CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA - Sentenza 28 gennaio 2000 n. 10 - Pres. Laschena, Est. Di Napoli - Ministero delle Finanze e altro c. Leuzzi.
A decorrere dall'entrata in vigore del d.lgs. n. 387/1998, va riconosciuto il diritto del pubblico dipendente che abbia svolto funzioni superiori, di ottenere il trattamento economico relativo alla qualifica immediatamente superiore.
Con l'art. 15 del d.lgs. 29 ottobre 1998 n. 387 (il quale ha soppresso le parole «a differenze retributive o» prima contenuta nell'art. 56 del d.lgs. n. 29/1993 poi sostituito con l'art. 25 del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80), infatti, il legislatore ha manifestato la volontà di rendere anticipatamente operativa la disciplina dell'art. 56, almeno con riguardo al diritto del dipendente pubblico, che ne abbia svolto le funzioni, al trattamento economico relativo alla qualifica immediatamente superiore. Il riconoscimento legislativo del diritto di che trattasi, nei termini appena precisati, tuttavia possiede un evidente carattere innovativo e non riverbera in alcun modo la propria efficacia su situazioni pregresse; deve pertanto ritenersi che le mansioni superiori svolte prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 387/1998 non diano diritto a differenze retributive (1).
E' manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell'art. 56 (come introdotto dall'art. 25 del d.lgs. n. 80/1998), per supposta violazione dell'art. 3 della Carta fondamentale a causa dell'ingiustificata disuguaglianza, sotto il profilo temporale, della disciplina dello svolgimento di mansioni superiori non remunerabile per il passato. È sufficiente al riguardo constatare che, secondo la giurisprudenza del Giudice delle leggi, non infrange il principio di eguaglianza un differenziato trattamento applicato alla stessa categoria di soggetti, ma in momenti diversi nel tempo, giacché lo stesso fluire di questo costituisce di per sé elemento differenziatore.
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(1) V. in precedenza CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA - Sentenza 18 novembre 1999 n. 22*
FATTO
Con ricorso del 1988 la signora Anna Maria Leuzzi, coadiutore meccanografo inquadrata nella quinta qualifica funzionale ex art. 4, comma 8, L. 11 luglio 1980 n. 312, in servizio presso l'Ufficio distrettuale delle imposte dirette di Taranto, adiva il T.A.R. per la Puglia, Sezione staccata di Lecce, chiedendo:
a) l'annullamento dell'ordine di servizio 29 aprile 1988 n. 1 (prot. n. 5293) del predetto Ufficio distrettuale, recante ristrutturazione dell'ufficio e riconduzione dell'istante a compiti di quinto livello;
b) la declaratoria del proprio diritto ad essere inquadrata nella settima qualifica funzionale di cui alla legge 11 luglio 1980 n. 312 e ad essere assegnata a compiti corrispondenti a detta qualifica, ovvero, in via subordinata, ad essere inquadrata nella sesta qualifica funzionale, ovvero, in ulteriore subordine, ad ottenere il riconoscimento quanto meno economico delle funzioni svolte, quali risultanti da atti formali della stessa amministrazione, con ogni effetto legale, oltre a rivalutazione e interessi.
Ella accampava lo svolgimento dal 1972 delle mansioni di settima qualifica funzionale, comprovate dal 1980 da vari ordini di servizio e, prima, dai rapporti informativi annuali, o almeno il diritto alla sesta qualifica. In ogni caso riteneva dovuta la remunerazione di livello pari a quello delle mansioni espletate, a pena, altrimenti di indebito arricchimento della stessa P.A.
Il T.A.R., con una prima sentenza, dichiarava inammissibile il ricorso quanto all'impugnativa dell'ordine di servizio, mentre riservava di pronunciarsi sulla pretesa economica subordinata a seguito di incombenti.
Con la sentenza 25 agosto 1992 n. 297, la Prima Sezione di Lecce del T.A.R. per la Puglia, dopo aver respinto l'eccezione di difetto di giurisdizione, richiamando giurisprudenza della Corte costituzionale e l'art. 36 della Costituzione, ha accolto la pretesa economica nei termini che seguono:
- dal 1° luglio 1976 al 24 settembre 1980 spettanza delle differenze retributive tra il trattamento economico iniziale della qualifica di concetto e quello in godimento nella qualifica posseduta della carriera esecutiva;
- dal 25 settembre 1980 al 1° maggio 1988 spettanza delle differenze retributive tra il trattamento economico della VII qualifica funzionale e quello della qualifica di appartenenza, il tutto con rivalutazione ed interessi. Con ricorso depositato l'11 dicembre 1992 l'Amministrazione delle finanze ha proposto appello avverso l'anzidetta sentenza, sia per quanto riguarda la giurisdizione (perché il T.A.R. aveva ragionato con gli strumenti dell'indebito arricchimento, giudicando l'istituto comunque connesso al rapporto di impiego), sia nel merito, tanto in punto di diritto, quanto in punto di fatto. In diritto, ha sostenuto la peculiarità della soluzione della Corte costituzionale rispetto all'impiego sanitario e l'insufficienza del richiamo all'art. 36 Costituzione, in mancanza di superamento della prova selettiva ad hoc.
In fatto, ha assunto il travisamento da parte del primo giudice degli ordini di servizio e la trascuranza di altri documenti. La Leuzzi si è costituita con controricorso e appello incidentale. In sede di resistenza la dipendente ha difeso la soluzione del T.A.R.; con il gravame incidentale ha lamentato il mancato riconoscimento economico per il periodo dal 1972 al giugno 1976 e la sottovalutazione economica - in sesta invece che in settima qualifica funzionale - delle prestazioni svolte fra il luglio 1976 ed il settembre 1980.
La Quarta Sezione, dubitando della legittimità della tesi che nega la possibilità di riconoscere rilevanza economica all'esercizio di mansioni superiori nell'ambito del pubblico impiego, ha ritenuto che, data la peculiare situazione dell'appellata e considerate le modifiche sopravvenute nel quadro normativo di riferimento, vi sia spazio per una diversa interpretazione delle norme generali sul pubblico impiego e, poiché la questione potrebbe dare luogo a contrasti giurisprudenziali, con ordinanza 19 aprile 1999 n. 647, ha rimesso la pronunzia sul ricorso all'Adunanza Plenaria.
Con memoria depositata l'11 novembre 1999, l'appellante ha ulteriormente illustrato le argomentazioni a sostegno del gravame.
Con memoria depositata il 18 novembre 1999, l'appellata ha ribadito le proprie tesi difensive, chiedendo il rigetto dell'appello principale, l'accoglimento dell'appello incidentale e, in subordine, la sospensione del giudizio per il vaglio di legittimità costituzionale alla stregua degli artt. 3 e 36 della Costituzione, dell'art. 25, ultimo comma, del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80 (che ha sostituito l'art. 56 del d.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29), ove nello stesso possa intravedersi un ostacolo alla retribuzione delle mansioni superiori.
DIRITTO
Il Ministero delle finanze appella la decisione del T.A.R. di Lecce che, attribuendo valore precettivo a principi desumibili a livello costituzionale, ha riconosciuto alla signora Anna Maria Leuzzi, dipendente di quel Ministero, il diritto al trattamento economico corrispondente alle superiori mansioni svolte dal 1° luglio 1976 al 1° maggio 1988.
L'appellante ripropone anzitutto l'eccezione di difetto di giurisdizione, disattesa dal primo giudice, perché la configurazione della domanda, prospettata dalla ricorrente come azione di indebito arricchimento ex art. 2041 cod. civ. comporterebbe necessariamente la devoluzione della controversia al giudice ordinario. L'eccezione è infondata.
La domanda, nonostante la prospettazione conferitale della ricorrente, appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, giacché si ricollega in via immediata e diretta al rapporto di pubblico impiego ed ai diritti ad esso inerenti (Cass., SS.UU., 17 gennaio 1986 n. 279 e 25 gennaio 1989 n. 433).
Nel merito, l'Adunanza Plenaria è nuovamente investita della questione relativa alla retribuibilità o meno del servizio prestato dal pubblico dipendente per adempiere compiti di una superiore qualifica.
La tesi difensiva del Ministero appellante, che deduce l'impossibilità per l'Amministrazione di compensare l'appellata per lo svolgimento di compiti eccedenti la qualifica ricoperta, va condivisa. Sul punto l'Adunanza non ha motivo di discostarsi nella vertenza in esame dalla soluzione negativa data al problema con la pronuncia 18 novembre 1999 n. 22, anche se il nuovo esame della questione offre spunti per arricchire il processo di riflessione, alla luce dei rilievi formulati sia dall'ordinanza di rimessione sia dall'appellata.
Ne sono oggetto (tralasciando aspetti già risolti con la citata decisione n. 22) considerazioni che fanno perno in sostanza sulla recente normativa, costituita dagli artt. 56 e 57 del d.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29, i quali sono parsi estrinsecazione di un principio generale, idoneo a fondare anche per il passato il diritto del dipendente alle differenze retributive.
Ora, non sfugge al Collegio che la cd. privatizzazione del pubblico impiego operata dal decreto n. 29/1993 abbia costituito una riforma radicale (non una semplice correzione di aspetti secondari), destinata perciò ad investire la forma precedente nei suoi principi direttivi.
Senonché una modifica ab imis di un istituto complesso postula quasi sempre un'attuazione graduale, con la conseguenza che alcuni tratti della riforma (come la disciplina delle mansioni superiori), elaborati sul fondamento di una pronta effettività del rinnovato assetto, mancando questa, debbano poi essere differiti, potendo altrimenti innescare risultati non voluti.
Ciò spinge il legislatore ad ulteriori interventi: le modifiche al d.lgs. n. 29 sono state singolarmente numerose e denotano le difficoltà emerse, sul piano pratico, per inquadrare la realtà fattuale nel nuovo orizzonte normativo.
È agevole comprendere, pertanto, come il legislatore, dopo aver introdotto all'art. 57 del d.lgs. n. 29 una disciplina generale del conferimento di mansioni (immediatamente) superiori, valida per tutte le amministrazioni pubbliche - quale fenomeno eccezionale e temporaneo (limitato a tre mesi e rinnovabile per eguale periodo, ma con conferimento ad altro dipendente) - ne abbia subito rinviato l'applicazione, subordinandola all'emanazione, in ciascuna amministrazione, dei provvedimenti di ridefinizione delle strutture organizzative.
Ed ha, poi, rinnovato più volte la proroga sino all'abrogazione della norma.
Di fronte agli espliciti interventi del legislatore per differire l'attuazione della puntuale (e, tutto sommato, limitativa) disciplina delle mansioni superiori recata dall'art. 57, protrattisi sino alla sua caducazione, è arbitrario scorgere in esso l'espressione di un principio generale di più ampia portata e ritenerlo applicabile - in aperto conflitto con la contraria volontà espressa dal legislatore con i ripetuti rinvii - a far tempo dalla sua emanazione o, perfino, da data anteriore.
Attualmente la materia è disciplinata dall'art. 56 del d.lgs. n. 29/1993 (nel testo sostituito con l'art. 25 del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80), che ha regolamentato (ben può dirsi ex novo, per la significativa apertura nei confronti del mansionismo) l'istituto dell'attribuzione temporanea di funzioni superiori nell'ambito del pubblico impiego. È prova eloquente del mutato atteggiamento del legislatore l'affermazione, per la prima volta rinvenibile in un testo normativo di portata generale per il pubblico impiego, che al lavoratore spetta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore anche nel caso di assegnazione nulla per violazione delle condizioni ivi previste (art. 56 citato, quinto comma). Anche questa volta l'operatività della norma è stata rinviata.
Il sesto comma dell'art. 56 stabiliva, infatti, che «le disposizioni del presente articolo si applicano in sede di attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza da questi stabilita . . . Fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza può comportare il diritto a differenze retributive o ad avanzamenti automatici nell'inquadramento professionale del lavoratore».
Ma in seguito l'art. 15 del d.lgs. 29 ottobre 1998 n. 387 ha soppresso le parole «le differenze retributive o». Con tale ultimo intervento il legislatore ha manifestato la volontà - non è possibile attribuire altro significato alla modifica - di rendere anticipatamente operativa la disciplina dell'art. 56, almeno con riguardo al diritto del dipendente pubblico, che ne abbia svolto le funzioni, al trattamento economico relativo alla qualifica immediatamente superiore. Tale diritto, pertanto, va riconosciuto con carattere di generalità a decorrere dall'entrata in vigore del d.lgs. n. 387/1998.
E poiché, ad avviso del Collegio, il riconoscimento legislativo del diritto di che trattasi, nei termini appena precisati, possiede un evidente carattere innovativo e non riverbera in alcun modo la propria efficacia su situazioni della Leuzzi, che ha cessato di svolgere mansioni superiori nel 1988.
A questo punto non resta che affrontare la questione di costituzionalità dedotta dall'appellata, per l'ipotesi che il suo diritto non potesse altrimenti essere riconosciuto, nei confronti dell'art. 56 (come introdotto dall'art. 25 del d.lgs. n. 80/1998). Essa, a seguito della modifica operata con il citato d.lgs. n. 387, conserva rilevanza per la sola supposta violazione dell'art. 3 della Carta fondamentale a causa dell'ingiustificata disuguaglianza, sotto il profilo temporale, della disciplina dello svolgimento di mansioni superiori non remunerabile per il passato.
La questione è manifestamente infondata.
È sufficiente al riguardo constatare che, secondo la giurisprudenza del Giudice delle leggi, non infrange il principio di eguaglianza un differenziato trattamento applicato alla stessa categoria di soggetti, ma in momenti diversi nel tempo, giacché lo stesso fluire di questo costituisce di per sé elemento differenziatore.
Per le ragioni sin qui esposte l'appello principale va accolto.
Per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, deve respingersi il ricorso di primo grado. Va parimenti respinto l'appello incidentale, con cui la Leuzzi ha lamentato il disconoscimento delle mansioni superiori per il periodo dal 1972 al giugno 1976 e la sottovalutazione economica delle prestazioni svolte fra il luglio 1976 ed il settembre 1980. Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Adunanza Plenaria, accoglie l'appello principale e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado. Respinge l'appello incidentale.