-rifiuto sulla domanda di accesso, non essendo in tal caso individuabile un controinteressato in senso formale.

Tale decisione, inoltre, sempre nella logica del giudizio di tipo impugnatorio, ha esaminato il ricorso nel merito omettendo di disporre l'integrazione del contraddittorio, ritenendo, a quanto sembra, implicitamente inapplicabile l'istituto del litisconsorzio necessario, disciplinato dall'art. 102 C.P.C. per i giudizi relativi a controversie su diritti soggettivi.

Un secondo, più recente, orientamento muove, invece, dall'assunto - attualmente prevalente - che, nell'impianto normativo di cui agli artt. 22 e seguenti della L. n. 241 del 1990, il diritto all'accesso si configuri come un diritto soggettivo all'informazione (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 30.7.1994 n. 650; id. 20.9.1994 n. 758; id. 20.2.1995 n. 108), con la conseguenza che l'azione proposta non va intesa come impugnativa di un provvedimento amministrativo, ma come diretta all'accertamento del diritto e alla condanna dell'amministrazione (o del soggetto obbligato) ad esibire i documenti richiesti.

In mancanza, quindi, di una specifica norma processuale, si è ritenuto che il relativo giudizio, affidato alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, segua le regole proprie delle controversie su diritti soggettivi, secondo il principio affermato dalla Corte Costituzionale in tema di giurisdizione esclusiva con riferimento al rapporto di pubblico impiego (cfr. Corte Cost., 28.6.1995 n. 190 e 23.4.1987 n. 146). Con la conseguenza che, in tale ipotesi, deve applicarsi l'art. 102 del Codice di Procedura Civile, che disciplina l'istituto del litisconsorzio necessario, configurabile quando il rapporto controverso è comune a più parti e necessita di una pronuncia inscindibile (cfr., la già citata Sez. IV, 11.6.1997 n. 643 e, recentemente, della stessa, Sez. IV, la decisione 9.7.1998 n. 1079). Ciò comporterebbe, non l'inammissibilità del ricorso, bensì la necessità di integrazione del contraddittorio e, in grado di appello, l'annullamento della sentenza appellata con rinvio al primo giudice, in applicazione dell'art. 35 della L. 6.12.1971 n. 1034 letto in relazione all'art. 354 C.P.C. (cfr., oltre alle decisioni da ultimo citate: Ad. Plen. 17.10.1994 n. 13).

La Sezione, pur ritenendo condivisibile l'orientamento più recente per i motivi suesposti, ritiene, peraltro, opportuna la rimessione della questione all'Adunanza Plenaria, onde evitare possibili contrasti giurisprudenziali e in relazione all'importanza della materia di carattere generale. Ciò anche tenuto conto che, nel caso di specie, viene in considerazione un ricorso proposto contro il silenzio-rifiuto sulla domanda di accesso ex art. 25 L. n. 241/1990, per cui le soluzioni ipotizzabili in base ai suesposti orientamenti giurisprudenziali non si esaurirebbero nell'alternativa fra l'inammissibilità del ricorso in primo grado, con annullamento senza rinvio della sentenza appellata, ovvero l'annullamento con rinvio al primo giudice per l'integrazione del contraddittorio, potendo ipotizzarsi anche il superamento della questione pregiudiziale, ritenendosi non configurabile, nel giudizio sul silenzio-rifiuto, un controinteressato formale e inapplicabile l'istituto del litisconsorzio necessario di cui all'art. 102 C.P.C. (come ritenuto dalla citata decisione della Sez. IV, n. 1036 del 1993).

A tale ultima soluzione potrebbe, d'altra parte, prevenirsi anche muovendo da un diverso - e più solido - impianto argomentativo.

Ed invero, proprio ritenendo, con l'orientamento che appare prevalente, che il ricorso per l'accesso alla documentazione amministrativa abbia natura non impugnatoria, coinvolgendo una controversia su diritti soggettivi, potrebbe ritenersi che, ai fini dell'identificazione dei contraddittori necessari nei confronti dei quali la decisione deve essere pronunciata ai sensi dell'art. 102 C.P.C., non sia sufficiente la titolarità di un "interesse" alla riservatezza - come affermato dalle decisioni richiamata è bensì di un diritto soggettivo pieno del terzo, in grado di opporsi alla pretesa formante oggetto della domanda azionata. Peraltro, nella materia in esame, i limiti del diritto alla riservatezza sono tracciati dalle norme legislative e regolamentari (art. 24 L. n. 241/1990 e art. 8 del regolamento di esecuzione) che ne enunciano i criteri di contemperamento con il diritto all'accesso. In base a tali criteri, come interpretati dalla giurisprudenza dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (Ad. Plen. 4.2.1997 n. 5) il diritto alla riservatezza è limitato dal diritto di accesso tutte le volte in cui quest'ultima venga in rilievo per la cura e la difesa di interessi giuridicamente protetti da richiedente.

Ove si ritenesse la posizione di contraddittore necessario condizionata alla concreta titolarità di un diritto alla riservatezza, occorrerebbe, pertanto, prima escludere che vi sia effettiva connessione del diritto di accesso azionato con la tutela degli interessi giuridici del ricorrente, poiché in tal caso il diritto di accesso prevarrebbe comunque sull'esigenza di riservatezza e non consentirebbe la tutela in giudizio del terzo, con la conseguente inutilità di una sua chiamata in causa.

La tesi da ultimo esposta, in base alla quale nella materia in esame la questione pregiudiziale, relativa all'individuazione dei litisconsorti necessari, richiederebbe sempre - in sostanza - l'esame del merito, verrebbe peraltro a cadere ove si ritenesse sufficiente, per la configurabilità della posizione di contraddittore necessario, la titolarità del diritto alla riservatezza in "astratto", ovvero in un momento logicamente anteriore alla proposizione della domanda azionata.

Così ragionando, gli effetti della domanda di accesso si configurerebbero in modo non dissimile da quelli prodotti da un diritto potestativo azionato nei confronti della situazione soggettiva sulla quale quest'ultimo viene ad incidere, con la conseguenza che il giudizio sul rapporto fra diritto di accesso e diritto alla riservatezza e, quindi, sui limiti delle opposte situazioni soggettive, dovrebbe essere pronunciato in contraddittorio fra le parti.

Le suesposte questioni, che per la loro delicatezza e la possibilità che hanno di determinare ulteriori contrasti giurisprudenziali, è opportuno siano sottoposte al vaglio dell'Adunanza Plenaria, riguardano, peraltro, solo il primo motivo dell'appello, relativo ai primi due capi della domanda azionata con il ricorso in primo grado, accolta dal T.A.R.

Resta da esaminare il secondo motivo riguardante gli altri due capi della domanda consistenti nella richiesta di acquisizione del rapporto sul mancato pagamento del pedaggio autostradale, corredato dal nome del responsabile del procedimento, nonché della specifica delle somme dovute, corredata dai documenti comprovanti la spesa effettuata per "visione" e per le "spese sostenute".

In relazione a tali documenti della società Autostrade non è configurabile un interesse alla riservatezza della società NI.VI. Credit ed, essendo la causa scindibile, dovrebbe procedersi a un esame separato del merito.

Va peraltro, rilevato che la questione riguarda l'applicabilità dei principi di trasparenza e pubblicità di cui agli artt. 22 e seguenti della L. n. 241 del 1990 e del regolamento esecutivo, all'attività nella specie esercitata dalla società Autostrade che è un soggetto privato concessionario di pubblico servizio. Tale attività si configura a sua volta come di natura privatistica in quanto consistente nella richiesta di adempimento relativa a un rapporto obbligatorio intercorrente fra le parti.

L'applicabilità dei suindicati principi alle attività del concessionario di pubblici servizi è stabilità dall'art. 23 della L. n. 241/1990. Il problema è, dunque, anzitutto quello dell'assoggettabilità dell'attività di diritto privato, della p.a. o del concessionario, alle norme di cui trattasi e, in particolare, a quelle riguardanti il diritto di accesso.

Su tale questione, assai dibattuta soprattutto con riguardo all'attività di diritto provato dalla p.a. non esiste - come noto - un univoco indirizzo giurisprudenziale.

Secondo un indirizzo restrittivo, il diritto di accesso riguarderebbe esclusivamente i documenti attinenti all'attività pubblicistica dell'amministrazione (Cons; Stato, Sez. IV, 5.6.1995 n. 412; Sez. V, 17.12.1996 n. 1559; Sez. VI, 2.4.1997 n. 539) nell'ambito della quale il diritto di accesso fungerebbe essenzialmente da contrappeso in favore dell'amministrato nei confronti del soggetto pubblico che gode di una posizione di supremazia derivante dall'esercizio della funzione autoritativa.

L'indirizzo estensivo può, a sua volta, articolarsi in due diversi orientamenti.

Un primo orientamento ritiene contraria al tenore letterale e alla logica ispiratrice della legge sulla trasparenza amministrativa qualsiasi distinzione, ai fini della delimitazione del diritto all'accesso, fra attività pubblicistica e privatistica dell'amministrazione (Cons. Stato Sez. IV 4.2.1997 n. 83).

Un secondo orientamento, più recente, ritiene ammissibile l'accesso agli atti di diritto privato posti in essere da un soggetto pubblico o da un concessionario di pubblico servizio, allorchè tali atti, indipendentemente dal regime giuridico formale, accedano a un'attività che costituisca nella sua essenza cura concreta di interessi della collettività (Cons. Stato, Sez. IV, 15.1.1998 n. 2; Sez. VI, 14.4.1998 n. 484).

Tale ultimo orientamento, che si pone in certo modo in una posizione intermedia fra l'indirizzo restrittivo e quello estensivo "estremo" che si sono esaminati, pone il difficile problema - in mancanza di indicazioni normative - della definizione dei criteri di connessione dell'attività privata con l'interesse pubblico, e correlativamente, dei limiti oltre i quali la disciplina dell'accesso non può spingersi in materia di attività di diritto privato. Esso ha, peraltro, il pregio rispetto all'indirizzo estensivo assoluto, di potersi più agevolmente riferire anche all'attività del concessionario di pubblico servizio, apparendo difficilmente giustificabile l'estensione ella disciplina dell'accesso a quest'ultimo, in assenza della posizione soggettiva pubblica, se non nei casi in cui l'attività svolta appaia in concreto obiettivamente collegata al perseguimento dell'interesse pubblico.

La Sezione che ha prevalentemente seguito l'indirizzo restrittivo, manifestando solo di recente un'apertura per un'estensione del diritto di accesso anche ad attività formalmente privatistica, purchè vi sia un'obiettiva e diretta connessione con l'interesse pubblico, ritiene di dover deferire la soluzione della controversia, anche per la parte concernente tali questioni, all'Adunanza Plenaria, stante il riferito contrasto che investe una problematica di rilevante interesse generale.

In conclusione, l'intera controversia va deferita all'Adunanza Plenaria delle Sezioni Giurisdizionali

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, deferisce la decisione del ricorso in epigrafe all'Adunanza Plenaria delle Sezioni Giurisdizionali e manda alla Segreteria della Sezione per gli adempimenti di competenza.

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